"Il midrash rappresenta una delle attività più importanti e caratteristiche della produzione rabbinica. È la ricerca del significato nel testo sacro, che diventa sacro appunto perché è oggetto di questa ricerca. La ricerca considera il testo come una fonte inesauribile di insegnamenti, più o meno evidenti, che vanno messi in evidenza esaminando l'uso delle parole e i collegamenti che si possono stabilire. Questa della ricerca è un'opera in continua evoluzione, un modo per trarre insegnamenti continui, per attualizzare l'antichità, per mostrare che l'antico vive in mezzo a noi e ci guida. Inevitabilmente l'uso di questo sistema esegetico comporta quelle che possono sembrare forzature o assurdità. Proprio per questo, in tempi di razionalità dominante, come fu il XIX secolo, la prima vittima a cadere sotto gli occhi arcigni dei critici fu la tradizione midrashica definita "un prodotto degenere della sensibilità rabbinica". Lo sviluppo delle scienze sociali, psicologiche e letterarie ha ridato dignità a questa enorme produzione. Resta il fatto che il lettore non guidato potrà avere la sensazione al primo contatto di trovarsi davanti a affermazioni strane se non assurde. Ma il gioco è proprio questo, riuscire a capire quali fossero le intenzioni dei maestri, e quale il loro mondo di pensiero che li portava a scontrarsi con i pensieri di altri colleghi. Tra le opere più suggestive di produzione midrashica il Bereshit Rabbah, raccolta ordinata di commenti al libro di Bereshit, la Genesi, occupa un posto di primaria importanza. È un testo tanto suggestivo quanto complicato da capire fino in fondo, ma se fosse tanto semplice non ci sarebbe alcun piacere nell'imbarcarsi nel suo studio." (Dall'introduzione di Riccardo Di Segni)
L'Esodo è un racconto che mette sottosopra il mondo: spezza le catene e apre a un futuro differente. Non sono i disperati ad affogare nelle acque del male, ma i potenti, insieme ai loro strumenti di guerra. Il suo canto ispira pensieri e progetti di libertà e, bandendo le semplificazioni, esso si presenta come uno specchio credibile nel quale ognuno possa riconoscersi.
Seconda parte del volume della Genesi, a cura di Federico Giuntoli, con testo ebraico a fronte, note filologiche e note di commento. Conclude il testo la consueta appendice sulla liturgia.
La collana Nuova Versione della Bibbia dai Testi Antichi, curata da noti biblisti italiani, riprende ex-novo e amplia il coraggioso progetto della Nuovissima versione della Bibbia dai testi originali. I singoli libri biblici vengono riproposti in una nuova versione che, oltre
ad avere i testi antichi a fronte, è accompagnata da un accurato apparato testuale filologico e da un ampio commento esegetico-teologico.
La serie è diretta da Massimo Grilli, Giacomo Perego e Filippo Serafini.
L'autore
Federico Giuntoli è professore invitato di esegesi dell’Antico Testamento alla Pontificia Università Urbaniana e al Pontificio Istituto Biblico di Roma. Presso l’Istituto Biblico ha conseguito sia la Licenza che il Dottorato in Scienze Bibliche con una tesi sul libro della Genesi moderata dal prof. Jean- Louis Ska. È autore di vari contributi, particolarmente nel suo campo di specializzazione: il Pentateuco. Per le Edizioni San Paolo, insieme ad altri volumi, ha recentemente pubblicato un saggio di riflessioni bibliche: L’anima dei luoghi. Un itinerario biblico dal “deserto” al “giardino” (2009), alcune voci del Dizionario dei Temi Teologici della Bibbia (2010), le introduzioni
e le note di commento ai libri del Pentateuco nella Bibbia Via Verità Vita (2012) e ha curato il volume Genesi 1,1-11,26 nella Nuova versione della Bibbia dai testi antichi (2013).
Le pagine del Qohelet e del Cantico dei cantici, due brevi libri sapienziali della Bibbia, offrono al lettore una penetrante riflessione sull'esperienza umana del domandare, del cercare e dell'amare. Tutto passa, eppure qualcosa resta, permane, dura: l'esperienza della precarietà di una bolla di sapone, fragile e luminescente nell'effimero del suo istante; l'esperienza di un amore che sfida il limite della morte, perché in esso avvampa una fiamma segreta; l'esperienza di un corpo che diviene paesaggio da attraversare, architettura da abitare, nei giorni dello splendore e nelle notti della nostalgia.
