Lo storico e senatore romano Cornelio Tacito aveva scritto la Germania negli anni successivi a Domiziano con l'intenzione di celebrare, attraverso la descrizione degli usi e costumi degli antichi germani, le virtù dei romani delle origini. Crudeli in battaglia, rozzi ma moralmente integri, feroci difensori della propria libertà, i germani, secondo Tacito, non si erano mai mescolati con altre nazioni. Scritta per sferzare gli animi contro la tirannide, l'opera divenne invece, in anni moderni, uno strumento del potere. Dell'opera si persero le tracce nel Medio Evo fino a quando essa ricomparve nel XV secolo tra i codici che l'umanista Enoch di Ascoli, allievo di Francesco Filelfo, aveva acquisito nelle biblioteche del nord Europa. Riscoperta dagli umanisti, l'opera divenne ben presto riferimento dei sostenitori della supremazia della cultura tedesca come l'umanista Conrad Celtis, e poi dei protestanti, fino a trasformarsi in una bibbia del Nazismo. "Un libro molto pericoloso", titolo che riprende la definizione della Germania di Tacito di un grande storico italiano, Arnaldo Momigliano, è un testo affascinante. La ricostruzione attentamente documentata e scientificamente rigorosa di una vicenda che sembra la sceneggiatura di un film di avventura. Postfazione di Paolo Fedeli.
Lo storico e senatore romano Cornelio Tacito aveva scritto la Germania negli anni successivi a Domiziano con l’intenzione di celebrare, attraverso la descrizione degli usi e costumi degli antichi Germani, le virtù dei Romani delle origini. Crudeli in battaglia, rozzi ma moralmente integri, feroci difensori della propria libertà, i Germani, secondo Tacito, non si erano mai mescolati con altre nazioni. Scritta per sferzare gli animi contro la tirannide, l’opera divenne invece, in anni moderni, uno strumento del potere.
Dell’opera si persero le tracce nel medio evo fino a quando essa ricomparve nel XV secolo tra i codici che l’umanista Enoch di Ascoli, allievo di Francesco Filelfo, aveva acquisito nelle biblioteche del nord Europa, a Fulda e Hersfeld, per conto di papa Niccolò V, destinati a creare il primo nucleo della Biblioteca Vaticana. Riscoperta dagli umanisti, utilizzata come fonte da Pio II Piccolomini, l’opera divenne ben presto riferimento dei sostenitori della supremazia della cultura tedesca come l’umanista Conrad Celtis, e poi dei protestanti, fino a trasformarsi in una bibbia del Nazismo, che vi trovò la prova della purezza della razza ariana.
Il manoscritto poi riemerse dalla polvere nella biblioteca di una nobile famiglia di Jesi, i Baldeschi Balleani, e fu pubblicato nel 1907 da un professore di liceo jesino, Cesare Annibaldi, diventando argomento di contesa da parte della Germania e di Heinrich Himmler, sacerdote dell’ideologia nazista, che voleva riaverlo a tutti i costi.
Un libro molto pericoloso, titolo che riprende la definizione della Germania di Tacito di un grande storico italiano, Arnaldo Momigliano, è un testo affascinante. La ricostruzione attentamente documentata e scientificamente rigorosa di una vicenda che sembra la sceneggiatura di un film di avventura.
Un’opera straordinariamente brillante. (Washington Post)
Krebs ci guida in un viaggio affascinante dalla Roma imperiale alla Germania di Hitler attraverso monasteri, tribunali e biblioteche. Un viaggio attraverso la storia delle idee che è un racconto giallo e un thriller. (El Pais)
Il racconto di Krebs è magistrale… Il risultato è un moderno libellus aureus su un antico libellus aureus. (Classical Journal)
Il filologo classico e studioso di storia delle idee, Christopher B. Krebs racconta per la prima volta al vasto pubblico come il libro di Cornelio Tacito, nel corso della sua storia, sia stato strumentalizzato. (Neue Züricher Zeitung)
“Libro dell’anno 2011” per gli studi classici. (Times Literary Suplement)
Il volume propone tre importanti e decisivi saggi apparsi insieme nel 1954: "Simpatia e rispetto" di Ricoeur, "Per una filosofia dell'amore" di Marcel, "L'io e la totalità" di Lévinas. Amore e simpatia, rispetto e giustizia, responsabilità e riconoscimento sono le parole-chiave a cui Lévinas, Marcel e Ricoeur affidano la possibilità, che è anche una difficoltà, di pensare all'altro. Questo impone una duplice presa di coscienza: vi è, da una parte, la miseria delle parole che di solito dicono dell'altro, coniate sul dominio delle cose e imposte da un «io» signore solitario del mondo, e, dall'altra parte, l'ingenuità di ritenere che la conoscenza detenga sempre e comunque un primato sull'etica. La presente edizione è arricchita da un nuovo saggio introduttivo di Franco Riva.
