Targum (ovvero “traduzione”) è il termine con il quale si indica la versione in aramaico della Bibbia. In questo volume vengono presentati al pubblico, in una traduzione rivista, il Targum del Cantico dei Cantici e il Tagum del Libro di Rut, ovvero di due dei cosiddetti “rotoli”, i libri della Scrittura che vengono letti durante le feste ebraiche. Queste due opere si caratterizzano per la loro libertà di interpretazione del testo originale. La traduzione a confronto delle due versioni, quella ebraica e quella aramaica, consente di notare le differenze e le interpretazioni originali del testo aramaico.
A cura di Giovanni Lenzi
Traduzione e note di Umberto Neri e Eliseo Poli
L'amore impossibile è l'amore vero, che non si estinguerà mai perchè non si consuma nella quotidianità dell'esistenza. Così, anche fra filosofia e letteratura esiste un rapporto complesso, difficile, a volte uno scambio di ruoli, perchè le più audaci costruzioni filosofiche, che contraddicono la normale percezione delle cose, sono in definitiva delle creazioni, che producono un mondo parallelo in cui sarebbe difficile vivere, mentre il grande romanzo a volte ci colpisce così a fondo, in zone tanto segrete, che vediamo in esso la rivelazione di una verità della nostra stessa vita, che non avevamo saputo riconoscere. E' chiaro che quando Rousseau afferma: "Non c'è niente di bello se non ciò che non esiste", vuol dire anche: "Non c'è niente di vero, non c'è niente di buono, se non ciò che è soltanto ideale". Un poco più tardi, nelle sue confessioni, Goethe ha scritto che si trattava per lui di "produrre nella vita una seconda vita per mezzo della poesia". Ed è là che filosofia e letteratura si ricongiungono: da Goethe a Thomas Mann, da Dilthey a Cassirer lo "spirito" è una sfera onnicomprensiva di possibilità effettive di esperienza, ma, sorgendo da queste, le supera e le approfondisce verso una verità ultima.
Una ricerca di storia della filosofia sui classici greci che diventa immediatamente una riflessione filosofica e politica sulla modernità, soprattutto sul Novecento dei liberalismi e dei totalitarismi: è questa la struttura delle opere di Leo Strauss, in particolare del presente volume dedicato all'analisi del pensiero politico di Aristotele, Platone e Tucidide in cui è celato il cuore della tensione dialettica, irrisolta e irrisolvibile, tra filosofia e politica. Agli occhi di Strauss, infatti, solo il recupero di una prospettiva premoderna rende possibile rispondere a domande fondamentali per l'esistenza umana - quali "che cos'è la legge?" o "che cos'è la giustizia?" - rese incomprensibili dalla deriva relativistica e nichilistica della cultura contemporanea.
L’incontro con la bellezza può lasciarci incolumi? La sua gioia novella può sbocciare senza frantumare all'istante dentro di noi ciò che era troppo vecchio per lei, attraverso quella ferita che solo l’invulnerabile sa infliggere? La sua sovrabbondanza su tutti i nostri possibili annuncia nella prossimità l’offerta della lontananza. Ciò che ci afferra resta inafferrabile e, come per altri, lo è tanto più quanto più si avvicina. Così Platone fa dello sgomento il primo regalo della bellezza, mentre per Dostoevskij e Rilke essa altro non è che l’inizio del terribile. Questa gioia dolorosa, smisurata come ogni amore, è la dimensione dimenticata dall’estetica, che la relega nel sublime, distinta dal bello. Il saggio, indaga lo choc provocato dall’incontro con la bellezza quando essa si manifesta all’uomo. L’uomo ne resta trafitto, sgomento, cambiato irrimediabilmente, ma tale ferita lo rivela a se stesso, aprendolo a ciò che lo eccede. Colpito da questa gioia dolorosa, l’uomo non può che celebrare la bellezza. Nel saggio vi è un’indagine quasi carnale e corporea dell’incontro, dell’abbraccio, della rivelazione dell’Essere, considerato l’evento nel quale l’uomo è attratto dalla bellezza e ne esce sublimato e sgomento.
Il profeta Geremia fu chiamato da Dio per vedere e annunciare ciò che era e che doveva essere il popolo di Dio. Accettò la sua chiamata con tutte le gioie e sofferenze che portava con sé, affidandosi totalmente alla fedeltà divina. La storia di questo profeta di Israele è appassionante, ed il suo messaggio, dopo più di 2000 anni, è ancora attuale. Perciò, il suo esempio e le sue parole possono aiutare anche noi nella sempre necessaria ricerca delle radici della nostra fede. Il volume si legge tutto d’un fiato, quasi come un romanzo. In particolare, sono numerosi i parallelismi e le allusioni agli avvenimenti contemporanei e alla attualità. La questione della terra è tuttora attuale e ci impegna non poco.
