La Nota Praevia all’Adversus Nationes di Arnobio viene edita per la prima volta in lingua italiana. Essa si presenta con tale articolazione di contenuti, approfonditi minuziosamente e analizzati in contesto con le altre opere apologetiche cristiane, che fa da splendida e illuminante cornice all’opera dell’Autore africano. Anche là dove i contenuti o le spiegazioni sembrano superati da studi recenziori, la verve polemica di Le Nourry, fedelissimo all’ortodossia della Chiesa Cattolica, si associa allo stile fortemente demolitore dei miti pagani di Arnobio, facendo nascere
una letteratura ibrida pagano-cristiana, che forse non vede ancora il tempo di essere valorizzata in tutta la sua portata innovatrice, ed è vittima del pregiudizio di schemi iconografici preconcetti. Vero è che ci troviamo di fronte ad una antropologia di stampo diverso da quello platonico-cristiano, tradizionale ormai all’interno di quasi tutte le dottrine teologiche delle denominazioni cristiane, per cui taluni punti fondamentali del dire arnobiano urtano contro la suscettibilità culturale occidentale, in particolare cristiana. Ma si tratta di cultura, anche se dogmaticamente resa obbligante nel credo degli adepti. La verità potrebbe essere anche altra e una delle tante ipotesi di indagine della verità potrebbe pur essere quella di Arnobio, sincero, anzi sincerissimo discepolo di quello che c’è di più prezioso nel Cristianesimo, cioè Cristo stesso, abbracciando il Quale, si possiede tutto ciò che l’uomo deve possedere, e conoscendo il Quale, l’uomo conosce quanto è necessario conoscere, nella sua totalità e nella sua integrità. Per tale motivo questo è un libro, assieme all’opera stessa di Arnobio, destinato ad un pubblico adulto e che ha del dogma cristiano una visione storica, aperta ad altre letture possibili, se accertate, anche se non coerenti con le formulazioni di fede, che oggi sono correnti. La fede appunto è la matrice che rende ossequio alla verità cristiana, maturatasi nel tempo o nei tempi, emarginando squarci che di volta in volta sono apparsi inutili o dannosi, ma appunto perché squarci di verità talora irrompono luminosi in maniera prepotente e imprevedibile e improvvisa dal loro tenebroso letargo, obbligando l’assenso ad arricchirsi delle nuove prospettive in armonia col Pensiero fattosi Verbo o Parola vivente nei secoli. Questo è l’Arnobio, che sembra opportuno capire e rivalutare anche quanto ad argomentare apologetico. Che, sebbene nella mira polemica ci siano specialmente idoli, tuttavia tali idoli sono frutto dell’umano immaginare. Ieri come oggi come domani. La ricerca della verità tra ondate di flussi e di riflussi resta una caratteristica della finitudine umana. A tale finitudine si appella Arnobio perché l’uomo trascenda se stesso, e contemplando la sua miseria – descritta con un elenco mozzafiato di diciassette impietosi aggettivi – si apra all’Eterno. Ed è questa la chiave di lettura per comprendere l’opera arnobiana, che obiettivamente risulta essere la più corposa e massiccia apologia, superata in voluminosità e impostazione soltanto dalla Città di Dio di sant’Agostino.
L'opera apologetica di Arnobio il Vecchio trova un primo sigillo di singolarità nella
sua particolare collocazione cronologica se è vero – come sembra ormai difficilmente negabile – che l’Adversus Nationes vide la luce mentre infuriava l’estrema e violenta “reazione pagana” promossa da Diocleziano.
Il celebrato retore di Sicca ebbe così modo di registrare sia la brutale e alla fine inane istanza restauratrice e tradizionalistica della costruzione tetrarchica, sia la fatalità della prossima legittimazione del cristianesimo.
