«Questa è la storia di un viaggio. Come tutti i viaggi è nato da un’idea: la voglia di esplorare un luogo in cui si è stati e in cui ci si trova ogni giorno, in cui pare di muoversi a proprio agio, di conoscerne strade e scorciatoie. Un luogo tanto comune a tutti da divenire insignificante, in senso etimologico. Il confine». Un libro di sguardi e conversazioni sul tema del confine come luogo di incontro/scontro, di attraversamento, in senso non solo geografico ma anche linguistico, ideologico, generazionale e culturale, un dialogo aperto su temi come identità, appartenenza, limite. Un romanzo in veste di saggio per mostrare come i significati non si trovino nell’eclatante ma, al contrario, nelle piccole cose, nei moti dell’animo che hanno segnato le tante vite qui chiamate a raccolta.
Mi chiamavo Luca Borgoni, avevo 22 anni. Stavo per laurearmi ed entrare in quella fase della vita in cui ogni giorno si è meno "ragazzi" e più "uomini", e la domanda "Che cosa farai da grande" si trasforma in "Adesso che fai?". Sabato 8 luglio 2017 mi avventurai su per il Cervino, in Valle d'Aosta. Era una bella giornata ed era cominciata alla grande. Finì nel peggiore dei modi. Mentre mi issavo su per una parete verticale, le mie mani mancarono la presa. Che volete che vi dica? Andai su e non tornai indietro. Però mettete via i fazzoletti, questa non è una storia lacrimevole. Non mi importa niente di commuovervi e roba simile, la vita è troppo breve per prenderla per il verso sbagliato." La storia di Luca Borgoni è una storia vera. Ed è una storia clamorosa. Una di quelle storie che hanno una tale energia interiore da continuare anche quando finiscono. Non a caso sua mamma Cristina l'ha scritta usando la prima persona di Luca. Suo figlio aveva il talento dello sport e una grande passione: la montagna. A piedi, di corsa, in cordata, con le pelli di foca, in snowboard. Nei rifugi, al fuoco dei bivacchi, vento in faccia sui crinali più esposti. Luca passava gran parte del suo tempo libero a sfidare i monti, la sua palestra naturale e inimitabile. Durante l'incidente sul Cervino si stava allenando per un nuovo, esaltante obiettivo: la scalata del Dhualagiri, una delle vette che guardano noncuranti il mondo da oltre ottomila metri d'altezza. Qualche mese prima Luca aveva vinto un concorso fotografico che metteva in palio quell'impresa guidata da un esperto scalatore professionista. Ma prima della partenza le sue mani avevano mollato la presa sulle rocce del Cervino. A quel punto, una serie di coincidenze e di segni provenienti da un'altra dimensione fanno scattare un'impresa nell'impresa: portare una foto di Luca sulla vetta del Dhualagiri. Realizzare il suo sogno. Chiudere il cerchio di una vita spezzata. E nell'ottobre dello stesso anno, un'eroica staffetta di scalatori ha piantato una sua foto sulla vetta tanto agognata, abbracciata da una sciarpa tibetana.
Nel 1519 Caterina de' Medici, appena nata, rimane orfana di entrambi i genitori; nel 1527 si ritrova sola, senza alcuna protezione, ostaggio dei nemici della sua famiglia, prigioniera in un convento di monache; nel 1533 sposa Enrico di Valois, uno dei figli del re di Francia, che è innamorato di un'altra donna, molto più anziana di lei; nel 1544, dopo anni di dolorosissima sterilità, riesce a partorire il primo figlio, che viene affidato però all'amante del marito; nel 1545 cade da cavallo e rischia di spezzarsi la schiena; nel 1554 promuove una guerra contro il lontano cugino Cosimo de' Medici che finisce in disastro; nel 1559 rimane vedova. E diventa regina di Francia. Quella della giovane Caterina, racconta Marcello Simonetta, è la storia romanzata del lungo apprendistato di una bambina che tra lutti, pericoli e tradimenti si prepara a diventare regina di Francia. Ma è anche la storia della guerra fratricida che legherà per sempre il destino dei Medici a quello di un'altra potente famiglia fiorentina, gli Strozzi, epigoni falliti della libertà d'Italia: "dei disperati, a loro modo titanici". Per molti secoli, Caterina è stata considerata una regina dispotica e spietata, dedita all'occultismo e alla magia nera. Questo libro ci dipinge invece una donna molto più complessa, capace di attraversare tempi convulsi esercitando semplicemente il potere che le spettava.
