Iliade e Odissea raccontati come una grande avventura.
«Versi capaci di svelarci l'enigma del domani e di chi, ancora, non siamo diventati» – Andrea Marcolongo
L'Iliade e l'Odissea sono, non per caso, i più antichi longseller della storia: la loro voce continua a parlarci di un'umanità che sentiamo infinitamente più vicina dei duemilacinquecento anni che ci separano da quando sono stati composti. Come possono rimanere così impassibili allo scorrere del tempo? Come può l'avvicendarsi delle epoche lasciare da sempre intatta la loro attualità? Per scoprirlo, Sylvain Tesson si è ritirato per qualche mese in un isolotto delle Cicladi, immerso nella luce che riverbera sull'intonaco bianco delle case e nel vento, primo sostegno ai naviganti che solcano il mare, con la sola compagnia dell'aedo e delle sue Muse. Il risultato è al contempo romanzo, studio e viaggio, animato da eroi che sono prima di tutto uomini, divinità che scendono al fianco dei loro protetti e poi gli altri grandi protagonisti: la hybris, la volontà di superare i limiti umani; il fato, la bellezza, la forza, il lutto, la guerra, l'amore. Tematiche universali che ci mostrano come in realtà l'uomo sia da sempre uguale a se stesso e che i sentimenti che agitano gli eroi in battaglia non sono diversi da quelli che sperimentiamo anche noi, tutti i giorni.
Una vicenda criminale che non smette di porre interrogativi inquietanti e le cui propaggini arrivano fino ad oggi, come svelato dall'inchiesta Mafia Capitale sulla nuova cupola capeggiata da Massimo Carminati. È la storia della banda della Magliana, un gruppo nato alla fine degli anni Settanta e composto agli inizi da malavitosi di borgata, figli maledetti del popolo e della miseria ma scaltri abbastanza per mettersi al servizio di poteri occulti, della mafia e delle frange eversive che miravano a destabilizzare il Paese. Scritto con il ritmo narrativo del romanzo e con una rigorosa aderenza ai fatti, Mai ci fu pietà ripercorre le tappe di un sodalizio che ancora ai nostri giorni occupa un posto di rilievo nell'olimpo della malavita imprenditoriale. Angela Camuso, che ha attinto per il suo lavoro a centinaia di documenti giudiziari, compresi quelli di Mafia Capitale, fa parlare i protagonisti senza omettere nomi, luoghi e circostanze in una sequenza agghiacciante di delitti e misteri: dall'omicidio del giornalista Mino Pecorelli al sequestro Moro, dal rapimento di Emanuela Orlandi alla misteriosa morte, nel 2012, di Angelo Angelotti, il bandito che tradì Renatino De Pedis.
«Verrà il giorno in cui una sola voce, quella di tutto il popolo e di tutte le chiese, si leverà così forte da spazzare via le forze del male. Solo allora potremo finalmente voltare pagina.»
Da giovane medico congolese, Denis Mukwege è testimone delle difficoltà che hanno le donne incinte del suo paese ad accedere a cure adeguate. Le loro gravidanze terminano spesso in tragedie. Nasce così la sua vocazione: si trasferisce in Francia per specializzarsi in ginecologia e ostetricia e sceglie poi di far ritorno a Lemera, tra le montagne del Congo orientale. Dieci anni dopo, in piena guerra civile, fonda l’ospedale Panzi per offrire cure alle donne vittime di violenze sessuali. In quella regione infatti stupri e mutilazioni sono armi strategiche delle milizie armate: colpiscono le donne per distruggere le famiglie e quindi le strutture sociali ed economiche del luogo. Sfidando le minacce di morte ricevute, Denis Mukwege decide di portare il fenomeno all’attenzione prima del suo governo – che a lungo si ostina a negarlo – e poi della comunità internazionale, e nel 2018, per il suo straordinario impegno in difesa dei più deboli e dei diritti delle donne, riceve il premio Nobel per la Pace.
Due interviste non solo sulla politica estera statunitense, le lotte popolari, l'anarchia, il libero mercato, le libertà civili e il progresso umano, ma anche sull'etica, la natura umana, il linguaggio, gli intellettuali, la filosofia e la scienza.
Il futuro scivola di mano a sette miliardi di esseri umani divisi nelle loro impotenti comunità nazionali.
Il grande scarto fra un mondo in tumultuosa trasformazione e una politica nazionale divenuta inconcludente avanspettacolo è sotto gli occhi di tutti. La crisi globale del nostro tempo vede un complesso di sfide economiche, ecologiche, tecnologiche e migratorie che nessuno Stato nazionale è più in grado di governare. Il risultato è una straordinaria provincializzazione delle nostre forme politiche rispetto alle prove che l’umanità si trova ad affrontare. Schiacciati fra una storia oramai mondiale e una politica rimasta tragicamente ancorata alla dimensione nazionale, ci ritroviamo tutti quanti come soggetti coloniali in un impero senza volto. Solo un nuovo internazionalismo e la costruzione di un nuovo movimento di liberazione mondiale potrà restituire alla democrazia il potere di guidare e non subire il futuro. Da dove cominciare? Non dalle tante proposte astratte di riforme istituzionali, ma da un nuovo protagonismo civico e da un nuovo modo di intendere la politica e il nostro ruolo nel mondo. È una sfida che parte da noi e che proietta proprio l’Europa e il suo destino al centro della scena.
