I testi qui raccolti affrontano la nuova evangelizzazione da uno speciale punto di vista, quello delle modalità della comunicazione della fede, in riferimento all'emergenza educativa del momento presente e all'urgente necessità di formare i formatori". "
Il tema trattato in questo fascicolo delle "Lanterne" si inserisce nella cornice feconda dell'Anno della fede, indetto dal Santo Padre Benedetto XVI (2012-2013), e nel tempo di grazia della XIII Assemblea Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, dedicata alla "Nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana" (7-28 ottobre 2012). I due testi raccolti affrontano tali tematiche da uno speciale punto di vista, quello delle modalità della comunicazione della fede, in riferimento all'emergenza educativa del momento presente e all'urgente necessità di "formare i formatori". Del resto, la comunicazione della fede è il tema scelto per l'anno accademico 2012-2013 dalla Pontificia Università Lateranense, detta a titolo speciale "l'Università del Papa". All'insegna di questo tema si vorrebbero rilanciare con rinnovato entusiasmo non solo l'attività pastorale a favore degli studenti, ma anzitutto il loro studio e la loro ricerca accademica ordinaria. I due testi, però, sono rivolti a tutti, proprio per l'universalità della fede e lo speciale osservatorio dei due autori. Il primo contributo rappresenta la Lectio Magistralis del Cardinale Gianfranco Ravasi - presidente del Pontificio Consiglio della Cultura e della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra -, tenuta in occasione del conferimento della laurea honoris causa in Sacra Teologia (Pontificia Università Lateranense, 9 novembre 2012); il secondo testo è di Mons. Enrico dal Covolo, Vescovo titolare di Eraclea.
La ricerca si propone come una riflessione interdisciplinare circa la relazione, “fondante e fondamentale”, tra Teologia del Diritto canonico e Antropologia (in relazione al fenomeno dell’atto di fede e della dimensione giuridica) con la finalità di cogliere aspetti teologici e fondamentali per un approccio al Diritto canonico utile ad una comprensione arricchita del fenomeno giuridico, antropologicamente e culturalmente inteso, presente nella comunità ecclesiale: aspetto che sembra poter offrire nuovi spunti alla prassi ecclesiale.
Umberto Rosario Del Giudice (Napoli 1973), dopo la specializzazione in Liturgia presso l’ILP di Padova, consegue il dottorato in Teologia presso la FTL (2009) dove è stato docente incaricato di munus sanctificandi comparato. Con la presente tesi consegue anche il dottorato in Ius canonicum. È docente incaricato di IRC e di alcuni corsi presso la PFTIM (Napoli) e iscritto all’Albo degli Avvocati presso il Tribunale Ecclesiastico Interdiocesano Partenopeo e di Appello.
Le categorie dottrinali di Norma missionis, Norma fidei e communionis spiegano l'identità ecclesiale, collocando il Diritto canonico nella prospettiva della vita concreta della comunità credente. Le regole, però, nascono dalla protezione dei valori condivisi, come accade in qualunque società umana. Nella Chiesa questi sono i contenuti teologici, tradotti in istituti e norme mediante un processo ordinamentale. L'attenzione centrale è rivolta al ramo processuale, ricco di tecnicismi ma non slegato dall'obiettivo di custodire i nuclei della fede cristiana.
La famiglia sfugge da sempre alla morsa del diritto: è infatti una realtà tanto complessa che quest’ultimo cede all’idea di poterla regolare in tutti i suoi aspetti. Già i Romani avevano intuito questa problematica preferendo indirizzare la ‘mano visibile’ del diritto verso i suoi aspetti patrimoniali, sicuramente più immediati e tangibili. Se, per un verso, anche nelle costruzioni giuridiche successive molti elementi della famiglia non affrontano il ‘crisma’ della giuridicità, per l’altro, è vero che una parte importante di quella complessa realtà, fatta di interessi, aspettative, convinzioni e affetti che è appunto la famiglia, si riflette nella comprensione della dimensione patrimoniale che il diritto progressivamente ordina. Portare alla luce le strutture giuridico-patrimoniali e le loro trasformazioni nel corso di un arco temporale che va dai cambiamenti vissuti dalla famiglia romana all’inizio del primo Millennio d.C. sino alla ristrutturazione della famiglia avvenuta intorno al XII secolo, è l’obiettivo di questo volume. In particolare, sono state analizzate tre aree: la Penisola Iberica, l’Italica e il mondo bizantino – quest’ultimo spesso tralasciato dagli studi di storia del diritto europeo – allo scopo di cogliere lo ‘spirito’ comune delle loro strutture familiari. Proprio attraverso lo studio dalle sfere familiari e delle loro evoluzioni nel tempo e nello spazio è stato possibile avanzare nuove ipotesi interpretative intorno agli scambi patrimoniali tra famiglie.
Manuel Vial-Dumas è professore di Storia del diritto presso l’Universitat de Girona e la Universitat Oberta de Catalunya; è, inoltre, docente nel Corso di dottorato in Diritto dell’Universidad de Buenos Aires. È stato visiting researcher presso l’Università Nazionale Capodistriana di Atene e nell’Università degli Studi di Genova.