Benché mammiferi e uccelli siano unanimemente considerati le creature più intelligenti, si va imponendo una diversa, sorprendente, evidenza: da un ramo dell'albero della vita assai distante dal nostro è nata una forma di intelligenza superiore, i cefalopodi - ossia calamari, seppie e soprattutto polpi. In cattività, i polpi sono in grado di distinguere l'uno dall'altro i loro guardiani, di compiere scorrerie notturne nelle vasche vicine per procurarsi del cibo, di spegnere le luci lanciando getti d'acqua sulle lampadine, di mettere in atto ardite evasioni. Com'è possibile che una creatura tanto dotata abbia seguito una linea evolutiva così radicalmente lontana dalla nostra? Il fatto è - ci rivela Peter Godfrey-Smith, indiscussa autorità in materia e appassionato osservatore sul campo - che i cefalopodi sono un'isola di complessità mentale nel mare degli invertebrati, un esperimento indipendente nell'evoluzione di grandi cervelli e comportamenti complessi. E probabile, insomma, che il contatto con i polpi sia quanto di più vicino all'incontro con un alieno intelligente ci possa mai capitare. Ma Godfrey-Smith tocca in questo libro un altro punto capitale: nel momento in cui siamo costretti ad attribuire un'attività mentale e una qualche forma di coscienza ad animali ben distanti da noi nell'albero della vita, dobbiamo anche ammettere di non avere certezze su che cosa sia la nostra coscienza di umani. E forse questa via è una delle migliori per arrivare a capirlo.
"Il cancro ha già perso" è una dichiarazione che tutti vorremmo sentire e ogni medico vorrebbe poter dare. Ma è anche un'affermazione vera, perché il cancro ha già perso più di una battaglia, e dunque verosimilmente perderà la guerra. Grazie all'immunoterapia oncologica, alcuni tumori, come il melanoma e certe forme di cancro del polmone, hanno davvero perso, perché la terapia ha dato e continua a dare buoni risultati. E su molti altri tumori, su cui sono in corso sperimentazioni, c'è ottimismo. L'immunoterapia - celebrata ora anche dal premio Nobel per la medicina - è la rivoluzione copernicana della lotta ai tumori: il nostro sistema immunitario viene stimolato con i farmaci a fare quello che fa ogni giorno per difenderci, distruggere i corpi estranei, in questo caso le cellule tumorali. La chemio e la radioterapia tradizionali, invece, vanno a colpire tutte le cellule, non solo quelle malate. Quella che, all'inizio, era un ramo della ricerca per sparuti visionari pionieri è diventata in pochi anni la nuova vera frontiera della cura ai tumori. Incalzato da Giovanni Minoli, l'oncologo Michele Maio, da quasi quindici anni direttore dell'unico reparto in Italia dedicato all'immunoterapia oncologica, a Siena, spiega in parole chiare ma precise ed esaustive cos'è l'immunoterapia, come funziona, per quali tumori ha dato risultati già consolidati, quali sono le prospettive future e la sostenibilità economica delle cure. Fa anche un punto dello stato della ricerca a oggi, e apre un ventaglio di prospettive future o imminenti.
