Un'accurata ricognizione del patrimonio iconografico relativo al grande teologo di grande interesse storico, artistico, agiografico e pastorale. La serie di volumi dedicati all'iconografia agostiniana propone una raccolta delle testimonianze figurative sul Santo di Ippona dalle origini fino a XVIII secolo. Un patrimonio sterminato che per la prima volta viene presentato sistematicamente. Il volume è dedicato al Quattrocento, il presente volume è il Secondo di due tomi e raccoglie il corpus dell'iconografia agostiniana del '400, ovvero la mappatura di 750 opere. Ogni scheda sempre corredata di immagine, è costituita da una parte tecnica con autore, soggetto, datazione, luogo, materia e tecnica, misure ed eventuale provenienza. Segue una breve trattazione storico-critica. In questo tomo sono inserite anche le schede tecniche delle 125 opere inserite nel primo. Un'opera corredata da fondamentali apparati di riferimento: indice dei nomi, dei luoghi e delle schede nel primo e quello dei nomi nel secondo.
La scelta di servirsi delle opere di Agostino per rileggere e criticare le tesi provenienti dalla tradizione peripatetica costituisce un tratto originale della riflessione filosofica di Teodorico di Freiberg (1240-1310), domenicano tedesco protagonista del dibattito accademico parigino di fine XIII secolo. Nelle sue opere le nozioni agostiniane di abditum mentis e imago Dei trovano spazio accanto alla noetica aristotelica, così come i richiami all’undicesimo libro delle Confessiones completano in modo atipico la definizione di tempo del quarto libro della Physica, documentando un modo di procedere del tutto innovativo che non fa di Agostino un semplice punto di riferimento strategico, bensì un vero interlocutore filosofico.
A partire da un’analisi puntuale delle citazioni e delle possibili contaminationes che ne contraddistinguono la ricezione negli scritti di Teodorico è possibile dunque tracciare un interessante quadro interpretativo del pensiero agostiniano, che costituisce un ineludibile punto di partenza per comprenderne la fortuna nella modernità.
Un viaggio affascinante tra le piu belle pagine agostiniane sullo Spirito e sulla Liberta, quella liberta capace di restituire la pace interiore e di edificare nell'amore la citta di Dio". " tutto il discorso agostiniano si snoda attorno ad una citazione paolina di grande spessore, in cui si puo`leggere il miso nei nostri cuori attraverso lo spirito santo che ci e`stato dato (romani 5,5). U n viaggio affascinante tra le piu`belle pagine agostiniane su "spirito" e "liberta", quella liberta capace di restituire la pace interiore e di edificare nell'amore la "citta di d "
le radici filosofiche della spiritualità agostiniana
Intorno al 416 Agostino compone il "Commento al Vangelo di Giovanni". Frutto non di un lavoro "a tavolino", ma nato nella predicazione liturgica al popolo di Dio, Agostino sceglie non casualmente di commentare il quarto Vangelo. Nella convinzione infatti che il fine dell'esegesi è la carità e che la predicazione è il momento adatto alla dispensazione della parola di Dio, un modo per trasmettere ai fedeli ciò che lo Spirito gli aveva ispirato, tra i quattro Vangeli quello di Giovanni si dimostra per la ricchezza dottrinale e la profondità dei temi spirituali, il più adatto a offrire una parola di Dio ricca ed efficace per la formazione cristiana dei fedeli.
"Per capire Agostino che scrive sulla preghiera, occorre seguire Agostino che prega". Difatti pochi autori, come lui, hanno trasfuso negli scritti la propria esperienza interiore che p. Trapè intende offrire in questo volume.
Molte sono le motivazioni che possono spingere uno studioso a scrivere di storia. Tra queste, le ragioni, profondamente radicate, che mossero l’autore delle Antichità Giudaiche furono il bisogno di ordinare in uno scritto eventi ai quali egli prese personalmente parte e il «fascino della grandezza di utili imprese rimaste neglette». Imprese ed eventi del passato da mettere in luce «a beneficio di tutti». Nato a Gerusalemme nel 37 d.C., Tito Flavio Giuseppe era figlio di una nobile famiglia di sacerdoti e ricevette un’educazione raffinata, che gli permise di assumere, negli anni della guerra giudaica, l’importante carica di governatore militare di Galilea. Dopo essere sopravvissuto, unico fra i ribelli, all’assedio della fortezza di Jotapata (nei pressi di Nazaret), fu condotto a Roma, dove divenne l’intellettuale di punta alla corte dell’imperatore Vespasiano guadagnandosi così, tra i contemporanei ebrei, la fama di traditore e apostata. Nelle Antichità Giudaiche, suo capolavoro e scritto più ambizioso, Giuseppe si cimenta nell’enorme impresa di presentare alla sua nuova patria romana le antiche vicende del suo popolo e della sua terra d’origine, a partire dalla creazione del mondo, per arrivare fino all’età della casata Giulio-Claudia e alle guerre combattute durante il regno di Nerone.