Ci sono figure nell'Antico Testamento - particolarmente in Genesi - che paiono non riuscire ad attirare l'attenzione dei commentatori: personaggi che giocoforza restano oscuri, anonimi. Di Nacor e Milca, per fare qualche esempio, poco o nulla si ragiona; pochissimo di Sara. Eppure Nacor è fratello di Abramo, nato nello stesso anno del grande Patriarca; Sara è sua moglie: l'unico personaggio femminile dell'Antico Testamento a cui Dio trasformi il nome, l'unica donna di cui si specifichi l'età al momento della morte, la prima persona a trovare sepoltura nella Terra. Ma il tessuto del Sacro Testo non ammette smagliature. La quadruplice lettura, simile - non identica - a quella dei Padri, cioè condotta in chiave simbolica, permette di riprendere e riallacciare le maglie più minute del tessuto biblico, valorizzando anche gli aspetti e i personaggi più negletti. Nulla, non un solo iota, può essere scartato nella Scrittura. Chiede Amore la Parola di Dio. Il grande Filone Alessandrino, Padri del calibro di Origene e Girolamo, come infiniti altri, antichi e medievali, l'hanno amata e onorata. E noi?
Curata da noti biblisti italiani, la collana riprende ex-novo e amplia il coraggioso progetto della Nuovissima versione della Bibbia dai testi originali. I singoli libri biblici vengono riproposti in una nuova versione che, oltre ad avere i testi antichi a fronte, è accompagnata da un accurato apparato testuale-filologico e da un ampio commento esegetico-teologico. La serie è diretta da Massimo Grilli, Giacomo Perego e Filippo Serafini.
Il libro di Giobbe ha sempre rappresentato una sfida per i lettori e per gli interpreti e lo è sia per i temi che affronta sia per il linguaggio che utilizza. Vogliamo affrontare la sfida e compiere il viaggio attraverso questo testo, paragonabile a una «sacra rappresentazione», per coglierne i molti spunti di perenne attualità: il tema del dolore, il rapporto con Dio e con la creazione...
Il male che si accanisce contro Giobbe non può più essere concepito come una punizione, poiché egli non ha commesso alcun delitto; non può più essere una vendetta, poiché egli non ha colpito nessuno. Nel trovarsi esposto alla violenza insensata della sofferenza Giobbe si trova immerso in una esperienza intraducibile. Resta solo il grido rivolto a Dio come il modo più radicale della domanda. La stessa che egli porta nell'etimo del suo nome: Giobbe significa nella lingua ebraica «dov'è il padre?» Domanda che sovrasta ogni possibile risposta. «Il dolore di Giobbe - come scrive Recalcati - non può essere ricondotto all'ordine del senso perché nessuna teologia, come nessuna altra forma di sapere, è in grado di spiegarne l'eccesso». Il grido di Giobbe accade quando le parole sono costrette al silenzio, spezzate dal trauma del male. Esso non è indice di rassegnazione ma di lotta e di resistenza. Dopo La notte del Getsemani e Il gesto di Caino, con Il grido di Giobbe continua l'intenso e sorprendente viaggio di Massimo Recalcati lettore della Bibbia, impegnato a rintracciare l'eredità più profonda del pensiero psicoanalitico che si concluderà, a breve, con un'ampia e attesa opera.
I setti 'libri sapienziali' della Bibbia (Giobbe, Salmi, Proverbi, Qoelet, Cantico dei Cantici, Sapienza, Siracide) sono testi di un'attualità intramontabile. Esprimendo un atteggiamento nuovo, che esorta a non fermarsi alla rigidità della Legge ma a mantenere la Rivelazione vicina alla vita, toccano tutte le sfumature dell'esperienza umana, e mostrano una speciale capacità di aprire spazi d'incontro con le questioni vitali dell'umanità di oggi. In questo suo nuovo libro, Giuliano Zanchi ripercorre le storie, le emozioni, i sentimenti delle donne e degli uomini protagonisti dei libri sapienziali, come in una 'catechesi' leggera nell'esposizione ma acuta nei riferimenti, prendendosi anche la libertà di confronti tra il testo biblico e le più diverse espressioni letterarie del nostro tempo. Tocchiamo così con mano affinità e sintonie in canzoni come Todo cambia, resa indimenticabile da Mercedes Sousa, così vicina al fatalismo di Qoelet, o L'ombra della luce di Franco Battiato, che richiama le gioie dell'incontro amoroso espresse nel Cantico. E ancora, in poeti come Wislawa Szymborska, che si riconosce nelle parole di Qoelet; in scrittori come Joseph Roth o Lev Tolstoj, che danno vita a un moderno Giobbe; in filosofi come Emil Cioran, che sottoscrive il tratto cinico incastonato nel cuore di questi libri straordinari. E alla fine impariamo la bellezza della Sapienza, che è positiva e critica, non fa sconti alla crudezza della 'vita sotto il cielo', ma segnala a ciascuno, qualche secolo prima di Cristo così come oggi, che proprio nelle contraddizioni della quotidianità si lascia incontrare una prossimità originaria che illumina e orienta il cammino degli umani nel mondo.
