"Uno Stato che saprà rispettare le scelte di fine vita, sarà più capace di rispettare le tante straordinarie vite che siamo." (Piergiorgio Welby). Oggi, assistere i morenti rappresenta un dovere fondamentale della società civile nei confronti delle persone. Il fenomeno è nuovo perché oggi si muore sempre più spesso in ospedale lontano da casa e dall'affetto dei propri cari. E l'ospedale, costretto ad accogliere molti malati in fase terminale, si trova impreparato. Un tempo l'assistenza alle persone gravemente malate era un compito che ricadeva sulle famiglie, mentre oggi tra la struttura sanitaria e la famiglia si genera una frattura. Il malato, così, si trova affidato alle cure di un'istituzione sanitaria, pubblica o privata, che dispone di mezzi e personale specializzato, ma non in grado di compensare la perdita delle relazioni umane. Si muore in stanze d'ospedale impersonali, male e soli. L'isolamento che circonda colui che sta per morire non è solo un fenomeno psicologico ma è soprattutto una conseguenza del nostro modo di organizzare il momento della morte. Questo contesto configura un ambito assolutamente inedito eppure cruciale in cui collocare l'azione di un servizio sociale che operi per ricucire la frattura relazionale tra il paziente, i suoi cari e il sistema sanitario. In quella frattura si consumano, infatti, decisioni di straordinaria densità sul fine vita.
L'attività sportiva giovanile ha un unico, fondamentale soggetto: il ragazzo. L'allenatore è una persona che decide, in maniera responsabile, di mettersi in relazione con il ragazzo per aiutarlo a scoprire la propria realtà umana e sociale attraverso lo sport. Ma nessuno può mettersi al servizio di un altro se non riesce ad entrare nel suo mondo. Un allenatore, prima che essere un bravo tecnico deve dimostrare di essere un bravo educatore. Non è facile, la realtà sociale in cui i giovani maturano è molto più complessa di alcuni decenni fa. Eppure, lo sport non smette di sprigionare la sua irresistibile attrazione. Attraverso lo sport, il giovane sente di poter scoprire la propria persona nella profonda dimensione umana, morale e interiore. Il gioco diventa uno strumento attraverso cui si possono innescare molti processi che aiutano a definire l'identità, la relazione, il gruppo, la socialità, il senso della regola e della libertà, la tensione verso la spiritualità.
I bambini colpiti dal mutismo selettivo normalmente si esprimono ad alta voce solo in un ambiente familiare e, appena escono di casa, si chiudono in un silenzio d'inquietudine. La caratteristica fondamentale di questo disturbo è la persistente incapacità - nonostante lo sviluppo del linguaggio sia adeguato all'età - di parlare in situazioni sociali specifiche come a scuola. Questo libro è il primo in lingua italiana interamente dedicato al mutismo selettivo e alle pratiche di comportamento da adottare. Un genitore, per quanto possa amare suo figlio, non sa e non capisce l'ansia profonda e il turbamento che tormentano il suo bambino, perché il bambino stesso non ne è consapevole, non riesce a percepirli, ad analizzarli e ad esprimerli a parole. Molti dubbi e incertezze che spesso ostacolano la corretta interpretazione dei comportamenti dei bambini, verranno chiariti in queste pagine con un linguaggio semplice e con spiegazioni essenziali, fornendo una chiave di ascolto per entrare nel loro mondo interiore e comprenderli e sostenerli in questa loro battaglia. Purché sia chiara una premessa: non è detto che dietro il mutismo selettivo ci sia sempre una condizione di disagio, abuso o trauma. I protagonisti sono spesso bambini ipersensibili, estremamente fragili e ricettivi, limitati nella parola da un esasperato stato d'ansia. Sfogliando il racconto di una giornata della piccola Katie si coglieranno tutte le difficoltà, i differenti aspetti della lotta e dei successi.
