Atene, 411 a.C. Siamo in campagna, appena fuori dalle porte della città, dove, in due casette adiacenti, abitano due vecchi reduci di guerra, Trasillo e Polemone. Anni prima hanno combattuto insieme nella ingloriosa battaglia di Mantinea, che ha visto gli Ateniesi sbaragliati dagli Spartani, sono sopravvissuti e ora vivono lavorando la terra e senza mai decidersi a trovare un marito per le loro due figlie, Glicera e Charis, che però iniziano a mordere un po' il freno. Per i due vecchi l'unica cosa che conta è la politica. Atene ha inventato la democrazia ma deve difenderla, i ricchi complottano per instaurare la tirannide: anche il vicino Eubulo, grande proprietario che si ritira in una villa poco distante quando le fatiche della vita nella polis richiedono un po' di riposo, è guardato con sospetto. Ma Charis e Glicera pensano che i padri vivano fuori dal mondo: per loro il giovane Cimone, figlio di Eubulo, ricco, disinvolto e arrogante, è un oggetto di sogni segreti. È così che, quando tutti gli uomini si radunano in città per la prima rappresentazione di una commedia di Aristofane, le ragazze violano tutte le regole di una società patriarcale e accettano di entrare in casa di Cimone, lontane dagli occhi severi dei padri. Ma mentre in teatro l'ateniese Lisistrata e la spartana Lampitò decretano il primo, incredibile sciopero delle donne contro gli uomini per invocare la fine di tutte le guerre, la notte nella villa di Eubulo prende una piega drammatica...
La radice di questo libro è nella storia professionale dei due autori, Raffaele Cantone e Francesco Caringella, che, impegnati da oltre vent'anni come magistrati penali nell'azione di contrasto alla malattia del secolo, proseguono oggi la loro battaglia dalle postazioni strategiche di presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione (Anac) e di presidente di Sezione del Consiglio di Stato, istituzioni chiamate a vigilare sulla legittimità e la correttezza degli atti e dei comportamenti delle pubbliche amministrazioni. Punto di partenza della loro riflessione è l'analisi della corruzione del Terzo millennio che, come mostrano le inchieste su «Mafia Capitale» e sul Mose, è diversa dal passato, in quanto si è eretta a sistema pervasivo, tentacolare, spietato. Non più solo passaggi di denaro, ma giri vorticosi e smaterializzati di favori, piaceri, collusioni. Non più il classico accordo privato fra corruttore e corrotto, ma la creazione di un'organizzazione criminale attraverso cui politici, burocrati, imprenditori e mafiosi perseguono gli stessi obiettivi. Alla più accentuata pericolosità del fenomeno corruttivo non corrisponde, però, un'adeguata coscienza collettiva della necessità, etica e pratica, di reagire. Un appalto pilotato, una licenza edilizia comprata, una sentenza truccata sembrano vicende che toccano i soldi pubblici, non le nostre finanze personali. E invece quel denaro rubato è anche nostro, perché la cosa pubblica è una ricchezza comune, e la sua gestione immorale danneggia tutti, privandoci di risorse, opportunità e prospettive. È, quindi, un dovere civile rimboccarsi le maniche e lottare, con armi nuove ed efficaci. Le regole e il codice penale non bastano. Serve la prevenzione, legislativa, amministrativa e culturale. Ma serve, soprattutto, la ribellione indignata di ognuno di noi di fronte a quella «spuzza» di cui ha parlato papa Francesco nel suo indimenticabile discorso del 21 marzo 2015.