Naturalmente, la posizione isolata di Arnobio nell’ambito delle tensioni e dei dibattiti della Chiesa precostantiniana e prenicena, le circostanze straordinarie che 1’autore stesso volle porre a radice della propria conversione, hanno sovente orientato gli interpreti a considerare il pessimismo della grande apologia come il frutto di una disperazione assolutamente biografica, esistenziale, malamente trascinata verso uno spicciativo e risolvente accesso ai sicuri approdi della salvezza cristiana. La stessa esiguità di notizie su Arnobio, sui suoi contatti e principalmente sul suo itinerario
culturale precedente la conversione, ne hanno rimpicciolito il profilo di testimone del tempo.
Al contrario, questo retore così singolare sia nel proporsi non come un intellettuale di sintesi ma di rottura, sia nello stringere una verità che conosce imperfettamente, rappresenta in modo assai realistico quel processo di massiccia trasmigrazione verso
il cristianesimo che si è abituati a seguire solo attraverso le parabole esemplari e conclusive di protagonisti pienamente coscienti delle implicazioni insite nelle loro scelte: Clemente di Alessandria o Agostino, per fare due nomi e indicare, all’ingrosso, due estremi temporali.
E in una prospettiva più concentrata sull’approfondimento dell’itinerario missionario e pastorale della Chiesa, illustra con significativa chiarezza le ragioni seminali di una cultura mai completamente cristianizzata e dunque il ciclico emergere, in essa, di tensioni antagonistiche rispetto alla Fede.
Tutto ciò è tanto più vero proprio perché la periclitante teologia arnobiana, laddove quasi paolinamente propone una distanza incolmabile tra l’infinita grandezza di Dio e la miseria della condizione umana, in realtà finisce quasi fatalmente, a motivo di
un’iterata e ‘comoda’ opzione apofatica, col determinare una frattura non ricomposta tra gli ordini della Grazia e della natura.
Da uno degli autori più fecondi dei primi secoli cristiani, un'opera di grande originalità, ricchezza e complessità. Secondo di quattro volumi.
Il Liber testimoniorum – una raccolta di passi esegetici provenienti dalla produzione di papa Gregorio Magno – risale al periodo compreso tra la fine del VI e l’inizio del VII secolo. Si tratta di un’opera che ha conosciuto una straordinaria fortuna nel Medioevo ed è stata oggetto di numerose imitazioni nei secoli successivi. Un documento unico per conoscere il funzionamento dell’amministrazione della Chiesa di Roma, le attività ampie e diversificate, l’assistenza tecnica al pontefice per la redazione dei documenti.
Questo volume, pubblicato in occasione della proclamazione di Ildegarda di Bingen a dottore della Chiesa, propone testi riflessioni, esperienze di vita, non solo della santa tedesca, ma anche di altre figure mistiche del passato quali Mechtilde di Magdeburgo, Gertrude la Grande, Meister Eckhard, Giovanni Taulero, Enrico Suso, Raimondo Lullo, Blaise Pascal. L'autore, partendo proprio dalle grande personalità mistiche testimoni della fede in Dio, ha voluto offrire ai credenti e non uno spunto di riflessione per avvicinarsi a Dio e vivere seguendo le orme di chi, prima di noi, ha creduto in Lui.
Mostriamo di che tipo e qualità sarà la venuta dell'Anticristo, in quale occasione e in quale tempo sarà rivelato "l'iniquo", donde e da quale tribù proverrà, e qual è il suo nome, indicato nella Scrittura mediante il "numero"... Soltanto il ritorno del Messia sancirà la totale distruzione del male. Sino ad allora l'attesa dell'anticristo, personificazione dei mali ancora operanti nel mondo e figura ereditata dalla tradizione ebraica, si farà sempre più ansiosa e opprimente. Ippolito nel suo singolare trattato De Antichristo, scritto in greco verso il 200, raccogliendo tutto ciò che la Bibbia offre sulla figura dell'antimessia, riesce a creare un'autentica "anticristologia". La figura dell'oppositore di Cristo viene presentata dall'autore - sulla cui identità si è tanto dibattuto - all'interno di coordinate storico-politiche ben precise. L'impero romano, ai tempi delle persecuzioni dei cristiani, sebbene non sia considerato l'anticristo, avendolo in potenza già in sé, ne costituisce il preludio. Teologo, santo e martire romano vissuto tra il II e III secolo, Ippolito è stato anche uno scrittore prolifico: sotto il suo nome la tradizione ci ha trasmesso numerosi scritti e frammenti, in prevalenza esegetici. Tra le sue opere più importanti si ricorda, il trattato sul Cantico dei Cantici, sul Libro di Daniele e Philosophumena.
