Si tratta della storia vera di una donna che per dodici anni ha subito la violenza fisica e psicologica del marito, uomo dispotico e manipolatore, che l'ha perseguitata in ogni modo e con ogni mezzo, cercando di annullarne la personalità. I fatti, i ricordi, le sensazioni e i sentimenti sono descritti in prima persona da Mariana in forma di mémoire, una sorta di diario, cui si alterna la voce narrante dell'autrice. Mariana chiama il marito "il Nazista" o anche "il Non-amabile". In effetti, lui la sottopone a ogni sorta di violenza e umiliazione. Alcolizzato, la prende a calci e pugni, la insulta, la tradisce, si copre di debiti di gioco. Quando lei tenta di ribellarsi, lui la minaccia con frasi come: "Appena ti addormenti ti soffoco col cuscino" oppure: "Ti prendo e ti sbatto giù dalla finestra". Lei cambia più volte casa, ma lui riesce sempre a trovarla, mettendo in atto una vera e propria persecuzione con pedinamenti, telefonate, lettere. Mariana si sente costantemente controllata e vive nel terrore. Alla fine, grazie anche all'appoggio delle forze dell'ordine, riesce a lasciarlo e a ottenere la separazione, ma la sua vita è segnata da questa esperienza traumatica, che desidera solo affidare ad Altre Mani. Alle spalle di entrambi, un'adolescenza difficile e un rapporto conflittuale con le rispettive famiglie d'origine.
Fino a un po' di anni fa, la sicurezza era una questione di protezione dai pericoli del mondo tangibile. Con l'avvento di internet molte cose sono cambiate. Questo libro intende offrire una guida pratica per comprendere e contrastare il bullismo online in un'ottica educativa e culturale che aiuti concretamente genitori, insegnanti e operatori a ricostruire un quadro articolato di difficoltà e disagi. Oltre a riportare esempi di studi scientifici sul fenomeno, il testo intende offrire un metodo semplice e pratico che fa leva anzitutto sulla sensibilizzazione di scuola, famiglia e istituzioni. All'orizzonte, la necessità di affacciarsi sul complesso mondo dei nostri ragazzi non con una politica di "tolleranza zero", ma con l'attenzione sincera di chi vuol proporre anzitutto chiarezza, consapevolezza e responsabilità. Un "pronto intervento" pratico, leggibile e immediato per affrontare il cyberbullismo e usare consapevolmente i nuovi ambienti comunicativi.
I numeri sono da bollettino di guerra: in Europa 62 milioni di donne hanno subito violenze fisiche e/o sessuali e il 67% di vittime di abusi in famiglia non lo ha denunciato. Alessia Sorgato, cassazionista specializzata in diritto penale delle vittime, da sempre coraggiosamente impegnata a fianco delle donne nella lotta alle violenze di genere, partendo da storie vere raccolte negli anni, affronta il drammatico tema in tutte le sue molteplici declinazioni: dalla violazione degli obblighi famigliari ai reati su internet, dallo stalking ai maltrattamenti, dalla prostituzione minorile alla violenza sessuale su su fino all'uxoricidio... traccia i profili degli offender, ma delinea anche quelli delle vittime. Con un linguaggio semplice ed efficace ci guida nei meandri della giurisprudenza, ci parla di coraggio e di fragilità, di presa di coscienza e di speranza, di tutto quello che succede quando una donna decide di aprire una porta - o meglio una serie di porte - per raccontare la sua storia e denunciare... Prefazione di Maurizio Costanzo.
A causa di un tuffo sbagliato, l'autore ha riportato una grave frattura del midollo spinale che lo ha lasciato paralizzato ai quattro arti e al 95% del resto del corpo. Ma nonostante l'incidente non si è rassegnato, ritrovando la volontà e la forza di gustare la vita. Una testimonianza che insegna a vivere con serenità, qualunque cosa accada. L'importante è che dentro di noi ci sia un po' di passione.
