La società globale è interconnessa come mai prima d'ora. Business, idee, tecnologie, persone, ma purtroppo anche malattie epidemiche attraversano i confini con una velocità e un'intensità senza precedenti. Condividiamo l'euforia per la nuova era dell'informazione, ma anche le paure per possibili sconvolgimenti ambientali su scala planetaria. Stanno rapidamente cambiando le pratiche di business e le tecnologie nonché le dimensioni e la struttura per età delle popolazioni. Ci sono nuove opportunità, ma anche nuovi rischi. Per questi motivi si può ipotizzare di essere entrati nell'era dello sviluppo sostenibile. Lo sviluppo sostenibile è una modalità di guardare al mondo, con un focus sulle interazioni tra cambiamenti economici, sociali e ambientali; ma è anche una modalità di descrizione delle nostre aspirazioni condivise per una vita decorosa, in cui si combinino sviluppo economico, inclusione sociale e sostenibilità ambientale. In sintesi è una teoria e una cornice normativa e etica. Prefazione di Ban Ki-moon.
"Il mercato del cristianesimo" applica gli strumenti della teoria economica per analizzare lo sviluppo del cristianesimo e gli eventi che ne caratterizzano l'evoluzione: diffusione della dottrina, scismi, movimenti riformatori, eresie. Paradigmatico è il caso del protestantesimo, studiato e approfondito quale competitor in un mercato religioso fino ad allora dominato da un'impresa monopolista, la chiesa cattolica. Le 95 tesi affisse nel 1517 al portale della chiesa di Wittemberg alzarono il livello della concorrenza nella cristianità sino a un punto di rottura. La reazione cattolica, con la controriforma, fu la continuazione del processo competitivo, fino a includere una "differenziazione di prodotto", nella forma di innovazioni dottrinarie e organizzative. La teoria economica ci aiuta a capire come il cristianesimo si sia evoluto non solo approfondendo la dottrina, ma anche in funzione della domanda di fedeli/consumatori, della società nel suo insieme, della cultura del tempo. Gli autori evitano di dare giudizi di valore sulla religione: la loro attenzione sui temi più scottanti - scienza e religione, posizioni liberali e conservatrici, il celibato del clero, il sacerdozio delle donne, il matrimonio fra persone dello stesso sesso - offre un'illustrazione vivida delle potenzialità dell'analisi economica per comprendere il fenomeno religioso.
Per capire il presente bisogna guardare alle trasformazioni degli ultimi anni. È quello che fa questo libro, ricostruendo l'evoluzione dell'andamento elettorale, dell'organizzazione e del personale politico dei maggiori partiti italiani a partire dal 1995 in sei regioni italiane: Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana, Lazio e Sicilia. L'indagine dimostra come i partiti a livello regionale abbiano acquisito una sempre maggiore autonomia rispetto al centro nazionale. Questo è dovuto soprattutto alla capacità di aggregazione del consenso da parte dei leader locali, anche a fronte di un declino delle tradizionali strutture territoriali, un tempo basate sulle sezioni e sulla militanza degli iscritti. Le leadership hanno infatti talmente concentrato nelle loro mani le risorse organizzative da non avere più bisogno della base. In sostanza, da un lato, si conferma il processo di personalizzazione e autonomizzazione dei partiti; dall'altro, la decomposizione della loro strutturazione tradizionale non sembra avere prodotto una diversa modalità organizzativa.
Dieci passi verso una giustizia effettiva. Un percorso quasi obbligato per rivitalizzare un sistema soffocato dal suo stesso peso. Michele Vietti ritorna sulla priorità della giustizia italiana con un "decalogo" operativo che offre gli spunti per un ampio progetto di riforma.
Anche quando sono dotate di una buona e sana Costituzione, come quella italiana, le democrazie hanno bisogno di uomini e donne, partiti e cittadini, governanti e rappresentanti capaci di farle funzionare; altrimenti la loro salute finisce inevitabilmente intaccata. Nell'ultimo biennio sono venuti al pettine tutti i nodi irrisolti della democrazia repubblicana, il cui rinnovamento è stato impedito da da gruppi di potere, vecchi e nuovi, e da partiti immobilismi.
Con brevi, ma densi e irriverenti capitoli, Gianfranco Pasquino (allievo di Roberto Bobbio e Giovanni Sartori) illumina il tramonto della Repubblica italiana.
Una valutazione dell'Europa con una visione spietatamente realistica del sistema che essa ha creato negli ultimi cinquant'anni. Klaus riconosce i possibili benefici derivati dall'integrare in termini strettamente economici il vecchio continente, ma spiega quello che per lui è stato il tragico errore dei fondatori dell'Unione: essi vedevano il vizio nelle entità-stato dell'Europa e la virtù nell'unione intercontinentale. Per il presidente della Repubblica ceca la soluzione sta in una profonda e sistematica trasformazione, simile a quella che egli sostenne agli inizi degli anni Novanta nel proprio Paese: propone una trasformazione sia del sistema socio-economico sia del modello di integrazione, tornando a un'economia di mercato e a un'attiva cooperazione fra i Paesi europei.
Con la grande maggioranza degli utenti di Facebook presa dalla smania di aggiungere amici, scrivere "mi piace", lasciare commenti, sarebbe forse il caso di fermarci e riflettere sugli effetti che i social network hanno sulle nostre vite oramai sature di informazioni. Che cosa ci spinge, quasi fosse un obbligo, a impegnarci tanto diligentemente con i diversi network? Il libro esamina la nostra ossessione collettiva per l'identità e il management di sé stessi coniugati con la frammentazione e il sovraccarico di informazione della cultura online. Lovink traccia un percorso innovativo, analizzando criticamente motori di ricerca, video online, blog, radio digitale, mediattivismo e Wikileaks. Questo libro lancia un forte messaggio rivolto a tutti gli utenti della Rete: liberiamo le nostre capacità critiche e cerchiamo di influenzare tecnologia e spazi di lavoro, o saremo destinati a sparire nella rete. Pungente e acuto, senza essere pessimista, Lovink offre una critica delle strutture politiche e del potere incorporati nelle tecnologie che modellano la nostra vita quotidiana.
