Il nuovo romanzo di Cecilia Galatolo presenta il dramma di una ragazza che per la leggerezza di una sera si trova a dover vivere una gravidanza indesiderata.
Affronta un grande travaglio interiore combattuta tra la tentazione di abortire e la percezione sempre più forte che la nuova vita che è in lei non può essere cancellata.
La lettura della vita di santa Gianna Beretta Molla consigliatale da un amico che sarà sempre più importante nella sua vita la aiuterà a ritrovare la fede e a decidere di tenere il nuovo bambino.
Un romanzo che con tratti molto realistici affronta da una ottica nuova la possibilità di sostenere e portare a termine una gravidanza anche se imprevista o indesiderata.
Autore: Cecilia Galatolo nata in Ancona il 17 aprile 1992. Si è laureata nel 2016 in “Comunicazione Sociale Istituzionale della Chiesa” presso la Pontificia Università della Santa Croce di Roma. È sposata e madre di due bambini. E’ autrice del romanzo “Sei nato originale, non vivere da fotocopia”. Ha, inoltre, collaborato alla stesura del libro “Diario della felicità. Storie di giovani in ricerca”, tutti e due editi dalla MIMEP.
I Promessi Sposi è il romanzo per eccellenza nella tradizione letteraria italiana e una delle opere più importanti nella storia della letteratura europea. Questa edizione integrale, che vede in apertura un commento destinato al largo pubblico, vuol essere un ulteriore contributo alla conoscenza del capolavoro manzoniano, così come le illustrazioni di Nino e Silvio Gregori che lo accompagnano rappresentano con efficacia e dinamismo narrativo le scene, i personaggi e le situazioni memorabili del romanzo. Giuliano Vigini, nel redigere il commento, ha posto particolare attenzione alla visione religiosa di Manzoni e alla prospettiva dottrinale e morale cattolica che assunse al termine del suo travaglio interiore e del suo approdo alla fede.
Tre romanzi in cui nessuna verità sembra reggere e ogni certezza è capovolta. Tre indagini che hanno dato vita alla detective più tosta del noir italiano. Il Lupo mannaro è un killer del tutto privo di sensi di colpa, e dunque imprendibile: di giorno è un padre di famiglia e un imprenditore di successo, di notte uccide a morsi giovani prostitute. L'Iguana corre per la città coprendone i rumori con il rock metallico, e ruba di volta in volta la vita delle proprie vittime. Il regno del Pit bull, invece, è una doppia rete, reale e virtuale: da un lato le autostrade, da cui entra ed esce cambiando sempre identità, dall'altro Internet, dove vende i suoi servizi professionali. Sulle tracce di questi tre serial killer "animali", incarnazioni maledette di un'Italia criminale nel profondo, c'è una donna, fragile nell'aspetto ma con una determinazione da vendere, e un intuito che non sbaglia un colpo: il suo nome è Grazia Negro, e non esiste assassino che possa sfuggirle.
Mattia vive a Milano con la madre, divorziata. Non va bene a scuola e ha smesso di impegnarsi, anche perché è entrato in un brutto giro: Jonathan, uno dei suoi compagni meno raccomandabili, lo ha preso sotto la sua ala protettiva e Mattia non è più una vittima di bullismo ma in compenso rischia di perdersi. Anche Malik vive con la madre, vedova, in Ghana. Lui a scuola ha tutti dieci e un talento per la matematica. Anche per questo è stato deciso che emigrerà dallo zio Zuri a Nizza: in Europa avrà un futuro migliore. Mattia e Malik, con i loro tredici anni diversamente problematici, hanno entrambi un viaggio da affrontare: per Malik è un pericoloso tragitto attraverso il deserto e poi per mare, accompagnato dai trafficanti di uomini. Per Mattia è un percorso incerto che deve portarlo a trovare un suo posto nel gruppo dei coetanei, una sua più precisa e vincente identità. Ai due ragazzi, con le loro ambizioni e paure, con le vittorie e le ribellioni della loro età, la vita ha riservato opportunità e sfide molto diverse. In una narrazione piena di tensione e pathos, questo romanzo segue in parallelo le loro storie e quelle delle loro madri. A molti chilometri di distanza, una serie di eventi imprevedibili li porterà verso una stessa notte, quella che deciderà il loro destino.