Per chi ci lavora, a contatto con il dolore delle persone, il pronto soccorso di un ospedale è una trincea quotidiana, una frontiera sospesa tra la malattia e la salvezza. Pierdante Piccioni, però, non è un medico qualunque. Nel 2013, a causa di una lesione alla corteccia cerebrale ha perso la memoria e si è risvegliato dodici anni prima della realtà che stava vivendo. Dodici anni inghiottiti in un buco nero. Da lì è ripartito con fatica, tra depressione e rabbia, e ha combattuto con tenacia per riconquistare la propria vita, i propri affetti, il proprio posto nel mondo. Lui, il dottor Amnesia, ora è di nuovo un primario di pronto soccorso. Ma adesso che è in prima linea, resta ancora un paziente costretto a fare i conti con la disabilità, ed è forse questo ad avergli fatto maturare una nuova empatia nei confronti di chi è malato: ne conosce le sofferenze, ne comprende il disagio dinanzi a quell'elefantiaco «emporio della salute» che è l'ospedale. Avendo vissuto tutto ciò sulla propria pelle, in ogni occasione cerca di comportarsi come avrebbe voluto che i medici avessero fatto con lui, una condizione che se da un lato lo premia, dall'altro emotivamente lo sfinisce. Scenario del suo ostinato lottare contro vecchi schemi e abitudini è il pronto soccorso, un luogo di confine dove le vite di molti, con le loro incredibili storie, sembrano incrociarsi senza un senso apparente, paradigma di una società nella quale lo stesso Piccioni spesso si sente un reduce senza futuro, costretto ad aspettare ancora il miracolo più grande, quello che gli deve restituire, insieme alla memoria, tutte le emozioni perdute. Ma forse quel miracolo è la passione di vivere, la stessa passione che lo spingerà ad andare oltre il suo ruolo di primario, per inventarsi un nuovo lavoro, occupandosi dei pazienti più fragili, dei più soli, degli ultimi.
In "La società a costo marginale zero", Jeremy Rifkin sostiene che si sta affermando sulla scena mondiale un nuovo sistema economico. L'emergere dell'Internet delle cose sta dando vita al "Commons collaborativo", il primo nuovo paradigma economico a prendere piede dall'avvento del capitalismo e del socialismo nel XIX secolo. Il Commons collaborativo sta trasformando il nostro modo di organizzare la vita economica, schiudendo la possibilità a una drastica riduzione delle disparità di reddito, democratizzando l'economia globale e dando vita a una società ecologicamente più sostenibile. Motore di questa rivoluzione del nostro modo di produrre e consumare è l'"Internet delle cose", un'infrastruttura intelligente formata dal virtuoso intreccio di Internet delle comunicazioni, Internet dell'energia e Internet della logistica, che avrà l'effetto di spingere la produttività fino al punto in cui il costo marginale di numerosi beni e servizi sarà quasi azzerato, rendendo gli uni e gli altri praticamente gratuiti, abbondanti e non più soggetti alle forze del mercato. Il diffondersi del costo marginale zero sta generando un'economia ibrida, in parte orientata al mercato capitalistico e in parte al Commons collaborativo, con ricadute sociali notevolissime. Rifkin racconta come i prosumers, consumatori diventati produttori in proprio, generano e condividono su scala laterale e paritaria informazioni, intrattenimento, energia verde e prodotti realizzati con la stampa 3D a costi marginali...
Shotaro è intelligente e testardo, e non può accettare che il suo più grande sogno (diventare un samurai come suo padre) sia irraggiungibile. Shotaro, infatti, è disabile dalla nascita, e il padre ha deciso che diventerà un monaco. Finché al monastero arriva il ronin Kenwa, che si dichiara disposto ad allenare persino lui. Ma quando i terribili soldati del Daimyo distruggono il villaggio e suo padre sparisce nel nulla, la vita di Shotaro viene stravolta e tutto sembra perduto... In un antico Giappone funestato dalla guerra e dalla corruzione, Shotaro riuscirà a dimostrare, con coraggio e determinazione, che non serve un corpo perfetto per fare di un uomo un guerriero. Età di lettura: da 10 anni.
Il sentimento di affiliazione che ci lega alla Natura, il sentirsi figli della Madre Terra, di Gaia, è innato ed è presente in tutte le culture umane, comprese quelle più tecnologicamente avanzate. Tuttavia nelle nostre società artificiali ormai molto lontane dal mondo naturale, c'è il rischio concreto che questa predisposizione innata non riceva più stimoli adeguati per fiorire. Fortunatamente stiamo scoprendo che Gaia, come una vera madre, agisce su di noi a un livello profondo, attivando la nostra attenzione involontaria e favorendo in questo modo la nostra rigenerazione psichica. Entra così in gioco l'ecologia affettiva: lo studio delle relazioni insieme affettive e cognitive che gli esseri umani instaurano con il mondo vivente e non vivente. Al richiamo di Gaia e del mondo naturale possiamo imparare a rispondere affinando i nostri sensi e le nostre capacità mentali con una pratica di meditazione di consapevolezza, la mindfulness, che si sta rivelando particolarmente efficace per ristabilire la nostra personale connessione con Gaia e con il mondo vivente. Leggere la Natura con cuore aperto, ascoltare la Natura con la mente pronta: questo è ciò che serve per recuperare un buon rapporto con il nostro pianeta.
