Nell'immaginario collettivo gli istituti religiosi femminili di vita attiva si sono dedicati esclusivamente alle opere di cura, ma nella loro storia non sono poche le congregazioni che si sono occupate, in maniera più o meno diretta, di lavoro, di lavoratori e di lavoratrici. Questo è avvenuto, da una parte, in controtendenza rispetto alla dottrina sociale cattolica, che per decenni predilesse - e per molti versi ancora predilige - il lavoro domestico per le donne, mentre dall'altra è avvenuto in sintonia con la tradizionale visione che privilegiava le logiche di tutela nei confronti delle lavoratrici. Attraverso cinque casi studio - le suore operaie della Santa Casa di Nazareth, le suore apostoline di Novara e le piccole sorelle di Charles de Foucauld, le orsoline e le pie operaie di S. Giuseppe - questo libro si propone di esplorare in che modo alcuni istituti religiosi femminili tra '800 e '900 si sono dedicati al lavoro inteso come attività umana rivolta alla produzione di beni di valore economico secondo i sistemi produttivi vigenti e come la loro gestione sia stata parte di un apostolato più ampio verso il mondo del lavoro di tipo capitalistico. Tali ricostruzioni consentono di colmare un vuoto oggettivo degli studi di storia sociale e religiosa, offrendo una conoscenza per buona parte ancora inedita delle congregazioni femminili spesso promotrici di esperienze che hanno finanche cronologicamente preceduto quelle maschili più note.
Cinque grandi discorsi di Joseph Ratzinger che, con l'usuale pregnanza argomentativa, combatte quella che lui stesso ha definito 'la dittatura del relativismo': il convincente tentativo del Papa teologo di radicare nel presente la tradizione della Chiesa, così da renderla viva e operante.
Nei trent'anni compresi tra l'acquisto della baia di Assab e la fine della guerra di Libia (1882-1912), anche il cattolicesimo affrontò la questione del colonialismo, con toni e modalità irriducibili alla tradizionale distinzione tra moderati e intransigenti. Basato su un ampio spoglio di fonti inedite e a stampa, il volume ambisce a fornire una prima ricostruzione del discorso dei cattolici italiani sull'espansione in Africa, con l'obiettivo di gettare nuova luce sulla formazione di una coscienza coloniale e sull'ingresso dei cattolici nella vita pubblica. Agli occhi di numerosi e autorevoli speakers 'bianchi', infatti, le colonie apparvero come una sorta di laboratorio politico, atto a dimostrare che non poteva esistere vera civiltà senza il cristianesimo e che i cattolici non erano nemici della patria, ma fautori della sua grandezza. Benché non recepito dalle élite liberali e più ampiamente dalle culture laiche, il discorso pose le premesse della svolta realizzatasi durante la Prima guerra mondiale, quando il sostegno cattolico allo sforzo bellico avrebbe creato le condizioni per la normalizzazione dei rapporti tra Chiesa e Stato.
Fondata nel 1622 e tuttora esistente con il nome di Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, la Congregazione de Propaganda Fide è il dicastero della Curia pontificia preposto alla giurisdizione sulle missioni cattoliche nelle varie parti del mondo. La fondazione di questa istituzione costituisce un fattore di affermazione dell'autorità spirituale universale del papa nel contesto globale apertosi con l'espansione dell'Europa nel mondo. Giovanni Pizzorusso discute i motivi che hanno portato alla creazione di questa istituzione e i problemi geopolitici che sono sorti con le potenze coloniali nelle varie parti del mondo. Analizza inoltre la struttura burocratica interna e il funzionamento della Congregazione, anche in rapporto alle altre congregazioni soprattutto il Sant'Uffizio, e i termini della sua giurisdizione sui missionari nell'ambito delle varietà di situazioni presentate nelle missioni dal confronto tra il cattolicesimo tridentino e le diverse società e culture. Approfondisce infine il rapporto tra Propaganda Fide e gli ordini regolari protagonisti delle missioni, in particolare cappuccini e gesuiti.
