"Caro risparmiatore, i suoi soldi sono i nostri. Pertanto non ce li chieda, perché noi li facciamo girare nel nostro interesse. Nel caso non fosse soddisfatto del servizio, non importa: tanto non ci troverà. Siamo nell'era del mondo liquido, dei servizi immateriali, dei call center". Non sarebbe meglio se ce lo dicessero così chiaramente, invece di illuderci con pubblicità da Baci Perugina? Almeno uno lo sa. Lo sa. Quelle che ci mancano in realtà sono le informazioni, è la conoscenza. Noi andiamo sulla fiducia, loro sulla nostra ignoranza. Loro sono il GangBank: un sistema di saccheggio instaurato dalle élite - colossi bancari, fondi d'investimento, agenzie di rating, multinazionali - che controllano la finanza globale. Dilagano come orde barbariche mosse da una sete inestinguibile, non limitandosi ad applicare le loro spietate strategie, ma spacciandole addirittura per interventi salvifici. L'Italia è un tragico esempio. Per venticinque anni è stata un perfetto terreno di caccia. Con il beneplacito di politici complici, interessati, spesso inetti, il modello sociale e imprenditoriale italiano - che il mondo ci invidiava - è stato indebolito e smantellato. Al grido, ripetuto come un mantra da media e politici, di "il pubblico è male, il privato è bene", "siamo troppo spreconi" e "ce lo chiede l'Europa", ci siamo indebitati, abbiamo perso il lavoro, i diritti, le tutele sociali e democratiche. I danni ormai sono così gravi che non si può fingere di non vederli. GangBank è un atto d'accusa senza sconti, che non ha paura di fare i nomi dei colpevoli e di svelarne i misfatti. Ma è anche uno sprone a informarsi e tutelarsi e un appello alla riscossa. A riprendersi, con l'arma della democrazia, tutto quello che ci spetta di diritto.
Questo papa venuto dalla fine del mondo "demonizza il capitalismo". Sono bastate poche frasi del pontefice "contro l'economia che uccide" per bollarlo come "papa marxista". Che a fare certi commenti siano editorialisti di quotidiani finanziari, o esponenti di movimenti come il "Tea Party" americano, non deve probabilmente sorprendere. Molto più sorprendente, invece, è che siano stati condivisi anche da alcuni settori del mondo cattolico, dal momento che, come mostrano Tornielli e Galeazzi, vaticanisti fra i più accreditati nel panorama internazionale, alla base dei ragionamenti di Bergoglio non c'è che la radicalità evangelica dei Padri della Chiesa. Delle disuguaglianze sociali e dei poveri è ammesso parlare, a patto che lo si faccia di rado. Un po' di carità e un pizzico di filantropia, conditi da buoni sentimenti, vanno bene, mettono a posto la coscienza. Basta non esagerare. Basta, soprattutto, non azzardarsi a mettere in discussione il "sistema". Un sistema che, anche in molti ambienti cattolici, rappresenterebbe il migliore dei mondi possibili, perché - come ripetono senza sosta le cosiddette "teorie giuste" - più i ricchi si arricchiscono meglio va la vita dei poveri. Ma il fatto è che il sistema non funziona, e oggi viene messo in discussione da un papa che in questo libro propone una riflessione sul rapporto fra economia e Vangelo. Temi che troveranno spazio anche nella sua prossima enciclica. Con un'intervista esclusiva su capitalismo e giustizia sociale.
Dopo le dimissioni del precedente "amministratore delegato" - papa Ratzinger - la Chiesa ha terminato definitivamente la "stagione dei saldi". Con papa Bergoglio ha aperto una nuova era, affrontando alla radice l'ormai riconosciuta obsolescenza del prodotto - la Dottrina cattolica - e una evidente inadeguatezza di fronte alle istanze della società moderna. Per dare un segno di vicinanza con i suoi "consumatori" - i fedeli - papa Francesco ha dato avvio alla riforma dello IOR, alla costituzione di un Consiglio di Amministrazione di otto saggi cardinali, a un ripensamento globale della sua "rete vendita" di vescovi, sacerdoti e cardinali, giungendo addirittura a intraprendere l'insolita iniziativa di un sondaggio a livello mondiale su come le parrocchie affrontano oggi questioni sensibili: controllo delle nascite, divorzio, unioni omosessuali. La rivoluzione della Chiesa è in corso e le sorprese non mancheranno. Questo papa ha dimostrato non solo di essere un grande comunicatore, ma un maestro di leadership, uno stratega in grado di mettere in atto il "marketing del significato": una grande operazione di recupero di valori autentici capace di scatenare una rivoluzione etica non solo in ambito ecclesiale, ma anche politico, economico e mediatico.
