La costa barbaricina rifiuta la condizione di 'Caraibi del Mediterraneo', che tanto piace ai tour operator improvvisati e ai turisti da gossip. Chi navigasse da Posada ad Arbataxlo capirebbe al volo. Chi passasse per mare dalla costa gallurese, quella dove è sempre estate, a quella barbaricina, dove le stagioni si alternano, vedrebbe a occhio nudo la differenza. È proprio l'inverno che dà alla Barbagia quella profondità di territorio vivo, che fa la differenza per il viaggiatore rispetto al turista. Per un barbaricino l'inverno è quasi una condizione naturale. Certo, per chi è abituato a pensare alla Sardegna smeraldizzata, può sembrare una stranezza pensare alla montagna, al clima alpino, al freddo secco, alla neve... Eppure basta voltarsi dal mare alla terra e si possono vedere le montagne che si gettano nell'acqua. Dentro a quelle montagne abita la sostanza di un territorio ancora sconosciuto.
Prenotate una stanza alle Eolie soltanto se non avete paura quando appoggiate l'orecchio contro un petto al cui interno batte un cuore. Perché questo è ciò che fa un vulcano per tutta la notte, pulsa e respira. Sappiate che il mare può insegnare moltissime cose di vitale importanza e che una volta imparate non c'è modo di dimenticarle. Insegna l'attaccamento alla vita e a guardare lontano. Ogni isola delle Eolie ha un mezzo congeniale per essere visitata. Stromboli chiede di essere circumnavigata sui gozzi da pesca. Lipari vuole essere scoperta in motorino, percorrendo la strada ad anello che la avvolge e ne svela l'intimità una curva alla volta. A Panarea circolano solo golf car, le auto elettriche tipiche dei campi da golf. Perlustrate Filicudi in autostop e Alicudi su un mulo. Scalate il cratere dell'isola di Vulcano a piedi, e scoprite Salina esaminandola dai suoi mezzi di linea. Spostatevi da una all'altra quanto più potete. Perché le Eolie sono sette. E per sentire il loro racconto completo bisogna visitarle tutte e tornare e ritornare anche dove si è già stati. La storia delle Eolie è una storia che non ha un inizio e non ha una fine. È una storia che ha la forma perfetta dell'arcipelago.
All’inizio degli anni Settanta nasce un movimento ribelle. Sono giovani contestatori dai capelli lunghi e dagli abiti irriverenti. Solo che alle piazze preferiscono le montagne e cercano in parete il loro altrove e un diverso rapporto con la vita e con la natura. Li chiamano i ragazzi del Nuovo Mattino e questa è lo loro storia, utopistica e tragica. Nei primi anni Settanta, tra Torino e il Gran Paradiso, le montagne cominciano a popolarsi di personaggi strani, lontani anni luce dalle figure tradizionali dell’alpinismo classico. Questi nuovi arrampicatori disprezzano il mito eroico dello scalatore duro e puro, il rito della vetta a ogni costo, della ‘lotta con l’Alpe’. Nel piccolo mondo dell’alpinismo è una frattura epocale che porta alla nascita di un vero e proprio un movimento ribelle, il Nuovo Mattino, che deriva dal 1968 i riferimenti culturali. Lo guida il torinese Gian Piero Motti, giovane colto e geniale, ottimo scalatore e autore di articoli forti. I contestatori cercano in parete il loro altrove, una verità complementare ma non conflittuale con l’esperienza urbana. Rifiutano i pantaloni alla zuava e li sostituiscono con jeans e maglietta. Aprono vie dai nomi simbolici: Itaca nel sole, Lungo cammino dei Comanches, La via della Rivoluzione. Ispirati dal mito dell’arrampicata californiana, trovano splendide pareti di gneiss a pochi minuti dalla strada della Valle dell’Orco e volando di fantasia le chiamano Caporal e Sergent, in risposta al leggendario Capitan della Yosemite Valley. Ma tra gli anni Settanta e Ottanta del Novecento gli eventi mettono brutalmente fine al rinascimento della scalata italiana. Era inevitabile? Perché è successo? Le storie di questo libro raccontano il passaggio dall’utopia del Nuovo Mattino alla materialità delle prestazioni sportive, dall’incertezza del sogno alle sirene del mercato. Disegnano la metafora della società italiana e di quello che siamo oggi. Nell’anniversario del 1968 spiegano la fine di un’epoca e ne abbozzano una nuova, più arrendevole e disincantata.
