Il filo conduttore del viaggio che Giacomo Marramao intraprende qui attraverso i labirinti della prospettiva moderna è costituito da un tratto paradossale: l'inconcepibilità del tempo fuori del riferimento a rappresentazioni spaziali. Lo spiazzamento che ne consegue non si limita a problematizzare i risultati della "svolta linguistica", perseguiti in forme diverse dagli opposti speculari dell'analitica e dell'ermeneutica, ma investe in pieno le pretese della filosofia di estrapolare una dimensione "autentica" della temporalità in antitesi alla spazializzazione: a cominciare dallo stesso Heidegger, di cui il libro propone una critica teoretica radicale.
Il nudo ha talmente ben attecchito nella cultura europea, da non riuscire a uscirne: in Occidente ha caratterizzato tutta l'arte, compresa la fotografia, ed è stato basilare per la formazione delle Belle Arti. La Chiesa è riuscita a rivestire il sesso ma ha mantenuto il nudo. C'è un vasto spazio culturale dove il nudo non è mai entrato, o è stato completamente ignorato, ed è la Cina. Un'assenza così radicale necessita uno studio approfondito, poiché rinvia a una "impossibilità".
"Per essere effettiva la proposizione etica deve andare oltre la forma o l'azione puramente percettiva, critica ed emblematica: deve attivarsi direttamente nella manipolazione e trasformazione della materia sociale. Questo non significa tendere a uno scollamento tra l'intuizione e l'espressione, tra la teoria e la pratica, tra il concetto e la sostanza, anzi significa proprio portare il simbolo a coincidere perfettamente con l'azione. L'azione stessa entra in perfetta simbiosi con il suo significato simbolico. I due paradigmi, simbolo e azione, diventano speculari, cioè reversibili." (dalla conversazione con Michelangelo Pistoletto)
Il lettore che cercasse in questo scritto di Cassirer uno studio sulla linguistica, passando alla lettura ne resterebbe sconcertato. Si tratta piuttosto, indirettamente, come suggerisce per ironia socratica la citazione di Platone presente nel testo, di ricordare ai linguisti lo statuto filosofico di questioni che ancora si pongono alla loro attenzione e, con un movimento complementare, di chiarire ai loro occhi i considerevoli spostamenti filosofici che gli sviluppi contemporanei delle scienze sociali, compresa evidentemente la linguistica, hanno apportato.
Il libro offre un resoconto del problema della soggettività etica e politica nella cultura contemporanea, e sponsorizza fortemente una concezione non-unitaria o nomadica del soggetto, in opposizione alle pretese di ideologie quali conservatorismo, individualismo liberale e tecno-capitalismo. Rosi Braidotti depone decisamente contro l'universalismo morale, offrendo al contempo una strenua difesa dell'etica nomade dalle accuse di relativismo e nichilismo, e fa appello a una nuova forma di responsabilità etica che consideri la "Vita" come il soggetto, e non l'oggetto, della ricerca. Questo tipo di etica è presentata come una fondamentale riconfigurazione del nostro esserci, ed esige più creatività concettuale nella produzione di visioni del mondo capaci di consentirci un comportamento etico in un mondo tecnologicamente e globalmente "mediato". Il soggetto etico di tipo nomade riesce a superare la difficile tensione tra la molteplicità delle forze politiche da un lato, e il forte impegno per le politiche dell'emancipazione dall'altro.