Il volume accompagna nella lettura di uno dei testi più belli della letteratura religiosa di ogni tempo: "Il pensiero alla morte" di Paolo VI (1897-1978). Il titolo dell'opera può trarre in inganno: non è una meditazione sulla morte, ma una riflessione sul senso della vita, scritta dall'allora pontefice in un periodo di riposo, a Castelgandolfo, nell'estate del 1965. Tre i temi centrali: la gratitudine per i sempre sorprendenti doni della vita e del mondo; il pentimento per non averli sempre utilizzati a dovere; la scelta di fare del proprio tempo un rinnovato dono d'amore per tutti. Un'occasione per entrare nel cuore di una delle personalità più significative, e ancora da riscoprire, del XX secolo.
L'economia globale si sta spostando sempre di più verso le indicazioni dettate dai principi dello sviluppo sostenibile. Ci sono le nuove professioni e le startup green, che stanno occupando nicchie di mercato ancora non sature e in continua espansione. Questa nuova era dell'economia verde sta creando migliaia di nuovi posti di lavoro trovando soluzioni ai bisogni ambientali, al bisogno di "tirare il freno a mano", per citare la giovane attivista svedese Greta Thunberg, per salvare il pianeta dalla corsa folle che ha innescato il cambiamento climatico e le sue conseguenze. Quali sono le start up di tutto il mondo che hanno avuto successo con un'idea rivoluzionaria che può risolvere i problemi del cambiamento climatico e dello sviluppo sostenibile? Chi sono i giovani dietro a queste idee e come hanno iniziato? Cos'è la Green Nation, la nazione senza confini geografici che unisce i giovani nei principi della scienza e che le autrici di questo libro hanno raccontato in "Il mio nome è Greta", edito da Centauria nella primavera del 2019. Attraverso capitoli brevi ma molto dettagliati, illustrazioni, un glossario delle parole chiave che sono ormai entrate a fare parte del linguaggio comune della nuova economia sostenibile, consigli per lanciare la propria idea di successo e i referenti autorevoli in Italia e all'estero, questo libro è una lettura per giovani dai 13 ai 30 anni, quei ragazzi che hanno deciso di investire nel proprio futuro e in quello del pianeta Terra.
La pubblicazione, nel 1963, del libro di Hannah Arendt "La banalità del male" suscitò un dibattito incandescente, che turbò profondamente Arendt, anzitutto perché quel libro incrinò i suoi rapporti con gli amici e i sodali ebrei di un tempo, tra i quali Gershom Scholem. Ma quel dibattito dai toni accesissimi, che dagli ambienti accademici tracimò sui giornali e sui media del tempo, era destinato a lasciare un segno indelebile sul pensiero e sulla vita stessa di Arendt. Esso inaugurò un lungo e travagliato percorso speculativo che l'avrebbe condotta al capolavoro incompiuto "La vita della mente". La "questione ebraica", così come viene messa a fuoco attraverso il dibattito provocato da "La banalità del male", segna così una svolta radicale nel cammino di pensiero di Arendt e lascia affiorare una concezione assolutamente peculiare dell'ebraismo, distante anni luce dalle versioni allora dominanti, compresa quella difesa dallo Stato di Israele, una concezione che negli scritti arendtiani, fino ad allora, era rimasta sottotraccia.
Non c'è niente da fare: Greg rimarrà sempre una schiappa e a lui tutto sommato sta bene. Qualcuno però dovrebbe spiegarlo a suo padre Frank, che l'ha iscritto a una scuola di calcio e ad altre attività che dovrebbero farne "un vero uomo". Ora pensa addirittura di spedirlo all'Accademia Militare! Riuscirà Greg a schivare i deliranti propositi di suo padre? Terzo volume della serie. Età di lettura: da 11 anni.
Questo strumento vuole essere un tentativo di risposta al desiderio di preghiera e di interiorità espresso da molti in un mondo frammentato e caotico. Nasce dall’esperienza fatta in questi anni in cui assistiamo ad un crescente desiderio di riscoperta di una fede che non sia una vaga appartenenza culturale.
