Sotto il nome di Teologia ebraica si raccolgono le fila dei molteplici percorsi che nella storia del popolo ebraico hanno sviluppato idee, dottrine e credenze in senso lato "teologiche", i cui tratti divengono più chiari in età moderna e contemporanea. L'analisi storica qui compiuta va dalla costituzione della Bibbia ebraica al giudeo-ellenismo, dalla letteratura rabbinica e qabbalistica fino alla cesura della Shoà, intrecciando alcuni dei più significativi spunti dei nostri giorni - la teologia politica dopo la nascita di Israele, la teologia femminista, le correnti postmoderne. Si apre così una prospettiva sul particolare profilo culturale che accomuna una comunità religiosa in movimento, non circoscrivibile in un sapere dai contorni chiusi, e che include la concezione di Dio ma anche la nozione di Israele, la Legge (Torà) scritta e orale e il commento dei testi sacri, la celebrazione del tempo nella liturgia (quotidiana e sabbatica, mensile e annuale) e un ampio spettro di pratiche personali e collettive che, nei secoli, hanno forgiato l'identità ebraica - un'identità plurale.
Il "destino dell'essere" nella ricerca di Emanuele Severino si dispiega nell'analisi puntuale delle concrete determinazioni in cui l'essere storicamente si dà. Per questo motivo il suo discorso filosofico, tenendo ferma la destinazione centrale - l'essere che è e non può non essere -, riesce a scandagliare in maniera decisiva l'ampio spettro dell'umano sapere, dall'economia alla società, con le sue acute analisi sul capitalismo, le ideologie e le forme del potere, così come sull'arte e sul bello quali forme della praxis, ma soprattutto sul dominio inarrestabile della tecnica. Una costellazione di figure in cui si scompone la cosiddetta Follia dell'Occidente, ovvero l'abbandono del senso fondamentale dell'essere. Un'insistenza logica e una lezione di rigore filosofico che incalza chi prenda sul serio la filosofia, spingendo a uscire dal quieto vivere di compromessi che fondano il pensare e l'agire. La filosofia così intesa diviene un pungolo che rende possibile e alimenta il dialogo, quando non dimentichi lo sfondo decisivo e si interroghi sull'orizzonte che dà significato alle cose rinnovandone l'interesse essenziale e che, in principio o in ultimo, risponde alla domanda: che cosa è l'essere? In questa prospettiva tre generazioni di allievi, diretti e indiretti, e studiosi discutono nei saggi qui raccolti Severino, mettendosi appunto in dialogo.
L'arte, la letteratura, la storia, la città di Brescia dall'età romana all'età contemporanea. Un bilancio storiografico sulle ricerche compiute dal 1965 al 2010.
Nell'autunno del 1527 Brescia, nel centro e nella sua periferia, fu colpita da una pesante carestia per lo scarso raccolto di cereali, una eccezionale condizione di indigenza protrattasi nel 1528 che investiva di responsabilità l'autorità politica della città. Nonostante i provvedimenti - distribuzione di denaro e di pane - la situazione si complicava anche sotto l'aspetto sanitario: di qui la necessità di intervento assistenziale. Il caso bresciano, analizzato attraverso documentate fonti archivistiche scarsamente utilizzate sinora, e ispirandosi al modello storiografico di Jean Pierre Gutton per la città di Lione (dove i poveri sono catalogati per fasce: strutturali, congiunturali, non indigenti), è una cartina di tornasole per comprendere il fenomeno dell'indigenza in età moderna, e in particolare i suoi effetti istituzionali, sociali e assistenziali, ma anche il rapporto fra popolazione urbana e contado e l'emergere di temi quali la libertà e i diritti individuali. La ricerca qui condotta, facendo intravedere la prospettiva plurale secondo la quale si articola il tema del pauperismo nella modernità, segue tre linee: gli istituti assistenziali, come l'Ospedale Grande, mirati ad assistere frange diversificate di bisognosi della popolazione, i Monti di pietà, fondati per colmare con prestiti gratuiti le difficoltà economiche derivanti dai vari accidenti, e le Confraternite, nate come opere di carità.
Sezione monografica / theme section: Simboli, oggetti, parole. Nuove prospettive sui culti "orientali" nel mondo romano. Symbols, Objects, Words. New perspectives on Oriental Cults in Roman World. Alberto Gavini, I culti orientali in Zeugitana e in Numidia Militiana. Alcune riflessioni; Philippe Roy, Mithra et l'Apollon celtique en Gaule; Arnaud Saura-Ziegelmeyer, Le sistre. Un exemple d'élément cultuel polysémique; Céline Trouchaud, Bijoux à type isiaque sur les portraits d'enfantsdu Fayoum; Raffaella Marchesini, Il culto di Mithra ad Ostia nelle fonti epigrafiche. Un riesame di CIL, XIV 58 e 59 dal Mitreo del cd. Palazzo Imperiale; Valentina D'alessio, Ibunt semimares. I Galli di Cybele e l'etica sessualeromana; Marion Casaux, La gens isiaque chez Tertullien; Francesco Massa, Confrontare per distruggere. Firmico Materno e l'origine diabolica dei culti orientali.