Il volume presenta uno dei più grandi drammi sociali del nostro tempo: il distacco dei figli dai genitori partiti in emigrazione. In queste pagine viene descritto lo specifico caso dell'Ucraina, una terra in cui centinaia di migliaia sono i genitori, padri e soprattutto madri che hanno lasciato i loro figli nella speranza di guadagnare, fuori dei confini nazionali, ciò che permetterà di vivere un futuro migliore a tutta la famiglia. "Non si può essere indifferenti - si legge nella Prefazione - a quanto raccontato in questo volume, ma anzi la sua lettura interroga nel profondo, chiama a nuove responsabilità ciascuno di noi nel momento in cui occorre ringraziare per ciò che si ha e che altri non possono avere, ma soprattutto a nuove sensibilità nel momento in cui nelle proprie famiglie o in famiglie a noi vicine si incontra la presenza di una collaboratrice che vive l'esperienza di tante donne ucraine o di altri paesi che, per bisogno, vivono lontane dai figli. Un libro che aiuta anche a pensare a come la famiglia migrante sia un soggetto necessariamente da tutelare e accompagnare nel suo cammino". La comunità ucraina in Italia - con 225.000 persone all'inizio del 2013 - costituisce la quinta comunità in Italia per numero di immigrati. L'80% delle presenze ucraine è costituita da donne e madri, che spesso sono emigrate dall'Ucraina in Italia da sole, lasciando nel paese d'origine una famiglia e figli, i genitori anziani. Sono donne che nelle nostre famiglie curano anziani...
Ogni tre giorni, in Italia, un uomo uccide una donna. La uccide nonostante sia sua moglie, sua figlia o la sua ex. La uccide perché è sua moglie, sua figlia o la sua ex. Le vittime del femminicidio muoiono per la rabbia, la gelosia, l'orgoglio degli uomini. Ma soprattutto muoiono perché sono donne, ancora troppo spesso silenziose, educate a una folle rassegnazione che non le spinge a denunciare chi abusa di loro. Nel 2007 Matilde D'Errico ha cominciato a far emergere il dramma della violenza sulle donne nella trasmissione televisiva Amore criminale, di cui è autrice e regista. In sette anni ha portato sullo schermo centinaia di storie vere, storie di vittime soprattutto, ma anche di chi, nonostante gli abusi, ce l'ha fatta, sempre senza morbosità, senza retorica. Ed è cosi, con la stessa misura, che ce ne racconta alcune in questo libro, dove a parlare, nella loro drammaticità, sono semplicemente i fatti.
"Mi sono ammalata a cinque anni. Era estate, le vacanze appena cominciate. Io ero una bambina con i riccioli, volevo costruire castelli di sabbia in spiaggia con mio fratello e i miei cugini, ma ho dovuto cambiare programma. Siamo tornati in città e le vacanze le abbiamo passate nel reparto di Diabetologia per adulti. Avevo braccia lunghe e magre, livide dal gomito in giù: mi facevano un buco ogni due ore. Ora le mie braccia sono remi: sento la forza che irradiano, sento i muscoli tendersi, le spalle ruotare, le mani irrigidirsi nell'impatto con l'acqua. A ogni spinta avanzo, a ogni spinta mi allontano dalla Monica che ha sofferto, che si è sentita in colpa per essersi ammalata, che si è sentita vittima. Toccare riva è il mio riscatto, la mia conquista. Poche bracciate ancora e sono libera: libera dalla mia rabbia, libera dall'idea di me come malata. Libera di essere solo Monica, la fondista, la prima donna diabetica di tipo 1 in Europa ad avere attraversato a nuoto lo stretto di Messina." Se Monica Priore avesse dato retta ai medici, oggi non sarebbe più sana e nemmeno più felice. Impugnando la diagnosi di diabete di tipo 1, la medicina ufficiale la obbligava a una specie di vita a ostacoli: dieta ferrea, tanta insulina, orari rigidi e una blanda attività fisica per scongiurare il rischio di crisi ipoglicemiche. Un vero inferno. Ma Monica ha sempre sentito nel profondo della sua anima che, se avesse imparato a gestire la sua malattia, avrebbe potuto condurre una vita quasi normale.
Silvio guarda il mondo racchiuso in un granello di polvere, Cecilia lo osserva attraverso il movimento di una corda. Matteo non gioca con gli altri bambini, ma conosce le radici quadrate. Elia, sommerso da voci, odori, suoni e colori, lotta per trovare la calma interiore. Un viaggio unico e commovente nelle vite di quattro pazienti autistici profondamente diversi fra loro, seguiti dall'infanzia all'età adulta. I drammi e le fatiche quotidiane delle loro famiglie. L'impegno, i dubbi, gli errori e i piccoli grandi successi compiuti nel tentativo di aiutarli.