Mi pare felice l’espressione “donne impertinenti” che raccoglie in questa categoria donne che si distinguono non tanto per la loro grazia e femminilità, quanto piuttosto per il loro agire non convenzionale facendo cose, talvolta, del tutto inaspettate…
È importante, come sottolinea l’autore, ricordare il paradigma teologico soggiacente al libro dei Giudici che si rinnova nel corso della narrazione ed è costituito di quattro elementi fondamentali: la descrizione del male commesso da Israele (soprattutto il peccato di idolatria); la conseguente ira del Signore; la sottomissione di Israele alla forza dei suoi nemici; Dio che suscita un giudice-liberatore per portare a compimento il suo disegno di salvezza.
(dalla presentazione di Massimo PAZZINI)
Gabriele Maria CORINI (1975), discepolo del Cardinale Martini, licenziato in Scienze Bibliche ed Archeologia presso lo SBF di Gerusalemme (2003), ha conseguito il Dottorato in Teologia Biblica alla FTIS di Milano (2008). Membro dell’Associazione Biblica Italiana, è docente stabile di Sacra Scrittura presso l’ISSR regionale ligure, di ebraico e Profeti – Scritti presso la FTIS di Milano e parroco dell’Antica Collegiata di S. Ambrogio in Alassio (Sv).
È autore di numerose pubblicazioni a tema biblico, pastorale e spirituale, tra cui L’amico dello sposo. Storia di un’amicizia straordinaria con Carlo Maria Martini (2013); Contro la sciatica del cuore. Spunti biblici sulla divina Misericordia (2015); Non rimanere caduti. Le quindici malattie dell’amore cristiano secondo Papa Francesco (2016); Chi non serve non serve. Il volto bello dell’amore cristiano (2017); La riforma del cuore. L’Evangelium Gaudium come pratica della vita nel Vangelo secondo Matteo (2018) e Giudici. Introduzione e commento (2018); Israele tra memoria e identità. L’alleanza di Moab come manifesto programmatico della memoria fondatrice d’Israele (2018); I verbi della familiarità cristiana (2020); Donne impertinenti. L’intreccio narrativo al femminile nel Libro dei Giudici (2021).
Fino al V secolo, i Padri latini utilizzavano instrumenta per indicare l'insieme delle Scritture o loro parti: le consideravano mezzi con cui Dio si fa conoscere e tramite cui l'uomo può accogliere la proposta salvifica divina. Essi erano consapevoli della distanza linguistica e culturale che si frappone tra quegli scritti e i loro nuovi destinatari e, comunque, nutrivano il desiderio di coglierne il messaggio al fine di corrispondere alla volontà divina. Perciò, fin dall'inizio elaborarono metodologie in parallelo, in dialogo o in autonomia rispetto ai grandi interpreti ebrei o non cristiani. Tale impegno è proseguito nel tempo contribuendo a rendere l'ermeneutica una disciplina autonoma. La collana si inserisce in questo solco e offre preziosi strumenti per comprendere le Scritture di Israele e della Chiesa antica. Illustra le metodologie più aggiornate e adeguate per interpretare in modo corretto i testi biblici secondo il loro corpo di appartenenza. Gli autori, docenti del Pontificio Istituto Biblico e della Pontificia Università Gregoriana, sono tra i più qualificati esponenti dell'esegesi biblica in campo cattolico.
Il volume è dedicato alla lettura ebraica di Gn 22, la pagina forse più celebre ed enigmatica della Bibbia, dove si narra del "sacrificio" (in ebraico aqedah, lett. "legamento") di Isacco. Il testo è suddiviso in due parti. La prima tratta dell'importanza attribuita a Gn 22 dalla tradizione d'Israele, caratterizzata da una incessante rilettura della pagina biblica, costantemente posta al centro della vita ebraica fino ai nostri giorni. La seconda parte si configura come un'ampia antologia di testi, quasi tutti inediti in lingua italiana, che attraverso l'epoca rabbinica e il medioevo giungono fino al mondo chassidico e alla modernità. Il confronto con i testi, arricchiti da note esaurienti, consente al lettore di accedere con rara efficacia all'affascinante mondo spirituale dell'ebraismo, in un confronto quanto mai arricchente per il cristiano, perché condotto su una pagina biblica essenziale per la interpretazione ecclesiale delle Scritture.