Tra una manciata di anni l'Italia, e forse l'Europa, non esisteranno più. Almeno come le conosciamo ora. Si spezzeranno per il fallimento della loro economia. E l'attuale governo giallo-verde potrebbe persino essere l'ultimo di un'Italia unita. Lo dicono autorevoli studi e indagini ben noti agli addetti ai lavori. Né l'una, l'Italia, né l'altra, l'Europa, reggeranno alla spinta disgregatrice: "divide et impera" è una massima che i mercati finanziari conoscono bene. D'altronde, già oggi l'Italia non è più la stessa, così come non lo sono gli italiani: grandi aziende, grattacieli, interi quartieri, fertili terreni, squadre di calcio appartengono ad arabi, cinesi, capitali stranieri. A noi guardano con preoccupazione - o con speranza - le altre nazioni, perché sin dai tempi della conquista romana o della diffusione del cattolicesimo siamo il laboratorio per innovazioni che si sono propagate in tutto il continente, e oltre. A volte anche nefaste. Steve Bannon, ex consulente alla Casa Bianca di Donald Trump e osannato campione dei razzisti e dei neonazisti made in Usa, lo ha detto chiaro e tondo: «Roma è al centro della politica mondiale. L'Italia fa paura». Lui è di quelli che lo sperano. Unita, in realtà, l'Italia non lo è mai stata. Piuttosto, è il risultato di un'operazione scellerata di saccheggio e conquista, che ha distrutto un Sud proiettato nel futuro industriale e attuato un vero e proprio genocidio per "convincere" i riluttanti meridionali. È questa la crepa, mai sanata, che si allargherà fino a inghiottire tutto l'edificio dell'Italia unita? Mentre collanti storici come la Chiesa perdono terreno, ovunque rinascono comunità non statuali che trovano altrove la propria identità. Ma forse, come insegna il Rinascimento, proprio nelle tensioni e nelle divisioni gli italiani danno il meglio. Lo smembramento sarà la nostra salvezza?
Il dottor Denis Mukwege è un gigante sorridente con lo sguardo pacifico e la voce rassicurante. Così viene descritto da chi lo ha incontrato e intervistato e dalle migliaia di donne vittime di violenza sessuale che ha curato nel suo ospedale, il Panzi Hospital nel Kivu Sud, la provincia più insanguinata della Repubblica Democratica del Congo. Da oltre vent'anni il ginecologo cuce e ripara, ascolta le storie delle sue pazienti, quando può prega, si indigna ma non si rassegna. A mani nude si batte contro le atrocità di una guerra in cui lo stupro è utilizzato come un'arma da tutti gli schieramenti e il corpo della donna si è trasformato in un nuovo campo di battaglia. Colette Braeckman, grande specialista del Congo, raccoglie la testimonianza fuori dal comune del dottor Mukwege, che in questi anni ha vissuto gli orrori della guerra in prima linea, sfiorando la morte più di una volta. Attraverso il racconto dell'uomo che ripara le donne, e che incessantemente è costretto a ricominciare tutto da capo, le sequenze del disastro acquistano nuova luce e soprattutto nuove ombre. Un piccolo "corso di storia" tra i moventi sotterranei dei signori della guerra senza fede né legge, le ambiguità del mondo della cooperazione, le colpevoli mancanze della comunità internazionale e la sorte riservata ai più deboli, popolazione inerme vittima dei saccheggi, bambini assoldati da mercenari senza scrupoli, e le donne, che pagano il prezzo più alto sulla propria pelle. Il risultato è un'opera che non può lasciare indifferenti, il resoconto spietato di una delle grandi tragedie ignorate dei nostri tempi, e il ritratto di un eroe moderno che ha consacrato la sua vita a un ideale, prendersi cura dei più bisognosi, diventare medico, essere un muganga.
Tutti noi abbiamo un'idea sbagliata dei rifiuti in Italia. Se pensiamo ai cassonetti incendiati, alle strade sommerse di sacchi, se pensiamo alla tragedia della Terra dei fuochi e delle discariche fuori legge sparse in tutto il Paese dovremmo disperarci. Ma in realtà noi italiani siamo migliori di quello che ci raccontiamo. Lo dimostra il movimento Rifiuti Zero, di cui Rossano Ercolini è il principale artefice in Italia. Grazie a uno sforzo «dal basso» di molte associazioni, nel nostro Paese sono già 276 i comuni virtuosi che hanno abbracciato questo stile di vita: vivere senza mandare tonnellate di rifiuti in inceneritori o in discarica, azzerando l'inquinamento che da essi deriva e non immettendo microplastiche nei mari. È possibile? La risposta è sì, e questo libro ci indica un modello in dieci passi: dalla corretta raccolta differenziata porta a porta, al compostaggio che trasforma in concime il nostro umido, dal riciclo dei materiali al dare una seconda vita a molti oggetti ed elettrodomestici, da una bolletta che premi con incentivi i cittadini virtuosi a una accorta politica degli imballaggi che li riduca all'origine oli renda compostabili. Questa rivoluzione silenziosa è già in atto. Va verso un nuovo mondo pulito, e dipende da una nuova collaborazione responsabile e lungimirante fra cittadini, istituzioni e produttori. Perché mai come nel caso dei rifiuti, si può dire che il futuro del mondo è nelle nostre mani.
