"Cominciò così la grande battaglia attorno alle mura di Vienna. Era il 12, nel giorno di domenica benaugurante per i cristiani. Alle quattro del mattino, re Giovanni insieme con il figlio Jakub servì personalmente e con devozione la messa celebrata da frate Marco nella cappella camaldolese. Lo scontro si protrasse fino a sera per concludersi trionfalmente in Vienna liberata. All'alba del giorno dopo, sotto il ricco padiglione del gran visir conquistato dalle sue truppe che stavano saccheggiando il campo ottomano, Giovanni III poteva scrivere una trionfante lettera alla sua regale consorte. Terminava così, dopo due lunghi mesi, l'incubo dell'assedio alla prima città del Sacro Romano Impero e capitale della compagine territoriale ereditaria asburgica. Con esso, l'ultima Grande Paura provocata da un assalto ottomano a una Cristianità peraltro tutto meno che unita." La Francia del Re Sole è restata in disparte, ostile. La Russia di Pietro il Grande ha assistito guardinga. L'Inghilterra, il mondo baltico, la stessa cattolicissima Spagna si sono mantenuti lontani dal teatro di guerra che ha visto la croce lottare contro la mezzaluna. Solo un monarca musulmano, lo shah di Persia, sembra esultare senza riserve per la sconfitta del collega ottomano. È stata davvero una grande giornata, quel 12 settembre 1683, fondamentale per la storia dell'Europa moderna.
"Tutti questi scritti si basano quasi esclusivamente sulle visite notturne al mio chalet della memoria e sul lavoro di recupero del contenuto di tali visite. Alcune sono introspettive, e cominciano da una casa, da un autobus o da un uomo; altre sono rivolte all'esterno, e abbracciano decenni di osservazione e impegno politici e continenti in cui ho viaggiato, insegnato, scritto." Questa è un'autobiografia insolita che racconta scorci di mondo appena passato. L'amore giovanile per Londra è lo spunto per Judt per parlare di educazione civica e urbanistica, a cavallo delle due guerre; i ricordi sulle rivolte dei giovani parigini nel 1968 divagano sulle differenti politiche sessuali in Europa per arrivare a concludere che quella fu una generazione di rivoluzionari che dimenticò la rivoluzione; i lunghi viaggi attraverso l'America sono un modo per acquisire piena cittadinanza di quel paese; cibi, treni, profumi conservano l'aroma nel tempo: tutto è degno di attenzione per Tony Judt. Tutto, soprattutto, è così semplicemente e meravigliosamente scritto che seguirlo nelle sue memorie diventa, per ogni lettore, un'occasione per conoscersi.
1911. L'Italia è impegnata a celebrare i suoi primi 50 anni di storia unitaria, a rinnovare i suoi fasti passati e a costruire le sue glorie future. E un'Italia in mostra, quella del 1911: si inaugurano a Torino il 17 marzo l'Esposizione Internazionale e a Roma il 27 marzo a Valle Giulia la Rassegna Internazionale d'arte contemporanea; il 4 giugno, sempre a Roma, apre il Vittoriano, monumento all'Unità. Ma che Italia è quella del 1911? E una nazione alle prese con le trasformazioni del liberalismo giolittiano e con la guerra in Libia, è un paese in crescita economica e culturale. Aumentano i quotidiani e le riviste, aumentano rubriche e numeri di pagine. Ai commenti di politica interna e alle cronache parlamentari si aggiungono le corrispondenze dalle capitali europee che sottolineano un'attenzione crescente alla politica internazionale. Grande spazio è destinato alla vivacità della cronaca cittadina, ai riti mondani e agli appuntamenti culturali di teatri e concerti, alla vita di corte della famiglia reale e alle visite dei monarchi stranieri, alle avventure amorose, agli scandali, ai tradimenti delle famiglie nobiliari. Ma anche il costume e la moda fanno il loro ingresso sulla stampa insieme alla cronaca sportiva. Nato da appena due anni, il Giro d'Italia unisce geograficamente il paese, il calcio inizia ad appassionare gli italiani. È da queste pagine di cronaca e commento, scelte per noi da Lorenzo Benadusi e Simona Colarizi, che emerge, giorno per giorno, il nostro paese.