È il giugno del 1850, e Napoli è bella come non mai sulla spiaggia di Chiaia, con i pescatori stesi al sole insieme alle loro reti e le ragazze che ridono nell'acqua bassa. Elvira ha ventidue anni e potrebbe essere una di loro, e invece deve andare in sposa a Giuseppe Morelli, che conosce appena e sicuramente non ama. Ma la sua famiglia è caduta in disgrazia, e il matrimonio, per la società in cui vive, c'entra ben poco con l'amore e molto col sacrificio. Il primo giorno della nuova vita è però segnato da una scoperta nerissima, che sconvolge la bella villa fin nelle stanze della servitù - lo specchio e la lente di ingrandimento delle vite dei signori. Elvira si convince che una maledizione sia scesa sulla casa, e anno dopo anno ne vede ovunque la conferma: nelle scelte indigeste a cui il suo ruolo la consegna, nella solitudine grigia che pian piano la avviluppa, nel vicolo cieco dell'unica possibilità di un futuro diverso, suo e soltanto suo. E come una staffetta, la maledizione pare trasmettersi alla figlia Angela, bellissima ma altrettanto fragile, e a Giuseppina, adottata proprio nel tentativo di ripianare i debiti con il destino. Tre donne costrette a vivere per gli altri, a immolare i propri sogni, la propria libertà, la propria felicità "per il bene della famiglia", alla cui ombra si nascondono le più scure prepotenze. E mentre i Morelli cercano di farsi un nome nel mercato dei tessuti e della moda, il mondo intorno si trasforma, con Garibaldi e quella strana unità del Paese che pochi capiscono, il fiorire di nuovi quartieri e una nuova moneta, le grandi epidemie che non fanno differenza tra ricchi e poveri, e le ancora più terribili malattie che si accaniscono sulla villa dei Morelli. Fino a quando, proprio dove meno ce lo si aspetta, brillerà la scintilla dell'emancipazione, la forza di strappare il diritto a vivere non la vita che ci è stata data in sorte, ma quella che la nostra anima si merita.
"Il giro di boa" venne scritto sotto l'impulso di due avvenimenti distanti tra loro, ma che mi colpirono e m'indignarono in modo particolare. Il primo fu il G8 di Genova e il comportamento non certo esemplare delle Forze dell'ordine in quelle terribili giornate. Il secondo avvenimento fu la scoperta che alcuni trafficanti di carne umana avevano sbarcato sulle nostre coste dei bambini per venderli. "La pazienza del ragno" invece mi è stato letteralmente suggerito dall'aver visto un ragno tessere la sua tela tra un ramo e l'altro di un castagno ultracentenario. E fu proprio mentre l'osservavo che nacque in me il progetto di un romanzo la cui idea portante fosse appunto la tessitura di una sorta di tela di ragno appositamente congegnata per farvi intrappolare la vittima designata. Mi proposi cioè di scrivere un romanzo poliziesco senza omicidi o fatti di sangue, ma con la distruzione sociale di un individuo raggiunta attraverso una macchinazione di raffinata intelligenza. "L'idea di "La luna di carta" mi venne in mente dopo un incontro fortuito con un amico che non vedevo da trent'anni il quale mi raccontò d'avere scoperto un giorno che tanto Anna, sua moglie, quanto Giulia, la giovane amante, non solo avevano fatto conoscenza ed erano diventate amiche, non solo lo tradivano sistematicamente con altri, ma l'ingannavano quotidianamente mentendo su tutto, anche sulle cose più ovvie, così, per il puro piacere di ridere poi alle sue spalle."