Il giudizio sulla prestazione calcistica è determinato dal risultato finale. Ma esiste altro: la possibilità di crescere, sviluppare e formare la persona. Per fare questo bisogna considerare gli elementi tecnici del calcio soprattutto come azioni dettate sia da esperienze motorie precedenti (aspetto funzionale) sia da aspetti relazionali ed educativi. Ecco perché il fondamentale tecnico della disciplina deve essere considerato come espressione di una competenza motoria, ma anche come forma di espressione della persona: lo stop, il tiro, il dribbling evidenziano la capacità cognitiva del giocatore di analizzare la situazione, di trovare una strategia in relazione a compagni, avversari, allenatore, ambiente e quindi di relazionarsi con tutti questi fattori controllando le proprie emozioni. Tale processo avviene solo quando abbiamo un'elaborazione di quel vissuto che proprio l'allenatore ha il compito di stimolare.
Uno scarabocchio è uno scarabocchio. Eppure attraverso gli scarabocchi si cresce. Si comunica col mondo, si rappresenta il proprio mondo interiore, si libera la propria immaginazione. Poi con l'età lo scarabocchio si struttura e diventa disegno. Così un occhio attento può leggere lo sviluppo della personalità. Attraverso l'evoluzione del disegno infantile, dai due ai sei anni, un insegnante può cogliere come dagli "scarabocchi" il bambino passi a forme cui attribuisce significati e a rappresentazioni ben comprensibili nei suoi contenuti tematici. Attraverso il disegno si può recuperare la multidimensionalità e la complessità della vita cui partecipa un bambino. La ricchezza educativa della rappresentazione grafico-pittorica è strettamente connessa ai contenuti di memoria e alle emozioni evocate dalla ricostruzione dei ricordi personali. Insomma, dopo i cinque anni, nel disegno si riflette il bambino, la sua coscienza personale e la trama biografica del suo protagonismo soggettivo e sociale. Per decodificare questa complessa rappresentazione occorre acquisire non solo consapevolezza e competenza tecnica ma anche un adeguato approccio metodologico. Questo libro sostiene l'insegnante nel lavoro di costruzione di contesti comunicativi in cui aiutare il bambino a ricordare, riflettere, ascoltare e confrontarsi. Insomma ad esprimersi e, quindi, a conoscersi.
“Sì! Possiamo chiamarla ballata questa storia, che dice di quando gli ebrei non erano graditi. Io sono un ebreo nato nel 1928, ho trascorso la mia adolescenza durante la discriminazione, le leggi razziali, la guerra, la persecuzione, la rovina del nostro Paese e infine la liberazione.” Marco Maestro
Secondo un’antica credenza popolare il clochard è colui che ha scelto di vivere per strada come forma di libertà.
L’immaginario però si frantuma nel momento in cui la persona senza dimora comincia a raccontarsi: un sé spezzato e fratturato da un evento critico, come la perdita di un lavoro stabile, o da eventi normali che scatenano circuiti a catena: perdere la casa perché la rata (magari doppia) del mutuo non aspetta, perdere la moglie e i genitori o l’intera famiglia che non fa più da rete di protezione sociale, perdere gli amici che combattono anch’essi per dare un senso al moto perpetuo della propria vita.
L’uomo e la donna senza dimora oggi non sono solo sulle panchine di una stazione, ma spesso girano con un curriculum formato europeo salvato sulla pen drive.
Non quindi la povertà estrema, ma piuttosto una condizione d’impoverimento a cascata da cui, se non hai una rete di sostegno, ne esci con le ossa rotte.
Questo libro dà voce a vissuti, a emozioni di persone che hanno scelto di raccontarsi.
L’affresco descrive non solo una società indifferente verso le spirali dell’emarginazione ma anche la facilità con cui è sempre più facile per ciascuno scivolare in queste condizioni.
Ogni storia ha un nome fittizio, mentre non lo è affatto il racconto. Quello è vero, come la vita.
Il termine è nuovo. Il cyberbullismo, o bullismo informatico, fenomeno emerso dai fatti di cronaca, sta ad indicare atti di bullismo e molestia effettuati tramite mezzi elettronici.
