Che cosa caratterizza un'opera d'arte? Come hanno fatto gli antichi greci a dare forma alla bellezza ideale? Il colore influenza direttamente l'anima? Questo libro, ricco di immagini e infografiche che guidano passo-passo, esamina queste e altre domande, esplorando i movimenti fondamentali, i temi e gli stili attraverso più di 200 opere molto diverse tra loro, dalla rappresentazione della fertilità preistorica a video istallazioni contemporanee.
«Come nel Medioevo le tradizioni e le superstizioni esistenziali avevano prodotto una quasi impenetrabile e fitta rete di vincoli e remore, così oggi le nuove superstizioni - prodotto artificiale della civiltà, della modernità e della sua etica legale - si calano sulle attività produttive nella forma di una ragnatela ugualmente fitta di nuove infinite regole e inutili e sovrapposte servitù, di artificiose e forzose convenzioni ideologiche, politiche, e giuridiche... Si può evitare questa deriva, ma solo a partire dal Rinascimento, proprio perché questo è stato lotta per la libertà contro la tirannide, ma anche antitesi e rivoluzione come costruzione dell'avvenire.» Queste parole riassumono il senso di un originale manifesto culturale e politico scritto a quattro mani: da una nuova idea di Europa al ruolo dell'Italia non più subalterno, dal problema dei migranti allo Ius soli, dal recupero e la valorizzazione dei beni artistici, soprattutto dopo il terremoto del 2016, all'orgogliosa rivendicazione dell'Italia come «potenza culturale» i cui Beni valgono più di qualunque industria straniera. Sono questi i temi che in queste pagine con estrema forza indicano una via d'uscita dalla crisi economica e di valori del nostro Paese e del mondo occidentale in generale. Ma questa rinascita non può che partire dalla bellezza, bellezza come volano di sviluppo, bellezza come bene pubblico e forma politica più alta. Il nostro è un patrimonio di valori di civiltà che si può tradurre in valore patrimoniale, e gli esempi non mancano. Solo valorizzandolo l'Italia può tornare a dispiegare, con Dante, «le ali al folle volo».
Nel 1482 Leonardo da Vinci entra per la prima volta a Milano. Ha trent'anni, poca esperienza del mondo e tra le mani solamente una spavalda lettera di presentazione per il signore della città, l'ambizioso Ludovico il Moro, in cui si descrive capace ed esperto in ogni campo, dall'arte della guerra all'edilizia. Vuole fare fortuna, è giovane e ha tanta voglia di mettersi in gioco. Riuscirà perfettamente nel suo intento, perché quando partirà dopo quasi tre decenni alla volta della corte francese di Francesco I, lascerà una città profondamente mutata, una metropoli moderna e all'avanguardia, fiera delle proprie tradizioni ma già orientata verso l'Europa. Gran parte di questa trasformazione è merito suo: alla corte sforzesca Leonardo ha infatti potuto sviluppare ed esercitare tutte le sue abilità, dall'architettura all'ingegneria idraulica, dalla pittura dei celeberrimi ritratti alla scenografia di spettacoli teatrali con effetti speciali mai visti prima. Milano, con la vivacità e lo spirito dinamico che la contraddistinguono, è il luogo perfetto per permettere al suo genio eclettico di spaziare senza limiti, lasciando segni che restano ancora visibili a distanza di cinque secoli. In questo libro Marina Migliavacca accompagna il lettore in un itinerario avvincente tra luoghi ricchi di fascino e storia, raccontando con precisione e gusto l'avventuroso rapporto tra il più grande genio italiano e la città che gli ha dato la fama.
Il catalogo della mostra a Palazzo Strozzi a Firenze dedicato a Bill Viola, maestro della videoarte
La Fondazione Palazzo Strozzi presenta al pubblico Bill Viola. Rinascimento elettronico, una grande mostra che celebra il maestro indiscusso della videoarte contemporanea.