Descrizione dell'opera
La Regola di san Benedetto sta a fondamento di tutto il monachesimo occidentale ed è sicuramente una delle radici più feconde nella tradizione culturale europea: pochi testi hanno esercitato nella storia occidentale un'influenza tanto profonda. L'edizione presentata - riveduta e ampliata secondo l'ultima edizione dell'originale tedesco - permette un approccio integrato e pluridimensionale al testo della Regola, fornendo al lettore gli strumenti critici secondo diversi livelli di approfondimento. L'Introduzione inquadra la Regola nel suo contesto storico, sociale e religioso, ne mette in risalto gli elementi innovativi e originali rispetto alle altre Regole che comparvero nello stesso periodo e soprattutto mostra come essa venne recepita nell'ambito ecclesiale del Medioevo e dei secoli successivi. Il cuore del volume è costituito dall'edizione critica del testo latino della Regola accompagnato dalla traduzione italiana, che si contraddistingue per precisione, per perfetta aderenza all'originale e, al tempo stesso, per uno stile estremamente scorrevole e leggibile. Il testo è corredato da un esauriente commento esplicativo che spiega la Regola parola per parola, ne esplicita i riferimenti biblici e patristici, mette a fuoco la teologia, la spiritualità e il pensiero di san Benedetto. Tale commento esplicativo e l'apparato di note che lo accompagnano sono redatti secondo i più aggiornati criteri di scientificità, ma, al tempo stesso, non ostacolano il lettore che vuole limitarsi al solo testo. Infine, la bibliografia aggiornata, un dettagliato indice analitico e una tavola, che guida alla lettura della Regola nel corso dell'anno, sono preziosi strumenti per chiunque voglia addentrarsi nell'esplorazione della straordinaria spiritualità di san Benedetto.
Sommario
Introduzione. Testo integrale latino-italiano della regola di Benedetto e commento. Bibliografia. Indici.
Note sui curatori
GEORG HOLZHERR è monaco benedettino, professore di teologia, liturgia e diritto canonico. Per oltre 30 anni è stato abate del monastero di Einsiedeln e membro della Conferenza Episcopale Svizzera, con incarichi importanti in situazioni difficili. Risiede nell'abbazia di S. Lazzaro di Seedorf, padre spirituale di quella comunità di monache. Spiega ogni giorno la Parola di Dio sul sito www.gotteswort.ch (parola e immagine). Il suo commento alla Regola di san Benedetto, giunto alla 7a edizione e tradotto in varie lingue, si distingue per la vasta e scientifica conoscenza del testo sotto tutti i vari aspetti - storico, filologico e spirituale - e per la capacità di farlo gustare come guida di vita cristiana. L'edizione italiana è stata curata dalle MONACHE BENEDETTINE DELL'ABBAZIA «MATER ECCLESIAE» dell'isola di San Giulio sul lago d'Orta (Novara), sotto la guida della loro abbadessa, Anna Maria Cànopi.
Un classico dell'apologetica, della storia della cultura e della filologia: uno de più straordinari florilegi di autori dell'antichità classica mai pervenuti.
Preparazione evangelica può essere considerato un vero e proprio monumento dell’intera cultura occidentale: si tratta di uno scritto che, pur appartenendo al genere letterario dell’apologetica, si colloca nella storia della cultura e della filologia, in quanto uno dei più straordinari florilegi di autori dell’antichità classica mai pervenuti. Non c’è scrittore, poeta, storico o filosofo, di cui Eusebio non citi almeno una volta un passo o un verso. Sotto questo profilo l’opera ha il pregio innegabile di aver contribuito a meglio comprendere autori i cui testi ci sono pervenuti e a farci conoscere testi di autori altrimenti sconosciuti. Il secondo tomo completa la pubblicazione.