Presentazione di Norbert Lohfink SJ
Gli Esercizi spirituali sono un aiuto al cammino, perché la vita stessa è un cammino: «Tutto è provvisorio, come ogni passo, come il passo di un cammino. Ogni passo di un cammino è transitorio, ma senza ogni passo di un certo cammino, il destino di quel cammino non si percepisce più» (don Giussani). Gli Esercizi spirituali per sacerdoti, proposti da Comunione e Liberazione, sono stati guidati nell’agosto del 2009 da S.E. monsignor Paolo Pezzi, arcivescovo della Diocesi della Madre di Dio a Mosca. Al centro la fede come compimento di un’attesa: «Riconosciamo una Presenza affettivamente corrispondente solo nella misura in cui sempre l’attendiamo. Siamo fatti attesa, promessa di compimento». Il percorso si sviluppa fino a riconoscere la natura e i frutti della speranza: «Il coraggio della speranza diviene allora la rinascita di un gusto più grande della vita».
Introduzione e conclusione di Julián Carrón
GLI AUTORI
Monsignor Paolo Pezzi, nato a Russi, in provincia di Ravenna, nel 1960, nel settembre del 2007 è stato nominato da Benedetto XVI arcivescovo della Diocesi della Madre di Dio a Mosca. Ordinato sacerdote nel 1990 nella Fraternità sacerdotale dei missionari di San Carlo Borromeo, è stato per cinque anni (1993-1998) missionario in Siberia, dove ha ricoperto gli incarichi di Direttore del giornale cattolico e Decano della regione centrale, nell’attuale Diocesi della Trasfigurazione a Novosibirsk. Dal 1998 al 2005 è stato Vicario generale della Fraternità San Carlo. Nel 2004 aveva cominciato a insegnare presso il Seminario maggiore Maria Regina degli Apostoli di San Pietroburgo, seminario del quale nel 2006 era diventato Rettore. Dal 2003 fino al giorno della nomina episcopale è stato responsabile di Comunione e Liberazione in Russia.
Una scoperta sconvolgente e carica di tormento, conduce il protagonista di questa vicenda dalle nebbie della val Padana, alle cime dell’Appennino, passando per la gelida Russia sovietica degli anni Trenta. Un tragitto dell’anima alla scoperta della verità di un uomo che credendo fermamente negli ideali comunisti, arriva, accompagnato dal padre, fino ai margini dell’abisso, scoprendo a quale orrore può portare “quella forza” – il partito – a cui certi uomini hanno consegnato tutto incondizionatamente. Ci sono fatti che non possono essere ignorati, che chiedono di essere esplorati e, come farà il protagonista, di essere condotti dove forse non si vorrebbe arrivare. Luca Varni, giornalista di fama e storico di passione, subisce proprio l’incedere dei fatti accettando di seguirne la traccia, in un incalzare di rivelazioni sorprendenti. Un tragitto nel buio nero e profondo che intravvede la luce, anticamera di una speranza ancora tutta da conquistare, solo quando il protagonista accetterà di arrendersi all’amore della sua donna.
L’autore dà il suo contributo alla conoscenza del card. Federico attraverso una osservazione critica dei documenti esistenti, ispirata ai metodi della moderna storiografia, consultando i manoscritti del Borromeo giacenti presso la Biblioteca Ambrosiana, gli Archivi Borromeo di Stresa, la Biblioteca Arcivescovile di Milano. Ne scaturisce una figura colta e operosa; egli fu autore di una folta produzione letteraria, che venne in seguito riportata alla luce dal Manzoni il quale, tuttavia, nel suo romanzo, preferisce porgere al lettore l’immagine d’un pastore d’anime, a scapito dell’uomo di pensiero.
Prefazione di S.E. Card. Dionigi Tettamanzi
Due tendenze hanno segnato profondamente l’era contemporanea: da un lato la richiesta pressante di una patria, di un’appartenenza collettiva nella quale “sentirsi a casa”; d’altro lato, il fatto che proprio questa richiesta ha portato non solo alle guerre del Novecento, ma alla distruzione stessa dello spazio, com’era sino ad allora conosciuto. Questa distruzione si è rivelata in tutta la sua gravità nella creazione dei campi di concentramento e di sterminio, veri spazi d’eccezione nel cuore dell’Europa. In questo saggio vengono chiamate a raccolta le riflessioni filosofiche di Benjamin, Schmitt, Heidegger, ma anche i contributi poetici di autori come Hölderlin, Celan e Bachmann, per provare ad analizzare per la prima volta l’irreparabile trauma che da allora segna lo spazio del nostro abitare sulla terra.
Qual è il tema centrale del Il Signore degli Anelli? A questa domanda apparentemente semplice, J.R.R. Tolkien ha risposto in maniera sorprendente: "Nemmeno il potere o il dominio sono il vero nocciolo della mia storia. [...] Il tema centrale per me riguarda qualcosa di molto più eterno e difficile: morte e immortalità" (Lettera n. 186).
Nonostante questa precisa indicazione, i temi sono di fatto trascurati dai ricercatori anche più accreditati. Difficile dire se questa situazione sia uno dei tanti effetti della "morte proibita" di cui parla Ariès nella sua Storia della Morte in Occidente: è in ogni caso una rilevante mancanza nello studio del professore di Oxford, che questo libro vorrebbe contribuire a colmare.
Con i contributi di: Roberto Arduini, Simone Bonechi, Giampaolo Canzonieri, Lorenzo Giammarelli, Alberto Ladavas, Andrea Monda, Franco Manni, Alberto Quagliaroli, Claudio Testi.
Prefazione di Carlo M. Bajetta.