In questo libro il professor Lanzetta spiega che alcuni alimenti si comportano come farmaci, capaci di contrastare e prevenire l'artrosi in modo naturale. Il volume propone 100 alimenti da includere nella dieta quotidiana per la salute delle nostre articolazioni, illustrando nel dettaglio le proprietà benefiche e antinfiammatorie di ciascuno, da quelli più comuni come cereali integrali, legumi, broccoli, frutti rossi, peperoncino, ai supercibi come miso, tofu, edamame, umeboshi, semi di Chia, zenzero. Con 40 ricette fotografate, che offrono spunti e suggerimenti per combinare i 100 alimenti antiartrosi in un numero infinito di varietà, a seconda del gusto personale.
Nel 1993, quando arrivò negli Stati Uniti, Alessio Fasano, giovane gastroenterologo pediatrico, era convinto di poter sviluppare un vaccino per il colera. I casi della vita, invece, lo portarono a percorrere un'altra strada: quella della celiachia e dei disturbi legati al glutine. Grazie al suo impegno e al suo instancabile lavoro di ricerca, con il suo team nel giro di pochi anni è stato in grado di aprire nuovi scenari per la diagnosi e il trattamento dei disturbi legati al glutine. In particolare per la celiachia, malattia autoimmune della quale fino agli anni '90 si sapeva assai poco: sembrava colpire una percentuale minima della popolazione e soprattutto pareva presente solo in alcune parti del mondo. La diagnosi, poi, richiedeva tempi lunghissimi, sempre ammesso che si arrivasse a una valutazione certa. Al professor Fasano si deve la fondazione del Center for Celiac Research, presso il Massachusetts General Hospital for Children, istituto che ha scritto e sta tuttora scrivendo la storia della celiachia e della sensibilità al glutine. È lì che con un gruppo di ricercatori appassionati e ostinati è riuscito a cambiare il modo in cui il mondo guarda a questa malattia, oggi riconosciuta come autoimmune, l'unica di cui si conosca il fattore scatenante. Passione e dedizione sono le prime caratteristiche di un buon medico, ma anche disponibilità ad ascoltare i pazienti e a seguirli nel percorso che li porta inevitabilmente a stravolgere la loro vita e le loro abitudini. E a gioire con loro quando tornano alla salute, perché il celiaco, ed è questa un'altra buona notizia, può condurre una vita del tutto normale. Questo libro nasce dal rapporto diretto del professor Fasano con i suoi pazienti, dei quali ha raccolto i dubbi, ascoltato le necessità, alleviato le urgenze e dato risposte alla domanda fondamentale: che cosa posso mangiare? Così "Senza glutine" offre consigli su come comportarsi per essere certi di fare le cose giuste per evitare insidiose contaminazioni alimentari, a scuola, al lavoro, al supermercato, in giro per il mondo, nella cucina di casa... E regala anche gustose ricette, tutte rigorosamente glutenfree - alcune provenienti dalla terra d'origine dell'autore, il Sud Italia -, capaci di non far rimpiangere gli alimenti del «prima».
«Siamo stati noi a generare l'epidemia di Coronavirus. Potrebbe essere iniziata da un pipistrello in una grotta, ma è stata l'attività umana a scatenarla.» (David Quammen, «The New York Times»). «Non vengono da un altro pianeta e non nascono dal nulla. I responsabili della prossima pandemia sono già tra noi, sono virus che oggi colpiscono gli animali ma che potrebbero da un momento all'altro fare un salto di specie - uno spillover in gergo tecnico - e colpire anche gli esseri umani ... Il libro è unico nel suo genere: un po' saggio sulla storia della medicina e un po' reportage, è stato scritto in sei anni di lavoro durante i quali Quammen ha seguito gli scienziati al lavoro nelle foreste congolesi, nelle fattorie australiane e nei mercati delle affollate città cinesi. L'autore ha intervistato testimoni, medici e sopravvissuti, ha investigato e raccontato con stile quasi da poliziesco la corsa alla comprensione dei meccanismi delle malattie. E tra le pagine più avventurose, che tengono il lettore con il fiato sospeso come quelle di un romanzo noir, è riuscito a cogliere la preoccupante peculiarità di queste malattie.» («Le Scienze»)
"La mia vita di psichiatra si è svolta in un periodo storico fatto di tante psichiatrie (persino di una definita democratica), segno che non esisteva la psichiatria. In questo clima, non potevo che costruire la mia psichiatria." Sono passati cinquantotto anni da quando il professor Vittorino Andreoli è entrato nell'ambiente psichiatrico. Un periodo di intensa e appassionata professione, con modificazioni profonde sulla concezione delle malattie della mente: nascita di nuovi disturbi, scoperte scientifiche sul cervello e in particolare sulla sua parte plastica che si lega in maniera specifica alla psichiatria. È diventato chiaro che la normalità non può essere considerata la misura per la follia, poiché sovente una condizione si interseca con l'altra, in funzione degli ambienti e delle condizioni sociali. È anche per questo che serve "uno psichiatra frammentato" capace di avvalersi di altre competenze, seguendo la metafora dell'orchestra. Uno psichiatra che deve entrare in relazione e con-partecipare i vissuti del paziente per impedire che un disturbo mentale si trasformi in una tragedia. Soltanto da una così lunga esperienza in Italia e nei Centri internazionali potevano emergere i nuovi princìpi per curare i dolori della mente.
