Nel Vangelo di Matteo (cf. Mt 19,16-22), un giovane chiede a Gesù cosa deve fare di buono per avere la vita eterna. In questa domanda possiamo raccogliere tutte le domande che, in modo, più o meno esplicito, i giovani si pongono e ci pongono nei riguardi della vita e della fede. Nello sguardo di Gesù vediamo l’ascolto a cui siamo chiamati: un guardare/ascoltare capace di trasmettere amore, attenzione e premura. Chi non si sente guardato, non si sente amato. Chi non si sente amato, non pone domande e non ascolta risposte.
Non vogliamo che l’attenzione rivolta ai giovani e agli adolescenti si riduca a una delle solite riflessioni su di loro, cedendo alla tentazione di parlare di loro e moltiplicando iniziative o conferenze sull’argomento. Vogliamo cercare e trovare la pazienza e la premura di parlare con loro, per dare vita a un dialogo fecondo, e magari imparare qualcosa dalla loro diversa prospettiva. Non si tratta di fare di più, ma di fare meglio. Convertirci a un dialogo sgombro da ogni pregiudizio. Prima di parlare dobbiamo avere la pazienza di ascoltare. E la «presenza» è la prima modalità concreta di aiuto che possiamo dare, perché nello «stare» si vivono i bisogni più profondi dei giovani. Dobbiamo imparare a «perdere più tempo» con i giovani, perché dalla vocazione del «perditempo» possono sorgere tutte le vocazioni.
Comunemente si sente parlare di pena canonica, di processi ecclesiastici tristemente noti come quello effettuato contro l’Or­dine dei Templari o quelli ancora più efferati compiuti dalla Santa In­quisizione, perseguitando le cosiddette streghe, per futili motivi o per superstizioni estremiste, che hanno visto diversi uomini e donne in­nocenti condannati al rogo con sommarie sentenze di eresia o blasfe­mia. Ma occorre soffermarsi su concetti più profondi che definiscono la pena all’interno del diritto della Chiesa, evitando di cadere in facili fraintendimenti, talvolta anche molto fuorvianti. Le pene della Chiesa non sono come quelle degli ordinamenti statuali, dai quali differiscono sostanzialmente. Le pene sono di ordine spirituale e operano nell’am­bito della coscienza.
Dopo un breve excursus storico, l’Autore ben evidenzia questa pecu­liarità, cercando di far comprendere al lettore il vero spirito della norma penale canonica, rilevando come il diritto della Chiesa sia tutto ispirato a suggerire cautela nel comminare le sanzioni. Solo quando ci si sia resi conto che senza l’applicazione di una pena non è possibile che venga riparato lo scandalo, che sia ristabilita la giustizia o che venga emendato il colpevole (peccatore), occorre infliggere la sanzione.
La principale finalità della pena canonica, infatti, rimane la conver­sione del reo, nella speranza che questo accetti la punizione come espia­zione del suo peccato, nella prospettiva della misericordia cristiana.
La metafisica sta vivendo, in questi tempi, una stagione particolarmente favorevole. Essa, ora, non è vista solo come l'impossibile "teoria" di «un mondo dietro il mondo», che impedirebbe di essere fedeli alle parole e a i suoni della terra. La stessa conoscenza scientifica la circonda di attenzioni, sta ricucendo il legame che un tempo essa aveva rescisso e, sovente, ne richiede apertamente la collaborazione. C'è il rischio, tuttavia, che a motivo di questo ritrovato favore la metafisica ceda a qualche lusinga di troppo e così perda sé stessa, ove restringesse la sua vocazione e si limitasse a produrre "categorie" in funzione di supporto delle diverse scienze. In questo libro, pur riconoscendo il valore delle attuali ricerche nel campo dell'ontologia, Leonardo Messinese intende mostrare quale sia la via della metafisica nella sua integralità, dando spazio a una sua strutturazione essenzializzata che egli suole chiamare "metafisica originaria". Tale espressione, che apparentemente può suonare come un ossimoro, dev'essere intesa come evocativa di un più puro significato di "metafisica", così da coglierne l'identità più autentica nel riferimento originario degli enti alla verità dell'essere e al suo "volto teologico".
Il nuovo Prelettura, Prescrittura, Precalcolo presenta tutte le attività e le abilità necessarie per il passaggio dalla Scuola dell’Infanzia alla Scuola Primaria. Ogni proposta risulta chiara e d’impatto immediato per il bambino, ciò per facilitare il mantenimento dell’attenzione e la ricerca accurata di precisione e di controllo del gesto grafico.
Il libro di Ezechiele è capostipite di quella letteratura apocalittica che percorre Antico e Nuovo Testamento. Ha lasciato ampia traccia nell’immaginario cristiano, ha ispirato letterati e artisti fino al presente. Ma può essere ancora orientamento per gli uomini del nostro tempo? Certo, gli avvisi del profeta sono rivolti al popolo d’Israele in una circostanza storica ben precisa: la cattività di Babilonia. Ma la Bibbia non è un libro morto né la sua lettura semplice atto culturale, lo Spirito Santo si rende presente e ci fa comprendere ogni cosa. Il biblista Umberto De Martino, con un insegnamento paziente, paragrafo dopo paragrafo, offre gli strumenti ermeneutici, la mediazione culturale perché l’antico libro possa essere decifrato e applicato a noi nella sua sostanza religiosa e rivelata.
- Preghiere e meditazioni per prepararsi alla celebrazione della Messa.