Questo capitalismo è in crisi. È sotto gli occhi di tutti. Il debito pubblico è alle stelle, non solo in Francia o in Italia, dove siamo abituati a sentircelo dire, ma anche negli USA e perfino in Cina. Sì, proprio quella Cina che da traino dell'economia mondiale rischia ora la recessione, a causa di una bolla immobiliare pronta a esplodere e le cui dimensioni saranno ancora più grandi di quella americana che è stata all'origine dello tsunami dei mutui subprime. Di fronte al disastro, governi che prestano ascolto alle società finanziarie ben più che ai loro cittadini continuano a perpetuare le stesse ricette, rischiando così di aggravare la situazione perché intanto precarietà e disoccupazione aumentano - e precari e disoccupati non possono certo contribuire né al pil né alla crescita. In un simile scenario, chi guadagna? Solo banche, finanza, grandi rendite, grandi azionisti. Per decenni, l'economia occidentale ha prosperato in un rapporto tra le retribuzioni dei top manager e quelle dei lavoratori all'inarca di 20 a 1. Ma se oggi si arriva a 200 volte e più, è chiaro che il sistema non può reggere. È giunto il tempo, finalmente, di inquadrare correttamente i problemi. Di ribadire che la disoccupazione non è solo conseguenza, ma è soprattutto causa della crisi. Di constatare quanto redditi e benefici fiscali si siano spostati verso i segmenti più ricchi e ristretti della società a discapito dei ceti medi, grazie alla favoletta che questo avrebbe creato investimenti, occupazione...
Chissà se c’è ancora qualcuno convinto che lo tsunami finanziario non lo riguardi. Roba per élite di ricconi. O per i cervelloni di Wall Street, ma per fortuna qui è tutta un'altra storia. Perché se ancora qualcuno lo pensa si sbaglia, e di grosso. Siamo noi che abbiamo subìto i danni del grande crac. E chissà per quanto andrà avanti. Banche, assicurazioni e finanza sono nell’occhio del ciclone. In Italia, le famiglie continuano a rimetterci un mucchio di quattrini. Ora si scava tra le macerie e si vuole correre ai ripari. Ma il rischio è che, scattata la vecchia trappola, se ne prepara un'altra. C'è tutto questo in queste pagine. Non solo la vecchietta che è andata in banca con tutti i risparmi e ne è uscita con le sue belle obbligazioni Parmalat o Lehman Brothers, carta straccia. Né la famigliola che ha chiesto il mutuo per comprare casa ed è rimasta strozzata dalle rate in continua crescita. Né il professionista che si domanda come sia possibile che i fondi vadano sempre più a fondo. O l’incredulità di chi scopre che le spese sul conto corrente superano gli interessi. Ci siamo tutti noi, proprio tutti, intrappolati in un valzer di scandali, risparmi andati in fumo e inganni. La «tempesta perfetta» di questi mesi, sommata a risparmi che si assottigliano, economia in ginocchio, costo della vita in continua crescita e stipendi fermi, ha mostrato che il re è nudo e la pazienza dei sudditi al limite. Ma il fatto è che il sistema finanziario ha invaso la nostra vita. Con questo mondo si ha a che fare tutti i giorni: la casa, l’auto, i risparmi, la pensione, le polizze, i finanziamenti. Tutti i giorni si scoprono costi invisibili e inganni. Uno slalom che genera disillusione, rabbia, sfiducia. Ci sono storie vere in questo libro, e ognuna descrive un pezzo di vita, tra verità non dette e truffe vere proprie. Esempi concreti, carnefici e vittime, persone e famiglie che illuminano la freddezza dei dati. Per smascherare le trappole e scoprirsi un po' meno vulnerabili.
Un sistema in cui crescono a dismisura il potere e i privilegi della sparuta minoranza dei più ricchi a dispetto della maggioranza dei cittadini non può dirsi una democrazia. Lo aveva già capito Aristotele, anche se oggi le sue paiono le parole di un pericoloso radicale contemporaneo. Parte da qui questa lucida arringa che analizza, disseziona e smaschera misfatti e menzogne con cui i centri di potere finanziari e le multinazionali cercano di paralizzare le istituzioni democratiche o assumerne il controllo. E senza offrire illusorie formule magiche, Chomsky invita a riappropriarsi di strumenti e spazi che consentano di essere realmente cittadini e non solo sudditi e obbedienti consumatori.