Spesso il teologo svizzero viene definito un 'ribelle'. Tuttavia è rimasto pienamente un uomo di Chiesa, forse più di quanto lui stesso pensi. Un vero ribelle è chi contesta lo stesso diritto di esistere della realtà istituzionale con la quale si scontra, ma Küng questo non l''ha mai fatto. Lui si considera dentro la Chiesa, non fuori. Per questo la vuole riformare. Da qui la duplice sensazione dalla quale sono stato preso confrontandomi con lui. Da un lato c'è la scossa che si riceve mettendosi a confronto con un teologo che ama non dare nulla per scontato e vuole sottoporre a prova proprio tutto ciò che comunemente ha i connotati della solidità e dell'intangibilità. Dall'altro c'è la sorpresa nel trovarsi di fronte un contestatore che però non è un rivoluzionario, perché tutto il suo lavoro sta all'interno delle realtà che contesta. E soprattutto Küng non è un postmoderno, se vogliamo identificare la postmodernità con l'antimetafisica. Küng è uomo di tradizione, anche sul piano morale. Bene e male per lui esistono, così come il vero e il falso.
Si può dire che Sobrino sia uno degli ultimi solidi pilastri della teologia della liberazione. Unico scampato all’eccidio dei sei gesuiti dell’Università del Centro America (UCA – San Salvador) avvenuto su mandato di gruppi politici e paramilitari, su di lui continua a concentrarsi l’attenzione della Congregazione per la Dottrina della Fede. Queste pagine, con inusitato coraggio, riportano il testo integrale della “Notificatio” e una riflessione puntuale e condivisa che un gruppo di autorevoli teologi gesuiti spagnoli ha svolto su tale testo. L’intento è duplice. Da una parte evidenziare il carattere freddo e distaccato, ma anche approssimato, di una cristologia astratta che privilegia più gli spazi della filosofia che della vita. Dall’altra alimentare il crescente interesse per la figura, la persona e il messaggio di Cristo che da alcuni anni a questa parte esce dal dominio dei teologi di professione per ritornare a essere oggetto di dibattito e motivo di speranza per credenti e non credenti. La lettura dei due testi si rivela illuminante perché, attraverso l’approfondimento delle argomentazioni contestate, si può scorgere la scomparsa di un dibattito teologico vero e vitale capace di tradurre la parola di Dio agli uomini di oggi.
I profeti e gli agiografi stanno al servizio di Dio, come puri strumenti per scrivere ciò che Dio "detta" loro. Così le parole umane si rivestono di divino. E la teologia viene ridotta a strumento per derivare le verità "positive" contenute in quella parola. Per tale ragione, la teologia si è andata convertendo se non proprio in "scienza degli articoli della fede", perlomeno in "scienza delle conclusioni", una sorta di rivestimento ideologico della Chiesa.
Molti omosessuali credenti da anni ormai animano un dibattito su come conciliare la loro realtà personale con la fede. Questo libro, in cui si incrociano riflessioni e testimonianze di credenti omosessuali ed esponenti delle chiese cristiane, si propone di allargare il dibattito su queste tematiche coinvolgendo tutti i credenti e i non credenti con l'obiettivo di rimettere la relazione e l'irripetibile unicità della persona al centro dell'indagine morale.