«Nel bolscevismo Lenin fu sempre, fino alla sua morte, il capo che precede, costringendo gli altri a seguirlo, anche nelle decisioni più temerarie; nel fascismo, fino alla instaurazione del regime totalitario, Mussolini fu spesso un duce che segue, esitando talvolta a essere il duce che precede.»
Una nuova, radicale, interpretazione di due miti della storia.
In occasione del centenario della rivoluzione d’ottobre, Emilio Gentile rovescia i giudizi correnti nella storiografia italiana e straniera sui rapporti fra Lenin e Mussolini e getta nuova luce sui due primi capi rivoluzionari del ventesimo secolo, artefici dei primi regimi totalitari, l’un contro l’altro armati per imprimere il proprio modello sulla civiltà moderna. I due regimi non furono fratelli-nemici: il primogenito comunista non insegnò al secondogenito fascista, divenuto suo rivale, il metodo per distruggere la democrazia e istituire il regime a partito unico. Mai Mussolini considerò Lenin, la sua rivoluzione, il suo regime come esempi da imitare. Al contrario. Fin dal 1920 Mussolini condannò il regime di Lenin come una dittatura di fanatici intellettuali imposta col terrore sul proletariato, considerò fallito l’esperimento comunista, giudicò liquidata la minaccia bolscevica in Europa. E un anno prima della conquista fascista del potere, il duce dichiarò pubblicamente che in Italia non c’era nessun pericolo di rivoluzione bolscevica. Ricostruendo l’attitudine e l’atteggiamento di Mussolini nei confronti di Lenin, la rivoluzione bolscevica e il regime comunista, emerge una nuova e originale lettura di due uomini che hanno fatto la nostra storia.
«Finché gli uomini si contentarono delle loro capanne rustiche, finché si limitarono a cucire le loro vesti di pelli con spine di vegetali o con lische di pesce, a ornarsi di piume e conchiglie, a dipingersi il corpo con diversi colori, a perfezionare o abbellire i loro archi e le loro frecce, a tagliare con pietre aguzze canotti da pesca o qualche rozzo strumento musicale; in una parola, finché si dedicarono a lavori che uno poteva fare da solo, finché praticarono arti per cui non si richiedeva il concorso di più mani, vissero liberi, sani, buoni, felici quanto potevano esserlo per la loro natura, continuando a godere tra loro le gioie dei rapporti indipendenti; ma nel momento stesso in cui un uomo ebbe bisogno dell’aiuto di un altro, da quando ci si accorse che era utile a uno solo aver provviste per due, l’uguaglianza scomparve, fu introdotta la proprietà, il lavoro diventò necessario, e le vaste foreste si trasformarono in campagne ridenti che dovevano essere bagnate dal sudore degli uomini, e dove presto si videro germogliare e crescere con le messi la schiavitù e la miseria.»
La disuguaglianza e le sue origini, uno dei temi fondamentali di oggi e di sempre, nella trattazione di un gigante della filosofia moderna. Una edizione prestigiosa a cura di Maria Garin.
Anticipatore del calcolo, investigatore dell’atmosfera planetaria, aspro critico del primo colonialismo in America, Giordano Bruno ha tutte le carte in regola per essere considerato un uomo totalmente ‘moderno’; eppure la sua riflessione è impregnata dell’immaginario neoplatonico rinascimentale, di cabala e arti mnemoniche, di visioni spirituali che esprime in densi componimenti in latino, o in vernacolare scatenato o in sublime poesia. Nato sotto l’ombra del Vesuvio, attraversò l’Europa cinquecentesca. Morì il 17 febbraio del 1600 in piazza Campo de’ Fiori a Roma come «eretico ostinato e pertinace».
Ingrid D. Rowland traccia un’agile biografia di Giordano Bruno, attenta agli aspetti ‘scientifici’ della sua ricerca: le conseguenze che l’esistenza di un universo infinito comporta per la fisica e la matematica, il giusto modo per l’uomo di stare nel mondo quando il mondo è un cosmo senza limiti.
È fuor di dubbio che Bruno venne al mondo per accendere un fuoco e vide quel fuoco come una raffigurazione dell’amore ardente che aveva creato sia il cosmo sia i cuori umani. Dalla sua cella nelle prigioni dell’Inquisizione veneziana avrebbe contemplato le stelle. Ingrid D. Rowland ricostruisce la vita di un filosofo cosmopolita, cittadino del mondo.
Voli notturni verso luoghi solitari, rapporti sessuali con il demonio, orge e infanticidi, profanazione della croce e dei sacramenti: per alcuni secoli, tra Quattro e Settecento, l'immagine del sabba affiorò da un capo all'altro d'Europa (e poi in altri continenti, nei paesi colonizzati dagli europei) descritta da donne e da uomini accusati di stregoneria, di fronte a tribunali laici ed ecclesiastici. Confessioni raramente spontanee, più spesso estorte dalla tortura e dalle sollecitazioni dei giudici: ma che cosa si nascondeva dietro l'immagine del sabba?
