Quanto si può imparare dell'esistenza in cento anni? Edgar Morin ha attraversato gran parte del Ventesimo secolo e ancora oggi continua a solcare il Ventunesimo come un marinaio del pensiero. Nato a Parigi nel 1921 da famiglia ebrea sefardita originaria di Salonicco, il filosofo e sociologo francese ha condiviso con gli altri esseri umani peregrinazioni e speranze, crisi e turbamenti di una fase storica senza precedenti. Questo libro custodisce uno straordinario patrimonio di esperienze, riflessioni e incontri. La testimonianza unica di un intellettuale che non ha mai separato la sua opera dalla sua vita, la sua riflessione teorica dal suo impegno per i popoli.
Viviamo in una civiltà delle immagini, che con la loro enorme diffusione, pervasività e potenza, dalle quali derivano vantaggi e pericoli, sono diventate uno dei temi privilegiati dai filosofi. Questo studio riporta l'attenzione su una dimensione spesso trascurata dell'immagine, quella ontologica, attraversandone le principali declinazioni, da Platone fino agli autori più recenti, e cercando di mettere in luce la possibile funzione di "incremento ontologico" che le immagini assolvono quando non sono semplici copie, ma interpretazioni che mostrano la realtà in modo nuovo. In particolare quando hanno una portata rivelativa, in virtù della quale, manifestando la loro relazione con l'originario, arricchiscono la manifestazione dell'originario stesso. Tale funzione si giustifica in una concezione immaginale dell'essere, ricondotta all'ontologia della libertà, per la quale l'immagine è costitutiva dell'essere stesso.
Trasmettere l'eredità è un atto di consegna del Padre, atto che esige fedeltà al mandato ricevuto, in un mondo che ci addestra a un godimento senza freni e senza limiti, con il dovere di comprare secondo l'imperativo di mercato. Particella vagante, il soggetto si sfalda nell'anonimato perché la contemporaneità ha smarrito la funzione del Padre, con effetti decostruttivi operanti nella lingua, nella politica, nell'economia e nel sociale. Queste sono le conseguenze visibili di una crisi che parte da lontano e che si può definire con le parole dell'autrice "l'evaporazione del Nome-del-Padre".
La presente edizione raccoglie alcuni saggi di Dodds, per lo più inediti in italiano, scritti tra gli anni Venti e Sessanta del secolo scorso. L'ambito di studi in cui i testi rientrano è quello inerente al Platonismo Tardo o Neoplatonismo, ambito nel quale la figura di Dodds spiccò nella scena degli studi classici del Novecento europeo. I suoi eccellenti contributi sul pensiero filosofico e religioso della tradizione greca, caratterizzati dal rigore del filologo, dall'erudizione dello storico e dall'universalità intellettuale del filosofo, attirarono l'attenzione nel panorama accademico europeo della seconda metà del Novecento verso quel periodo storico chiamato tarda antichità e contraddistinto dall'incontro tra filosofia greca e religione cristiana. Ancora insuperate rimangono le sue letture delle categorie filosofico-religiose antiche di "razionalità" e "irrazionalità" e della genesi e dello sviluppo di quell'epocale fenomeno spirituale chiamato Neoplatonismo.
Esiste una filosofia della tecnica? La domanda, volutamente provocatoria, è rivolta a figure rappresentative delle principali tradizioni di filosofia della tecnica (italiana, francese, tedesca, spagnola, anglosassone, russa, giapponese), e intende fornire lo spunto per la precisazione di quel che tale filosofia ha voluto e saputo essere, dell'autoconsapevolezza che ha raggiunto circa il proprio statuto, dei risultati che ha colto, delle linee di tendenza sulle quali continua a svilupparsi, della sua apertura (o anche chiusura) ad altri ambiti culturali e alle tradizioni analoghe.
La storiografia anglo-americana ha ricondotto le origini della modernità alla cultura protestante, tracciando una via che parte dal pensiero di Duns Scoto e Ockham, passa attraverso i concetti di volontarismo (Boyle, Newton) e di sovranità assoluta di Dio (Lutero, Calvino), per arrivare alla nascita della scienza sperimentale e della teologia naturale. Tutto ciò a condizione di un costante intervento di Dio sulla natura e al conseguente collasso dei confini tra il naturale e il sovrannaturale. Nel presente saggio si parte da una differente prospettiva: prendendo in esame le indagini sui miracoli nei processi di beatificazione e canonizzazione della prima età moderna, viene considerata la separazione e il successivo costituirsi dell'ordine sovrannaturale accanto all'ordine naturale come fondamentale premessa per la nascita della scienza moderna e come elemento costitutivo della teologia cattolica.
"Trasformare l'eredità del trauma" è stato ispirato dalle idee di due dei pionieri più influenti in campo psicotraumatologico: Judith Herman e Bessel van der Kolk. Oltre a loro, un decisivo contributo è arrivato dai survivor, persone che hanno vissuto esperienze traumatiche di vario tipo e in varie epoche della loro vita. In questo contesto scientifico e clinico, è diventato storicamente sempre più importante informare ed educare le persone sui loro sintomi e reazioni. Secondo Janina Fisher, dovremmo cercare di spiegare, in modo comprensibile per ogni survivor, anche altri concetti complessi, proprio perché la ricerca ha dimostrato che la memoria di lavoro e la capacità di espressione verbale vengono compromesse dalle reazioni post-traumatiche. Al fine di semplificare queste informazioni e renderle accessibili ai pazienti in psicoterapia, Janina Fisher ha scoperto, attraverso l'esperienza clinica e lo studio della letteratura di ricerca, l'importanza di lavorare con strumenti immediati, come, per esempio, semplici diagrammi, in modo che vi siano meno parole da elaborare. Il libro è di fatto un moderno supporto tecnico per i clinici e per i pazienti in ogni percorso terapeutico "trauma informed".
