Da quando è uscito il primo "Dizionario delle cose perdute", Francesco Guccini non può fare un passo, per strada, senza che qualcuno lo fermi per suggerirgli con entusiasmo e commozione qualche oggetto "del tempo andato" che merita di essere ripescato dal veloce oblio dei nostri anni e celebrato dalla sua penna. Dall'idrolitina ai calendarietti profumati dei barbieri, dal temibile gioco del Traforo alle cabine telefoniche, dal deflettore all'autoradio passando per i "luoghi comodi" e i vespasiani, le letterine di Natale piene di buoni propositi da mettere sotto il piatto del babbo, le osterie (quelle vere, senza la H davanti per darsi un tono) e molto altro, Guccini torna a scavare nel passato che ha vissuto in prima persona per riportarcelo intatto e pieno di sapore. E con questo suo catalogo delle cose perdute dà vita a un personalissimo genere letterario nel quale l'estro del cantautore - capace di condensare in poche strofe un universo intero di emozioni -, la sua passione storica e filologica e la sua vena poetica trovano sintesi piena: regalandoci pagine in cui ogni oggetto, ogni situazione, suscita intorno a sé un intero mondo, sempre illuminato dalla luce di un'insuperabile ironia.
Luciano Pavarotti è stata una delle grandi stelle della lirica mondiale, il marchio inconfondibile del belcanto italiano. Ambasciatore infaticabile della musica, con il timbro della sua voce "morbida eppure volitiva come una melagrana appena spaccata, che sembra sangue e sa di zucchero", ha emozionato il pubblico dei più celebri teatri, dalla Scala di Milano al Metropolitan di New York. A suo modo "figlio d'arte" - il padre Fernando faceva il panettiere per mestiere e il cantante lirico per passione - Luciano non frequentò il Conservatorio ma si dedicò a un meticoloso apprendistato con Arrigo Pola ed Ettore Campogalliani, i suoi mentori e maestri, per poi esordire con successo all'inizio degli anni Sessanta. Da allora la sua straordinaria avventura artistica e umana non ha conosciuto soste. Fino al 6 settembre 2007, giorno della sua scomparsa, quando si è capito che Big Luciano avrebbe lasciato un vuoto difficile da colmare. Lo rimpiangono i melomani, ma anche i tantissimi appassionati d'opera, i milioni di fan che hanno imparato a conoscerlo grazie ai concerti con José Carreras e Placido Domingo e ai duetti con le grandi star del pop internazionale, in occasione dei "Pavarotti&Friends". Ma Big Luciano un successore ideale ce l'ha, e porta il nome di Andrea Bocelli. Anche per il tenore toscano la musica è una sola, e il messaggio che veicola, potente e universale, può diffondersi nello spazio raccolto di un teatro come in uno stadio gremito di folla.
"Una farfalla che vola leggera... il sapore dell'uva rubato a un filare... un sogno che più non ritrovi": sono questo, e molto altro, le canzoni di Francesco Guccini. Sono la colonna sonora di più generazioni, raccontano quello che si lascia e si conquista quando si diventa grandi, parlano dei cambiamenti, del mondo a volte crudele che ci circonda, di una consapevolezza che si disvela per squarci improvvisi. Sono una scatola magica per adulti e bambini: custodiscono storie per tutti, in cui tutti possono riconoscere la propria storia. Capolavori senza tempo, poesie per ogni età. "Una canzone", "Culodritto", "Il vecchio e il bambino", "Auschwitz", "Piccola città", "E un giorno...", "L'ultima volta", dalla ricca produzione dell'artista sette canzoni, sette poesie sul tema dell'infanzia, del ricordo e del sogno, illustrate da Alessandro Sanna. Età di lettura: da 9 anni.
