«Le seduzioni del totalitarismo»: ecco in due parole - secondo Bracher - la chiave di lettura più appropriata e la sintesi dell'intera storia del Novecento. L'autore ripercorre cento anni di storia attraverso le alterne vicende e il destino delle ideologie: la crisi del liberalismo sul finire dell'Ottocento, la nascita di un nuovo irrazionalismo e di nuovi nazionalismi razzisti, le origini del fascismo, i contraccolpi della Rivoluzione d'Ottobre, le esperienze totalitarie in Italia e in Germania, la ventata sessantottesca, le ricorrenti tentazioni integralistiche più recenti nel Terzo Mondo e non soltanto nel Terzo Mondo.
Questo è un grande libro sullo scenario fisico delle città europee, il cui carattere di persistenza nel tempo attraversa le altre vicende storiche e diventa un canale di comunicazione insostituibile tra presente e passato, ma anche di condizionamento del presente sul futuro. È la stabilità, infatti, che dà risalto e significato al fluire delle esperienze diverse di ogni generazione, ciò che costituisce l'identità dei luoghi in cui viviamo. Da una città all'altra dell'Europa attraverso i secoli, Leonardo Benevolo ravvisa una tradizione urbana europea riconoscibile. Scopriamo ad esempio che i monumenti non si isolano dalla città, ma si affacciano sugli spazi comuni e con le loro facciate li arricchiscono, andando a fondare la nostra tradizione urbana. Una tradizione basata sulla molteplicità, sull'imperfezione, sull'aderenza ai valori della vita quotidiana.
C'è stata una donna, durante la Rivoluzione Francese, che ebbe il coraggio di sollevare i gonnelloni e marciare su Versailles a cavallo di un cannone. E un'altra, una deputata del parlamento inglese, che nel primo Novecento pronunciò una frase memorabile: «Mi servirebbe una moglie!», denunciando così il sostegno che, nell'ombra, da sempre le mogli dei politici hanno dato loro. Perché, come affermò nel 1893 Helene Lange: «La questione femminile è anche una questione maschile». Le voci delle donne, e degli uomini, che riecheggiano in questo libro ristabiliscono un dialogo fra noi e il passato. Provano a raccontarci cinque secoli di ricerca contrastata e difficile per la libertà.
"L'Europa oggi è ancora da fare e addirittura da pensare. Il passato propone, ma non dispone, il presente è determinato tanto dal caso e dal libero arbitrio quanto dall'eredità del passato. Questo libro mostra le anticipazioni medievali dell'Europa e le forze che le hanno combattute con maggiore o minore vigore per poi sconfiggere questi primi tentativi, in un processo discontinuo dalle alterne vicende. Ma si tenta anche di provare che i secoli tra il IV e il XV sono stati determinanti e che, di tutti i lasciti vitali per l'Europa di oggi e di domani, quello medievale è il più importante". Così Le Goff presenta la sua riflessione sulle unità e le diversità, le idee e le strutture materiali che hanno definito la nascita e l'evoluzione dell'Europa.
A cento anni dalla nascita del Pci, Canfora si interroga sulla metamorfosi progressiva di quel grande partito. Una metamorfosi che ha al centro il 'partito nuovo' di Togliatti. Quella fu, nel 1944, una seconda fondazione. Fu la non facile nascita di un altro e diverso partito: diverso rispetto alla formazione 'rivoluzionaria' sorta vent'anni prima. La nuova nascita era una necessità storica, nella situazione mondiale del tutto nuova determinata dalla sconfitta dei fascismi. Ma le potenzialità insite in tale nuovo inizio non furono sviluppate con la necessaria audacia da chi venne dopo: Berlinguer incluso. Riannodando i fili di questa storia, Canfora cerca le ragioni del mancato riconoscimento dell'approdo socialdemocratico che il mutato contesto storico determinava. Una timidezza che ha contribuito alla successiva debolezza progettuale e 'svogliatezza' pratica. E alla progressiva perdita di contatto con i gruppi sociali il cui consenso veniva dato ottimisticamente per scontato.
Una palla infuocata si è trasformata in milioni di anni in ciò che noi chiamiamo Terra: un agglomerato di rocce sufficientemente solido da ospitare i vasti oceani della nostra 'arancia blu' e grandi continenti in perpetuo movimento. Un ambiente dove la vita ha prosperato, e continua a farlo nonostante tutto e tutti. Eppure di questo spazio, su cui poggiamo i piedi tutti i giorni e che ci nutre, spesso sappiamo pochissimo. In questo libro, allora, ci muoveremo attraverso i luoghi dove è possibile comprendere la storia della Terra e i profondi legami che essa ha con la storia della vita: dalle tenui tracce della sua origine, più di tre miliardi di anni fa, fino alle prove della coevoluzione del pianeta con il mondo vivente. Andremo alla scoperta di alcuni dei suoi luoghi più incredibili, dalla fossa delle Marianne alla cima dell'Everest, passando per le miniere del Sudafrica e le scogliere coralline tropicali. Il nostro sarà anche un viaggio nel tempo, perché è impossibile raccontare la storia della Terra tralasciando le storie dei protagonisti della sua esplorazione, dalle prime intuizioni sulla sua forma fino alle recenti esplorazioni dei fondali oceanici. Una storia della Terra che propone un approccio globale alla comprensione del pianeta e della sua fisiologia, una dimensione culturale oggi più che mai necessaria.
