Silvano scrive con il respiro lento e profondo della preghiera. Scrive con l'audacia di chi spera l.insperabile. Le sue parole esprimono la forza di una speranza senza confini, per ogni uomo, per la creazione intera. Il pianto di Adamo, l'inconsolabile nostalgia di Dio che abita gli abissi del cuore umano, diventa invocazione di un volto, epiclesi allo Spirito santo perché disveli in noi i tratti del volto di Cristo, il Figlio amato, l'inalterata immagine e somiglianza del Padre. Raccolto in un unico volume, il corpus degli scritti a noi pervenuti rappresenta ormai un classico della spiritualità del nostro tempo: appunti e lettere che restituiscono i lineamenti di uno starec reso per grazia somigliantissimo al suo Signore, mite e umile di cuore.
Un sapiente contributo alla rinascita
della cultura della speranza
Nel nostro paese la cultura della speranza sembra soccombere, vinta da un impasto di scoramento, depressione e cinismo che non risparmia neppure i cristiani. Occorre allora tornare a chiedersi di che cosa sia fatta la speranza, quale sia il suo fondamento. Attraverso riflessioni brevi e puntuali, l’autore mostra che la speranza è nutrita dalla nostalgia per la felicità: nostalgia che, preservata dal degenerare in angoscia, può divenire desiderio di vita vera e responsabilità verso il bene degli altri. Si spera, infatti, per gli altri: perché altri ci hanno insegnato a farlo e sono ragione di speranza per noi; perché altri contano su di noi e siamo responsabili del loro destino; perché la speranza genuina non si inventa, ma è la risposta a un invito che viene da un Altro.
Roberto Mancini (Macerata 1958), docente di filosofia teoretica all’Università di Macerata, è autore di numerosi saggi su tematiche fondamentali dell’esistenza umana quali l’ascolto, la pace, il bene e la libertà. Presso le nostre edizioni ha pubblicato Il silenzio, via verso la vita (2002), L’uomo e la comunità (2004) e L’umanità promessa (2009).
Gesù ha insegnato ai discepoli a rivolgersi a Dio come al Padre, e la chiesa a sua volta ci ha trasmesso il Padre Nostro, preghiera che ci fa entrare nella preghiera stessa di Gesù. In essa è raccolta tutta la ricchezza liturgica della chiesa, l’intero suo patrimonio ascetico e spirituale, segno del nostro incontro con Cristo e della nostra vita in lui. Olivier Clément, teologo ortodosso, e Benoît Standaert, monaco benedettino, entrambi famosi per i loro lavori esegetici e spirituali, ma soprattutto due uomini di preghiera, animati dal medesimo Spirito: sono loro a introdurci a una lettura orante del Padre Nostro, attraverso due itinerari avvincenti per la loro forza interiore e per l’apertura del cuore che producono. Il Padre Nostro cessa di essere una semplice formula di preghiera e diventa il gemito dello Spirito in noi, la chiave di lettura dell’intera vicenda umana alla luce della volontà di Dio.
Saper vivere è saper fare delle scelte,
optare per ciò che ti aiuta a vivere
nella pace e nella comunione,
evitando quello che turba
e mette in agitazione il cuore.
Ecco qual è il miglior modo di lottare
contro le potenze di morte.
Bisogna dire un “no” risoluto alla morte
e ripetere costantemente il nostro “sì” alla vita.
È un atto di fede.
La depressione è una sorta di sole nero che proietta tenebra su tutti gli aspetti della vita, e rende bui e senza gusto anche quegli aspetti che apparivano desiderabili, gradevoli, piacevoli: si confessa di non aver più voglia di niente. La penosissima condizione del depresso lo porta a perdere il senso dell’esistenza, a non sapere più perché vive. Si smarrisce così la condizione stessa di ogni ricchezza: il senso della vita. La tradizione spirituale cristiana parla di acedia, un pensiero malvagio che definisce un malessere generalizzato della persona, un disgusto del vivere che rende l’uomo estraneo a se stesso e alla vita. La via di risalita e di uscita dalla depressione richiederà un cammino di umiltà e di povertà. La positiva povertà della realtà (il lavoro, gli altri, le relazioni) diventa la preziosa ricchezza che aiuta a uscire dal male oscuro, da quella povertà lacerante, disperante e angosciosa che è la depressione.
(dalla “Prefazione” di Enzo Bianchi, priore di Bose)
Jean Vanier (Ginevra 1928), dopo aver ottenuto un dottorato in filosofia, ha insegnato all’Università di Toronto. Nel 1964 ha dato vita in Francia all’esperienza della comunità dell’Arca che negli anni si è diffusa in molti paesi, accogliendo uomini e donne con handicap mentali e fisici, e aprendo a loro e alle loro famiglie nuove porte di speranza e fiducia.
La prassi della paternità spirituale è il terreno in cui le Chiese misurano l’unità che già sperimentano nella costante preoccupazione della trasmissione della vita di fede come il bene più prezioso, che ha bisogno di padri e madri spirituali che con fedeltà e intelligenza, con pazienza e misericordia sappiano farsi interpreti della paternità di Dio come Gesù Cristo l’ha narrata nella sua vita tra gli uomini.
Il presente volume raccoglie gli Atti del XVI Convegno ecumenico di spiritualità ortodossa, che ha visto cristiani d’oriente e d’occidente considerare l’evoluzione del rapporto di paternità spirituale.
