Il dibattito intorno all'antropocene intercetta e rilancia una sfida nata nel cuore della modernità con l'avanzare di una postura antropocentrica, che rivendica un primato dell'uomo sulla natura in nome di un sapere che è anche potere. Rispetto a questa sfida, riproposta su basi diverse dalla crescita impetuosa della tecnoscienza, il paradigma antagonista del biocentrismo rifiuta al contrario ogni dualismo di soggetto e oggetto, invitando a guardare anche l'umano con gli occhi della natura, ma rischiando in questo modo di smarrire il senso e il valore della "differenza personale". Una svolta in questo altalenante "tiro alla fune" può venire soltanto dallo sguardo relazionale di cui è capace la persona umana, in modo da ripensare l'unità plurale del cosmo e accreditare un'articolazione unitaria e solidale delle differenze. Nella prospettiva di una "euristica della fragilità" possono dischiudersi autentici orizzonti di fraternità planetaria, che la coscienza personale riconosce e traduce nel primato della responsabilità e della cura.
In un'epoca di fragilità globale, l'avventura fragile e preziosa della libertà si ripropone in forme nuove. Sul piano del costume, in uno scenario di globalizzazione ferita - dalla pandemia alla guerra - le rivendicazioni libertarie, affidate a un individualismo possessivo che reclama forme di autonomia "slegata", si scontrano con gli appelli alla responsabilità, che intendono affidare a istituzioni pubbliche la salvaguardia della convivenza, pur in un sostanziale agnosticismo nei confronti del bene comune. Sul piano teorico questa oscillazione riemerge in una contrapposizione tra nemici e falsi amici della libertà, quindi tra il paradigma biocentrico, che guarda con sospetto a ogni forma di antropocentrismo dominativo, ritenuto il principale responsabile del degrado della biosfera, e il paradigma tecnocentrico, che al contrario vede nel digitale il punto di fusione di una nuova stagione transumanista di "libertà aumentata". Il libro ricostruisce questi scenari in modo agile e insieme documentato, innestandovi un percorso costruttivo, alla ricerca di un punto di equilibrio fra autonomia e responsabilità, fra "libertà grande" e "libertà piccole", fra persona e comunità. Nel segno della trascendenza del bene, che restituisce alla libertà l'umiltà di percorsi possibili entro orizzonti aperti di fraternità universale.
La Galilea, terra da cui è partito il cammino di Gesù e il percorso della Chiesa, è un luogo simbolico, da cui può idealmente prendere il via l'esperienza di ogni laico cristiano, chiamato a vivere la propria spiritualità nelle realtà che abita quotidianamente: dalla famiglia al lavoro, dalla parrocchia alla città.
La bioetica, per definizione, è un terreno nel quale si confrontano la vita e la riflessione teorica e normativa su di essa. È perciò anche il luogo di aspre opposizioni cui assistiamo nell'odierno scenario culturale, e non sempre riconducibili alla divisione fra laici e cattolici. La vera contrapposizione su cui il volume fa luce è quella fra una bioetica ideologica e una bioetica critica, capace di fornire argomenti per discutere le singole questioni e non per confutare un presunto nemico. Un modello di bioetica dialogica, o "in punta di piedi", che in queste pagine individua alcuni momenti significativi dell'esistenza come possibili luoghi di convergenza delle diverse riflessioni sull'umano. Seguendo, e sviluppando, la prospettiva di Ricoeur, l'etica applicata alla vita si misura qui con le sue esperienze-limite - la malattia, il dolore, la morte - che consentono di pensare i concetti di "fragile" e "prezioso" fuori dall'opzione relativista o fondamentalista, ma in un'etica della cura.
Il pensiero di Agostino percorre il tempo ed esplora tematiche quanto mai attuali. Agostino ha vissuto in un’epoca caratterizzata da drammatici conflitti religiosi che, pur nella evidente distanza storica, presenta elementi comuni con la nostra. L’Ipponate si è interrogato sulle radici di tali conflitti e sulla possibilità di elaborare un metodo per la loro composizione. Il volume contributi rileggono, nella prima parte i rapporti di Agostino con il manicheismo con ricchezza straordinaria di documentazione riguardo alle fonti del manicheismo al tempo di Agostino e il vissuto autobiografico. Seguono alcuni approfondimenti specifici. Nella seconda parte si riapre il dossier della dolorosa polemica con i donatisti, esplorandone un momento cruciale nella conferenza di Cartagine del 411. Attraverso l’esame approfondito di due prospettive conflittuali – così diverse e insieme così interconnesse – è possibile cogliere la riflessione di Agostino, sullo sfondo di una società attraversata da spinte disgregatrici e da pulsioni tribalistiche, abbandonata a se stessa da una politica inerme.