"Secondo l'esempio del beatissimo padre Francesco, anch'io, peccatore indegno in tutto, che viene dopo di lui come settimo ministro generale dei frati, mi affannavo nell'inseguire questa pace. Così, a trentatré anni dalla sua scomparsa, mi ritirai, per volere di Dio, sul monte della Verna, un luogo di quiete dove desideravo cercare la pace dello spirito. Là, riflettendo su alcune ascensioni della mente in Dio, tra gli altri casi mi si presentò alla memoria il miracolo che si era manifestato al beato Francesco in quello stesso luogo, cioè la visione del serafino alato in forma di Crocifisso. Meditando su quella visione, mi sembrò subito che essa rivelasse l'innalzamento in croce, durante la contemplazione, del nostro padre Francesco e la via per raggiungerlo." Inizia così, il celebre "Itinerario della mente in Dio" di Bonaventura da Bagnoregio. Un trattato esemplarmente breve di teologia mistica che costituisce una guida per mostrare come l'uomo possa innalzarsi fino a conoscere veramente Dio: e anzi a Dio possa unirsi. Ispirandosi a Dionigi pseudo-Areopagita e ad Agostino, e soprattutto alla vita e all'esperienza mistica di Francesco d'Assisi, e alla Passione di Cristo, Bonaventura disegna nel suo libro la perfezione cristiana: come un cammino attraverso sei illuminazioni che con Francesco e il serafino si aprono e si chiudono, e che alle sei ali di quell'essere celeste corrispondono. Commento di Daniele Solvi.
«Rendere pieno d’incanto il tempo dell’umanità in cui sono incastonate le meravigliose vite dei santi».
La Legendaaurea, modellata dall’ideologia cristiana e dalla straordinaria personalità di uno dei più interessanti personaggi di quell’epoca fondamentale della storia europea che è il Medioevo, è l’opera che meglio ha espresso in tutta la sua ricchezza e complessità l’originalità di una componente insostituibile della società umana, il tempo.
La Legenda aurea è la raccolta delle vite dei santi che, con i suoi racconti e i suoi curiosi aneddoti, ha alimentato per secoli l’immaginario del cristianesimo popolare. Ma – dice Le Goff – l’opera scritta dal domenicano Iacopo da Varazze alla fine del XIII secolo è molto di più. È una vera e propria summa sul tempo. La sua grande originalità sta nell’offrirci una concezione complessiva del tempo, tema centrale in tutte le civiltà e in tutte le religioni, attraverso tre dimensioni del calendario cristiano: il tempo ciclico della liturgia cristiana, il tempo lineare scandito dalla successione delle vite dei santi, il tempo del cammino dell’umanità cristiana fino al giudizio finale.
«Il nostro domenicano vuole mostrare come solo il cristianesimo abbia saputo strutturare e sacralizzare il tempo della vita umana e accompagnare l’umanità verso la salvezza; in effetti, il tempo della Legenda aurea non è un tempo astratto, bensì un tempo umano, voluto da Dio e santificato dal cristianesimo».
Il più grande storico del Medioevo rilegge un’opera straordinaria, sia per il contenuto, sia per il formidabile successo avuto nel corso della storia europea, che l’ha reso il libro più letto dopo la Bibbia.
Da uno dei massimi neotomisti del secolo scorso una breve esposizione dei pilastri della sintesi filosofico-teologica di San Tommaso d'Aquino. Spesso regna parecchia confusione nel mondo filosofico e teologico riguardo quali siano i principi reggitori dell'impianto tomista. Questa riedizione, completamente revisionata e ripristinata, si impone come una guida sicura, elaborata dal genio di un indiscusso maestro quale padre Reginald Garrigou-Lagrange, alla scoperta dei pilastri della sintesi filosofico-teologica di san Tommaso d'Aquino, qui condensati nella diade atto-potenza e nel concetto ontologico di essenza.