Figlio di un idraulico scozzese, Rod Stewart nasce a Londra nel 1945. Dopo aver tentato diversi lavori, dal becchino al giocatore di calcio professionista, è la musica che cattura definitivamente il suo cuore. Rod esordisce all'inizio degli anni Sessanta, suonando nei club della scena R&B di Londra, fino a quando la sua voce roca e particolare giunge all'orecchio del mitico cantante Long John Baldry, che lo avvicina una notte mentre sta suonando alla stazione. A questo incontro fanno seguito periodi di collaborazione con gruppi pionieristici come gli Hoochie Coochie Man, gli Steampacket e i Jeff Beck Group, fino ai cinque anni turbolenti con i Faces, i cui eccessi a base di alcol, stanze d'albergo distrutte e groupies sono ormai entrati nella leggenda. In questa vita intensa e sregolata, Rod ha trovato il tempo di scrivere moltissime canzoni, tra cui capolavori come Maggie May, nel 1971, che lo impone come star, di iniziare una carriera da solista di grande successo, di vendere circa duecento milioni di dischi, di essere ammesso per ben due volte alla Hall of Fame e di tenere il più grande concerto di tutti i tempi. Non male, come dice lui, per uno con una rana in gola. E poi c'è la vita privata: matrimoni, divorzi e relazioni con alcune delle donne più belle del mondo - Bond girls, star del cinema e top model - e la terribile esperienza di un cancro alle corde vocali che ha rischiato di fargli perdere tutto.
"Delle mie opere, quella che mi piace di più è la Casa che ho fatto costruire a Milano per accogliervi i vecchi artisti di canto non favoriti dalla fortuna, o che non possedettero da giovani la virtù del risparmio": così scrive Giuseppe Verdi in una lettera. Unica al mondo nel suo genere, la casa di riposo voluta dal grande Maestro - che le destinò la propria eredità - aprì i battenti nel 1902: oggi tutti a Milano sanno dove si trova Casa Verdi, tra le cui mura austere e accoglienti vivono decine di musicisti anziani e non solo. È in questa Casa speciale che Paola Calvetti sceglie di immaginare la vita di Ada, eccentrica cameriera che cova un sogno nel cuore: un personaggio "emarginato" e struggente, come Rigoletto, come Violetta, come tanti altri che Verdi rese immortali nelle sue opere. Muovendosi in punta di piedi, Ada conosce tutti gli ospiti e di tutti "colleziona" le vite ardenti. Piera, che muove ancora con grazia le mani sul pianoforte, Kimiko, soprano giapponese, Luisa, la famosa Annina che cantò nella "Traviata" insieme a Maria Callas, Ferro, il violinista gentiluomo che in gioventù spezzò decine di cuori, e gli altri si preparano con trepidazione a una grande festa, e intanto lasciano riaffiorare le proprie passioni non sopite. Come la musica, che non teme il tempo, come l'amore, che può (ri)nascere anche tra le pareti di Casa Verdi...
"L'idea che per capire la musica si debba per forza possedere un certo bagaglio culturale è una furbata, spesso è una scusa per pigri, o una medaglia acquisita sul campo per chi crede di essere fra quelli che la 'capiscono'. Avere gli strumenti per godere della musica non significa conoscere né l'armonia né l'epoca in cui è stata scritta né il retroterra culturale del compositore, ma riconoscere qualcosa che abbiamo dentro e che risuona."
In questo libro Stefano Bollani ci spiega il bello della musica. E lo fa con parole semplici, con il suo spirito libero, sfatando insidiosi luoghi comuni e svelando i segreti di un laboratorio fantastico, quello dell'improvvisatore: armonia, melodia, dinamiche, ritmo, colpi a effetto, trucchi, debolezze e assi nella manica dei jazzisti, dei creatori pop e degli interpreti. Parliamo di musica è un viaggio affascinante nei meccanismi della creazione musicale raccontato da uno dei massimi talenti del nostro tempo.
Bollani però prima di tutto è un vorace ascoltatore, dai Beatles a Frank Zappa, da Elio e le Storie Tese a Giacomo Puccini, da Bill Evans alla bossanova di Antônio Carlos Jobim e così, compilando una sorta di appassionato "taccuino di appunti", il grande pianista ci guida nella comprensione dei suoni e delle loro diverse chiavi di lettura, fino a farci scoprire che si tratta di un percorso dentro le nostre stesse percezioni nascoste.
Perché "non solo nella musica, ma anche nella vita, il vero spettacolo è ascoltare".
Questo libro è un evento. Una storia che aspettavamo ci venisse raccontata. Un tuffo in un mondo che suscita nostalgia anche in chi non l'ha vissuto.
