Annuario di filosofia e teologia fondato da Italo Mancini nel 1981.
Il rapporto tra tecnologie e intero dell'umano non può non partire dal riconoscimento che la tecnica è una componente antropologica essenziale che viene a connotare le modalità delle relazioni dell'umano con sé stesso, con gli altri da sé, con le cose del mondo, e con l'Oltre/Altro. Questo riconoscimento si spinge fino a suggerire un cambiamento di paradigma in grado di riconsiderare la struttura autoreferenziale dell'antropologico, ricomprendendo la tecnica e l'artificio tra le componenti costitutive e propulsive del suo sviluppo. Ciò significa non indugiare in una visione fissista dell'essenza umana, che scambia la sua permanenza con la staticità, e muovere verso un'antropologia dinamica, dove l'essenza umana è una manifestazione d'essere sempre in via di compimento e va quindi intesa come identità "aperta", che nel factum innesta il faciendum. Un modello dell'umano come actuositas mai conclusa permette di assumere il rapporto tra "naturale" e "artificiale" secondo una permeabilità che rende il secondo intrinseco al primo, in un processo di potenziamento delle dotazioni cognitive e operative nonché delle prestazioni produttive. contributi pubblicati in questo volume intendono elaborare, in una molteplicità di prospettive convergenti, un'attitudine critica e, insieme, valorizzatrice, funzionale alla percorribilità di un percorso in grado di rendere ragione della condizione tecno-umana.
La relazione tra le tecnologie della comunicazione e le forme della politica ha assunto un'importanza nevralgica, come risulta con evidenza dai contributi a questo volume. Il filo che li lega è anzitutto la questione etica. La ricerca filosofica e i suoi percorsi riflessivi sono sollecitati, infatti, ad ampliare, in modo responsabile e critico, il loro perimetro, per indagare le capacità e le potenzialità inedite, per i corpi individuali e collettivi, che sono esaltate dall'uso degli strumenti, senza però ignorarne i limiti, specialmente quando si rischia di non prenderli nella dovuta considerazione. Di qui la necessità di avviarsi lungo piste di ricerca che consentano l'indagine delle relazioni inedite, fino ad ora solo immaginate, che si instaurano tra gli individui e i gruppi sociali, allo scopo di portare a evidenza i modelli di umanità veicolati dalla espansione delle tecnologie, senza fermarsi alla ovvietà della loro valenza funzionale ma affrontando il problema della loro incidenza sul senso della condizione umana. Andando decisamente contro corrente, si tratta di volgere le competenze tecnologiche a forme più attive e più partecipative di un impegno politico che sappia farsi carico del compito di realizzare con uno sforzo comune la buona condizione esistenziale di ogni persona.
La riflessione sulla tecnica caratterizza diversi orientamenti filosofici contemporanei. Alcuni denunciano l'approdo a un esito negativo segnato dal fatto che i bisogni umani sono stati subordinati alla razionalità strumentale. Altri cercano di avviare una riflessione critica sulla tecnica che individui i confini entro cui il suo funzionamento dovrebbe essere collocato e ponderi il significato da assegnarle nell'esperienza individuale e nelle relazioni. Dato che le tecnologie presentano potenzialità e rischi, esse richiedono, oltre alla messa in campo di una fenomenologia problematizzante, un impegno di comprensione tale da cogliere e valutare il ruolo che esse hanno nella definizione di un'umanità in cui la tecnica viene percepita come sua dimensione costitutiva. Gli studi qui ospitati provano a suggerire una efficace criteriologia in grado di orientare il giudizio sulle tecniche, in modo che la loro valorizzazione vada di pari passo con il rispetto della dignità di essere e di agire dell'umano. Presentazione di Francesco Totaro
La bioetica, per definizione, è un terreno nel quale si confrontano la vita e la riflessione teorica e normativa su di essa. È perciò anche il luogo di aspre opposizioni cui assistiamo nell'odierno scenario culturale, e non sempre riconducibili alla divisione fra laici e cattolici. La vera contrapposizione su cui il volume fa luce è quella fra una bioetica ideologica e una bioetica critica, capace di fornire argomenti per discutere le singole questioni e non per confutare un presunto nemico. Un modello di bioetica dialogica, o "in punta di piedi", che in queste pagine individua alcuni momenti significativi dell'esistenza come possibili luoghi di convergenza delle diverse riflessioni sull'umano. Seguendo, e sviluppando, la prospettiva di Ricoeur, l'etica applicata alla vita si misura qui con le sue esperienze-limite - la malattia, il dolore, la morte - che consentono di pensare i concetti di "fragile" e "prezioso" fuori dall'opzione relativista o fondamentalista, ma in un'etica della cura.
DESCRIZIONE: Il progresso della scienza pone interrogativi sempre nuovi sul senso, sui modi del nascere e del morire, mentre il pluralismo delle prospettive morali amplifica la difficoltà di trovare risposte adeguate e condivise. Le undici “tesi” suggeriscono un percorso attraverso i principali capitoli della bioetica – l’aborto, la fecon-dazione in vitro, l’eugenetica, la sperimentazione sugli embrioni, l’eutanasia, il testamento biologico – nella consapevolezza che essa è luogo di dubbi, più che di conclusioni. E per questo anche di grandi responsabilità. Per le persone e per la politica.