Nei secoli le Alpi sono state rifugio e megafono delle anime libere, contrarie e resistenti. Questo libro racconta la loro storia. *
La ribellione può declinarsi sotto forma di passione civile, di attacco a una parete inviolata, di movimento religioso, di giustizia sociale, e mira sempre alla conquista di una forma di libertà. Ciò che accomuna persone e movimenti in apparenza distanti come Fra Dolcino o Tina Merlin, per ricordare solo due delle figure disegnate con passione da Camanni, sta nella capacità di sfruttare le Alpi come luogo di riflessione in un percorso di rivolta costruttiva verso un ordine costituito. Fabio Minocchio, “L’Indice”
Camanni intreccia vari temi che hanno visto la montagna protagonista, ieri e oggi. Lo fa raccontando di montanari e di alpinisti che nei secoli hanno costruito sulle montagne rifugi di resistenza, avamposti di autonomia e laboratori di innovazione sociale. “Touring”
Hervé Barmasse è protagonista di scalate e avventure estreme. A sedici anni abbandona lo sci agonistico dopo un terribile incidente e deve reinventarsi. Il Cervino lo vede crescere e diventare uomo. Dopo ogni viaggio, dopo ogni salita su cime inviolate in terre lontane, ritorna alla sua montagna, scalandola in ogni stagione dell'anno e inventando nuove vie. Hervé racconta se stesso, la sua storia, la passione, la fatica, l'emozione delle scalate. L'alpinista viene dopo l'uomo, che pure affronta imprese straordinarie. Queste pagine non sono la scontata esaltazione di un campione dell'estremo, piuttosto il racconto di cosa c'è dietro l'avventura dell'alpinismo, dove il coraggio delle decisioni è sempre intrecciato alla fragilità e alla paura. In parete, come nella vita.
"La prima guglia sparata in cielo, il primo marciapiede gremito, il colore della pelle del primo incontro. Il primo odore inatteso, che per qualcuno è l'oceano, o di carne arrostita, o di zucchero a velo, o di ruggine e foglie marce, anche se quello che sta marcendo è legno, cemento, ferro, mattoni, perché l'intera città sembra attaccata dalla ruggine e dalla multa. Sono inaspettati anche i colori. Non il bagliore freddo del vetro e dell'acciaio, ma le tonalità pastello del rosso, dell'arancio, del marrone. La sorpresa di sbarcare nel Nuovo Mondo e scoprire una città vecchia: non come sono vecchie quelle europee, che sono vecchie come monumenti, ma vecchia come una fabbrica abbandonata, o una casa di famiglia, o gli edifici ferroviari che si vedono appena fuori dalle stazioni, o i luna park in disuso." Questo libro è frutto di diversi viaggi a New York. Il risultato è una mappa ottenuta per accumulazione di appunti - piena di buchi, libri che non ho letto, posti che non ho visitato. Del resto, se scrivere una guida sulla città più raccontata al mondo ha un senso, l'unico senso possibile e che sia incompleta, particolare e mia." (P. Cognetti)
Un viaggiatore di lungo corso, per passione e per lavoro, ritorna sulla rotta degli anni Settanta per Kathmandu: il Grande Viaggio in India fatto da ragazzo e ripercorso poi come giornalista a otto lustri di distanza. Un sogno che portò migliaia di giovani a Kabul, Benares, Goa, fino ai templi della valle di Kathmandu. Emanuele Giordana si destreggia tra gli appunti presi allora su un quadernetto riemerso dalla polvere, un grande esercizio di memoria e il confronto con le trasformazioni di quei paesi che, terminata l'epoca della Guerra Fredda, sono stati attraversati da conflitti. E dall'orda dei turisti: dal viaggio all'Eden dei frikkettoni ai viaggi organizzati del tutto compreso e agli alberghi di lusso. Su tutto, il ricordo tratteggiato con leggerezza e ironia tra droghe, sesso libero e scoperta di nuovi paesaggi e un'ombra malinconica e riflessiva sul senso del 'viaggio'. Un libro per chi aveva vent'anni allora, chi quel viaggio non l'ha mai fatto e chi ancora vorrebbe farlo.
L'immagine della Sicilia è legata a tanti capolavori della letteratura e del cinema di ieri. Ma leggere la Sicilia attraverso gli occhi degli autori del passato è come andare in giro con una guida turistica di un secolo fa. Gaetano Savatteri ci restituisce un volto inedito e sorprendente dell'isola. Accanto alle rovine greche scopriremo i parchi di arte contemporanea più estesi d'Europa. All'immagine di Corleone si affiancherà quella di una Sicilia urbana e metropolitana. Invece della patria del machismo conosceremo il luogo in cui è nata la prima grande associazione in difesa dei diritti degli omosessuali. Al posto delle baronesse troveremo una generazione di donne manager e imprenditrici. E ancora, incontreremo un panorama letterario, musicale, teatrale tra i più vivaci di oggi. Con buona pace del "Gattopardo", non è vero che in Sicilia tutto cambia perché tutto rimanga com'è: sull'isola, negli ultimi anni, quasi tutto è cambiato.