Perché le persone invecchiano in modo così diverso l'una dall'altra? Perché alcune arrivano alla terza età con la mente lucida, fisicamente sane e piene di energia, mentre altre, magari più giovani, mostrano precocemente i segni e gli acciacchi tipici della vecchiaia? E, soprattutto, si può fare qualcosa per ritardare gli effetti più invalidanti della terza età? Elizabeth Blackburn, biologa molecolare premio Nobel per la medicina, ed Elissa Epel, psicologa della salute, si confrontano con questi interrogativi alla luce dei risultati di una loro recentissima, e per molti aspetti rivoluzionaria, ricerca, che ha identificato i principali «responsabili» dell'invecchiamento degli esseri umani nei telomeri, le minuscole porzioni di DNA che rivestono le parti terminali dei cromosomi, proteggendoli dal deterioramento del materiale genetico. Con il passare del tempo, infatti, i telomeri tendono ad accorciarsi e, quindi, a perdere di efficacia nella loro azione di prevenzione del deperimento cellulare. La velocità con cui la loro lunghezza si riduce, però, non è costante e uguale per tutti, ma cambia da individuo a individuo, e dipende tanto da fattori genetici (come alcune malattie, fortunatamente rare) quanto dall'equilibrio psichico e dallo stile di vita. La buona notizia - ed è questa la straordinaria scoperta delle due autrici - è che tale processo non è affatto irreversibile, anzi ciascuno di noi può fare qualcosa per bloccarlo o, addirittura, invertirne la direzione. Le numerose evidenze scientifiche raccolte da Blackburn ed Epel hanno infatti dimostrato che nutrirsi in modo sano e naturale, praticare una corretta attività fisica, affrontare le situazioni stressanti senza lasciarsene sopraffare, e persino prendersi cura dell'ambiente in cui si vive, sono armi efficacissime non solo per contrastare l'accorciamento dei telomeri, ma anche per favorirne la crescita, in modo che possano continuare a svolgere al meglio la loro funzione.
Negli ultimi anni, oltre 500.000 soci delle banche popolari italiane hanno dimezzato il valore delle loro azioni in Borsa, e in Veneto hanno perso tutto. Inoltre 373.000 hanno oggi in mano titoli non quotati invendibili, che domani, forse, liquideranno a una frazione del prezzo d'acquisto. Qualche obbligazionista ha perfino dovuto ripianare le perdite degli istituti, senza contare il danno collaterale di decine di miliardi di depositi sottratti al territorio e al credito. Così, dopo oltre un secolo di glorioso sostegno alle economie dei campanili, quelle locali sono diventate «banche impopolari». Non solo per la crisi finanziaria e la recessione. Anche per le condotte di tanti banchieri, favorite da uno stile di governo obsoleto che, facendo valere in assemblea il principio «una testa, un voto», ha tenuto lontani i grandi investitori e generato potentati creditizi quanto mai opachi. Da qui sono partiti discutibili assalti al cielo per costruire colossi nazionali a suon di acquisizioni, prestiti facili e bilanci condiscendenti. E proprio la degenerazione del modello popolare ha contribuito a rendere l'azione di controllo di Banca d'Italia e Consob poco efficace. Le crisi bancarie di Arezzo, Montebelluna, Vicenza - dove lo Stato è dovuto intervenire per evitare il crac - e i casi di Bari, Bergamo, Marostica, Milano, Verona hanno condotto al crepuscolo il modello cooperativo. Nel 2015 il governo Renzi ha avuto buon gioco a imporre una riforma che si attendeva da decenni, spingendo le dieci maggiori popolari a trasformarsi in Spa, per favorirne l'accesso al mercato dei capitali e aumentare le aggregazioni in un sistema frammentato. Ma la riforma ha i tratti di un'incompiuta: criticata dal Consiglio di Stato, osteggiata o realizzata solo in parte dagli interessati, «impopolare» per i clienti-soci perché, nel peggiorato contesto finanziario globale, rischia di aggravare le malattie che intendeva curare. Nel loro viaggio dentro la crisi del sistema creditizio locale, Andrea Greco e Franco Vanni descrivono l'evoluzione, i retroscena, colpi di teatro e le ambizioni frustrate dei protagonisti del «romanzo bancario popolare» italiano, e raccontano come un perverso intreccio di potere e denaro, risparmio e speculazione, abbia finito per trasformare le popolari da volano di territori e borghesie operose in infernali macchine mangiasoldi.