Se riusciremo a dare un volto umano alla globalizzazione e a far sì che la democrazia continui a essere un sistema politico credibile, dipenderà da come risolveremo la questione della disuguaglianza.
Gli autori individuano i temi fondanti del dibattito economico, filosofico e politico intorno alla disuguaglianza, offrendoci un quadro del pensiero dei maggiori scienziati sociali che se ne sono occupati. Emerge chiaramente come la teoria economica abbia a lungo trascurato il fondamentale problema della distribuzione personale del reddito e come l’uso di sofisticati strumenti statistici abbia svuotato la questione della disuguaglianza dei suoi contenuti etici più profondi. Il libro dedica in seguito particolare attenzione all’analisi del complesso rapporto che intercorre tra globalizzazione, disuguaglianza e democrazia.
Per finire – e per indirizzare la riflessione sul futuro – gli autori tracciano una mappa delle più recenti proposte avanzate da importanti studiosi della disuguaglianza economica: da Anthony Atkinson a Joseph Stiglitz, fino a Thomas Piketty.
Ci sono luoghi comuni molto diffusi tra la gente – attribuire all’euro la cattiva situazione dell’economia europea o vedere nelle banche la causa di ogni male –, ma i più pericolosi allignano tra gli economisti, perché costituiscono la ‘saggezza convenzionale’ degli uomini di governo e delle grandi istituzioni internazionali. Boitani usa benissimo numeri e argomentazioni per sradicare le convinzioni errate più tenaci. Leopoldo Fabiani, “L’Espresso”
Un libro ampiamente documentato che si muove lungo due direttrici: da una parte la verifica non solo teorica ma reale dei problemi economici, dall’altra la convinzione che il Paese più che di grandi (e illusorie) svolte ha bisogno di muoversi a piccoli passi nella direzione giusta. Gianfranco Fabi, “Il Sole 24 Ore”
Andrea Boitani smonta sette luoghi comuni sull’economia che, tradotti in politiche economiche, influenzano pesantemente le nostre vite.
La geografia dei flussi migratori che stanno ridisegnando il Vecchio continente raccontata attraverso le storie di chi sfida la sorte nella speranza di una vita migliore, per portare in superficie ciò che etichette come «richiedenti asilo» e «migranti economici» non sono in grado di restituire. Alla ricerca di risposte su una questione così complessa, emergono soprattutto domande: «Vogliono raggiungere l'Europa perché ci vive uno zio. E voi, non lo fareste? Ne hanno bisogno per guadagnarsi da vivere. Perché nel loro paese non possono farlo? Perché in Europa invece potrebbero riuscirci? Che rapporto c'è tra il posto da cui provengono e quello in cui sono diretti? Perché dovrebbero tollerare queste condizioni? A chi conviene regolare i loro spostamenti? E quante probabilità ci sono che gli Stati che trattano i migranti con tanta insensibilità si comportino allo stesso modo anche nei confronti dei loro cittadini?». Mettendo al centro le singole testimonianze dei migranti e seguendone gli spostamenti attraverso città, Stati e continenti, Daniel Trilling traccia una cartografia della migrazione e dell'Europa chiusa da confini nazionali, dove il mito dell'Unione europea garante di pace tra le nazioni e prosperità si sta sfaldando di fronte all'incapacità di tutelare quei principi di tolleranza e rispetto per i diritti umani su cui è stata fondata. In questo percorso l'autore include la sua stessa famiglia, scappata prima dalla Russia scossa dalla guerra civile e poi dalla Germania nazista.
Il pensiero politicamente corretto è uno strumento moderno per obbligare al consenso senza l’uso della forza fisica, è quello dell’epoca descritta da Nietzsche e da lui definita dell’“ultimo uomo” dove esiste un solo gregge e nessun pastore e dove chi ha un diverso sentire “va da sé al manicomio”. Il politicamente corretto è nato proponendosi come un modo per rispettare le diversità e le sensibilità altrui ma è diventato presto un modo per imbrigliare nell’accusa di intolleranza e odio qualsiasi parere contrario a quello che i pensatori di riferimento impongono come modello culturale. Parafrasando Orwell, se nell’epoca dell’inganno dire la verità è un atto rivoluzionario, nell’epoca del politicamente corretto esprimere pensieri politicamente scorretti è il primo e più potente atto sovversivo.