Al centro della riflessione sono le parole della cura, vale a dire alcuni termini chiave - medicina, terapia, farmaco, chirurgia - capaci di delineare nel loro insieme l'ambito, la natura, gli strumenti e le finalità di quella che convenzionalmente viene definita scienza medica. Nell'esplorazione di questo territorio, si risale più volte alle origini storico-concettuali della medicina, affondando anche nel repertorio mitologico, letterario e filosofico del mondo classico. Con la convinzione che, a differenza di ciò che si potrebbe superficialmente pensare, la storia della medicina non può essere paragonata a un album contenente l'illustrazione delle invenzioni più celebri. Al contrario, un primo passo per superare una concezione banalmente positivistica della medicina può essere compiuto da un lato valorizzandone il percorso storico, i successi e le sconfitte, e dall'altro misurandosi senza censure con le grandi questioni soggiacenti alle "parole" che ne definiscono il campo.
Possiamo riappropriarci della nostra salute.
Siamo abituati a considerare il corpo come qualcosa di separato da noi: un organismo il cui "star bene" viene sempre più delegato a medici e specialisti di varia natura. Eppure, ricorda Enzo Soresi ne Il cervello anarchico, il nostro benessere non deve di necessità passare attraverso la medicalizzazione. «Assumersi la responsabilità della propria salute significa in primo luogo adottare uno stile di vita che innalzi il livello di resistenza alle malattie». Un invito, dunque, ad ascoltare con attenzione il nostro corpo, a riavvicinarsi alle sue esigenze e non trascurarne i segnali, che siano essi di natura psichica o fisica.
Come dimostrano le ultime scoperte della Psiconeuro-endocrino-immunologia, il nostro organismo è infatti un'unità, un insieme indiviso di mente e corpo la cui crescita armonica dipende dalla comprensione del legame fra eventi cognitivi, emotivi e fisiologici. E il cervello è il luogo dove tutti questi fattori si incontrano: nel suo sviluppo giocano un ruolo importante le nostre emozioni; pensieri e convinzioni si ripercuotono sulla nostra capacità di provare dolore; e anche lo stress psicologico, se da una parte ci aiuta a fornire prestazioni efficienti, è tuttavia in grado di determinare l'insorgere di varie patologie.
Attraverso l'analisi di diversi casi clinici, raccontati con la passione e la competenza di un medico che da più di cinquant'anni è all'avanguardia nella ricerca scientifica, Enzo Soresi costruisce un libro rigoroso eppure coinvolgente, approfondito ma scorrevole, invitandoci a riflettere sulla complessa ed eccezionale macchina organica che ciascuno di noi, come individuo, costituisce.
Scienza medica e diritto sono due mondi conciliabili? Se pensiamo alla gestione del caso Stamina, la prima risposta è sicuramente no. In Italia, mentre la FNOMCeO elaborava il nuovo Codice deontologico, associazioni, personaggi dello spettacolo, politici, giornalisti della stampa e della televisione, opinionisti valutavano l'efficacia del cosiddetto protocollo Stamina e proponevano piani terapeutici mentre molti magistrati lo imponevano ai medici a forza di ordinanze. Una vera e propria sfida! La salute affidata non ai medici ma alla legge o addirittura oltre la legge! Il "caso Stamina", al netto delle eventuali conseguenze giudiziarie sulle quali non esprimiamo alcuna opinione, rappresenta il punto di non ritorno per tutti quelli che credono nella libertà ed indipendenza della professione medica, ispirata ai principi e alle regole della deontologia professionale. Il "caso Stamina" rappresenta un momento di divisione e di contrasto tra le varie articolazioni dello Stato e della società civile. Una frattura che dobbiamo risanare, soprattutto tra professione medica e potere giudiziario. Questo libro prende in esame il rapporto medico-paziente così come disciplinato dalle norme, partendo dalla Costituzione sino al Codice deontologico del 2015. Luci e ombre, consonanze e dissonanze, propositi e carenze.