Gli ultimi due secoli di storia della comunità ebraica romana, la più numerosa e antica d'Italia, sono caratterizzati dai profondi - e talvolta drammatici - mutamenti nelle relazioni fra la maggioranza cristiana della Città Eterna e questa piccola minoranza, che, nel volgere di convulsi decenni, ha conosciuto l'emarginazione e l'inclusione, l'integrazione e, in seguito, la discriminazione e lo sterminio. Nella prima metà dell'Ottocento, i timidi segnali di emancipazione degli ebrei visibili nelle società europee più avanzate si manifestano anche a Roma, dove per una breve stagione la repubblica si sostituisce al dominio pontificio. E solo dopo l'unità d'Italia che nella nuova capitale del regno si avverte chiaramente un'impetuosa ondata di cambiamento: gli ebrei iniziano a partecipare con grande passione alla costruzione del Paese che, in virtù del tributo di sangue da essi versato sui campi di battaglia del Risorgimento e della Grande Guerra, considerano a pieno titolo la loro patria. La Chiesa di Roma, tuttavia, sconfitta ma non rassegnata, addebitando l'oltraggio di Porta Pia a un complotto di forze anticattoliche rilancia la propaganda antigiudaica e rinnova contro gli ebrei le tradizionali accuse di deicidio e di omicidio rituale, fornendo argomenti e alibi sia ai ricorrenti episodi di violenza antigiudaica sia all'antisemitismo moderno, che condanna senza appello l'ebreo alla sua presunta identità razziale, negandogli ogni reale possibilità di assimilazione. Esito e culmine di questa martellante campagna d'odio è la pagina nera - vergognosa e incancellabile - delle cosiddette «leggi razziali», promulgate dal regime fascista nel 1938 come atto di adesione all'ideologia del Terzo Reich hitleriano, che sanciscono l'esclusione degli ebrei dal corpo vivo della società italiana. Accolte dapprima con indifferenza e senza un'esplicita protesta della Santa Sede, dopo l'8 settembre 1943 tali leggi spianano la strada alla deportazione ad Auschwitz e alla morte di oltre 2000 ebrei romani. E anche se molti italiani e una parte del clero si riscattano, creando a proprio rischio e pericolo una vasta rete di solidarietà a favore dei perseguitati in fuga, molte ombre continuano a gravare sul silenzio di Pio XII (a cui Riccardo Calimani dedica un'ampia e lucida analisi), che non condannò mai apertamente lo sterminio, pur essendone informato da diversi prelati dei Paesi in cui venne perpetrato. La segreta, ma ferma speranza dell'autore è che questo racconto «sia fonte di ispirazione, affinché tutti i popoli, nessuno escluso, in ogni parte del mondo, sappiano trovare la via della concordia e della giustizia, e possano vivere insieme su questa terra, se non con gioia, almeno in pace fra loro»
Francesco Cossiga racconta i segreti del caso Moro, e Vasco Rossi la sua esperienza con la droga e il carcere. Silvio Berlusconi si confessa nel giorno in cui lascia per sempre Palazzo Chigi, e Andrea Bocelli confida i suoi amori. Sandro Mazzola rivela le combine ai Mondiali del 1970 e del 1974, e Gianni Rivera dice di essere stato juventino e amico di Brera. Dalla ventenne Bebe Vio, che vince la medaglia d'oro paraolimpica con le sue braccia e gambe nuove, a Rita Levi Montalcini, intervistata il giorno del suo centesimo compleanno, Aldo Cazzullo costruisce una straordinaria galleria dei personaggi che hanno fatto la storia degli ultimi trent'anni. Dall'intervista rubata a Giulio Andreotti quand'era ancora al potere sino all'esilarante chiacchierata con Checco Zalone, si alternano sulla scena capi di Stato e uomini di spettacolo, Bill Gates e Renato Zero, Mario Vargas Llosa e Laura Pausini. Renzo