Il terzo dei quattro volumi dell'Atlante del Ventesimo secolo abbraccia il periodo che va dal processo di Norimberga ai capi nazisti fino all'anno spartiacque nella storia delle mentalità e dei comportamenti del Novecento, il Sessantotto. Lo sguardo si allarga verso l'Africa, l'Asia e l'America Latina, protagoniste del processo di decolonizzazione e di grandi trasformazioni come la rivoluzione cinese e la rivoluzione cubana. Tra i nuovi attori della scena mondiale emergono lo Stato di Israele e la Palestina, intrecciati in un nodo di tensioni e conflitti ancora irrisolti. Sono anche gli anni della guerra fredda, dei conflitti interni al mondo comunista, dell'apertura della Chiesa alla modernità con il pontificato di Giovanni XXIII, del progetto di una 'nuova frontiera' di J.F. Kennedy e del risveglio degli afro-americani negli Stati Uniti.
Un trentennio di profondi rivolgimenti quello testimoniato nell'ultimo volume dell'Atlante del ventesimo secolo. Il colpo di Stato in Cile, la sconfitta americana in Vietnam, lo scandalo del Watergate e le dimissioni del presidente Nixon. In Europa, mentre la Spagna torna alla democrazia, l'Italia vive l'incubo del terrorismo. Dal 1978 la Chiesa cattolica guidata da Giovanni Paolo II, il polacco Karol Wojtyla, svolge un ruolo decisivo nella politica mondiale favorendo la crisi del mondo comunista. Nel 1979 la rivoluzione khomeinista in Iran cambia gli assetti in una delle regioni più conflittuali del pianeta, nel 1989 crolla il muro di Berlino, agli inizi degli anni Novanta gli scandali di Tangentopoli delegittimano la classe politica italiana e consentono l'affermarsi di Berlusconi, figura dominante della Seconda repubblica.
Giuseppe Mazzini, il maestro, Felice Orsini, il terrorista, Carlo Pisacane, il terrone: il Risorgimento, i furori, gli arresti, i sogni, i tradimenti, le bombe, le amicizie di un'avventura rivoluzionaria.
Il tempo dei forti sentimenti, degli ideali certi, dei sicuri orizzonti da raggiungere entra nell'ultimo decennio dell'Ottocento nello spazio inedito e difficile di una modernità improvvisa. Il passaggio al secolo successivo non sarà una pacifica transizione, ma il tramonto di un'epoca di cui il Novecento e il 'novecentismo' si approprieranno totalmente. Grazie alla tecnica, alla scienza, alla filosofia, ai più liberi comportamenti individuali e collettivi. In Italia come in Europa. In "Notturno italiano" Lucio Villari suggerisce una lettura attenta di vent'anni della nostra storia, trascurati e soffocati da eventi, idee, miti precedenti e successivi e che invece sono all'origine di una modernità energica e inarrestabile, della vitalità della materia e della spiritualità del corpo, del turbamento del futuro, del rifiuto della subordinazione economica e sociale, di una diversa percezione dell'incanto e del disincanto, fino alle ombre di una guerra che fu l'ultima estate dell'Europa. Il 'notturno' è qui evocazione di atmosfere e di sentimenti inediti e attuali.
22 febbraio 1861 "Oggi Sua Santità ha fatto chiamare l'abate dandogli l'incarico di raggiungere Torino per sondare gli umori e i progetti del Conte di Cavour rispetto al ruolo che s'intende assegnare alla Chiesa nel prossimo assetto dell'Italia. Una mossa tale da suscitare l'irritazione del Segretario di Stato Giacomo Antonelli, che ne era ignaro. Appena un'ora dopo è stata diffusa una smentita, ispirata dalle alte sfere vaticane. Vi si contraddice 'la voce' che la Santa Sede stia segretamente trattando con il governo piemontese." 2 marzo 1861 "Nel ricordo dell'assedio di Gaeta, che sta diventando un mito benché dolente (e perciò, forse, più suggestivo), domina la figura della Regina, Maria Sofia - Pussi, nel soprannome domestico. È l'adolescente sconfitta, la moglie mitteleuropea di un Re forse esageratamente tacciato di ignavia; privo comunque dell'ascendente che deriva alla consorte dall'essere figlia di un'arciduchessa d'Austria, e di annoverare fra le sorelle maggiori quella Elisabetta, detta Sissi, che è andata sposa all'imperatore Francesco Giuseppe. Con molta più pertinacia di suo marito, Pussi rischia ormai di diventare l'incarnazione di ogni legittimismo. I meglio informati parlano di un'iniziativa in atto a Parigi: nel sobborgo di Saint-Germain un gruppo di dame influenti raccoglie fondi per inviare un dono alla ex sovrana di Napoli. Si tratta di un cofanetto che porterà incise in rilievo sui quattro lati, le scene principali dell'assedio di Gaeta."...