Pochi hanno capito che cosa sia veramente successo, quali le cause delle rivolte arabe e soprattutto quale possa essere il loro sviluppo. Secoli di diffidenza fra il mondo islamico e quello cristiano non hanno facilitato una conoscenza reciproca, che sta alla base di qualsiasi circostanziata valutazione. L'analisi socio-economica da sola non è in grado di spiegare compiutamente le rivolte arabe, sia perché tale situazione dipende anche da variabili politico-culturali, sia perché, oltre a lavoro e salario, le folle nelle piazze arabe hanno chiesto soprattutto democrazia e buon governo. Il libro si propone di far conoscere questa regione a tutto tondo, analizzando fatti e avvenimenti, in modo non scontato e al di là della cronaca. Si guarda alle rivolte anche dalla prospettiva del "vicino di casa", combattuto tra il desiderio di favorire l'affermazione di regimi democratici al di là del Mediterraneo, che troppo spesso abbiamo considerato mare nostrum, e il timore che il cammino verso la democrazia possa rivelarsi pieno di trappole. Prefazione di Alberto Negri.
Si può parlare di giustizia oggi in Italia senza lasciarsi invischiare nella polemica? Si può "raccontare" il faticoso mestiere del magistrato senza difese d'ufficio ma smentendo, numeri alla mano, la vulgata che vuole farne un burocrate inefficiente o un potente intoccabile? E si può provare a capire le ragioni dello "stato d'insolvenza" della giustizia (con i suoi 9 milioni di processi pendenti) e a proporre soluzioni, forse imperfette, ma pragmatiche e non ideologiche? È ciò che questo libro cerca di fare. Prefazione di Ernesto Lupo.
I problemi di oggi non possono essere affrontati se siamo inconsapevoli della storia, studiata con impegno, anche da non specialisti. È questo l’intento del libro, nato nella squadra del 150° Anniversario dell’Unità d’Italia: un alfabeto che permetta di appuntare le cose essenziali, che giovani e meno giovani è giusto sappiano per ricercare un senso complessivo allo stare insieme come italiani, come italiani in Europa e come italiani nel mondo. Fuori da ogni retorica il libro, articolato in 70 brevi capitoli in ordine alfabetico, racconta l’Italia così come si è formata, con le sue spinte ideali, con i compromessi, con la qualità delle sue élite dirigenti, con i problemi che in quel contesto seppero risolvere e quelli che lasciarono al futuro. Con le incompiutezze e gli errori, che tocca a noi contemporanei affrontare. L’alfabeto, con i tanti fatti, le mille storie, i luoghi, le persone, le parole-chiave, è un contributo a trovare le ragioni per un futuro comune, da Nord a Sud, anche se la risposta alla domanda sull’esistenza di un sentimento nazionale o sulla volontà di costruire tale futuro è in ciascuno di noi. E si proietta ben oltre le celebrazioni dei 150 anni.
Anche per via della lingua - sconosciuta a pressoché tutti gli italiani (non si dice alternativamente "parlo arabo?" o "parlo turco?") - la Turchia resta nel nostro immaginario collettivo un paese in gran parte sconosciuto, affidato a luoghi comuni fuorvianti. Chi meglio di Carlo Marsili, ambasciatore in Turchia dal 2004 al 2010, ha le carte in regola per farci scoprire questo paese e le sue contraddizioni? Dalle minoranze etniche alla condizione femminile; dalle contraddizioni dell'islamismo moderato alla questione armena; dalla stratificazione sociale alla classe politica e ai partiti; ai mezzi di comunicazione e alla lotta per la libertà di stampa, al ruolo dell'esercito e alla politica interna ed estera; sino ai capitoli finali, dedicati a come i turchi vedono gli europei, allo sviluppo economico, e alla presenza italiana: ricco di aneddoti ed episodi vissuti in prima persona, il libro dà finalmente un quadro realistico e privo di pregiudizi della Turchia d'oggi. E ci spiega anche perché un'Unione Europea senza la Turchia sarebbe inevitabilmente destinata a un ruolo di secondo rango rispetto non solo a Stati Uniti e Cina, ma anche a India, Brasile e altre potenze emergenti.
Non c'è dubbio che "casa nostra" si sia riempita di "stranieri", a un ritmo che in Europa, negli ultimi anni, hanno seguito solo gli spagnoli. Non c'è dubbio che provenendo da tutto il mondo, essi siano diversi da noi; non c'è dubbio che i problemi siano tanti e quello della relazione tra immigrazione e criminalità sia il problema dei problemi. Che pensare, che fare? Per affrontare i problemi e cogliere le opportunità occorre parlare anche di noi, non solo di "loro". Occorre guardarci allo specchio. Perché anche noi ci sentiamo spesso stranieri a casa nostra: una delle ragioni, infatti, per cui gli immigrati ci appaiono così estranei ha a che vedere anche con l'italianissima abitudine all'informalità e all'ingiustizia. Se gli immigrati che arrivano delinquono da noi più che in altri Paesi, se una parte di loro viene in Italia per la ragione sbagliata, forse c'è qualcosa nelle nostre regole, nelle nostre istituzioni, nel nostro modo di stare insieme che attira da noi proprio questo tipo di persone e non altre. Il libro analizza dati, fatti, punti di vista e propone alcune idee per una migliore convivenza.