Rivista della facoltà di Diritto Civile, inizia la sua attività nel 1935, come ripresa degli Studi e Documenti di Storia del Diritto, la Rivista nata nel 1880 per decisione della "Accademia di Conferenze storico-giuridiche". Di tale Rivista, cui collaborarono studiosi insigni, quali Giovan Battista De Rossi e Ilario Alibrandi, si pubblicarono venticinque volumi, sino al 1904. Ricollegandosi a quella "prima serie", Emilio Albertario promosse, trent'anni dopo, gli SDHI; dei quali nel 1984 è stato pubblicato il 50º volume. Scomparso nel 1948 Emilio Albertario, la Rivista è stata successivamente diretta da Salvatore Riccobono, Arcadio Larraona, Gabrio Lombardi, ed attualmente Gian Luigi Falchi. Largamente diffusa in tutto il mondo, si occupa dei diritti dell'antichità, con particolare riguardo al diritto romano. In questi decenni ha ospitato contributi dei più insigni maestri del diritto antico, ma è rimasta sempre aperta anche ai giovani studiosi che si avviano, con serio impegno, alla ricerca scientifica. Ogni volume comprende studi originali, note, recensioni critiche, rassegne periodiche (epigrafia giuridica, papirologia giuridica, tratti cuneiformi).
Rivista della facoltà di Diritto Civile, inizia la sua attività nel 1935, come ripresa degli Studi e Documenti di Storia del Diritto, la Rivista nata nel 1880 per decisione della "Accademia di Conferenze storico-giuridiche". Di tale Rivista, cui collaborarono studiosi insigni, quali Giovan Battista De Rossi e Ilario Alibrandi, si pubblicarono venticinque volumi, sino al 1904. Ricollegandosi a quella "prima serie", Emilio Albertario promosse, trent'anni dopo, gli SDHI; dei quali nel 1984 è stato pubblicato il 50º volume. Scomparso nel 1948 Emilio Albertario, la Rivista è stata successivamente diretta da Salvatore Riccobono, Arcadio Larraona, Gabrio Lombardi, ed attualmente Gian Luigi Falchi. Largamente diffusa in tutto il mondo, si occupa dei diritti dell'antichità, con particolare riguardo al diritto romano. In questi decenni ha ospitato contributi dei più insigni maestri del diritto antico, ma è rimasta sempre aperta anche ai giovani studiosi che si avviano, con serio impegno, alla ricerca scientifica. Ogni volume comprende studi originali, note, recensioni critiche, rassegne periodiche (epigrafia giuridica, papirologia giuridica, tratti cuneiformi).
Il concetto di persona ha attraversato la storia culturale dell'Occidente, trovando espressione in una serie di termini (sia nelle lingue classiche, sia in quelle moderne) il cui significato si è venuto progressivamente chiarendo in un processo storico-ermeneutico di sempre maggiore approfondimento. In confronto alla notevole mole di studi già dedicati alla tematica, il presente lavoro, da una parte, si inserisce tra le opere che affrontano la questione della persona considerando il percorso del suo sviluppo semantico, segnato dal passaggio dal referente antropologico - in età classico-ellenistica - a quello trinitario - nei primi secoli del cristianesimo - per poi tornare - attraverso la mediazione cristologica - a esprimere una rinnovata concezione dell'uomo, in una continua e inesauribile circolarità. Dall'altra parte, privilegiando l'ambito trinitario, lo studio intende cogliere e sviluppare il nesso tra persona e relazione, indagando la connotazione sempre più relazionale assunta dai termini indicanti la nozione di persona, nonché il parallelo ripensamento della categoria di relazione che, a partire da una dimensione esclusivamente accidentale, giunge ad avere una valenza "dialogica" e infine "trialogica". Il percorso è compiuto soffermandosi solo su quegli snodi ritenuti più significativi (dall'Antichità al Concilio di Nicea, dai Padri della Chiesa ai Dottori medievali, fino agli esiti contemporanei), in un dialogo tra istanze filosofiche e istanze teologiche, senza il quale l'idea di persona sarebbe difficilmente immaginabile.
«I teologi della Pastorale accusano il Diritto canonico di non avere una agilità sufficiente e di mancare d'efficacia strumentale. Essi non dimenticano che la finalità del Diritto canonico è la salvezza delle anime. [...] Il Diritto canonico è uno strumento per la Pastorale, e [...] come tale si deve continuamente revisionare la sua fedeltà teologica ed il suo adeguamento pastorale. La costituzione sociale della Chiesa, non essendo immutabile che nelle sue linee sostanziali, rende questa revisione possibile; e le necessità cangianti della Pastorale la rendono necessaria» (Editoriale, in Concilium, 1965, n. 8).
Il rapporto sponsale Cristo-Chiesa costituisce per il Concilio Vaticano II (cf. SC 5) il legame sorgivo del dinamismo sacramentale. Il contributo del presente lavoro ci colloca nello sguardo a questo rapporto fondativo attraverso l'occhio sapiente di S. Agostino. Un lavoro che si rivela originale nell'indicare la simbologia sponsale non solo quale chiave di lettura privilegiata del rapporto Cristo-Chiesa, ma nel cogliere proprio in questo orizzonte simbolico la comprensione agostiniana del sacramentum, focalizzato nella significativa analisi dell'iniziazione cristiana.
Il Cristo nel mondo è la prima traduzione in una lingua occidentale dell'omonima opera scritta a Parigi nel 1940, l'anno in cui l'anziano autore vive imprigionato nella gabbia di una salute molto compromessa e, peggio ancora, vive gli orrori della Seconda Guerra mondiale. L'intenzione che spinge Bulgakov a scriverla è del tutto originale: egli vuole difendere il nome di Dio Padre, Amore e Misericordia, di fronte al male delle infinite sofferenze umane causate dalle guerre, ma anche dalle malattie e da qualsiasi altra sciagura. Il risultato è una teodicea della verità cristiana su Cristo che, in quanto Figlio incarnato del Padre, si rende realmente presente ovunque vi siano un sofferente, un agonizzante o un morente, co-soffrendo, co-agonizzando e co-morendo negli e con gli esseri umani.