A settant'anni dai fatti e nonostante lavori fondamentali di importanti storici del colonialismo italiano, "l'Impero fascista" in Etiopia rimane un terreno esplorato ancora solo in parte. I meccanismi dell'occupazione, i processi di modernizzazione delle società nell'Africa orientale, le repressioni e le stragi della "polizia coloniale", le pratiche di politica razziale e sessuale dei vincitori contribuiscono, con l'ausilio anche di qualche sondaggio sul campo, a rappresentare in questo volume il quadro della dominazione italiana, descritta tenendo conto del punto di vista degli africani. Numerosi saggi approfondiscono poi il contesto italiano della "conquista dell'Impero", arricchendolo di elementi nuovi sulla base d'inedite fonti d'archivio: esse svelano le tecniche dell'occupazione militare in Etiopia e quelle della fabbrica del consenso all'interno, in un quadro di grave rottura degli equilibri internazionali. Si ripropone infine il tema delle rimozioni e dei "vuoti di memoria" sul nostro passato coloniale che hanno caratterizzato, anche nel dopoguerra democratico e repubblicano del nostro paese, le relazioni coi paesi ex-coloniali e più in generale la politica estera italiana nel Corno d'Africa.
Riccardo Bottoni, responsabile della biblioteca "Ferruccio Parri" e membro del direttivo della Scuola superiore di studi di storia contemporanea dell'Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia, è autore di contributi sulla storia religiosa di Milano tra Cinque e Settecento. Più recentemente si è dedicato alla storia dell'educazione e della cultura antifascista e nel 2005 ha curato per il Mulino, assieme a M. Franzinelli, il volume "Chiesa e guerra. Dalla 'benedizione delle armi' alla 'Pacem in terris'".
´ComíË possibile che la pi˘ audace, la pi˘ profonda delle rivoluzioni sia degenerata nella pi˘ completa schiavit˘? PerchÈ la rivoluzione russa nella sua prima tappa rappresenta il pi˘ moderno dei progressi sociali e nella tappa successiva Ë sboccata nella menzogna sociale, nello sfruttamento e nellíoppressione perfezionata? Che cosa puÚ spiegare una contraddizione cosÏ enorme?ª.
Sono queste alcune delle domande a cui Nel paese della grande menzogna riesce probabilmente a fornire la pi˘ completa e approfondita spiegazione che sia mai stata tentata, insieme ad un ridottissimo numero di altri lavori, sulla realt‡ della Russia ´comunistaª. Al punto che, considerato il suo valore testimoniale, potremmo azzardarci a definire tale scritto come una sorta di Odissea dei tempi moderni. Una narrazione avventurosa in cui Ante Ciliga Ë stato capace di decifrare, con una prosa al medesimo tempo densa e suggestiva, tutte le sfaccettature di quello che senza alcun dubbio rappresenta uno dei pi˘ complessi ´enigmiª presentatisi alla ribalta della storia in questo scorcio di fine millennio.
Dopo avervi soggiornato circa dieci anni esplorandone a fondo le molteplici variet‡ dei suoi paesaggi, i ´nuoviª rapporti economici e sociali scaturiti dalla Rivoluzione díOttobre, le alte sfere della burocrazia, il ruolo centrale occupato dalla polizia politica, le prigioni e líesilio siberiano, líautore Ë giunto allíamara constatazione che ´Ë pi˘ facile uscire dallíinferno di Dante che dalla Russia sovieticaª. E tuttavia egli Ë riuscito a sopravvivere ai suoi aguzzini e a consegnarci il distillato della sua straordinaria esperienza. Per queste ragioni non si puÚ che accogliere con favore líuscita di questa prima edizione critica e integrale in lingua italiana dellíopus magnum di Ciliga, che viene ora finalmente a colmare un vuoto durato troppo a lungo.
Antonietta Platamone D'Alì, la maggiore degli undici figli del Senatore Giuseppe D'Alì e di Rosalia Chiaramonte Bordonaro, Vedova del Marchese Enrico Platamoe, iniziò a scrivere questo Diario il 3 febbraio del 1931, all'età di 77 anni, dopo la morte del figlio maschio, Giuseppe (Peppino), che nel Diario è la figura principale. Attraverso le annotazioni quotidiane, entriamo nella sfera personale di Antonietta Platamone D'Alì. I Diari contengono inoltre squarci interessanti della società trapanese e palermitana e riferimenti ad alcuni avvenimenti di rilievo storico che l'autrice ha osservato nella sua lunga vita. Antonietta Platamone D'Alì era nata a Trapani l'11 ottobre 1954 e sarebbe morta nella stessa città il 24 marzo 1940.
L'analisi dello scorcio più significativo del Ventennio fascista nella Venezia-Giulia, quei tredici anni che vanno dall'affermazione e consolidamento della dittatura mussoliniana al punto di sosta e anello iniziale di una catena reattiva susseguente alla rottura segnata dallo scoppio della Guerra d'Africa, indica come suo fondamentale presupposto l'originalità che nella società regionale ebbe il carattere del Regime, senza che con ciò venga meno lo scenario generale su cui si sviluppò il percorso complessivo dell'avventura totalitaria italiana.