I concetti teologici, o in senso lato religiosi, sono spesso diventati nel corso del tempo categorie politiche, costituendo l'ossatura di quella "teologia politica" che Carl Schmitt aveva delineato, dentro la quale categorie politiche non sono altro che categorie religiose secolarizzate. In età antica poteva peraltro succedere che i fatti religiosi fossero interpretati e declinati secondo categorie politiche, come Erik Peterson ha esemplarmente mostrato nel suo Monoteismo come problema politico. I due procedimenti non sono però in contrapposizione: la società antica era nelle sue basi religiosa e quindi ogni idea o istituzione fondamentali nascevano dalla religione o venivano filtrate attraverso essa, anche la categoria o le istituzioni politiche che a noi sembrano ad essa estranee. Di queste interferenze è un esempio particolarmente significativo il termine latino praerogativa, di cui il volume ripercorre la storia tra le prime manifestazioni scritte e i secoli del tardoantico.
La tradizione dei sette fratelli Maccabei e della loro madre è entrata presto nel Cristianesimo antico d’Occidente, dove ha raggiunto il punto di massima espansione e profondità ermeneutica nel IV e V secolo. Dopo una presentazione delle linee di sviluppo di questa tradizione, dalle origini fino al V secolo, la ricerca qui presentata si sofferma ad analizzare alcuni momenti particolarmente significativi della saga maccabaica, ancora non esaustivamente valutati. A partire da una ricostruzione inedita della presenza dei Maccabei nell’ambiente romano, si prosegue con uno studio critico sul testo agiografico della Passio SS. Machabaeorum (di cui si offre anche una traduzione italiana), sottostante alla quale si coglie il rilievo culturale, e più propriamente storico-teologico, in relazione alla polemica sulla grazia e sulla libertà umana, intercorsa tra gli agostinisti e gli avversari (i cosiddetti semipelagiani); ci si sofferma poi sul cosiddetto Carmen de Martyrio Maccabaeorum, esaminato secondo un’angolatura tipicamente letteraria. Chiude il lavoro un’analisi dettagliata e diacronica di un episodio singolare, talora connesso con la vicenda maccabaica: quello della sete di Davide (2Sam 23,15-17 e 1Cr 11,15-19), che offre motivi di interessanti collegamenti con la recezione della vicenda maccabaica in prospettiva ascetica. Ne risulta documentata la grande libertà e capacità degli autori cristiani antichi di sfruttare in maniera intelligente e mirata temi biblico-agiografici, in relazione ai bisogni teologici, apologetici e pastorali del momento.
Luigi F. Pizzolato è ordinario di Letteratura cristiana antica nell’Università Cattolica del S. Cuore di Milano.
Chiara Somenzi, dottoranda di ricerca in Scienze Religiose, è autrice di alcuni lavori, pubblicati e in via di pubblicazione, su temi della letteratura cristiana antica greca e latina del IV secolo.
Considerata nella tradizione del pensiero occidentale quale massima attività etica dell’uomo, la politica attraversa oggi un’innegabile e rischiosa fase di delegittimazione che tende a sminuirne il significato, riducendola a mera attività tecnica di gestione del conflitto, indifferente ai fini ultimi del proprio agire. E tuttavia – è altrettanto innegabile – non si può non ‘fare politica’. Ma laddove riemerge il desiderio di autentico impegno, spesso mancano conoscenze, nozioni e strumenti fondamentali per poter consapevolmente operare. Ecco perché questo volume, nel porgere l’invito al tavolo dove si costruisce la ‘città dell’uomo’, si configura come proposta di un percorso di formazione e di accompagnamento alla vita politica. Esso si fonda su una linea interpretativa di tipo antropologico, che riconduce tanto le teorie quanto i problemi concreti a una soggiacente visione dell’uomo; e a quest’uomo, in ultima analisi, si rivolge, sia che egli si ritenga «uomo del mondo e del tempo», sia che si consideri «uomo della creazione e della trascendenza». In questo cammino, si affrontano temi complessi, esposti in forma nitida e dentro una cornice sistematica. Questioni di estrema «attualità e urgenza», sulle quali, sottolinea Carlo Maria Martini nella sua presentazione, «gli autori ragionano e fanno ragionare, rimanendo sempre su un piano oggettivo e realistico, senza fughe utopiche, sforzandosi di saldare idealità e concretezza, progetti arditi e fattibilità».
Luigi Franco Pizzolato è ordinario di Letteratura cristiana antica presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Allievo e successore di Giuseppe Lazzati, ne ha proseguito l’opera anche alla guida dell’Associazione di cultura politica «Città dell’uomo». Ha pubblicato una vasta serie di studi su questioni del Cristianesimo antico e, parallelamente, su problemi di politica, con spiccato interesse per gli aspetti antropologici. Filippo Pizzolato è ricercatore di Diritto pubblico presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca. Tra le sue pubblicazioni: Finalismo dello Stato e sistema dei diritti nella Costituzione italiana, Vita e Pensiero, Milano 1999; Il sistema di protezione sociale nel processo di integrazione europea, Milano 2002.
Si presenta in questo volume una serie di studi dedicati a Vigilio di Trento, accomunati da una attenzione privilegiata alle fonti letterarie, e soprattutto ai testi delle sue due cosiddette epistole. Sulla base d’una attenta analisi filologica dei testi, si è cercato di stabilire innanzitutto, nella maniera più completa possibile, il retroterra culturale (classico, biblico ed ecclesiastico) di una personalità non ancora studiata sotto questo profilo e liquidata, forse troppo frettolosamente, come di scarso rilievo culturale. Poi, l’analisi della concezione del martirio, che discende dai due testi, è strettamente connessa con la sottostante visione dell’evangelizzazione e pastorale in genere, che motiva e spiega le modalità della testimonianza martiriale stessa. Il capitolo su Vigilio scrittore rappresenta il primo tentativo di giudizio letterario complessivo sul ‘modus scribendi’ di Vigilio e, più latamente, sulla sua concezione espressiva. Un’attenzione specifica è riservata al testo dei due documenti letterari vigiliani, presentati secondo le loro linee compositive e analizzati nel loro dettato; di essi si offrono non poche proposte di lettura discordanti dalle edizioni oggi in uso, e si dà una nuova versione corredata di un commentario analitico. L’esito di queste ricerche sembra offrire di Vigilio una visione sicuramente più completa e complessa; permette di inserirlo in un circuito culturale e pastorale aperto e dialogante, ben lontano da quella semplificante posizione contrappositiva che ci si attenderebbe da un ambiente e da un’epoca che parevano destinati a favorire chiusure e separatismi.
"Noi possiamo fare del mondo un inferno, anzi siamo sulla strada", affermava Marcuse. Il dolore sembra dominare il paesaggio del mondo contemporaneo. Eppure è possibile anche l'opposto, anche se spesso la ricerca della felicità o, almeno, di una vita priva di grandi sofferenze e paure tende a staccarsi dalla progettualità politica. La difficoltà di accettare il nesso tra politica e felicità è presente sia che si parta dall'idea di una natura comune agli uomini o da quella della loro irriducibile individualità. Ritornano antiche domande: può il mondo bastare alla felicità? Esistono bisogni che la vita biologica e quella associata non riescono a soddisfare? E' attorno a tali interrogativi che si snoda la riflessione contenuta in queste pagine.