A cena con Annie in un diner di Manhattan oppure a pranzo da Hannah e le sue sorelle il Giorno del Ringraziamento, e ancora in un bistrot di Parigi, al Gritti di Venezia o in un pub londinese. Woody Allen sorprende anche per come utilizza nei suoi film il cibo e le bevande. Che sia per far pensare e sentirsi "più intelligenti", per sognare gli amori più dolci e frustranti, per parlare e parlare con gli amici, per descrivere nevrosi da raccontare sul lettino dello psicanalista, in ogni caso il cibo è spesso il "contorno" giusto della narrazione del grande regista americano. Da Ciao Pussycat a Vicky Cristina Barcelona il percorso è lungo, ricco di sorprese e di riferimenti culinari inaspettati.
A poco più di trent'anni dalla scomparsa Charlie Chaplin rimane un genio inimitabile dell'arte, della poesia, della comicità e rappresenta un'icona inconfondibile anche per i piccoli nati e cresciuti nel terzo millennio.
Un viaggio nelle ricette di Chaplin consente di spaziare dalla cucina povera degli slums di Londra alla cucina tradizionale d'oltremanica, dalle specialità della Febbre dell'Oro americana all'alta cucina francese. I menu vanno dal frugale ovetto sodo con pane bianco alla sofisticatezza di un'esclusiva anatra à la presse.
Fame, amore e fantasia sono tre necessità con le quali ogni essere umano ha da confrontarsi. Chaplin le trasformò in fulcri per la sua arte. Colazioni, pranzi, cene con personaggi noti e meno noti rappresentarono non solo momenti per riscoprire contatti umani più autentici ma anche per convogliare il cibo nell'inesauribile vena della sua creatività. Lo stupore suscitato dal capolavoro culinario aggiunto a un'infallibile vis comica produce alcune tra le più geniali sequenze sul cibo del cinema di tutti i tempi: lo scarpone bollito, la danza dei panini, la macchina di nutrizione automatica. La fame di Chaplin diventa poetica, acrobatica, spettacolare, da circo.
Grazia Deledda, unico premio Nobel femminile per le lettere italiane, era anche una eccellente cuoca e il cibo non poteva non assurgere a importante elemento letterario nelle sue opere.
Tra opulenza e penuria, ripercorrendo le vicende dell'affascinante Rossella O'Hara, si snoda una ricognizione nella cucina di Via col vento, che è anche un viaggio nella tradizione gastronomica del vecchio fascinoso Sud degli Stati Uniti. Margaret Mitchell, autrice di quello che resta uno dei romanzi più famosi e più amati dalle donne di ogni tempo, con il suo gusto per i dettagli storici e realistici, ha offerto infatti indicazioni molto accurate e precise sui cibi e le pietanze che i suoi personaggi mangiano o cucinano. E il lettore ne troverà qui le relative ricette.
Cesare Pavese è diventato un'icona del turismo enogastronomico. Il suo nome, insieme a quello di Fenoglio, viene utilizzato come sostegno per molte presentazioni di quell'eden di cibi e di vini che sono diventate le Langhe. Citazioni tratte dalle sue opere le ritroviamo accostate a ristoranti, vini, tartufi, inserite in tante promozioni turistiche. In buona parte della sua opera c'è un forte radicamento verso quest'area piemontese, che si è manifestato attraverso pagine notissime con rappresentazioni di paesaggi, riti, persone, stagioni di un mondo rurale così com'era più di cinquant'anni fa. Pavese pur immerso in questo specifico microcosmo geografico e sociale appare a prima vista carente come narratore delle abitudini alimentari del mondo contadino. Il cibo fa capolino solo in modo occasionale. I suoi personaggi, soli o in compagnia, mangiano, certo, però è pressoché assente una loro precisa caratterizzazione gastronomica. Una attenta ricognizione delle sue pagine dimostra invece che la presenza del cibo ha un ruolo niente affatto marginale.
Alice è una bambina curiosa, ed è la sua insaziabile curiosità a guidarla in quel labirinto di parole, paradossi e deliziose pietanze animate che è il Paese delle Meraviglie. Qui il cibo non è mai un dettaglio, o una pausa tra un'avventura e l'altra: è un'avventura di per sé. Si mangia per diventare grandi, oppure piccoli, il cibo è gratificante ma anche minaccioso e cela un lato aggressivo e cannibalesco, perché chi mangia può a sua volta apparire molto appetitoso. Spesso il cibo è una tortura, una ripetizione ossessiva degli stessi gesti all'infinito, come il tè del Cappellaio Matto che non conosce tregue, neppure per lavare le tazze.
Una rilettura dell'opera verghiana attraverso la cucina dei suoi protagonisti:i contadini siciliani. Una cucina semplice, quasi archetipica in cui il principale condimento é la fame. Una fame atavica. Pensiamo a quel pane reso "verde" dalla muffa che consuma il povero Jeli al seguito di un gregge che non é il suo. Pensiamo alla mitica zuppa di fave, il cui profumo pervade non soltanto le novelle "rusticane", ma anche i due romanzi" I Malavoglia e Mastro Don Gesualdo.
"L'ultima volta che sono venuto a Praga, caro signore, ci sono arrivato per dimenticare. Praga è una città talmente gravida di personalità e vicende da raccontare, che non ne conosco una migliore per scordarsi le proprie". E di vicende, Luca Ragagnin, in questo volume, ne infila decine e decine, attingendo alla letteratura e alla poesia di un paese, l'ex Cecoslovacchia, che nella sua piccola estensione geografica è riuscito a produrre una messe abbondante e importante di autori. Ragagnin ne ha scelti 53: li ha introdotti, antologizzati e cucinati, creando per ognuno di loro, con la sua penna agrodolce e tragicomica, una ricetta per il palato e per la memoria.
Morti ammazzati, chiacchiere fra donne, segreti di famiglia, passioni inconfessabili, atti puri e impuri, prosa e poesia ma soprattutto tanto gusto e tanti sapori si trovano nei film di Pedro Almodovar. Con tutte le ricette tratte dai suoi film.