La verità non risiede necessariamente nell’opinione della maggioranza, né il bene comune è il risultato di un voto. Anzi, dalla Grecia classica fino a Rousseau, i partiti politici sono stati visti come parti di un tutto, parti di un discorso che non si poteva dire concluso finché non fosse stato raggiunto il consenso, da intendersi come un senso condiviso. La partitocrazia non è democrazia. Le parti non sono il tutto, né il tutto è la semplice somma delle parti. Non c’è «potere del popolo» finché il popolo non sia d’accordo, cioè unanime di cuore. Questo è il «mito» di cui parla il libro. Questa è la fede che dà forza alla democrazia: la fede che gli uomini si possano mettere d’accordo superando i loro egoismi.
Le società contemporanee paiono essere dominate dalla pervasività di denaro e potere quali mezzi di scambio, comunicazione, allocuzione di risorse materiali e immateriali tra cittadini e tra questi e le istituzioni. Specularmente, dono e fiducia, appaiono sistemi di scambio e regolazione dei rapporti sociali propri delle società pre-moderne o sembrano essere relegati a coordinare relazioni sociali marginali e periferiche.
Il XX secolo ci ha lasciato un'eredità impegnativa: il progetto di una giustizia sociale democratica che garantisca al cittadino una vita dignitosa e che si ponga come ideale in base al quale regolare la vita sociale e legittimare l'ordine politico. Di fronte alle sfide del nuovo secolo si avverte con particolare urgenza la problematicità di questo ideale e l'esigenza di capire se esso trovi spazio nella vita collettiva, in particolare presso le nuove generazioni nelle quali è riposto il futuro delle nostre società.