COMMENTO: Un libro molto atteso: una bioetica ragionevole, che vada al di là degli steccati tra laici e cattolici, esposta con chiarezza sui punti più controversi (embrioni, cellule staminali, trapianti, aborto).
STEFANO SEMPLICI è membro del Comitato internazionale di bioetica dell’Unesco e insegna Etica sociale all’Università di Roma «Tor Vergata». Dirige la rivista «Archivio di Filosofia-Archives of Philosophy» e il Collegio universitario «Lamaro Pozzani». Ha pubblicato per Morcelliana, nel 2007, Bioetica. Le domande, i conflitti, le leggi.
Una insanabile opposizione sembra sussistere tra il 'comandamento d'amore' e la 'regola di giustizia' che sovrintende alla vita sociale e politica. Ma davvero, si chiede Ricoeur, vi può essere solo contraddizione tra la logica paradossale dell'amore biblico e la logica dell'equivalenza propria dell'idea occidentale di giustizia? In queste pagine di intensa riflessione e di esegesi biblica, Ricoeur mostra come, senza togliere la discordanza di principio tra le due logiche, si possa giungere ad una loro integrazione pratica.
DESCRIZIONE: Il dramma ruota attorno al decreto di Creonte che vieta la sepoltura di Polinice, e si sviluppa dal contrasto tra le leggi scritte della pólis e le leggi non scritte, da sempre esistenti nell’animo umano. È proprio a queste che si appella Antigone per giustificare il gesto di sepoltura del corpo del fratello. In tale contrapposizione la critica ha visto, di volta in volta, l’alternativa tra i valori dello Stato e quelli della famiglia, tra la politica e la religione, tra il mondo degli uomini e quello guidato e ordinato dagli dei, tra la ragione di Stato e la coscienza individuale. Sono tutte letture possibili e motivate; esse colgono un aspetto della problematica sviluppata dalla tragedia.
Questa nuova edizione commentata mostra la «valenza ossimorica» del testo di Sofocle, il suo declinarsi accostando concetti antitetici: l’uomo è, insieme, éupolis (fa grande la patria) e ápolis (senza patria), pantopóros (capace di tutto dal punto di vista del movimento) e áporos (incapace di muoversi, bloccato), deinós (grandioso e terribile). Una tessitura linguistica che svela l’andamento dialettico della tragedia – una dialettica senza conciliazione divenuta modello della condizione umana.
COMMENTO: La celebre tragedia in un'edizione commentata per il lettore comune, gli studenti, i docenti.
GIAN ENRICO MANZONI è docente di Didattica del Latino nella sede bresciana della Facoltà di Lettere dell’Università Cattolica e insegna Letteratura greca e latina nel Liceo classico Cesare Arici di Brescia. È autore di numerose pubblicazioni scientifiche sia di Letteratura greca, riguardanti Omero e Sofocle, sia di Letteratura latina, dedicate ad autori come Ennio, Cinna, Cornelio Gallo, Virgilio, Ovidio, Plinio il Vecchio e Quintiliano. Per la Morcelliana è autore della Postfazione alla nuova edizione del saggio di V. Ehrenberg, Sofocle e Pericle (2001).
DESCRIZIONE: Accostarsi alla filosofia dell’interculturalità significa sostare sui suoi termini andando oltre il senso comune. Filosofia: crediamo sia patrimonio indiscusso della Grecia antica e “amore per la sapienza”; ma si può ritenere questa definizione una prerogativa assoluta della filosofia della physis e dell’essere, da contrapporsi al pensiero cinese di dao e qi, o hindu di Atman-Brahman? Ci soccorre il concetto di intercultura, assunto qui nell’accezione più forte: la possibilità e la necessità del confronto, non solo di una contaminazione, fra le diverse culture. Il passo in più è porsi in prospettiva filosofica: ciò si traduce nel problematizzare i propri sistemi di riferimento, nel mettersi in discussione prendendo sul serio le domande altre: è l’indicazione di un cammino da compiere, che ha nell’altro l’attore principale. Il volume si scandisce in vie di accesso tematiche e coppie concettuali che invitano alla riflessione dialogica: rovesciare lo sguardo per cogliere le differenze, e la loro origine – l’essere uomini quale condizione che rende possibile pensare e sciogliere gli attriti.
COMMENTO: L'interculturalità è la sfida del presente. L'autore ne traccia i lineamenti confrontando i concetti chiave su cui si dividono la cultura occidentale e orientale, per stabilire invece la base di un dialogo: identità/differenze, proprio/estraneo, sapienza/saggezza...
MARCELLO GHILARDI svolge attività di ricerca presso l’Università di Padova. Tra le sue pubblicazioni più recenti: L’enigma e lo specchio. Il problema del volto nell’esperienza estetica contemporanea (Padova 2006); Una logica del vedere. Estetica ed etica nel pensiero di Nishida Kitaro (Milano-Udine 2009); Arte e pensiero in Giappone. Corpo, immagine, gesto (Milano-Udine 2012); Il visibile differente. Sguardo e relazione in Derrida (Milano-Udine 2012).