A dieci anni dalla scomparsa di Giorgio Gaber, il suo storico coautore e amico Sandro Luporini rompe l'ormai leggendario riserbo, e dal suo inviolabile rifugio viareggino apre le porte su uno dei più straordinari sodalizi artistici degli ultimi decenni. Svelando un tesoro di cui è il più autorevole custode. Racconta le discussioni, le idee, i dubbi, le storie, qualche volta le coincidenze che hanno dato origine ai loro capolavori: cosa intendevano veramente in certe canzoni troppo spesso fraintese, da dove è nata la battuta "quasi quasi mi faccio uno shampoo", o che "...volevamo dire 'libertà è spazio di incidenza', ma anche senza essere musicisti si capisce bene che una roba così non si poteva proprio cantare". Ma anche i particolari di un uomo fuori dall'ordinario, ironico e curioso di tutto, che lavorava anche quando sembrava fare altro e andava al mare con le Clark.
Il bel pretesto narrativo è l'incontro tra Luporini e un ragazzo giovane, attento e appassionato che non ha avuto la fortuna di conoscere il Signor G e la sua epoca. Il risultato è puro Gaber: intelligenza, ironia, e una profondità che appena rischia di diventare pesantezza ha uno scarto, un guizzo, e ritorna meravigliosamente leggera.
G. è quanto di più vero e definitivo si potesse scrivere su Giorgio Gaber. Sandro Luporini riesce nel miracolo di restituirci quello stile, quel gusto, quel modo di vedere le cose che ci ha tanto affascinato, e di cui tanto sentivamo la mancanza.
Nell'Iran degli ayatollah che hanno vietato la musica, un bambino di sei anni sogna di passeggiare felice nell'orangerie di un castello tedesco in compagnia di Johann Sebastian Bach. A sentirglielo ricordare, chiunque direbbe che è un predestinato. E in effetti, quel bambino oggi ha trentasei anni, ha studiato al conservatorio in Italia, vive in Germania e si chiama Ramin Bahrami. È cioè uno dei più talentuosi pianisti sulla scena internazionale e tra i maggiori interpreti contemporanei di Bach: le sue incisioni discografiche, dall'"Arte della fuga" alle "Variazioni Goldberg", hanno sorprendentemente scalato le classifiche mondiali dei dischi più venduti. In questo libro Bahrami per la prima volta si racconta e i suoi ricordi fluiscono sciolti, a partire dall'infanzia, prima dorata e poi drammaticamente segnata dalle vicissitudini famigliari legate alla salita al potere di Khomeini e alla guerra Iran-Iraq. In un paese in fiamme, Ramin bambino assiste sgomento all'arresto del padre, e trema sotto le bombe e i razzi che cadono su Teheran. Ma ha un suo modo pervincere la paura che gli attanaglia l'anima: suona. E suona Bach. Scopre così che quella musica rappresenta per lui un'ancora di salvezza, uno scudo contro la follia e l'orrore che lo circondano. Poi un giorno ascolta Glenn Gould eseguire la Toccata della Sesta partita in mi minore del suo idolo. È una folgorazione, che farà nascere in lui la volontà di dedicarsi anima e corpo alla musica di Bach.
"In genere scrivo così e non sto a pensarci, ma quando spedisco è come una piccola parte di me che se ne va nelle mani di qualcuno lontano mille chilometri che si chiederà che diavolo sta succedendo." Alle emozioni - alla rabbia o alla gioia, a desideri e pensieri - John Lennon era solito reagire scrivendo. Autore di alcune tra le più belle canzoni di sempre, molto sappiamo della sua musica; qualcosa delle sue poesie. Oggi, sono state raccolte in volume le sue lettere private. Hunter Davies, autore dell'unica biografia autorizzata dei Beatles, ha rintracciato quasi trecento fra lettere e cartoline di John - a familiari, amanti, amici, ammiratori, estranei e perfino alla lavanderia - aiutato nell'impresa da parenti e amici del musicista, collezionisti privati di tutto il mondo, e con l'assistenza di Yoko Ono. Davies racconta la storia di ogni lettera, illustra il momento in cui fu scritta, fornisce lumi sul destinatario, spiega contenuti e contesto, forte di una ineguagliata conoscenza della materia. Le lettere sono ora tenere, ora istruttive, ora divertenti, irate e violente, ora semplicemente struggenti. Molte sono arricchite da disegni, scarabocchi e freddure di John. Dalla testimonianza più antica (un biglietto di ringraziamento per una zia risalente al 1951) all'ultimo autografo per una centralinista di New York l'8 dicembre 1980, il giorno in cui fu ucciso, queste lettere ripercorrono la storia straordinaria della vita di Lennon.