• Rito della Messa completo, con le preghiere eucaristiche II, III e i prefazi del bimestre. All’occorrenza, permette ai sacerdoti di poter celebrare la Messa senza altri libri, avendo tutti i testi necessari a disposizione.
• Messa quotidiana e letture commentate per aiutare a vivere la parola di Dio.
• Ogni giorno vengono suggeriti due propositi per far diventare “vita” la Parola.
• Approfondimenti sulle vite dei santi ricordati dalla liturgia e sulle varie feste e solennità del bimestre.
• Pagina quotidiana con pratiche devozionali consigliate per ciascun giorno, le feste dei principali santuari e i santi del giorno.
• Approfondimenti sul tempo di Quaresima, sul digiuno, sulla Settimana Santa, sul Triduo Pasquale e sul Tempo di Pasqua.
• Santo Rosario meditato e Via Crucis.
• Formato tascabile per portarlo comodamente sempre con sé.
Il volume tenta di analizzare l'importanza del caregiving, grazie alle voci di medici, psicologi, infermieri che illustrano le difficoltà che incontrano i caregiver che si occupano di sostenere il familiare ammalato e i differenti effetti che le diverse malattie hanno sul benessere familiare. Il testo è quindi rivolto a medici, infermieri, psicologi, educatori che, quotidianamente, lavorano con pazienti che necessitano del sostegno costante di un familiare, la cui "fatica" incide profondamente nella "cura". Questo volume è il risultato finale di una serie di incontri, avvenuti negli ultimi anni, fra diverse figure professionali di Roma e Arezzo che si occupano del benessere dei caregiver dei pazienti con patologie complesse ad alta intensità di cura fisica, affettiva ed emotiva. Lo scopo principale di questi incontri è stato quello di definire possibili strategie di intervento interdisciplinare mirato a migliorare la qualità di vita del caregiver e, di conseguenza, del paziente stesso. Occuparsi di una persona affetta da malattia, qualsiasi essa sia, è un'attività che richiede impegno, competenza e grande investimento emotivo. Familiari e amici che si incaricano di prendersi cura del malato cronico, terminale o complesso, possono andare incontro a particolari forme di stress che hanno effetti negativi sul loro stato di salute, sul loro benessere psicologico e sulla loro qualità di vita relazionale e sociale. Il testo, rivolto a medici, infermieri, psicologi ed educatori che lavorano con pazienti che necessitano del sostegno costante di un familiare, analizza il fenomeno del "prendersi cura" attraverso gli interventi di professionisti che illustrano le difficoltà che incontrano i caregiver. Prefazione di Carlo Blundo.
Attraverso l'opera La Vera Vita in Dio, una raccolta di messaggi dati a una cristiana ortodossa, Vassula Ryden, la Santissima Trinità rivolge alla Chiesa di Cristo un appello alla riconciliazione, all'unità e alla santità. Suor Anne Woods autrice di questo libro, mostra che questa voce profetica del nostro tempo è in perfetto accordo con l'erudizione biblica, l'insegnamento e la tradizione della Chiesa.
Scrive suor Anne Woods: "La profezia rabbinica si sta adempiendo. il Decimo Cantico è ora cantato da Dio al suo popolo e a tutta l'umanità. E il Cantico dello Sposo, mentre si prepara a condurci nelle camere interne dell'Amore Divino e a unirci a Lui...".
In the present work the author studies how efforts at understanding the juridic relationship between the Apostolic See and the Eastern Catholic Churches over the past roughly five hundred years have led to the increased recognition of the juridic autonomy of those Churches. The work first focuses on the early jurisprudence concerning the binding force of papal legislation on Eastern faithful, highlighting an important though unapproved decision made by a particular congregation of the Sacred Congregation for the Propagation of the Faith in 1631, which declared that the popes did not intend to bind the subjects of the sees of the schismatic patriarchs by certain types of apostolic constitutions except in three particular cases. The work then reviews the jurisprudence of Pope Benedict XIV, who cited this decision three times in his writings; the events of the pontificate of Pope Pius IX, particularly those surrounding the First Vatican Council when the preconciliar commission on the Churches of the Eastern rite sought to suppress the praxis based on this decision; the period of the first codification of canon law, when this decision was reaffirmed in praxis; and, finally, the Second Vatican Council and the second codification period, when this decision became the basis for canon 1492 of the Eastern code. This study emphasizes the impact that the jurisprudence surrounding the 1631 decision has had on how the understanding of Eastern juridic autonomy has developed in the Catholic Church. It also shows how the current canonical norms impacting Eastern autonomy can be better understood in light of this historical development.
L’Europa sta andando in fumo come l’impalcatura di Notre-Dame, quella “impalcatura della civiltà” di cui parlava lo scrittore Paul Bowles. I francesi quella sera hanno pianto, mentre un grande incendio stava per distruggere la grande cattedrale di Parigi. Ma cosa piangevano? La fine di un capolavoro artistico? Di un’opera architettonica? O forse di una parte di loro stessi, l’immagine di una civiltà post-cristiana in frantumi? La civiltà è sempre un paradosso. Anche se ha radici profonde, soltanto un sottile rivestimento la separa dal caos. E una civiltà senza identità e demografia come la nostra non ha futuro e si sbriciola come la guglia di Notre-Dame. È il nostro mondo di domani. Un mondo senza bambini, di immigrazione e di crisi della civiltà. Possiamo ricostruire il World Trade Center. Non possiamo ricostruire Notre-Dame.