Temuta, corteggiata, studiata, prezzolata, sostenuta, combattuta, adulata, l’«opinione pubblica» è diventata una delle protagoniste indiscusse della storia moderna, forse la principale, perché ottenerne il consenso è oggi di vitale importanza soprattutto per leader e partiti politici, che spesso modellano la propria azione solo in vista di questo obiettivo. Da qui la necessità di sapere cosa pensano, desiderano e sognano i cittadini, ossia i potenziali elettori, salvo scoprire che le loro opinioni sono profondamente contraddittorie e di rado, almeno nel nostro paese, rispecchiano la realtà.
A questo interessante fenomeno, che fa pensare di trovarsi in una Penisola che non c’è, Nando Pagnoncelli dedica il suo nuovo libro, un curioso e piacevole viaggio nel mondo dei sondaggi, strumento preziosissimo che, come uno specchio, dovrebbe riflettere l’immagine di una società e che invece, nel caso dell’Italia, ne svela inaspettatamente le mille incoerenze. Un esempio per tutti? Siamo convinti che un 26% dei residenti nel nostro paese siano immigrati (dato reale 9%), che il 20% di loro sia di religione islamica (3,7% secondo la Caritas, 2% secondo l’Istat) e che il 48% dei carcerati sia di nazionalità straniera (a fronte del 34% effettivo); percepiamo dunque una vera e propria invasione di extracomunitari musulmani dediti al crimine, tanto da considerare l’immigrazione il maggior flagello nazionale, ma interrogati su quali siano le emergenze da affrontare a livello locale, collochiamo il tema migratorio all’ultimo posto, ben dopo la tutela dell’ambiente. Perché i migranti con cui abbiamo a che fare sono il pizzaiolo sotto casa o la badante dei nostri genitori, persone che «conosciamo» e giudichiamo buone.
Il motivo di questo evidente «strabismo», afferma Pagnoncelli, è infatti la scarsa conoscenza della realtà che ci circonda, un’ignoranza che non è dovuta tanto alla bassa scolarizzazione quanto alla scelta, sempre più frequente, di basare le nostre informazioni sull’immediatezza, su un bisogno di aggiornamento quasi compulsivo ma superficiale, soddisfatto dalla televisione e da internet. È evidente che, in questo modo, diventiamo facili prede di fake news e notizie distorte, e rischiamo di perdere credibilità come popolo e come nazione. Per uscire da tale impasse, è necessario che ciascuno si assuma la responsabilità di approfondire, partecipare e discutere criticamente, spogliandosi dei panni dello spettatore rassegnato per riappropriarsi con fiducia del ruolo di cittadino a tutti gli effetti, membro attivo della comunità civile.
Il volume raccoglie i contri­buti apparsi sull’inserto de L’Osservatore Romano dedi­cato all’Europa in vista del­le elezioni di maggio 2019. È stato realizzato con la col­laborazione di Dario Antiseri, professore ordinario emerito di Metodologia delle scienze sociali (Luiss), Enzo Di Nuo­scio, professore ordinario di Filosofia della scienza (Uni­versità del Molise), Flavio Felice, professore ordinario di Storia delle dottrine politi­che (Università del Molise) e Dario Velo, professore ordi­nario di economia (Universi­tà di Pavia). L’Introduzione di Fausta Speranza, curatrice dell’intera serie dello “Speciale Europa” apparsa ogni domenica sul quotidiano, regala un focus sull’obiettivo della rubrica “Europa Ieri Oggi Domani”: «Spalancare il cielo sull’Europa, ritrovare i tesori del passato, affacciarsi da protagonisti sul futuro» (pag. 7) riproponendo alcuni dei principali contributi intellettuali e statisti presenti alla base del progetto comunitario europeo. La postfazione è a firma di Andrea Monda, direttore de L’Osservatore Romano e approfondisce il significato delle riflessioni presenti da cui «emerge con evidenza la radice cristiana dei valori principali – pace e solidarietà – che hanno sostenuto l’impegno di tenere in unità i popoli europei rispettandone le diversità» (pag. 142). Completa il volume una appendice contenente i discorsi dei pontefici Pio XII, Paolo VI, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco indirizzati ai membri del Parlamento Europeo.
La Chiesa è ricca o povera? Che differenza c’è tra Stato Vaticano e Santa Sede? Da dove arrivano le risorse e come vengono impiegate? A queste e altre domande cerca di rispondere Mimmo Muolo per sgombrare il campo da luoghi comuni ed equivoci che spesso circolano quando si parla dei «soldi della Chiesa». Si spiega quindi il meccanismo di distribuzione dell’8x1000, grazie al quale è possibile realizzare pratiche di solidarietà sempre più diversificate e adeguate alle necessità del nostro tempo: dalle social cards che forniscono un aiuto immediatamente spendibile, per esempio, alla messa a disposizione di appartamenti per gli sfrattati.
Non si tratta più semplicemente, cioè, di una carità assistenziale, ma di iniziative rispettose della dignità umana. È questo il salto di qualità richiesto a chi intenda impegnarsi per gli altri nello spirito della povertà evangelica.