La religione dominante offre un’innovativa ricognizione del pensiero di Voltaire riguardo a tolleranza, persecuzione e ingerenza religiosa nella politica. L’indagine, rigorosamente fondata sulle più recenti edizioni critiche, parte dall’interpretazione voltairiana del passaggio degli antichi ebrei dalla teocrazia alla monarchia e ripercorre la posizione del philosophe riguardo alle varie stipule del patto fra uomo e Dio nella Bibbia e nella storia, concludendosi sulla ricostruzione della società utopistica che Voltaire vagheggiava per tradurre il deismo in legge civile per i popoli. Scandagliando la sua produzione, con particolare attenzione a opere secondarie o neglette, questo volume mira a chiarire gli aspetti più intricati della teoria di Voltaire sui rapporti fra religione e politica.
Nel 2017 ricorre il quinto centenario dell'affissione delle 95 Tesi di Lutero alla chiesa del castello di Wittenberg, che ha segnato l'inizio di una cesura traumatica nella coscienza religiosa europea. Una tale ricorrenza, quanto meno a ogni scadenza secolare, ha sempre suscitato un gran fervore di iniziative culturali che hanno ripreso e sviluppato l'immagine di Lutero e della Riforma da lui innescata. Questo lavoro s'inscrive nello spirito di quelle iniziative. Esso non è propriamente un libro su Lutero o quanto meno lo è solo 'in adiecto', perché il suo interesse centrale è dato dalla ripresa delle sue idee fatta dai personaggi, tutti affetti da passione luterana, che occupano la scena di questa narrazione. Attraverso le domande poste da questi autori a Lutero e le risposte che ne hanno dedotto ci pervengono inoltre materiali di riflessione per l'approfondimento di una Critica della ragione storica.
La Grecia ha passato all'Europa l'idea di razionalità come discussione critica -e di conseguenza, per dirla con P.S. Shelley "noi tutti siamo Greci". Ma non fu la Grecia a passare all'Europa i suoi dei. Il Dio delle popolazioni europee è il Dio della Bibbia e del Vangelo, è il Dio che relativizza il potere politico e, insieme, desacralizza, "mortifica" la natura rendendola disponibile - non essendo più sacra e quindi intoccabile - alla manipolazione e all'indagine scientifica in una misura prima impensabile. La laicità dello Stato, laico perché non più assoluto; e la secolarizzazione, con una natura non più sacra e una Terra abitata da uomini fallibili: sono due realtà strettamente connesse al messaggio della Bibbia e del Vangelo. Per questo non si può dare torto a Th. S. Eliot quando afferma che "se il Cristianesimo se ne va, se ne va tutta la nostra cultura. E allora si dovranno attraversare molti secoli di barbarie".
Che cosa significa vedere degli oggetti in un'immagine o nella fantasia invece che percepirli come presenti in "carne e ossa"? In che cosa si distinguono essenzialmente le immagini e le fantasie dalle percezioni? Quale tipo di atti vengono compiuti nella fantasia? Questo libro - che contiene le celebri lezioni dedicate alla fantasia e alla coscienza d'immagine, tenute a Gottinga nel semestre invernale 1904/05, insieme a una selezione di manoscritti di ricerca che arrivano a coprire l'arco del successivo ventennio - offre al lettore italiano una viva e concreta testimonianza di come il padre della fenomenologia, Edmund Husserl, si sia confrontato a fondo con tali questioni, considerandole nevralgiche per l'intero progetto fenomenologico. In un momento in cui l'esigenza di ridefinire i confini fra realtà e irrealtà si fa sempre più inaggirabile e stringente, queste analisi costituiscono un decisivo contributo per affrontare con rigore concettuale il problema delle immagini nell'età contemporanea. Ripercorrere i sentieri qui tracciati da Husserl non ci dà solo l'opportunità di illuminare "regioni" della nostra esperienza assai spesso lasciate nell'ombra, ma ci permette anche di spingerci, al di là del presente, nel futuro dell"'immagine".
Per circa due secoli, un intero filone di ricerche intellettuali, sia sincere sia propagandistiche, ha cercato di convincerci degli errori, delle colpe e infine dell'insignificanza del cristianesimo. Oggi queste ricerche hanno esaurito la loro spinta iniziale: l'ateismo è morto di morte naturale. È morto perché non è riuscito, nonostante l'abbondante tempo a disposizione, a portare a compimento il programma di ricerca che si era assegnato. L'ateismo è morto, insomma, perché non ha saputo proporre una visione filosofica alternativa di un qualche valore e che offra un senso all'esistenza umana. È probabile che, nella sua caduta, l'ateismo trascinerà con sé anche il nichilismo, altro triste prodotto della cultura europea degli ultimi secoli. Nel silenzio dell'ateismo contemporaneo, la voce del cristianesimo torna a farsi sentire e diventa di nuovo la grande impresa intellettuale della nostra epoca.
Che cos'è la creatività? Perché nel corso della vita le nostre potenzialità creative rimangono spesso nell'ombra? Sullo sfondo di un'analisi comparativa tra le diverse interpretazioni e teorie sulla creatività, l'autore focalizza la sua ricerca sui processi mentali che sono all'origine delle intuizioni e "illuminazioni" creative. La creatività assume una funzione particolarmente significativa in rapporto ai nostri processi cognitivi, come l'intuizione, la percezione, il pensiero analogico, la simulazione, l'associazione di idee, la ricerca nel contesto di un problema strutturato, la rielaborazione personale, il pensiero critico. La creatività coinvolge non solo il profilo cognitivo e metacognitivo, ma anche l'orizzonte affettivo-motivazionale della nostra soggettività, costituito da sentimenti, intuizioni, emozioni, bisogni, pulsioni, passioni, desideri. Per dare un senso alla nostra vita è fondamentale riuscire ad esprimere le potenzialità creative connaturate nella nostra interiorità: esteriorizzare le motivazioni più profonde che segnano e scandiscono i "colori" della nostra anima. Il primo dovere di ognuno è nei confronti della propria coscienza, del proprio tempo interiore: "essere se stessi" nel rispetto della vita autentica.
Abbiamo davvero bisogno della religione? È questo un interrogativo cruciale che riguarda la società contemporanea, sia dal punto di vista dell’esistenza individuale, sia sul piano politico e culturale. Per Hans Joas la risposta è affermativa: abbiamo bisogno della religione, non soltanto come «riserva di senso», né come forza d’integrazione sociale, ma soprattutto per riconoscere e difendere valori essenziali come quello della dignità umana. Questo libro sostiene che, anche nella società del pluralismo culturale, possono esistere valori universali. Il valore della dignità umana diventa accessibile e sperimentabile per le persone attraverso l’esperienza dell’auto-trascendenza, e la religione rimane la più importante forza attiva nella nostra cultura che sappia evocare e interpretare questo tipo di esperienza.