Questo libro ricostruisce una traiettoria secolare in cui l'ossessione di un complotto contro la società, attribuito a gruppi via via diversi (lebbrosi, ebrei, musulmani, eretici e streghe), s'intrecciò a credenze popolari a sfondo sciamanico. Il complotto immaginario prese forma in un territorio limitato, dalla Francia all'arco alpino. L'indagine sullo strato sciamanico trascina chi legge in un immenso spazio eurasiatico, popolato da uomini e da donne, da personaggi del mito e della fiaba. Benandanti friulani, lupi mannari baltici, sciamani siberiani, zoppi e nati con la camicia, divinità notturne signore degli animali, Edipo e Cenerentola, segnano le tappe di un viaggio che si chiude affacciandosi sulle radici antropologiche del raccontare.
La badessa di un convento cistercense intreccia una relazione con il suo vescovo, e ne ha segretamente un figlio. Il fatto però viene scoperto e i due vengono processati. La storia di questo scandalo cinquecentesco, aggiustata a scopo edificante dalle cronache che l’hanno tramandata, piacque a Stendhal che ne trasse spunto per una delle sue narrazioni più famose. Basato sugli atti originali del processo, ritrovati dopo secoli, questo libro ricostruisce la vera storia del vescovo e della badessa restituendo un vivido spaccato del mondo e delle circostanze nelle quali lo scandalo maturò, e mostrandoci cosa fossero la vita claustrale e il dramma delle monacazioni forzate, così come le strategie difensive e le sofferenze di chi cercava, affannosamente, una via d’uscita da un destino già segnato.
Poche cose come il treno hanno contribuito a definire la realtà e l’immaginario
degli italiani. Nell’Ottocento la strada ferrata divenne simbolo dell’unità nazionale: non solo si scambiavano merci e idee, ma soprattutto le diverse genti della penisola entravano in contatto, si conoscevano, si mescolavano. Il treno insomma ha cucito insieme l’Italia: con le tradotte dei fanti della prima guerra mondiale, con i "treni popolari" dell’epoca fascista, con i tanti "treni del sole" che nel dopoguerra rovesciarono, a centinaia di migliaia, le genti del sud nelle periferie industriali di Torino e di Milano. Il libro racconta la storia delle ferrovie italiane dalle origini all’evoluzione più recente, che comprende i nuovi treni ad alta velocità e l’ingresso di imprese private a seguito della liberalizzazione del settore.
La personalità poliedrica di Luigi ix di Francia – re e poi santo nel 1297, poco dopo la morte – viene indagata nei dieci saggi che compongono il volume. Dalla sua partecipazione alle crociate all'atteggiamento verso gli ebrei, dai rapporti con i francescani al destino delle sue spoglie contese emerge il ruolo assunto nella storia di Francia e dell’Europa. Dell’apporto dato alla vita temporale e spirituale del suo tempo sono testimonianza l’iconografia nell'arte italiana dal Medioevo all'Ottocento e la diffusione del suo culto in Sicilia tra il xvi e il xix secolo così come, nella letteratura francese, la cronaca a carattere biografico del contemporaneo Joinville e i componimenti dedicatigli da Claudel.
Fondata sui documenti e gli atti del processo canonico, questa avvincente e rigorosa ricostruzione porta alla luce particolari inediti e svela come andarono i fatti. Fu il papa dei 33 giorni. La sua morte misteriosa fece gridare al complotto e molte domande restarono in sospeso. Fin dalla sua prima apparizione dopo l'elezione, con un'inedita comunicativa, papa Luciani aveva improvvisamente spalancato un'era nuova nel rapporto con la contemporaneità. La repentina scomparsa, che ben presto si trasformò in una pièce teatrale, finì per fagocitare l'intera esistenza e la consistenza magisteriale di Giovanni Paolo I, dando vita a un filone giallistico che esaltava le circostanze poco chiare. La ricerca storica avviata dalla Causa di canonizzazione è oggi giunta a un punto decisivo. In un'indagine archivistica che ha coinvolto per un decennio Stefania Falasca - firma di «Avvenire» e vicepostulatrice del processo canonico -, l'accesso alle fonti documentali ha permesso di ricostruire, minuto per minuto, ora dopo ora, sulla base dei referti medici, delle indagini e delle testimonianze fino a ieri secretate della Positio, quel che accadde in Vaticano e negli appartamenti papali i giorni prima del decesso, la notte del trapasso e i giorni successivi. Una ricostruzione storico-scientifica che, nel rispetto totale delle fonti, ha scelto la forma avvincente del racconto, così da essere chiara e accessibile a tutti, aprendo squarci impensabili e sciogliendo le inesauribili trame che fiorirono intorno a questa vicenda.