Non sappiamo più che cos'è la gratitudine, perché stiamo smarrendo la confidenza con la Grazia. Risposta a un dono gratuito, la gratitudine è l'unica restituzione possibile quando tale dono è immeritato e infinito. Dobbiamo però accorgerci di essere toccati, anzi visitati dal Bene. Ognuno di noi è destinatario di qualche messaggio speciale, nelle piccole e grandi occasioni della vita. Per poterlo ricevere, bisogna saper riconoscere e accogliere chi ce lo comunica. Non ci sono messaggi senza messaggeri. Il loro incontro ci affida una parola che è un dono per tutti. Chiunque può essere l'angelo della gratitudine per noi, anche noi possiamo esserlo per gli altri.
Interrogando in modo costruttivo il senso profondo della crisi di idee, valori e relazioni che vive il nostro paese, la domanda sul contributo dei cattolici può sottrarsi alla tentazione delle risposte piccole. Una serie di nodi irrisolti s'intravede oltre l'emergenza: giudizi storici - e autocritici - da condividere, vocazioni appassionate da suscitare, laboratori di discernimento culturale da istituire, progettualità competenti e coraggiose da elaborare, attitudini dialogiche e cooperative da mettere alla prova. Una proposta in dieci punti, che interpella la comunità cristiana e provoca la politica. Nel segno di una reciprocità virtuosa da ritrovare e di una storia comune da riscrivere.
L'etica deve misurarsi con le domande che nascono dalla vita e generano nella storia un arco di problemi che il dialogo con i classici aiuta a tematizzare criticamente. Il volume vuol mettere a fuoco la domanda morale come emerge dalla vita, ripercorrere temi e figure rilevanti dell'etica nella storia del pensiero e inquadrare, anche alla luce dei grandi maestri, i problemi etici oggi suscitati dalle nuove sfide del progresso scientifico e tecnologico.
L’epoca contemporanea potrebbe essere ricordata come una delle più imponenti fabbriche di paradisi artificiali della storia.Dinanzi a questa proliferazione idolatrica abbiamo tutti bisogno di anticorpi:chi crede di non credere,perché continui a cercare,e chi vive una vita cristiana pigramente adagiata su se stessa,perché non profani il mistero della trascendenza con l’arroganza di false sicurezze o con la banalità dell’abitudine. I “cieli di plastica” sono quegli idoli che promettono felicità,ma ingannano e schiacciano l’uomo: il Piacere, l’Avere, l’Apparire, ma anche la stessa Libertà o l’Amore di sé possono diventare un paradiso artificiale che rischia di trasformarsi in inferno.Vengono smascherati in questo libro due pregiudizi:il contrario della fede non è l’ateismo,ma l’idolatria;lo stereotipo del “crollo delle ideologie” nasconde in realtà il riemergere impetuoso di un’ideologia idolatrica. Il libro si articola in due parti. La prima, più breve, ha un andamento narrativo: due vecchi compagni di liceo,ormai sessantenni,ricevono uno strano invito da un terzo compagno,di cui avevano perso le tracce,entrato da anni in monastero.Si mettono in viaggio per andarlo a trovare e attraverso il viaggio e l’incontro rileggono la propria vita e condividono, da punti di vista opposti,ricordi e disillusioni.Il monaco,che è in fin di vita,promette un piccolo quaderno in cui proverà a mettere in ordine quel che è emerso nel loro colloquio. La seconda parte, più organica e ragionata, è il quaderno che viene inviato ai due amici, concepito come una specie di mappa delle idolatrie dominanti.Per mostrare che nessuno è esente da questo pericolo.
AUTORE Luigi Alici è nato nel 1950 a Grottazzolina (AP),arcidiocesi di Fermo.Èsposato con Piera Romanelli, ha due figli, Luca e Guido, ed insieme alla sua famiglia vive da sempre nella città marchigiana. Professore ordinario di Filosofia morale,presso l’Università di Macerata, e docente di Filosofia teoretica presso la Lumsa,ha ricoperto dal 2001 al giugno 2005 il ruolo di direttore di Dialoghi, la rivista culturale dell’Azione Cattolica; fa parte del Gruppo di lavoro del Progetto culturale promosso dalla Chiesa italiana e del Comitato scientifico-organizzatore delle Settimane Sociali dei Cattolici Italiani. È stato presidente nazionale di Azione Cattolica Italiana dal 2005 al 2008.Èautore di numerose pubblicazioni accademiche e divulgative, con San Paolo ha pubblicato Il terzo escluso (2004).
La speranza cristiana trasfigura l'attesa e promette un Regno alla comunità dei testimoni. Ci sono molti modi di incontrarsi sulla via della speranza. Il libro ne suggerisce alcuni, sulla base di tre approcci, dentro i quali affiorano tracce di un futuro diverso: l'analisi culturale, l'impegno pastorale, il racconto di esperienze di vita quotidiana. Sperare è riconoscere che il cielo e la terra si toccano; e il cielo è credibile quando illumina, promuove e riscatta la terra, non quando la demonizza, la dimentica o l'abbandona a se stessa.