"Nel 1648 la credenza che la terra fosse il centro del mondo era condivisa quasi universalmente; nel 1815 era ormai screditata anche negli ambienti più conservatori. Nel 1648 per scongiurare le tempeste elettriche si recitavano preghiere e si suonavano le campane; nel 1815 venivano installati i parafulmine. Nel 1648 in tutta Europa si bruciavano ancora gli eretici e le streghe; nel 1815 erano i loro accusatori a trovarsi nella condizione di imputati." Il prima, era la società degli ordini, della ricchezza fondiaria e del governo autoritario; il dopo, il mondo delle classi, del capitalismo, della democrazia e delle rivoluzioni. Tim Blanning racconta quegli anni dominati dalla ricerca del progresso e della gloria, personale o nazionale, da parte dell'élite europea. Una storia avvincente, a tutto campo, politica, economica e culturale.
"La guerra, pur essendo matrice riconosciuta del peggior male possibile, è tuttavia stata ed è tuttora il motore o volano di ricerche, sperimentazioni, applicazioni e pratiche medico-sanitarie che, trasferite dal campo militare a quello civile, hanno avuto ricadute vantaggiose anche in quest'ultimo campo, contribuendo spesso in modo determinante allo sviluppo e al progresso della medicina e della sanità": è la tesi di Giorgio Cosmacini, argomentata alla luce di un excursus storico-filosofico dagli antichi greci ai giorni nostri. Dal mondo romano, che ha creato un abbozzo di organizzazione medica con una specie di infermeria creata prima per l'assistenza ai legionari feriti e poi adibita alla cura dei traumi del lavoro agricolo ed edile, al Medioevo e Rinascimento in cui i chirurghi di guerra hanno fatto conquiste poi largamente utilizzate in tempi di pace; dall'invenzione del 'pronto soccorso' da parte della sanità militare napoleonica alla fondazione dell'attività professionale infermieristica durante la guerra di Crimea; dall'idea di Croce Rossa Internazionale concepita all'indomani della battaglia di Solferino all'estensione dell'antisepsi, nella prima guerra mondiale: il rapporto tra guerra e medicina è un rapporto bi-direzionale, a sfavore e a favore. Per un verso la guerra è l'infausta matrice di traumi e malattie che richiedono una vastità d'interventi riparatori, esigenti a loro volta un'altrettanto vasta organizzazione sanitaria.
Il primo dei quattro volumi dell'"Atlante del Ventesimo secolo" copre l'arco temporale che va dal 1900 al 1918: avvenimenti centrali sono la prima guerra mondiale, alla quale sono dedicati una decina di documenti, e la rivoluzione russa. Due vicende che si collocano alla fine del periodo e che, per il loro esito, avranno grande influenza sugli anni successivi. Con la guerra gli Stati Uniti entrano prepotentemente sulla scena mondiale mentre la rivoluzione bolscevica determina la nascita dell'altro grande protagonista della storia politica di tutto il secolo. La conflittualità interna all'Italia è largamente documentata, con una particolare attenzione alle lotte sociali, all'emergere del nazionalismo, alla scelta di Mussolini per l'intervento e all'ingresso del paese in una guerra che vide il rischio di una drammatica sconfitta prima di concludersi con una decisiva vittoria.
L'anno 1492 segna tradizionalmente una cesura epocale importante: con la scoperta dell'America e l'avvio dell'unificazione del mondo per opera degli europei si considera concluso il Medioevo e iniziata l'età moderna. In quello stesso anno accadono cose che fissano alcuni meccanismi di identità e di esclusione tipicamente moderni. In Spagna, la conquista dell'ultimo regno musulmano e l'espulsione della minoranza ebraica avviano la formazione di uno stato fortemente caratterizzato dall'unità religiosa. Non solo, alle altre figure già codificate dell'alterità umana, l'eretico, il giudeo,l'espansione extra-europea aggiunge la figura del selvaggio. È su di loro che si esercitarono i dispositivi di potere creati nella penisola iberica, in modo particolare quello dell'Inquisizione. In una realtà sociale come quella spagnola, divisa per lingue, culture, tradizioni e religioni, lo Stato moderno nasce issando le barriere dell'intolleranza e creando categorie di 'diversi' su cui si esercitano i meccanismi dell'esclusione o dello sfruttamento: si va dall'assoggettamento dei popoli extraeuropei (i 'selvaggi') all'eliminazione dell'eretico e dell'ebreo. In tutti questi casi la religione offre la legittimazione all'esercizio del potere. Sugli ebrei in particolare si registra un passaggio carico di un pesante futuro: quello dalla tradizione dell'antigiudaismo cristiano del Medioevo a base religiosa alle nuove forme di antisemitismo a base 'naturale', fondato sulla presunta differenza di sangue.