Il seicento barocco e contraddittorio, la Cagliari dell’epoca, le missioni gesuite in Paraguay delineano la scenografia ideata da Francesco Abate e Claudio Melis per l’avvincente romanzo storico “Il corregidor”. Dom Jorge Baxu ha attraversato l’intera Spagna a causa del suo lavoro. Lui è un corregidor de hidalgos, ovverosia un magistrato dedito a giudicare, e molto spesso ad assolvere, i nobili. Le terre sarde e precisamente la città di Cagliari richiedono ora i suoi servigi. Un funzionario, preoccupato per la morte prematura e violenta di molti giovani nobili, ha chiesto, infatti, il suo aiuto. Baxu, appena arrivato, dovrà fare i conti con l’omicidio dello stesso funzionario e la consapevolezza di avere di fronte, un caso difficile e urgente da risolvere. «Bambino, libro, fuoco» è la frase pronunciata da una delle ultime vittime poco prima di spirare e l’unico indizio in possesso del corregidor. Nel frattempo, Maria Pilar, nata nelle foreste circondati una missione gesuita in Paraguay e dotata di uno straordinario intuito, percepisce l’arrivo di una novità nella missione. Portato da un generale della Corona, il cambiamento avvertito da Maria è rappresentato da un bambino da nascondere al costo della vita. Due protagonisti e un unico nemico si intrecciano in questo intenso e ricco romanzo storico.
L'Occidente non è più di moda, non sono più di moda i suoi valori e il ruolo che ha svolto nella creazione della nostra civiltà è sistematicamente contestato. Il politically correct lo ha definitivamente ostracizzato, tanto che i corsi sulla civiltà occidentale sono stati eliminati dalla maggior parte delle università americane. La motivazione è che si tratterebbe di corsi "intrinsecamente di destra", come di recente ha sentenziato il corpo docente dell'University of Texas. Quanto a Yale, è arrivata al punto di restituire un finanziamento di 20 milioni di dollari piuttosto che reintrodurre tale materia d'insegnamento. In aperta polemica con questa posizione, Stark offre un'attenta e precisa analisi dell'Occidente e dei suoi valori iniziando dal mondo antico. Seguendo una rigorosa articolazione (epoca classica, alto Medioevo, basso Medioevo, alba della modernità, epoca moderna), Stark confuta non solo i luoghi comuni, ma anche le teorie enunciate da storici più o meno illustri a partire dal cosiddetto Illuminismo, e ormai così radicate nel sentire comune da essere considerate verità inconfutabili: dal ruolo oscurantista della Chiesa in campo scientifico (Galileo docet, anche se in realtà le cose non stanno proprio come si è voluto far credere), alle innovazioni e scoperte erroneamente attribuite alla cultura islamica (della quale si loda la "tolleranza" nei confronti di ebrei e cristiani, in realtà mai esistita).
Una strada, o meglio una rete di strade, un fascio di percorsi terrestri e marittimi hanno spostato nel corso dei secoli uomini, merci e conoscenze dall'estremità orientale dell'Asia sino al Mediterraneo e all'Europa. Romantica e recente, l'espressione «via della seta» restituisce il senso di un mondo vasto, attraversato fin dai tempi antichi da guerre e conflitti ma animato anche dal fervore di scambi commerciali, culturali e politici. Fra montagne e altipiani per questotammino sono transitati spezie, animali, ceramiche, cobalto, carta, e naturalmente la seta. Alessandria, Chang'an, Samarcanda, Bukhara, Baghdad, Istanbul: sono alcune delle tappe di un viaggio millenario che giunge fin dentro al nostro presente. Perché la via della seta non è solo un racconto del passato, ma ha a che fare con il nostro futuro globale.
Belisario fu l’ultimo grande generale dell’antichità. Alla testa degli eserciti dell’Imperatore Giustiniano, combatté contro Persiani, Vandali, Goti e Unni, riconquistando parte dell’Impero d’Occidente. La sua figura, celebrata da Dante Alighieri, ha ispirato poeti, artisti e romanzieri, sino a essere trasfigurata addirittura in personaggi della fantascienza. Ma chi meglio ha raccontato Belisario è stato il suo segretario Procopio, che ne eternò la fama nella propria opera storiografica, salvo poi demolirne il mito nelle Carte segrete.
In questa biografia si tenta di ricostruire la vita di Belisario nella sua interezza, in modo da comprenderne le idee strategiche, chiarire il suo reale rapporto con Narsete, il generale che, a torto, gli viene tradizionalmente contrapposto, senza trascurare il suo movimentato matrimonio con l’energica Antonina. Sullo sfondo, le vicende di un periodo decisivo per la Storia, in cui il mondo antico è ormai avviato al tramonto.