Non sono più i tempi in cui Togliatti dettava la linea agli storici marxisti, in cui lo scontro tra Craxi e Bobbio produceva un mutamento nella linea politica di un partito, in cui gli intellettuali partecipavano appassionatamente alla vita politica del paese. Ormai non è più neanche il periodo delle fondazioni, dei think tank o degli intellettuali ad personam di una ventina di anni fa. Oggi, semplicemente, politica e cultura hanno ritenuto di poter fare a meno una dell'altra. Perché? E soprattutto, come si è prodotta questa frattura? Un racconto delle tappe attraverso le quali si è arrivati a questa stagione del disamore, del disprezzo per i 'professori' da un lato, dell'inconcludenza e della vanità dall'altra. Un racconto che indaga le ragioni del discredito che ha investito le figure del politico e dell'intellettuale negli ultimi trent'anni; analizza il ruolo che in questo processo hanno avuto i mass media e l'università; riflette sulla dissoluzione di quel nesso tra politica e cultura, cruciale nella storia italiana del pieno Novecento. Un libro che, senza giudizi moralistici, pone al centro una delle questioni più significative del nostro tempo.
Che cos'è la storia culturale? Come ha cambiato il modo di fare storia e la nostra comprensione del passato? Un lessico in sedici parole chiave - dalla famiglia alla guerra, dalle emozioni alla sessualità - per capire come si può leggere il passato e coglierne complessità e multidimensionalità. Ognuna delle voci proposte ricostruisce come si sviluppano nuovi interrogativi, come emergono nuove fonti e nuove piste di indagine, come si aprono sguardi capaci di offrire uno spessore storico lungo a molti problemi che attraversano le società attuali, dai processi di omologazione della società di massa alle dinamiche che normano relazioni ed esclusioni sociali. Con la svolta culturale, la storiografia si è avvicinata alla cultura di massa e ai mass media, alla cultura visuale e alla tecnoscienza, ma anche alla memoria e ai suoi usi.
La storia del Novecento in Europa parte da est, dai grandi imperi multietnici dove le idee di nazione rompono gli equilibri secolari, innescano le scintille di due devastanti conflitti e portano alla distruzione di tutte le potenze europee. Vista così, l'Europa del Novecento è un continente incendiato e distrutto, ricostruito e nuovamente disseminato di rovine, povertà, ingiustizie, massacri, odi. Eppure cento anni di divisioni non hanno spento la civiltà europea, né interrotto il percorso per l'affermazione dei valori democratici, né soffocato la speranza di un futuro di giustizia e di benessere per tutti. La storia di questo secolo in Europa è anche il racconto del coraggio di donne e uomini che negli ideali di libertà e nei diritti hanno creduto. È la storia del riscatto dalla povertà e dall'oppressione di milioni di europei che acquistano coscienza di sé, istruzione, piena cittadinanza e pari diritti. È anche il racconto di una civiltà che cambia sulla scia di due rivoluzioni industriali e di una terza tecnologica e informatica.
All'inizio del XXI secolo, trapassato il comunismo, disperso il socialismo, rarefatto il liberalismo, il fascismo avrebbe oggi una straordinaria rivincita sui nemici che lo avevano sconfitto nel 1945. Ma cos'è fascismo? Si sta ripetendo aggiornato e mascherato? Oppure il 'pericolo fascista' distrae dalle cause vere della crisi democratica? Chi e cosa è fascista oggi? Stiamo assistendo al ritorno del fascismo? La nostra democrazia è in pericolo?
In "Se questo è un uomo" Primo Levi ha scritto: «credo che proprio a Lorenzo debbo di essere vivo oggi». Ma chi era Lorenzo? Lorenzo Perrone, questo il suo nome, era un muratore piemontese che viveva fuori dal reticolato di Auschwitz III-Monowitz. Un uomo povero, burrascoso e quasi analfabeta che tutti i giorni, per sei mesi, portò a Levi una gavetta di zuppa che lo aiutò a compensare la malnutrizione del Lager. E non si limitò ad assisterlo nei suoi bisogni più concreti: andò ben oltre, rischiando la vita anche per permettergli di comunicare con la famiglia. Si occupò del suo giovane amico come solo un padre avrebbe potuto fare. La loro fu un'amicizia straordinaria che, nata all'inferno, sopravvisse alla guerra e proseguì in Italia fino alla morte struggente di Lorenzo nel 1952, piegato dall'alcol e dalla tubercolosi. Primo non lo dimenticò mai: parlò spesso di lui e chiamò i suoi figli Lisa Lorenza e Renzo, in onore del suo amico. Questo libro è la biografia di una 'pietra di scarto' della storia, di una di quelle persone che vivono senza lasciare, apparentemente, traccia e ricordo di sé. Ma che, a ben guardare, sono la vera 'testata d'angolo' dell'umanità.
'Capitalismo cannibale' è l'espressione che usa Nancy Fraser per definire il sistema sociale che ci ha portato a questo punto. La metafora del cannibale è calzante per l'analisi della società capitalista caratterizzata da una frenesia alimentare istituzionalizzata in cui il piatto principale siamo noi. Ma Fraser precisa e amplia anche la parola 'capitalismo' che, a suo giudizio, designa un ordine sociale che consente a un'economia orientata al profitto di predare i supporti extra-economici di cui ha bisogno per funzionare: la ricchezza espropriata dalla natura e dai popoli assoggettati; le molteplici forme di lavoro di cura, cronicamente sottovalutate quando non del tutto disconosciute; i beni e i poteri pubblici che il capitale richiede e allo stesso tempo cerca di limitare; l'energia e la creatività delle persone che lavorano. Per questa ragione la parola capitalismo non si riferisce a un tipo di economia, ma a un tipo di società: quella che autorizza un'economia ufficialmente designata ad accumulare valore monetizzato per gli investitori e i proprietari, mentre divora la ricchezza non economizzata di tutti gli altri. Come l'uroboro che si mangia la coda, la società capitalista è pronta a divorare la sua stessa sostanza.