È convinzione comune che il nostro destino genetico sia fissato una volta per tutte al momento del concepimento. Dovremo ricrederci! Il dottor Moalem ci spiega che il genoma umano è molto più mutevole, e più sorprendente, di quanto si sia mai immaginato. Infatti i geni che costituiscono il nostro Dna sono come migliaia di piccoli interruttori, che si accendono o si spengono in risposta a ciò che facciamo, vediamo, sentiamo, mangiamo. L'autore mostra come i più recenti progressi nel campo della genetica umana stiano trasformando la conoscenza che abbiamo fin qui maturato sul mondo e su noi stessi e spiega come le implicazioni di tali scoperte possono migliorare la salute e il benessere nostro e quello dei nostri figli e nipoti.
Accompagnare un essere umano al limite estremo della vita, essere testimone partecipe ed empatico del momento del trapasso è un'esperienza fondamentale, che cambia radicalmente la visione dell'esistenza e, quindi, il modo di vivere di chi non ha paura di connettersi con gli altri e con il loro dolore. Dopo essere stato per anni «seduto sul precipizio della morte» allo Zen Hospice di San Francisco di cui è stato cofondatore, nel suo libro Frank Ostaseski rivolge al lettore «cinque inviti» che scaturiscono, oltre che da numerose vicissitudini personali, talvolta drammatiche, dai racconti di tanti pazienti terminali che, dialogando con lui - maestro di cure compassionevoli -, si sono confrontati da vicino con la morte. "Non aspettare": non sprecare il tempo, non rinunciare a vivere ogni momento della vita in maniera consapevole. "Accogli tutto, non respingere nulla": sii aperto e ricettivo al mondo esterno, con la mente e con il cuore. "Porta nell'esperienza tutto te stesso": accetta ogni tua parte interiore, sii completo, anche se imperfetto. "Impara a riposare nel pieno dell'attività": in ogni situazione quotidiana, cerca di ritagliarti momenti di pausa, silenzio, distacco, per poterti incontrare con te stesso. "Coltiva la mente che non sa": sii curioso e affina la tua capacità di sorprenderti e meravigliarti. In pagine dense di emozioni e di ricordi, illuminate da citazioni colte e dalla grazia della semplicità, Ostaseski traccia un percorso di consapevolezza, accessibile a ognuno di noi, la cui meta finale è quella di farci capire che vita e morte sono inseparabili e acquistano il loro senso una dall'altra, e che ogni morte è qualcosa di unico e di significativo, una preziosa opportunità di saggezza e di guarigione, non solo per chi muore ma anche per coloro che continuano a vivere. Perché "la morte è molto più di un evento medico. E un tempo di crescita, un processo di trasformazione che ci apre alle più profonde dimensioni della nostra umanità. La morte risveglia la presenza, cioè un'intimità con noi stessi e con tutto ciò che è vivo".