Ogni volta che un politico o un funzionario prende una decisione che riguarda la costruzione di opere pubbliche e infrastrutture e rilascia un documento ufficiale, oppure sceglie un membro del consiglio di amministrazione di una società partecipata, esiste il rischio di corruzione. Eppure negli ultimi decenni in Italia la lotta alla corruzione si è intensificata, dotandosi di strumenti capaci di analisi sempre più approfondite. Il fenomeno è stato compreso nella sua complessità. Non più come un semplice accordo privato, ma come un sistema tentacolare che coinvolge le imprese, la politica e le organizzazioni criminali. Raffaele Cantone, presidente dell'Anac, combatte da anni la corruzione in Italia. Insieme a Enrico Carloni spiega che per colpire questo fenomeno insidioso la prevenzione è più efficace della cura. Capire quanta corruzione abbiamo di fronte è solo una parte della sfida. Ci sono moltissimi dati eterogenei da interpretare. E le sanzioni non sono sufficienti se non vengono accompagnate da un insieme di regole che anticipino gli eventi delittuosi. In dieci lezioni capaci di rendere accessibile il linguaggio delle autorità amministrative, Cantone e Carloni illustrano in cosa consiste l'attività di contrasto alla corruzione e quali sono gli errori che dobbiamo correggere per non essere più vittime di un sistema spietato e pervasivo.
I lupi sono animali affascinanti e misteriosi, selvaggi e fieri. Vittime troppo spesso di pregiudizi antichi, incutono timore e meritano rispetto. Ulisse e Achille sono due cuccioli in difficoltà, trovati in natura appena nati da un coraggioso gruppo di persone che salva loro la vita. Ma quando i lupi crescono fin da piccoli con l'uomo, l'imprinting li può condannare a una vita in cattività: se non apprendono il linguaggio del branco non possono più essere liberati. Qui sta l'unicità di questo ardito progetto mai tentato prima in Italia: restituire al bosco i suoi figli, ridando loro la libertà. Giuseppe Festa trasforma questa favola realmente accaduta in un racconto lungo le vette aspre e innevate degli Appennini: giorno dopo giorno, quasi in presa diretta, viviamo quindici mesi tra sentieri immersi nelle foreste, ricerche sul campo, notti insonni in attesa di buone notizie. E mentre attendiamo il lieto fine, grazie al viaggio di ritorno di un lupo verso la natura, ci ritroviamo a desiderare un nostro personale, istintivo, necessario percorso verso la libertà.
Raccontare l'inverno significa parlare di una parte profonda della storia umana: le grandi glaciazioni, la lotta per la sopravvivenza, ma anche l'idea di rinascita connessa ai miti e alle feste più antiche. Stagione della sospensione, tanto dei lavori agricoli quanto della guerra, è uno dei momenti forti dell'anno, scandito da riti religiosi e dalla speranza di rinnovamento che essi esprimono. Inseguirla nei secoli ci riporta a cacciatori, malattie, estenuanti ritirate militari, al gelo dei monasteri, e poi a esseri fatati nascosti nel cuore della terra, a lunghe veglie davanti al fuoco nel raccoglimento dell'intimità domestica. Un ovattato intervallo bianco, festivo e mortale nel contempo, che continua a sollecitare il nostro immaginario.
Paolo Grossi, presidente emerito della Corte costituzionale, è uno dei più insigni giuristi italiani. In questo breve libro, scritto con chiarezza e passione, si rivolge a tutti i lettori, ma in particolare ai più giovani e ai molti ragazzi incontrati nelle scuole italiane in occasione degli incontri organizzati per i 70 anni della Costituzione, entrata in vigore nel 1948. La riflessione si concentra sull’aspetto vivo e vitale della legge fondamentale del nostro Paese e sui grandi temi che hanno richiamato l’attenzione dei padri costituenti: l’educazione, l’economia, lo stato sociale, l’uguaglianza, l’antifascismo e i diritti dei migranti. In appendice al libro vengono riportati i principali articoli della Costituzione.