S'innamorano di una sagoma di cartone o di un pretoriano in miniatura, odiano i bambini pur portandoseli in grembo, lasciano una donna ma ne restano imprigionati, vomitano amore e rabbia, si tagliano, tradiscono, si ammalano. Sono alcuni dei personaggi del nuovo libro di Michela Murgia, un romanzo fatto di storie che si incastrano e in cui i protagonisti stanno attraversando un cambiamento radicale che costringe ciascuno di loro a forme inedite di sopravvivenza emotiva. "Una sera ti metti a tavola e la vita che conoscevi è finita." A volte a stravolgerla è un lutto, una ferita, un licenziamento, una malattia, la perdita di una certezza o di un amore, ma è sempre un mutamento d'orizzonte delle tue speranze che non lascia scampo. Attraversare quella linea di crisi mostra che spesso la migliore risposta a un disastro che non controlli è un disastro che controlli, perché sei stato tu a generarlo. In stato di grazia, Murgia scrive per tutti noi un libro estremamente originale che rimanda a una costellazione di altri grandi libri: Il crollo di Fitzgerald, Lo zen e il tiro con l'arco di Herrigel e L'anno del pensiero magico di Didion.
«Cominciamo dal nome, Velarus. Lo scelse quella scema di mia madre. L'idiota che era mio padre non si oppose, e così fu». Sullo sfondo della ricca e fin troppo operosa provincia del Nord Italia, la sfrenata tragicommedia di un ragazzino con una famiglia di disgraziati. Il padre e la madre di Velarus non sono quel che si dice due tipi amorevoli. Del resto come potrebbero esserlo dei faccendieri sempre in viaggio, sempre attaccati al telefono, sempre impegnati a comprare e a vendere. Anche la nascita di un figlio è per loro una semplice transazione. Solo che poi non hanno né il tempo né la voglia di occuparsene, preferiscono scaricare l'impiccio su uno strampalato tassista e sulla sua altrettanto bizzarra moglie infermiera. Così il bambino viene lasciato in custodia un po' a chi capita: comincia per lui una lunga teoria di «affidamenti». Tutto questo, però, produce nel piccolo uno strano fenomeno fisico, qualcosa di davvero eccezionale. Ed ecco che nella testa dei genitori guizza l'idea di combinare l'ennesimo affare della vita, il più redditizio. A quel punto, la vendetta di Velarus prende il via.
Lei è una giovane gitana in fuga dalla famiglia per sottrarsi al matrimonio combinato con un uomo anziano, lui è un orologiaio che sta campeggiando sul confine e la accoglie nella propria tenda. L'incontro inaugura un'intesa fatta di dialoghi notturni sugli uomini e sulla vita, uno scambio di saperi e di visioni - lei che crede nel destino, nei segni, nel dio delle cose, lei che addestrava un orso e lo amava come il migliore degli amici; lui che si sente un ingranaggio dentro la macchina del mondo e che quel mondo interpreta secondo le regole dello Shangai, come se giocare fosse un modo per mettere ordine nel caos. Un'intesa che durerà a lungo, anche da lontano, e finirà per modificare l'esistenza di entrambi: uno scarto nel gioco, un bastoncino che si muove. Erri De Luca si mette su piste poco battute, su vite che si annodano e si sciolgono. Lo fa con una storia densa e lieve, dove ogni parola schiude significati più profondi, ogni frase è una porta di accesso prima di tutto a sé stessi, e nel farlo ci invita a un gioco calmo, paziente e lucido, nel quale anche una mossa impercettibile può cambiare il corso della partita.
Teresa Pandolfi ha esagerato. Questo pensa chi l'ha rapita. La sfacciata, attraente bionda a capo dell'Unità segreta dei Servizi deve essere messa a tacere. Prima di farla fuori, però, serve la certezza che non abbia lasciato prove compromettenti per il loro sistema di potere. Intanto Sara è in crisi. Diverse come il giorno e la notte, lei e Bionda sono amiche, colleghe, rivali. Più ancora: sorelle. Dal giorno in cui non le risponde a un messaggio, Mora ha capito: Teresa è in pericolo di vita. Lei è disposta a qualsiasi cosa per salvarla, con Viola, Pardo e persino Boris, il colossale Bovaro del Bernese. Al suo fianco la risorsa più preziosa, l'ex agente Andrea Catapano, che con Bionda e Mora ha condiviso gli anni migliori. Così comincia una forsennata corsa contro il tempo. Per capire se esistono delle prove, unica merce di scambio per la liberazione di Teresa, Sara dovrà scavare dentro tutto ciò che sa di lei. Tornare alle indagini di ieri, collegarle a quelle di oggi. Ma dovrà soprattutto schiudere lo scrigno dei ricordi, anche i più minuti, all'apparenza insignificanti, che ognuno di noi cela a propria insaputa in fondo al cuore. Lì in mezzo, Mora potrebbe indovinare la pista giusta, a cui arriverebbe - in uno slancio dell'anima - soltanto una sorella.
