Il volume ha per oggetto la traduzione latina del De bello Iudaico di Giuseppe Flavio, nota come «Pseudo-Egesippo» e intende offrire un quadro della formazione culturale dell’autore di questa traduzione, la cui identità è da lungo tempo oggetto di dibattito. La solida formazione attinta alla scuola classica e fondata sugli autori pagani di cui questo autore cristiano dà prova, unita all’interesse per la storia ebraica finalizzato al dibattito con gli ebrei, orienta verso l’ambiente romano della metà del IV secolo. Lo studio qui proposto offre dunque anzitutto una nuova tessera per la composizione di quel mosaico che fu il clima culturale romano di tale epoca, nel quale le diverse tradizioni, pagana, cristiana ed ebraica, si confrontarono e si influenzarono reciprocamente.
Quanto all’identità dell’autore, l’ipotesi qui sostenuta è che si tratti del giovane Ambrogio, che prima di diventare vescovo di Milano (374-397) si formò proprio a Roma. Una nuova luce viene gettata sulla formazione ‘romana’ di Ambrogio, classica ma anche già pienamente cristiana, aspetto rimasto sempre nell’ombra perché lo stesso Ambrogio, preferendo insistere retoricamente sulla sua iniziale impreparazione all’episcopato, nulla ci ha detto a riguardo. Si viene così a scoprire che il mondo giudaico ha sempre rappresentato agli occhi di Ambrogio un termine privilegiato con cui misurarsi: un confronto che ha indirizzato la sua formazione e ha suscitato in lui la ricerca di risposte alle obiezioni che quel mondo poneva.
La tradizione dei sette fratelli Maccabei e della loro madre è entrata presto nel Cristianesimo antico d’Occidente, dove ha raggiunto il punto di massima espansione e profondità ermeneutica nel IV e V secolo. Dopo una presentazione delle linee di sviluppo di questa tradizione, dalle origini fino al V secolo, la ricerca qui presentata si sofferma ad analizzare alcuni momenti particolarmente significativi della saga maccabaica, ancora non esaustivamente valutati. A partire da una ricostruzione inedita della presenza dei Maccabei nell’ambiente romano, si prosegue con uno studio critico sul testo agiografico della Passio SS. Machabaeorum (di cui si offre anche una traduzione italiana), sottostante alla quale si coglie il rilievo culturale, e più propriamente storico-teologico, in relazione alla polemica sulla grazia e sulla libertà umana, intercorsa tra gli agostinisti e gli avversari (i cosiddetti semipelagiani); ci si sofferma poi sul cosiddetto Carmen de Martyrio Maccabaeorum, esaminato secondo un’angolatura tipicamente letteraria. Chiude il lavoro un’analisi dettagliata e diacronica di un episodio singolare, talora connesso con la vicenda maccabaica: quello della sete di Davide (2Sam 23,15-17 e 1Cr 11,15-19), che offre motivi di interessanti collegamenti con la recezione della vicenda maccabaica in prospettiva ascetica. Ne risulta documentata la grande libertà e capacità degli autori cristiani antichi di sfruttare in maniera intelligente e mirata temi biblico-agiografici, in relazione ai bisogni teologici, apologetici e pastorali del momento.
Luigi F. Pizzolato è ordinario di Letteratura cristiana antica nell’Università Cattolica del S. Cuore di Milano.
Chiara Somenzi, dottoranda di ricerca in Scienze Religiose, è autrice di alcuni lavori, pubblicati e in via di pubblicazione, su temi della letteratura cristiana antica greca e latina del IV secolo.