"Glauben und Wissen" (1802), qui proposto in una nuova edizione italiana, è un testo giovanile di Hegel dove si tematizza l'antico dilemma filosofico del rapporto fra ragione e fede. Lo sviluppo hegeliano cerca di andare al di là tanto del dualismo illuministico che contrappone finito e infinito, quanto di quello idealistico, in particolare di Kant, Jacobi e Fichte, che in altro modo di nuovo rimandano a un assoluto inconoscibile. "Credere", così tradotto, sottolinea il curatore, è esperienza resa possibile dalla stessa ragione. E lo è perché appunto esperienza dello spirito dove la verità di cui partecipa la coscienza finita si fa oggettiva.
Il volume mette a confronto analiticamente le opere fisiche di Aristotele con i dialoghi platonici sulle stesse tematiche (in particolare con il Timeo), per ricostruire la complessa articolazione del concetto di physis, dal cosmo alla considerazione degli esseri viventi. La via critica seguita, e indicata dai testi stessi, permette di ricostruire un percorso che si configura sempre come bifronte: le innegabili e, in alcuni casi, fondamentali divergenze tra Aristotele e Platone si innestano su comuni tematiche e domande, per cui, lì dove si segna una distanza, si deve anche riconoscere un punto di accordo. Il rapporto tra Aristotele e Platone va delineandosi in queste pagine nella cifra distintiva di un movimento di vicinanza/lontananza, che rende possibile cogliere il senso e l'effettivo valore della critica aristotelica.
L'occasione dello scritto qui reso in italiano con il titolo "La nostra epoca" fu l'uscita, nel 1845, della novella anonima "Due epoche", verso la quale Kierkegaard mostrò interesse letterario. Parallelamente alla stesura della Postilla conclusiva non-scientifica alle "Briciole filosofiche", iniziò a scriverne una recensione nel 1846, pubblicandola poi accresciuta di una riflessione conclusiva dove abbandona la finzione letteraria per la realtà, la critica estetica per la filosofia politica, e il riferimento alla novella per privilegiare il tempo storico. Un testo, successivamente ripreso in Germania con il titolo "Kritik der Gegenwart" (1914), che rappresenta una profetica analisi dell'età moderna, e pare destinato a essere un seme fecondo non solo per la Kierkegaard-Renaissance ma per la stessa cultura europea.
I problemi che un papa incontra nel governare la Chiesa non sono soltanto quelli divenuti immediatamente attuali, a volte davvero imponenti: in verità essi si sono accumulati nel corso del tempo e hanno radici spesso lontane nei secoli. Volgere lo sguardo all'indietro è utile a comprendere che quanto di frequente va sotto il nome di "tradizione" cristiana il più delle volte è una sedimentazione di pratiche consolidatesi nel tempo. Il volume intende leggere i grandi gesti di papa Francesco in una prospettiva ricavata dalla profondità della storia che lo precede e dalle sfide che la christianitas gli consegna: il ruolo dei laici e il ruolo del clero dal primo cristianesimo ad oggi, l'affermarsi del potere ecclesiastico e il passaggio da vescovo di Roma a papa, il concilio Vaticano II e la fine dell'età costantiniana, i beni della Chiesa e il loro uso. Se questi temi non da ora stanno davanti alla Chiesa, un pontificato nel quale la pratica del servizio papale davvero prevalga su un semplice esercizio del potere non può esimersi dall'affrontarli.
Questo libro costituisce una delle ricerche più originali sulla natura e la storia dell'età preromantica e romantica, intesa come epoca che si conclude a Novecento inoltrato, dopo la "frattura" operata da Nietzsche. Prendendo in esame gli scritti e le posizioni teoriche di Hamann, Herder, Friedrich Schlegel, Novalis, Hölderlin, Schelling, Creuzer, Görres, i fratelli Grimm, Bachofen, Nietzsche, Spengler, Klages e Baeumler, l'autore ricostruisce le vicende degli intricati rapporti tra lo Sturm und Drang, il Romanticismo di Jena e quello di Heidelberg, tra idealismo e romanticismo, facendo emergere l'immagine duplice di un secolo, l'Ottocento, attraversato tanto da sistemi di filosofia della storia quanto da una concezione della storia di tipo simbolico. Una dialettica, mito/storia, infranta dal pensiero di Nietzsche e divenuta tema centrale nel Novecento, in particolare nel cosiddetto Mythos Debatte degli anni Ottanta. Ad emergere, dalla storia e dalla poesia del romanticismo tedesco qui scandagliati, è un concetto di natura radicalmente diverso rispetto a quello settecentesco, quale orizzonte enigmatico e alternativo al pensiero nichilistico affermatosi in Europa.