Marzia Verona ci accompagna in un viaggio sorprendente alla scoperta del mondo dei pastori nomadi, tra le pratiche antichissime della transumanza e del "pascolo vagante". È un lungo cammino che parte dagli alpeggi in alta quota, scende lungo le valli per arrivare in pianura, sempre alla ricerca di erba per sfamare quotidianamente il gregge. In queste pagine, il racconto intenso e vivido di vite che scorrono lontane dai ritmi e dalle regole del presente, e che hanno molto da insegnare a noi uomini e donne contemporanei. Per i pastori erranti diverso è il modo di intendere il tempo, che scorre lentissimo nell'attesa. Le giornate sono in funzione delle esigenze degli animali. Si impara un modo nuovo di leggere e rispettare il paesaggio e il territorio. Si vive consapevoli di avere delle responsabilità, perché chi guida le pecore deve scegliere sempre il cammino migliore. Tra il fiume bianco delle greggi, l'appassionato richiamo a un altro modo di stare al mondo.
«Ho cominciato a vedere quello che mi stava attorno e che non avevo mai guardato con attenzione: non era solamente la campagna. Erano i campi e quello che nei campi succedeva. Era la complicata faccenda, quanto mai antica e tuttavia sempre piena di novità e di imprevisti, del coltivare la terra.»
Un lungo viaggio, al passo con le stagioni: dal fondo della Calabria al triangolo del riso tra Po, Ticino e Sesia, dal distretto della fragola di Policoro alle serre di Albenga. E poi i frutti di bosco che dalle Alpi scendono alle metropoli, la sfida di un profeta con l’aratro nel cuore dell’Appennino, l’avventura del radicchio di Chioggia, il mais ottofile di Roccacontrada e le ciliegie pugliesi, rossi gioielli nel bouquet di un’agricoltura che in vent’anni ha cambiato volto. Dulcis in fundo l’uva da tavola che dialoga con gli internauti e un’irresistibile pomodorina partita da Melfi per conquistare Londra.
Con lo sguardo spiazzante di chi, digiuno di ogni sapere specialistico, è curioso di tutto, Giorgio Boatti racconta storie di persone che hanno scelto di ridare vita a cascine e masserie, di mettersi insieme per creare aziende radicate nella tradizione ma capaci di sfide innovative. Un affresco controcorrente in un paese dove, per abitudine, bisogna dire che tutto va male. Un percorso interiore in cui il disegno del paesaggio e della vita si confondono. Rivelano un’Italia con i piedi ben piantati per terra dove è all’opera un futuro che riguarda ognuno di noi.
Londra-Parigi, Venezia-Atene, Cagliari-Olbia, Porto-Lisbona, Bergen-Oslo, Nizza-Marsiglia... Attraverso il Brennero e sull'orlo dell'Oceano. Città, mondi e vite che si incontrano sul filo di una ferrovia. Federico Pace riunisce in ciascun capitolo viaggi in treno che si assomigliano, come possono assomigliarsi i fratelli e le sorelle di una stessa famiglia. Qualcosa li tiene insieme, qualcosa di essenziale, eppure sono diversissimi tra loro. Per le geometrie con cui procedono, per le persone che incontrano e quelle che ti fanno incontrare, per i luoghi in cui ti portano e per i pensieri che ti fanno venire in testa. Racconti per tirare il filo di tante storie e riscoprire il viaggio nella sua forma più sublime, antica e modernissima. Perché quando si parte in treno, si parte davvero.
Dalla leggendaria lotta di Guglielmo Tell, un filo sottile lega le terre alte alla tentazione della ribellione. In oltre settecento anni di storia, le 'Alpi libere' hanno avuto seguaci autorevoli e interpreti esemplari. Dagli artigiani eretici che si sacrificarono con Fra Dolcino ai piedi del Monte Rosa, ai partigiani che fermarono i nazifascisti sulle montagne di Cuneo e Belluno, fino ai movimenti contemporanei contro il treno ad alta velocità in Valle di Susa. Questo libro raccoglie le storie dei montanari e degli alpinisti che seppero disubbidire agli ordini, costruendo sulle montagne rifugi di resistenza, avamposti di autonomia e laboratori di innovazione sociale. Come una risorgiva carsica che emerge dalle profondità del tempo, la montagna si ricorda di essere diversa e fa sentire la sua voce fuori dal coro. Una vecchia idea, forse un'utopia, che non ha ceduto al consumismo delle pianure e rinasce di tanto in tanto in forme nuove e dirompenti. In mezzo al conformismo della maggioranza valligiana, si alza il grido di chi rivendica una diversità geografica e culturale, compiacendosi dell'antico vizio montanaro di sentirsi speciali e ospitare i diversi, i ribelli, i resistenti, gli eretici.