A partire dalla ricostruzione del culto alla 'Virgo sacerdos', il saggio propone uno studio su forme devozionali, ricerca spirituale, simbologie e pratiche di vita religiosa che a cavallo tra '800 e '900, soprattutto in Francia e Italia, hanno posto il problema del ruolo femminile nel sacerdozio cattolico, anticipando elementi del dibattito attuale. Insieme alla vicenda dell'indagine inquisitoriale cui fu sottoposto il piccolo ordine contemplativo delle Figlie del Cuore di Gesù della Deluil Martiny, il saggio tematizza esplicitamente la necessità del soccorso femminile di fronte all'inadeguatezza maschile nell'esercizio dei ministeri sacri, e mostra anche su questo piano un protagonismo femminile che resta in buona parte ancora da approfondire.
I saggi qui raccolti si soffermano sulla vita religiosa del '500 italiano. Il problema storico che essi indagano è anzitutto quello della forme peculiari assunte al di qua delle Alpi da alcuni dei molteplici fermenti di dissenso ereticale manifestatisi nei decenni che videro il dilagare della Riforma protestante in tutta Europa. Il rinnovamento della fede e della Chiesa da essa promossa sulla base di una profonda revisione (o restaurazione) dei principi essenziali della dottrina cristiana non tardò infatti ad assumere connotazioni diverse nei diversi contesti politici e sociali, a differenziarsi anche dal punto di vista teologico e, nelle regioni in cui ebbe successo e poté radicarsi stabilmente, a dar vita a nuove strutture ecclesiastiche e confessionali, in precoce conflitto tra loro, che segnarono la definitiva frattura dell'unità religiosa dell'Occidente.
Il volume prende spunto dal Seminario di studi L'Inquisizione e le donne organizzato nel 2014 dall'Università di Roma La Sapienza insieme all'Archivio della Congregazione per la Dottrina della Fede presso l'antico Palazzo del S. Uffizio (Città del Vaticano). La tematica affrontata è del tutto originale, in quanto prima non era stata mai oggetto specifico ed esclusivo né di trattazione né di convegni né di studi, né di libri o articoli. Il volume intende porsi in un'ottica di genere e cogliere le differenze tra i sessi sul piano della repressione, del controllo e del procedimento giudiziario; in ogni caso riflettere su come la qualità femminile influenzasse dottrine, istituzioni e comportamenti. Avvalendosi di fonti documentarie estremamente varie, il testo raccoglie una serie di saggi che affrontano il tema del rapporto tra l'Inquisizione romana e le donne, sia in qualità di inquisite che di testimoni, in un lungo arco temporale che va dal XVI al XX secolo.
Letto da alcuni studiosi come il momento fondativo della laicità, da altri soltanto come fase di cauto rinnovamento delle idee e delle istituzioni religiose, il Settecento presenta spinte contraddittorie: da un lato, la difesa della tolleranza religiosa; dall'altro, la riproposizione di forme dogmatiche delle fedi o addirittura atteggiamenti di fanatismo. Prendendo atto di tali letture contrastanti e tenendo conto delle profonde trasformazioni del secolo, il volume intende soffermare l'attenzione sui rapporti reciproci tra questi cambiamenti e la sfera religiosa.
Nei primi decenni del '900, la Congregazione del Sant'Ufficio discusse al suo interno progetti di riforma volti a riaffermare la propria autorità messa in discussione dai processi di secolarizzazione. Sullo sfondo di questo quadro istituzionale, il libro indaga le pratiche dei custodi dell'ortodossia e della morale cattolica. Al centro dell'attenzione vi sono vicende emblematiche del difficile rapporto tra il clero e il corpo: il corpo ostile della donna e il corpo inteso come luogo di pulsioni, indicibile perché scandaloso. Le vicende qui discusse - a proposito di mistiche, fondatrici, "teologhesse", medici, pedagoghi e sacerdoti accusati di molestie verso le penitenti - permettono di osservare come il Sant'Ufficio reagì a tali difficili questioni.