Doc Ebersole vive con il fantasma di Hank Williams, non solo in senso figurato, non solo perché è stata una delle ultime persone a vedere ancora vivo il leggendario musicista country, e non solo perché circolano un sacco di voci secondo le quali sarebbe stato lui a fornire ad Hank la dose finale di morfina che lo ha ucciso. Nel 1963, dieci anni dopo la morte di Hank, lo stesso Doc è devastato dalla dipendenza. Da quando gli è stata levata la licenza di esercitare il mestiere di dottore, vive in una squallida camera d'affitto nel quartiere a luci rosse nella periferia di San Antonio, Texas, dove esegue aborti e ricuce ferite ora da armi da fuoco ora da lame di vario tipo. Ma quando Graciela, una giovane immigrante messicana, fa la sua comparsa per farsi aiutare dal dottore, cominciano a verificarsi cose che hanno del miracoloso. Graciela ha una ferita al polso che non si vuole rimarginare, eppure è proprio lei che è capace di curare gli altri semplicemente col tocco delle sue mani. Chiunque la incontri finisce per essere trasformato in meglio, eccezion fatta per il rabbioso fantasma di Hank, al quale proprio non piace vedere Doc cavarsela bene. "Non uscirò mai vivo da questo mondo" è una vera e propria ballata di rimorso e redenzione che racconta come ricreare noi stessi e il nostro mondo grazie al più insignificante dei miracoli.
Salvatore Accardo è uno dei più famosi violinisti al mondo, nonché direttore d'orchestra. Vero talento musicale (anche se non si considera tale), prende in mano il violino per la prima volta nel 1944, a tre anni, quando il padre, un miniaturista di Torre del Greco, gliene regala uno mignon, e d'istinto suona "Lili Marleen". Dopo aver imparato a leggere la musica, grazie a un amico di famiglia che suonava la fisarmonica ai matrimoni, viene affidato agli insegnamenti (privati) di Luigi D'Ambrosio e nel 1952 finalmente ammesso, a soli undici anni, al conservatorio San Pietro a Majella di Napoli, dove si diploma suonando tutti e ventiquattro i "Capricci" di Paganini. Inizia così la sua folgorante carriera, che lo porterà in giro per il mondo, offrendogli l'opportunità di incontrare i maggiori musicisti di ogni Paese. I suoi amici si chiamano Riccardo Muti, Claudio Abbado, Zubin Mehta, David Oistrakh e Astor Piazzolla. Ma anche Renzo Piano, Roberto Benigni, Gianpiero Boniperti, Dino Zoff, Alex Del Piero e Fabrizio De André. Il suo repertorio è davvero vastissimo, anche se Paganini ha segnato - e, in qualche modo, persino condizionato - la sua intera vita professionale. Accardo si racconta per la prima volta in queste pagine, svelando episodi inediti, per esempio che da giovane è stato un promettente portiere di calcio e che giocava di nascosto dal padre che lo voleva, appunto, violinista. O passioni segrete, come quella per i film di un altro napoletano d'eccezione: Totò.
Questo libro è la storia di una passione, la passione per l'opera lirica, lo spettacolo più elaborato, esagerato, costoso, assurdo - quindi affascinante inventato dall'uomo e, in particolare, dagli italiani. Alberto Mattioli, giornalista specializzato in lirica, doppiato il capo delle millecento recite d'opera viste, racconta questo mondo bizzarro, fra cantanti divi, grandi direttori, registi "provocatori", loggionisti scatenati, sfarzosi festival internazionali come Bayreuth o Salisburgo e scalcinati teatri di provincia, produzioni leggendarie e messe in scena sgangherate, trionfi epocali e fiaschi apocalittici, "prime" della Scala e spettacoli fai-da-te. Negli ultimi anni l'opera è in difficoltà nel Paese che l'ha inventata, schiacciata dalle ristrettezze economiche, dalla miopia della politica e dal conservatorismo di chi la fa (e di chi ci va). Ma continua a conquistare il mondo, dove rimane un "made in Italy" che, da secoli, non conosce crisi. Il melodramma piace sempre di più nei Paesi emergenti, conquista nuovi pubblici e nuovi mercati, si rinnova nel repertorio e nel modo di metterlo in scena, scopre nuovi protagonisti e rimpiazza quelli vecchi, usa Internet, i voli low cost, il dvd per allargare la sua platea globalizzata. La passione, però, è sempre quella. All'opera tutto non può che essere eccessivo, anche l'amore degli appassionati. L'importante è andare all'opera. Anche stasera