"In un altro tempo il divino è stato parte integrante della vita umana". Da qui, e dalla difficoltà per l'uomo moderno di percepire questa intimità originaria, ha inizio la riflessione di Maria Zambrano sulla storia, sull'uomo, sul divino. Con una scrittura densa e suggestiva, più vicina al linguaggio poetico che non a quello filosofico, Maria Zambrano ripercorre le varie fasi della relazione tra l'uomo e il divino, a partire dalla nascita degli dèi greci e della filosofia, analizzando la peculiarità della religione cristiana, fino ad arrivare agli esiti nichilistici della tradizione occidentale. "L'uomo e il divino", scrive Vincenzo Vitiello nel suo saggio introduttivo, "è il libro più ricco e complesso di Maria Zambrano, il più importante e significativo dal punto di vista strettamente filosofico".
Tra la fine del XIX e i primi decenni del XX secolo Bergamo vede nascere un forte movimento dei lavoratori che si organizza, lotta e chiede partecipazione. Agli scioperi degli operai e alle rivendicazioni contadine la Chiesa locale reagisce con atteggiamenti contrastanti che Ermenegildo Camozzi indaga da prospettive inedite, grazie a documenti d'archivio esaminati per la prima volta in questo volume. La linea coraggiosa del vescovo Giovanni Maria Radini Tedeschi, che si schiera a favore dello sciopero di Ranica del 1909, non è condivisa dal successore, Luigi Maria Marelli, contrario alle agitazioni contadine. Agli esordi della sua vita pastorale è il giovane don Angelo Roncalli - futuro papa Giovanni XXIII - che si batte per la diffusione del nuovo messaggio della dottrina sociale cattolica. Di tutto ciò testimonia un ampio carteggio in cui emblematica è la lettera di fermo richiamo di Benedetto XV a Monsignor Marelli che Sturzo giudicherà inopportuna.
Le grandi potenzialità del sapere scientifico e tecnologico, la comunicazione con i suoi connotati di interdipendenza planetaria, ma anche la paura di processi incontrollabili in termini di rischio unificano in comunità la globalità degli uomini. Qui sta il punto su cui far leva per combattere ingiustizia ed esclusione. Seppur confusamente emerge oggi una domanda di senso con cui affrontare il futuro. L'uomo avverte il bisogno di rispondere a un'esigenza profonda di libertà e di significato, di ricostruire se stesso in vista di qualcosa di non effimero. In particolare, l'economia - invadente quanto impotente di fronte ai problemi sul tappeto - chiede umanizzazione e trascendimento etico. Questo il filo che lega le riflessioni dell'autore in tema di globalizzazione, sviluppo, lavoro, responsabilità sociale delle imprese, ruolo delle famiglie e della società nell'ambito di nuove soggettività e protagonismi.
L'espansione e la diffusione dell'Islam, che ha interessato tre continenti e un arco temporale di oltre un millennio, lo hanno messo in contatto con tradizioni artistiche assai diverse. Ne è conseguita una notevole varietà di scuole regionali che, nonostante le differenze, hanno mantenuto una fondamentale unità estetica che va ricercata nell'unitarietà della cultura religiosa. Il volume, corredato da un ampio apparato fotografico, fornisce alcune linee guida sulla nascita e lo sviluppo dell'arte islamica, analizzandone in particolare proprio le costanti, rintracciabili nelle strutture e nelle forme, nei vari decori calligrafici, floreali e geometrici. Ampio spazio è dedicato inoltre alla descrizione degli edifici, sacri e profani. L'architettura, infatti, volta all'esaltazione del Principe dei credenti nel suo doppio ruolo politico e religioso, è l'arte che più di ogni altra rende visibile la potenza dell'Islam.
Le trasformazioni verificatesi nel nostro paese a partire dalla seconda metà degli anni Sessanta hanno lasciato un'impronta indelebile nella storia degli eventi futuri: nella cultura come nella politica, nell'economia, nella demografia; nel governo della vita pubblica, nell'organizzazione delle città e nell'assetto del territorio, nella famiglia. Decentramento urbano e allargamento della partecipazione dei cittadini si affacciarono allora come possibili soluzioni alle rivendicazioni e alle tensioni che minacciavano il tessuto della convivenza civile. In questo periodo don Luigi Di Liegro ebbe un ruolo importante e cruciale, dapprima come responsabile dell'Ufficio pastorale del Vicariato poi come artefice e direttore della Caritas diocesana.
Poeta, scrittore, saggista palestinese, Kanafani racconta due diaspore: quella palestinese e quella ebraica, eccomunate da un unico, tragico destino. Said, palestinese di Haifa, torna con la moglie, dopo vent'anni di esilio, nella sua città natale per rivedere fugacemente i luoghi amati e la casa, ora abitata da una famiglia di ebrei polacchi scampati ad Auschwitz, e per cercare il figlio, abbandonato durante la repentina e tragica fuga. Con grande umanità e forza emotiva, Ghassan Kanafani ci accompagna in questo viaggio nel presente e nel passato, dove riaffiorano da entrambe le parti il disagio e la tristezza della situazione, in un groviglio di sentimenti e passioni umane.
Il XX secolo ci ha lasciato un'eredità impegnativa: il progetto di una giustizia sociale democratica che garantisca al cittadino una vita dignitosa e che si ponga come ideale in base al quale regolare la vita sociale e legittimare l'ordine politico. Di fronte alle sfide del nuovo secolo si avverte con particolare urgenza la problematicità di questo ideale e l'esigenza di capire se esso trovi spazio nella vita collettiva, in particolare presso le nuove generazioni nelle quali è riposto il futuro delle nostre società.