Contributi di: N. Abou Mrad, A. Arjakovsky, E. Bianchi, P. Chondzinskij, G. Chrysostomou, O. Delouis, D. Gavalas, G. Gluchova, S. Joantă, G. D. Martzelos, N. Kauchtschischwili, A. Peckstadt, D. Perović, G. M. Prochorov, N. Ju. Suchova, M. Van Parys, S. Yangazoglou.
Il digiuno è una via di ascesi personale ed ecclesiale che tutti i fedeli, ciascuno nella sua misura, sono chiamati a vivere. Proposto non per opprimere i cristiani ma per rendere più chiaro l’esempio di Cristo che attraverso il digiuno si è preparato a trionfare su tentazioni più grandi. Il testo costituisce un tentativo di riscoperta del significato profondo del digiuno cristiano, anche grazie all’apporto delle scienze umane moderne. L’autore sottolinea il fine del digiuno come liberazione del “desiderio” dal “bisogno”: perché torni a essere puro desiderio di Dio che ci rende capaci di una relazione libera e rispettosa con gli uomini e con le cose.
Costi Bendaly (1926), laico, da sempre profondamente impegnato nella vita della chiesa ortodossa e in particolare nel Movimento della gioventù ortodossa, di cui ha fatto parte sin dalla sua fondazione. Ha sempre lavorato nell’insegnamento e nella ricerca nell’ambito della psicologia, della pedagogia e della filosofia contemporanea. Il suo pensiero è conosciuto in Medio Oriente sia tra i cristiani non ortodossi sia in ambiente musulmano.
Christian de Chergé, priore del monastero trappista di Tibhirine (Algeria), leggeva la vocazione monastica in terra d’islam come quella di “oranti in mezzo ad altri oranti”. Nel maggio 1996 frère Christian e i suoi fratelli si sono trovati al cuore della tempesta di violenza e hanno liberamente scelto di donare la vita fino all’estremo: il martirio vissuto assieme a sei fratelli ha coronato questa vita comune nell’amore. L’autore ci presenta alcuni testi di frère Christian dai quali emerge una preghiera cresciuta e arricchita quotidianamente dal dialogo e dal confronto con i vicini musulmani, una spiritualità “della visitazione”, per tutti coloro che intuiscono e desiderano vivere il mistero che abita ogni incontro. I testi dei sette monaci trappisti di Tibhirine sono usciti presso le nostre edizioni con il titolo Più forti dell’odio.
Omelie pasquali inedite
O Pasqua divina!
Per te è stata annientata la tenebrosa morte
e su tutte le cose si è dispiegata la vita.
Per te sono state aperte le porte dei cieli,
Dio si è mostrato come uomo
e l’uomo è asceso quale Dio.
Per te sono state infrante le porte degli inferi
e i catenacci d’acciaio sono stati spezzati.
Le dodici brevi omelie qui raccolte sono antichi testi pasquali che la chiesa ha composto in un periodo compreso tra la fine del ii e il vi secolo. In essi risaltano la vastità di pensiero teologico, la radicalità di fede e la profondità di lettura biblica ai diversi livelli messi in opera dalla chiesa antica intorno al mistero pasquale. La lettura di queste omelie diventa oggi occasione per gettare nuova luce sulla comprensione che la chiesa antica aveva della Pasqua e sulla cura con la quale ne aveva studiato ogni aspetto, giungendo a un’amplissima intelligenza di un mistero che ingloba tempo, spazio, storia, vita e morte, per ricapitolare tutto in Cristo.
“La chiesa è luogo di libertà
solo se è il luogo della comunione”
Le esigenze della ricerca teologica sono qui unite a una grande capacità di parlare al cuore di quanti cercano di decifrare l’enigma dell’esistenza umana. Queste pagine fanno emergere “il legame tra la verità della chiesa, pienamente realizzata e manifestata in ciascuna assemblea eucaristica, e il problema esistenziale dell’uomo, il problema dell’essere o della liberazione della vita da ogni limite spaziale e temporale, e dalla corruzione della morte”.
(dalla “Prefazione” di Christos Yannaras)
Ioannis Zizioulas (1931), metropolita ortodosso di Pergamo e rappresentante del Patriarcato di Costantinopoli in varie assise ecumeniche, è stato professore di teologia all’Università di Tessalonica e al King’s College di Londra. Definito da Yves Congar come “uno dei teologi più originali e profondi della nostra epoca”, ha già pubblicato presso le nostre edizioni Il creato come eucaristia e Eucaristia e regno di Dio.
La mia anima beve
silenzio.
Pulsa la luce leggera
come lampada fioca
alla punta estrema
del cuore.
“Leggendo le poesie di don Angelo Casati si prova una sensazione rara: oggetti della vita di tutti i giorni giacciono lì silenti, e lì giacciono le parole che li definiscono. All’improvviso la parola è detta e l’oggetto si colora, si anima e l’occhio che prima lo osservava ecco che lo assume e lo conduce fino al cuore: il grembiule di una casalinga, il vano di una finestra, il rintocco di una campana, la ressa di un autobus, l’asfalto di un marciapiede, le rocce di una terra santa sono altrettanti luoghi di un annuncio di vita per la vita. Non conta la pretesa nobiltà dell’oggetto, non conta la sua grandezza o maestosità, non conta il suo apparire né l’imporsi. Conta la purezza dello sguardo che vi si posa, conta la finezza dell’udito che lo ascolta, conta la docilità del cuore che lo accoglie”
(dalla “Prefazione” di Enzo Bianchi).
Angelo Casati (1931), presbitero della diocesi di Milano dal 1954. Dopo aver insegnato al seminario diocesano e aver esercitato il ministero a Busto Arsizio e a Lecco, è da oltre vent’anni parroco a San Giovanni in Laterano a Milano.