Due vicende si intrecciano alternandosi nel ritmo del racconto. Una è ambientata negli anni Ottanta e procede a ritroso, ripercorrendo la relazione tra una ventenne dell'alta borghesia milanese, Lidia, e il giovane architetto che ha lavorato al progetto di ristrutturazione della casa regalatale dal padre in via Saterna, nel centro di Milano. Una casa particolare, un progetto architettonico visionario in cui ogni stanza è percorsa da una vibrazione, quasi da un mistero: un luogo che celebra la relazione clandestina e asimmetrica tra i due, la fragilità di Lidia e l'ambizione che infiamma il giovane uomo. Ritroviamo la casa e le sue atmosfere alcuni decenni dopo, in un futuro prossimo, in cui la catastrofe climatica e la crisi migratoria sono in pieno corso, le strutture di convivenza ormai al collasso. Roma è torrida in modo insopportabile, Milano eternamente immersa in una nebbia arancione. Qui si muove Irene, quarantenne curatrice fallimentare di successo grazie alle aste in cui si cedono ai privati proprietà immobiliari di grande valore, spesso tesori dello Stato. Una donna solitaria e senza figli, a cui viene affidata da un facoltoso avvocato la vendita di una casa difficile e affascinante, proprio quella di via Saterna. Quando Irene la visita la prima volta ne è subito colpita, avverte una inquietudine, lo spazio è inatteso e ostile, eppure vi si cela un oscuro senso di bellezza, una luce profonda. Qualcosa non torna, piccole tracce qui e là, l'assenza di polvere al terzo piano, un mucchio di stoffe lasciato davanti a un divano. Ma l'idea di vendere quella casa la spinge a procedere, senza guardarsi indietro. Nell'architettura vorticosa de "Il cerchio perfetto" scaturiscono relazioni impreviste, si profila un'idea di amore egoista e manipolatorio, si indaga una giovinezza protesa sul vuoto. Ovunque si avverte il fardello di un passato mai risolto, ed emerge l'idea di una possibile maternità nonostante un mondo che incombe minaccioso con le sue trasformazioni.
L'Europa è in guerra, le risorse scarseggiano ed è in corso una pandemia: no, non stiamo parlando di attualità ma dell'anno 1631. A Firenze la peste infuria, il Granduca dà disposizioni per limitare i contagi ma c'è chi sa trarre beneficio dalle situazioni di emergenza: tra gli altri, un "filosofo naturale" che con la scusa del morbo ha ottenuto di stampare il suo ultimo libro in città anziché a Roma, eludendo gli accaniti controlli dell'Inquisizione. È Galileo Galilei, l'uomo che con il suo "cannone occhiale" ha scoperto le fasi di Venere e i satelliti di Giove, che fa esperimenti sul pendolo e sulla caduta dei gravi e adesso sta per pubblicare il Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo: un'opera scritta in volgare affinché tutti possano capire che non l'uomo con i suoi dogmi bensì il Sole sta al centro dell'universo. La vista di Galileo, però, è sempre più appannata, e le sue minute devono essere trascritte per il tipografo dalla figlia Virginia, che ha preso il velo nel convento di San Matteo in Arcetri. E come osservando attentamente la Luna si scopre che è coperta di macchie, così anche un luogo di preghiera, a frequentarlo assiduamente, rivela aspetti inattesi: c'è chi dice, per esempio, che alcune sorelle "ricevano"; che in una cella il lume rimanga acceso troppo a lungo; che una notte si sia udito il suono di un corpo che cade... Galileo dovrà portare luce in un mistero più buio di una notte senza stelle, ma nulla può fermarlo perché lui sa che ogni cosa illuminata ha una parte oscura: sta a noi capire da che lato osservarla. E quando arriviamo a vederla nella sua interezza, ci avviciniamo alla nostra natura celeste.