Per la prima volta vengono proposti insieme due importanti testi giovanili di Giacomo Leopardi, che molto raccontano della formazione dello scrittore e dell'importanza che la scienza ebbe nel suo percorso intellettuale. Il Compendio di Storia Naturale, manoscritto inedito del 1812, è un quadernetto di sessantadue fogli suddivisi in dodici brevi trattati che presentano alcune descrizioni di "storia naturale" nei suoi tre "regni": animale, vegetale e minerale. Oltre a vantare uno straordinario valore assoluto, l'opera permette di ricostruire le modalità di lettura e d'uso delle fonti naturalistiche e scientifiche del giovane Leopardi, facendo emergere scelte espressive, lessicali e di contenuto non trascurabili per una migliore comprensione della sua matura scrittura poetica e letteraria. Il Saggio di chimica e storia naturale si compone di un indice di trenta argomenti di chimica e altrettanti di storia naturale che Giacomo e il fratello Carlo illustrarono nell'ultimo saggio di studi organizzato dal padre Monaldo il 20 luglio 1812. Di esso rimangono soltanto due rare copie a stampa pubblicate da Monaldo e conservate a Palazzo Leopardi.
Il volume indaga la responsabilità morale dei ricercatori di fronte alle sfide della scienza contemporanea, e dedica particolare attenzione alla ricerca biomedica che coinvolge materiale biologico di origine umana e dati correlati. Nel corso della seconda metà del Novecento, profondi e rapidi cambiamenti nel modo di lavorare dei ricercatori e nel tipo di conoscenze che si acquisiscono hanno configurato un contesto di ricerca che si discosta molto dai canoni consolidati della scienza accademica. Di qui il bisogno di ripensare l'ethos dello scienziato considerando tre principali aree di riflessione: la bioetica, la cosiddetta cattiva condotta nella ricerca e la relazione tra scienza e democrazia. Entro un simile scenario, il dibattito etico e bioetico sull'impiego di materiale biologico e dati sensibili in progetti scientifici costituisce un efficace "caso di studio" per mettere a fuoco le innovative sfide etiche nella ricerca degli inizi del XXI secolo. Si tratta di un nuovo territorio di indagine nella relazione tra etica, scienza e società. In modo particolare viene esaminato il dibattito su quale modello di consenso informato e di governance sia appropriato per le biobanche di ricerca, evidenziando l'esigenza di considerare forme di partecipazione attiva dei soggetti coinvolti.
"Il destino è la storia che si fa e ha noi come oggetto e non come soggetto." Il destino oggi sgomita, pretende di imporsi. È facile perdersi se non si traduce con esattezza il senso delle cose e il significato delle parole. Haim Bahrier, matematico e psicanalista allievo di Lévinas, è tra i principali studiosi di ermeneutica biblica e di pensiero ebraico. In questo scritto, la sua ricerca curiosa, che spazia tra saggezza biblica e approccio ermeneutico, si mette in cammino sul sentiero della generazione per comprenderne il suo senso profondo.
Le note del primo corso che Merleau-Ponty tenne al Collège de France nel 1953 costituiscono un documento eccezionale per cogliere il pensiero del filosofo nel suo divenire. In questo corso, che si colloca nel cuore del suo percorso filosofico, Merleau-Ponty avanza una prima autocritica delle sue ricerche precedenti, discutendo in maniera radicale la nozione di coscienza e ponendo le basi per il suo ripensamento a partire dal concetto di espressione. Negli appunti, volti a rivelare la dimensione espressiva della vita percettiva, prende forma in maniera germinale quell'ontologia della reversibilità che il filosofo svilupperà negli ultimi anni. C'è un legame sotterraneo tra questo corso e la riflessione dell'ultimo Merleau-Ponty, in particolare il celebre saggio L'occhio e lo spirito, ma anche i corsi su La Natura e l'inedito de Il visibile e l'invisibile. Nel dialogo interdisciplinare con la neurologia, la psicologia della forma, la psicoanalisi e le arti visive, assistiamo all'elaborazione di alcuni dei temi che occuperanno Merleau-Ponty negli anni a venire: lo schema corporeo, l'analisi della visione e della profondità, il concetto di empiétement e di enveloppement, ma anche un consistente riferimento al cinema.
C'è il fotografo e c'è la misericordia, dentro e fuori le immagini. Ci sono i miseri - che siamo noi com'eravamo nel corpo dei movimenti che non si arrendevano, che, anzi, avanzavano - e c'è il loro tradimento. C'è il coraggio dell'amicizia e dell'amore che immancabilmente si oppone e ci sono le fotografie: immagini che ci abbracciano tutti e che, respinte, rifiutate, gettate via, poi si fanno ritrovare, si lasciano riscoprire. In questo libro, Tano D'Amico ci racconta l'Italia di Misericordia e tradimento, dagli anni '60, dove si mostra, presente, la misericordia. Le sue immagini tratteggiano un'umanità sfumata tra il bianco e il nero della pellicola, coraggiosa nelle rivendicazioni e nel dissenso, ed è di questa intensità che le immagini del fotografo nutrono la memoria. Una memoria che non si rivolge al passato, ma al cuore. Al cuore dei miseri trovati sulla strada, nelle piazze, agli angoli delle periferie, e al cuore di chi, nel tradimento, si è fatto testimone della forza di quelle immagini.