"A scuola dicono che sono lento di cervello. Non sanno come vanno veloci le immagini nella mia testa. Dentro di me, perché è vietato rispondere davvero ai professori, dico che io sono un aquilone, cosa aspettano a lasciarmi andare? Cerco di trascorrere il maggior tempo possibile dentro la mia testa, e questo agli altri non piace, lo sogno da addormentato e sogno da sveglio. Sono un sognatore, dicono. E il mondo non ama i sognatori." Sin da piccolo, Julien Hugo sa di avere qualcosa di strano. Pensa troppo, grida troppo, non cammina. Gli piacciono le ruote e tutto ciò che gira, perché il movimento circolare lo fa sentire bene. Gli piacciono i rumori che salgono dalle tubature, perché lo mettono in contatto con il cuore della Terra. Non ama il mondo esterno, infatti non parla con nessuno. È un sognatore, che trova nei sogni la libertà. È autistico, affetto da una forma grave della sindrome di Asperger. Poi un giorno, Hugo decide di farla finita con Julien, il suo vero nemico, che non gli permette di essere libero. Hugo diventa imperatore di se stesso e si guida fuori dall'isolamento. E oggi racconta cosa vuol dire dominare l'autismo.
Questo libro contiene, nella forma letteraria del racconto, gli avvenimenti milanesi sui rom degli ultimi quindici anni. I protagonisti sono i bambini rom di Milano e le loro famiglie. Molti nomi sono inventati, ma le storie sono tutte vere: la leggenda di Sara Kalì, la Madonna nera dei gitani; la storia di Stojka, donna rom sopravvissuta allo sterminio nazista; Sara, paraplegica che vive in una baracca; due giovani violinisti che suonano nell'ambone del Duomo; la piccola Sciakira che regala i suoi biscotti; il cardinale Dionigi Tettamanzi tra i bambini del campo rom di Triboniano; l'autodidatta Marius che impara a scrivere e trova lavoro; Eduard che oggi frequenta il Conservatorio e ha suonato davanti al presidente della Repubblica; la giovane Rebecca che studia al liceo artistico Boccioni di Milano e vende i suoi quadri lungo il Naviglio.
Tante storie vere, profondamente vissute, simili ma allo stesso tempo uniche. Sono i racconti dei famigliari (genitori, fratelli, sorelle, nonni, zii...) di ragazze e ragazzi con la Sindrome di Down. Chi ha accettato di confidarsi in queste pagine non ha negato le proprie lacrime, le proprie difficoltà, i propri problemi, ma allo stesso tempo mostra la bellezza e la varietà dell’esistenza perché «alcuni rami sono più lunghi, altri più corti: ma tutti servono all’armonia di quell’albero che è la vita»! Un testo davvero
commovente, toccante, che aiuta a rimuovere tanti pregiudizi attorno alla Sindrome di Down ma che sa presentare le cose con il realismo e l’efficacia delle esperienze della vita vissuta.
Lucia Landoni è nata a Castellanza, in provincia di Varese, nel 1985. Dopo gli studi classici, nel 2007 si è laureata in Linguaggi dei Media all’Università Cattolica di Milano e presso lo stesso ateneo ha frequentato il Master in giornalismo che l’ha portata a superare nel 2009 l’esame di Stato per giornalisti professionisti. Ha lavorato per il Giornale; scrive per la Repubblica e la Prealpina.
Quando stai tanto male, quando ti capita spesso di sentirti come un pesce che boccheggia sulla spiaggia, a volte avresti voglia di mollare, di alzare le mani e dire: "Okay, mi arrendo". Troppa fatica, troppo dolore. Che se una cosa ce l'hai, tipo la vita, devi poterla usare, altrimenti che senso ha? E quando sei malata, malata per davvero, sei come i bambini poveri davanti alla pasticceria. Tanto vale che rinunci, che smetti di alitare sui vetri. Di sognare una vita che non afferrerai mai davvero. Poi, però, basta una parola, uno sguardo, una carezza. Un messaggio su Facebook o un sms hanno il potere di ribaltare il mondo. Ti rimettono al tuo posto, ti ricollocano sullo sfondo. Capisci che non sei sola, che sei come una tesserina del domino e la tua vita condiziona quella degli altri. Che se cadi tu lo fanno anche loro. La tua famiglia, i tuoi amici, il tuo fidanzato. Tutte le persone che ti hanno voluto bene o si sono prese cura di te. E non vuoi farlo, non puoi farglielo. E poi ci sei tu. Va bene che stai male e sei stanca e tutto il resto, ma come la metti con la vita? Voglio dire, come fai? Ti siedi sul ciglio della strada e ci rinunci? Io, Caterina Simonsen? Impossibile. Amo troppo la vita e tutto ciò che mi ha dato. [...] Con il tempo sono arrivata persino ad amare le cicatrici che punteggiano il mio corpo, a trovarne un significato. Molti pensano che la malattia, una come la mia specialmente, sia sintomo di tristezza e rassegnazione. Una sorta di attesa. Invece è tutto il contrario.