Prólogo de José Mazuelos Pérez
«No tengo duda de que las páginas de Espera, Adviento, Navidad del Mesías nos harán penetrar mejor en los misterios más profundos del Adviento y nos posibilitará ahondar con las Escrituras en el misterio de la Encarnación de Nuestro Señor Jesucristo. Nos iluminarán las raíces judías de nuestra Navidad para poder así superar la visión pagana de la misma, que alude exclusivamente a la identificación con el solsticio de invierno. También nos facilitarán entender el misterio y la dimensión kerygmática del evangelio de la infancia de Lucas. Creo que no es atrevido por mi parte afirmar que este libro es una ayuda estupenda para vivir con más intensidad la gruta y la luz de Belén, la experiencia de los pastores y de los Magos en su peregrinar al Portal, así como la contemplación del misterio de la Sagrada Familia» (Mons. José Mazuelos Pérez, Obispo de Asidonia-Jerez).
Francesco Giosuè Voltaggio, sacer dote diocesano de Roma, es licenciado en Sagrada Escritura por el Pontificio Instituto Bíblico de Roma y doctor en Ciencias Bíblicas y Arqueología por el Studium Biblicum Franciscanum de Jerusalén. Vive en Tierra Santa, en el monte de las Bienaventuranzas, donde es rector del Seminario Redemptoris Mater de Galilea y profesor de Sagrada Escritura en el Studium Theologicum Galilaeae.
Ed. orig. Alle sorgenti della fede in Terra Santa. II: Attesa, avvento, Natale del Messia (Ed. Cantagalli, Siena - Chirico Ed., Nápoles 2018)
Los cinco trabajos que el cardenal Rouco nos ofrece en este sustancioso libro tratan sobre la grave crisis que padecen el matrimonio y la familia como realidades humanas e instituciones jurídicas, y las implicaciones que tal crisis comporta en el ámbito del respeto a la vida humana. En el fondo está en juego la concepción de la persona en cuanto tal. Naturalmente la perspectiva adoptada es la del pastor de la Iglesia, que es además experto jurista de escuela teológica.
Nel suo percorso poetico, Paolo Ruffilli ha praticato strade diverse, sempre confermandosi in una coerente, limpida solidità di pronuncia pur nella varietà di tematiche e argomenti. Questo libro permette di seguirne il cammino per un arco di tempo pressoché quarantennale, trattandosi di un'opera unitaria composta a partire dagli anni Settanta, un ampio work in progress arricchitosi nel tempo. Un'avventura poetica ed esistenziale che prende il via con la metafora del viaggio e degli incontri che il viaggio offre, della quotidianità onirica e a volte sgradevole di chi comunque si trova «straniero tra la gente». Fino al ritorno, dal quale riparte la meditazione turbata sul senso delle cose e della vita, nelle incertezze e negli equivoci degli umani rapporti, tra vuoto, amore e violenza, mentre felicità «sempre si confonde / con la dissolvenza». Nel capitolo che dà titolo al libro, Ruffilli si muove a diretto contatto con gli oggetti di cui si popola la vita, e che si impregnano del nostro passaggio, trovando il senso non banale della loro presenza, si tratti del cappello o del bicchiere, della barca o di un diario, del letto o del libro. La sua fitta narrazione è affascinante, minuziosa, affabilissima, una sorta di insolito canzoniere dedicato a una realtà tanto essenziale nel vissuto quanto raramente indagata, come in queste pagine, con la concretezza maniacale dell'osservatore sensibile. Del poeta, appunto, che perlustra oltre la semplice superficie delle cose, e che qui prosegue con apparente orizzontalità il suo viaggio in un "atlante anatomico", dedicandosi alla bocca o alla caviglia come al cuore o al cervello, non senza ironia delicata, producendosi nell'esercizio acuto e antiretorico di un corpo a corpo con il corpo stesso. Nella sezione conclusiva, infine, il poeta pesca nelle profondità e negli anfratti del dire, nella formidabile, paradossale e «visionaria immaginosa verità» della parola, alla quale chiede risposte, ben sapendo, nella sua saggezza, che troppi interrogativi rimarranno inesorabilmente aperti.