Arbore e Pippo Baudo vanno insieme da Padre Pio che li tratta malissimo, Paolo Sorrentino rievoca per la prima volta l'incidente in cui morirono i genitori; Andrea Camilleri viene portato in trionfo dalla rete per il suo No al referendum, mentre Massimo Bottura subisce un linciaggio digitale; Edgardo Sogno rivela di aver davvero preparato un colpo di Stato, Dino Zoff invita la Juve a rinunciare agli scudetti di Moggi; Ennio Morricone sente scoppiare la bomba di via Rasella, Alessandro Gassman rivendica le sue radici ebraiche; Bettino Craxi dice di voler morire ed essere sepolto in Tunisia, Umberto Bossi torna in campo dopo l'ictus; Dolce&Gabbana spiegano come hanno raccontato ai genitori di essere gay, Renato Vallanzasca come è sopravvissuto alle botte dei secondini; Piercamillo Davigo lamenta che i politici non hanno smesso di rubare ma solo di vergognarsi, Giuliano Pisapia denuncia le torture ai no global di Genova; Franca Valeri racconta come ha beffato i nazisti, J-Ax come ha sconfitto la cocaina. Parlano grandi vecchi riservatissimi come Giovanni Bazoli e Gianluigi Gabetti, e blogger adolescenti da due milioni di seguaci; Beppe Grillo gocciolante dopo la traversata a nuoto dello Stretto, e gli eterni duellanti della sinistra italiana, demoliti da Francesco De Gregori; e poi Riccardo Muti e Renzo Piano, Paolo Conte e Paolo Poli, Carlo De Benedetti e John Elkann, Romiti e il cardinal Martini, Celentano e Jovanotti...
A quasi cinquant'anni dalla sua scomparsa don Lorenzo Milani, prete degli ultimi e straordinario italiano, tante volte rievocato ma spesso frainteso, non smette di interrogarci. Eraldo Affinati ne ha raccolto la sfida esistenziale, ancora aperta e drammaticamente incompiuta, ripercorrendo le strade della sua avventura breve e fulminante: Firenze, dove nacque da una ricca e colta famiglia con madre di origine ebraica, frequentò il seminario e morì fra le braccia dei suoi scolari; Milano, luogo della formazione e della fallita vocazione pittorica; Montespertoli, sullo sfondo della Gigliola, la prestigiosa villa padronale; Castiglioncello, sede delle mitiche vacanze estive; San Donato di Calenzano, che vide il giovane viceparroco in azione nella prima scuola popolare da lui fondata; Barbiana, "penitenziario ecclesiastico", in uno sperduto borgo dell'Appennino toscano, incredibile teatro della sua rivoluzione. Ma in questo libro, frutto di indagini e perlustrazioni appassionate, tese a legittimare la scrittura che ne consegue, non troveremo soltanto la storia dell'uomo con le testimonianze di chi lo frequentò. Affinati ha cercato l'eredità spirituale di don Lorenzo nelle contrade del pianeta dove alcuni educatori isolati, insieme ai loro alunni, senza sapere chi egli fosse, lo trasfigurano ogni giorno: dai maestri di villaggio, che pongono argini allo sfacelo dell'istruzione africana, ai teppisti berlinesi, frantumi della storia europea.
Una vacanza a New York programmata da tempo, la sveglia che non suona, l'inutile corsa in aeroporto. E, quando la prospettiva di partire sembra ormai sfumata, l'inaspettato regalo di uno sconosciuto. Il protagonista di questo libro non sa che quella mattina, quando con leggerezza accetta la curiosa proposta di un viaggio in Tibet, sta dicendo di sì al destino. Nulla succede per caso e, ora che gli ingranaggi si sono messi in moto, i suoi occhi stanno per aprirsi su una realtà impensabile. Da un incontro fortuito prende infatti avvio un percorso iniziatico in un monastero tibetano, dove grazie alle sagge parole di un anziano monaco scopriremo verità sconvolgenti e l'esistenza di una realtà fino ad ora inimmaginabile.