Basta un cellulare, magari qualche foto o un video imbarazzante o solo delle informazioni distorte, ed ecco che la trappola del cyberbullismo è pronta.
L’aggressione informatica, anche se è portata avanti da una persona o da un gruppo, non si esaurisce tra questi ma tramite la rete raggiunge il gruppo più ampio avendo così ripercussioni sia nella vita scolastica sia all’interno del gruppo classe.
Si diventa cyberbulli per lo stesso motivo: per il desiderio di intimidire e dominare. Chi ne diventa vittima sperimenta una condizione di profonda sofferenza, le cui conseguenze possono manifestarsi anche molto tempo dopo la fine dei soprusi.
L’innovativo modello “Stop al bullismo”, il primo in assoluto che si applica al nuovo fenomeno del cyberbullismo, si basa sulla convinzione che il bullismo non sia un problema di singoli studenti, ma il risultato di un’interazione sociale, in cui gli adulti-educatori e gli spettatori svolgono un ruolo essenziale nel mantenere o modificare l’interazione.
Per questa ragione il modello di intervento qui proposto avanza un’articolata proposta di lavoro che coinvolge l’intera comunità scolastica e richiede una continuità dell’impegno.
La prevenzione e il contrasto del bullismo nella scuola per risultare efficaci non si possono esaurire con l’intervento di un esperto esterno, ma devono stimolare l’attivazione di processi educativi di cambiamento per l’intera comunità scolastica.
Ci vuole audacia.
La Vita che state vivendo vivetela in modo denso. Poichè non tornerà più. E non abbiate paura di entusiasmarvi per le cose.
Molti di voi hanno paura. Hanno paura che un giorno la Storia, il loro futuro possa ridacchiare sul loro presente. Molti hanno paura di esporsi. Per non correre il rischio di subire il contraccolpo di questa disunione tra i sogni di oggi e la realtà di domani, preferiscono non sognare.
E questo significa dare le dimissioni dalla Vita.
Aver paura di entusiasmarsi oggi, alla vostra età, significa suicidio.
Un giorno vi scalderete alla brace divampata nella vostra giovinezza.
Non abbiate paura di entusiasmarvi.
C'è tantissima gente che mangia il pane bagnato col sudore della fronte dei sognatori.
Ci sono tanti sognatori.
Meno male che c'è questa dimensione del sogno nella vita: sporgenze utopiche a cui attaccarci. Meno male che ci sono dei pazzi da slegare, da mettere in circolazione perchè vadano a parlare di grandi utopie.
Quello che è pericoloso, è che le grandi utopie si raffreddino nel cuore dei giovani.
Io vi voglio augurare che non abbiate a perdere la dimensione della quotidianità e del sogno.
Scavate sotto il vostro lettuccio e troverete il tesoro.
Non siate inutili, siate irripetibili.
Un bambino e una maestra in una classe... È una storia come tante altre? Veramente no. Il bambino si chiama Baldovino, la maestra è la terribile maestra Minestra e... c'è anche Ino, pulcino malandrino, che all'improvviso scappa via. Baldovino per ritrovarlo vivrà una grande avventura in una giornata speciale nel quale imparerà tante cose. La più importante? Mai fidarsi delle apparenze... Età di lettura: da 4 anni.
Il 4 Novembre del 1994 nell'Adriatico orientale cinque uomini e il loro cane pescano come sempre. Il "Francesco Padre", la loro barca, ora è un rantolo contorto e i loro corpi giacciono in fondo al mare. La vicenda rientra tra quelle su cui vige il segreto di Stato. Quella notte, in quelle acque, era in corso l'operazione della Nato "Sharp Guard".
L’orizzonte delle sfide, l’orizzonte dei significati, l’orizzonte dell’ecumène: tre proiezioni che la famiglia, agenzia periferica della comunione trinitaria, deve esplorare per vivere la diaconia della pace.