«Sono sempre i vincitori a scrivere la storia e la seconda guerra mondiale non costituisce eccezione a questa regola. Ciò non significa che i vinti siano migliori dei vincitori, ma solo che tutte le nazioni coinvolte nel conflitto hanno i loro crimini ed errori da nascondere.» Marco Pizzuti ha un talento: quello di non farsela raccontare. Quale che sia l'argomento, legge, ascolta, approfondisce, cerca riscontri, studia tutte le fonti disponibili e alla fine, ma solo alla fine, ci offre la sua personale visione della storia. Una ricostruzione che molto spesso si discosta parecchio da quella che tutti quanti, compresi gli autori dei testi scolastici, indicano come l'unica vera. Anche in "Biografia non autorizzata della seconda guerra mondiale" Pizzuti ricostruisce e riporta alla luce pezzi di verità finora dimenticati o taciuti per convenienza, come i forti dubbi degli Alleati sul presunto suicidio di Hitler nel bunker di Berlino il 30 aprile 1945. Alla luce di una serie di carte molto scottanti e poco note, da lui meticolosamente riordinate, Pizzuti dimostra come la grande industria e il sistema bancario statunitensi abbiano concretamente sostenuto la corsa all'armamento del criminale regime nazista, tanto che persino la rivista «Time» dedicò al Führer la copertina come uomo dell'anno nel 1938, tre anni dopo la promulgazione delle leggi razziali di Norimberga. Altre verità brucianti: Dunkerque non fu una vittoria di britannici e francesi, bensì una disastrosa scelta strategica di Hitler, che fermò i suoi panzer a pochi chilometri dall'annientamento delle forze alleate; prima dell'aggressione tedesca del 22 giugno 1941, Stalin aveva elaborato un piano segreto per invadere l'Europa, così come l'attacco giapponese alla base statunitense di Pearl Harbor fu pretestuosamente provocato dall'amministrazione americana, che ne era a conoscenza da tempo e non esitò a mandare al massacro migliaia di soldati. Ma è l'ultimo capitolo quello più scioccante, là dove Pizzuti ricorda l'inutile bombardamento che rase al suolo Dresda, la scomparsa di un milione di prigionieri tedeschi nei campi di prigionia alleati, le 240.000 donne tedesche stuprate dai soldati dell'Armata Rossa e altri efferati crimini commessi dalle truppe di liberazione ai danni dei civili liberati. Un libro che insinua numerosi e documentati dubbi sulla veridicità della storia ufficiale.
La cerimonia del tè è uno dei riti tradizionali più affascinanti del Giappone. I monaci buddisti del sedicesimo secolo hanno codificato ogni passaggio di questo rituale che, attraverso i gesti più semplici, chiama i partecipanti a concentrarsi sulla profonda ricerca di se stessi. Con quella sua ritualità che immutata attraversa i secoli, la cerimonia del tè sembra qualcosa di molto lontano dalla vita di tutti i giorni. Lo sembrava anche a Morishita Noriko quando, studentessa svogliata e indecisa sulla strada da intraprendere, su consiglio della madre prese a frequentare un corso sulla cerimonia del tè. Non sa che quelle prime lezioni sono l'inizio di un viaggio che durerà tutta la vita. I momenti dedicati alla cerimonia del tè, ai suoi riti, alla meditazione che impone e, contemporaneamente, dischiude diventano momenti per trovare un senso alle prove che la vita mette davanti a Noriko: un matrimonio annullato poche settimane prima della cerimonia, il tentativo di conciliare il lavoro con il privato, un trasferimento oltreoceano... il caos della vita si riconcilia nel tempo concentrato di una tazza di tè.
Da almeno dodicimila anni abbiamo sviluppato tecnologie che hanno aumentato le nostre prestazioni fisiche e mentali, piegando l'ecosistema ai nostri bisogni alimentari e antropizzando il pianeta massicciamente. Ciò ha migliorato enormemente la qualità della vita ma ha generato tre debiti: economico e sociale (noto),ambientale (che comincia a essere noto) e cognitivo (poco noto, di cui iniziamo a renderci conto). Per nessuno di questi fenomeni preso isolatamente c'è una soluzione semplice. Tuttavia le prospettive di successo saranno molto maggiori se vi sarà una collaborazione intersettoriale: il trasporto pubblico e la riduzione del cibo-spazzatura hanno infatti un impatto sull'obesità, sul diabete, sull'inquinamento e perfino sul cambiamento climatico. Urge l'"internazionalismo": ciascuna di queste crisi trascende i confini nazionali e anzi richiede soluzioni globali. Questa constatazione è sorretta da forti prove scientifiche ed è tuttavia in stridente contrasto con i crescenti nazionalismi.