Mai come oggi i successi della medicina ci consentono di accarezzare l'illusione dell'immortalità. Però, anche quando saremo guariti una, cento, mille volte, alla fine moriremo. È una cattiva notizia ma è così. Succederà a tutti noi, almeno per quel che ci è dato sapere. Perché allora la morte continua a essere il grande rimosso della nostra cultura? Se prima o poi anche l'Italia avrà una legge per cui saremo chiamati a esprimere le nostre volontà in un "testamento biologico", come potremo farlo se non siamo in grado di integrare la fine della vita nel nostro orizzonte, di riconoscerci innanzitutto parte di un'umanità mortale? Come possiamo rivendicare la libertà di prendere delle decisioni sul nostro fine vita se vogliamo ostinatamente compiere questa scelta a occhi chiusi? Giada Lonati è un medico palliativista, il suo lavoro comincia quando la medicina che guarisce è stata sconfitta, quando si dice che "non c'è più niente da fare", e invece c'è ancora moltissimo da fare. Si occupa di accompagnare persone vive (vivissime) in quell'ultimo tratto in cui tutto cambia significato e prende senso. Quel tratto in cui irrompe una consapevolezza nuova nelle nostre vite, un sapere che getterà una luce più nitida sul nostro presente, darà una dimensione diversa al nostro tempo, ci renderà più intensamente vivi. Una sapienza che l'autrice condivide in queste pagine, ricche di pienezza umana e capaci di rimetterci in relazione con noi stessi, con il nostro essere qui e ora. Perché una speranza vera è realizzabile solo nell'orizzonte del possibile. E riconoscerci mortali e transitori, lungi dall'essere soltanto una scoperta dolorosa, può aiutarci a maturare uno sguardo rivoluzionario sul mondo, ad aprire gli occhi sulla bellezza ultima del quotidiano.
Fra noi circola da sempre un serial killer invisibile e spietato, che continua ogni giorno a falciare vite umane. E che non si limita a colpire fisicamente le proprie vittime, ma ne devasta lo spirito, seminando angoscia e disperazione. Il cancro. In decenni di lotta e di ricerca, la medicina ha vinto molte battaglie, ma non (ancora) la guerra, e così, malgrado i progressi nella diagnosi e nella terapia, i tumori invasivi costituiscono una delle più gravi minacce alla nostra salute. Ma non bisogna smettere di sperare e di lottare, perché il cancro uccide solo se gli si lascia il tempo di farlo. È questa la buona notizia che ci dà l'oncologa italiana Patrizia Paterlini-Bréchot, docente presso l'Università Paris-Descartes, la quale ha dedicato la propria vita allo studio di metodi sperimentali per la diagnosi precoce e la prevenzione del tumore. Troppo spesso, infatti, il cancro viene scoperto a uno stadio avanzato, quando ormai le metastasi hanno invaso più organi e la sorte del paziente è segnata. L'idea rivoluzionaria di Paterlini-Bréchot ha dell'incredibile per la sua geniale semplicità: un esame del sangue che consenta di rilevare la presenza di cellule neoplastiche circolanti nell'organismo prima ancora che il tumore invasivo si sviluppi al punto da risultare «visibile» con una radiografia o una risonanza magnetica. Ebbene, oggi questo è possibile grazie al test ISET, da lei brevettato, una tecnica in grado di diagnosticare il tumore invasivo con diversi anni di anticipo rispetto al manifestarsi della malattia. Un tempo che, nelle cure, può rivelarsi decisivo per ridurre drasticamente la mortalità. In questa sincera autobiografia personale e scientifica, ricca di amore per la ricerca e di empatia con il dolore, l'autrice racconta il lungo cammino che l'ha portata alla sua invenzione e le ragioni profonde della sua scelta professionale, iniziando dal «paziente zero», la cui morte è stata la molla che le ha fatto dichiarare guerra al cancro. Con l'obiettivo di «arrivare alla fine dell'esistenza e guardarmi allo specchio sapendo che il mio lavoro ha contribuito a salvare tante vite».
Ti capita di essere spesso stanca o ansiosa? Di avere mal di testa? Hai allergie o eruzioni cutanee? Se hai anche uno solo di questi sintomi è probabile che anche tu, come molte donne, soffra di esaurimento fisico cronico, una condizione che è legata anche al sovrappeso, alla pressione alta e alla mancanza di energia. La dottoressa Rachel Carlton Abrams, tra i massimi esperti della medicina integrata, ha messo a punto in anni di studi e attività sul campo un metodo per insegnare alle donne a interpretare questi messaggi del corpo. Soprattutto la parte femminile dell'umanità, infatti, possiede una particolare sensibilità e una profonda saggezza fisica che, se allenate con l'aiuto di test e suggerimenti, risvegliano la straordinaria capacità innata di ascoltare e risolvere disagi e disturbi. Uno strumento diagnostico per intuire qual è la strada per guarire fisicamente ed emotivamente. L'autrice propone un programma in 28 giorni, testato su migliaia di pazienti, per migliorare diverse aree del nostro benessere: sonno, energia, controllo del peso, equilibrio emotivo. Con la saggezza del corpo individueremo i nostri personali bisogni e aumenteremo salute e longevità.