In un percorso espositivo unitario tra Piano Nobile e Strozzina la mostra ripercorre - attraverso straordinarie esperienze di immersione tra spazio, immagine e suono - la carriera di questo artista, dalle prime sperimentazioni degli anni settanta fino alle grandi installazioni successive al Duemila.
Esplorando spiritualità, esperienza e percezione Viola indaga l'umanità: persone, corpi, volti sono i protagonisti delle sue opere, caratterizzate da uno stile poetico e fortemente simbolico in cui l'uomo è chiamato a interagire con forze ed energie della natura come l'acqua e il fuoco, la luce e il buio, il ciclo della vita e quello della rinascita.
Nella cornice rinascimentale di Palazzo Strozzi si crea soprattutto uno straordinario dialogo tra antico e contemporaneo attraverso un inedito confronto diretto delle opere di Viola con quei capolavori di grandi maestri del passato che sono stati per lui fonte di ispirazione e ne hanno segnato l'evoluzione del linguaggio.
Si celebra così la speciale relazione tra Bill Viola e Firenze. E' qui infatti che l'artista ha iniziato la sua carriera nel campo della videoarte quando, tra il 1974 e il '76, è stato direttore tecnico di art/tapes/22, centro di produzione e documentazione del video. Il rapporto di Viola con la storia e l'arte viene inoltre esaltato attraverso importanti collaborazioni con musei e istituzioni quali il Grande Museo del Duomo, le Gallerie degli Uffizi e il Museo di Santa Maria Novella a Firenze, ma anche con le città di Empoli e Arezzo.
"L'opera d'arte nel tempo della sua riproducibilità tecnica'' è il saggio di filosofia dell'arte più importante del XX secolo. Ne esistono cinque differenti versioni, a vario livello di incompiutezza, elaborate da Walter Benjamin tra il 1935 e il 1936: quattro in tedesco, una in francese (l'unica a essere pubblicata con l'autore in vita). La presente edizione propone per la prima volta il "Kunstwerkaufsatz" di Benjamin in una forma radicalmente innovativa, che coniuga il rigore storico-filologico nella ricostruzione genetica dell'opera con l'interrogazione teoretica, aperta e problematica, delle cinque versioni del saggio. Il nucleo centrale del volume è costituito dalla collazione del testo tedesco, a cura di Vincenzo Cicero, e dalla traduzione italiana, curata da Salvatore Cariati e Luciano Tripepi: l'intento è di offrire, finalmente in una visione sincronica, la collazione critica di tutti i passi e di tutte le varianti significative delle cinque versioni, graficamente riconoscibili nella loro autonomia, disposte come innesti comparativi sul testo base dell'ultima redazione. La premessa gnoseocritica e la nota editoriale tratteggiano rispettivamente la prospettiva speculativa e redazionale entro cui è sorto il progetto di rimontaggio dell'opera. L'introduzione e la cronologia della vita e delle opere di Benjamin ricostruiscono il contesto della sua genesi e delle sue varie redazioni sulla base della più recente edizione critica tedesca. Infine, la struttura degli apparati, in gran parte bilingui, comprende le varianti testuali più ampie, la sinossi delle cinque versioni, una significativa selezione di paralipomeni, alcuni momenti epistolari essenziali, le note ai testi, i registri terminologici e gli indici. Un'edizione, dunque, che si pone come una novità nel panorama internazionale degli studi su Benjamin.
Finestra aperta sul mistero, l’icona occupa un posto d’eccezione nella tradizione ortodossa, ma la sua diffusione va ben oltre l’ambito del cristianesimo orientale. In questo libro, Ilarion Alfeev riassume i tratti fondamentali della tradizione iconografica bizantina e dell’icona russa soffermandosi sui sei significati di questa forma di arte sacra: teologico, antropologico, cosmico, liturgico, mistico e morale.
Sommario
Premessa. I. La pittura cristiana delle origini. II. La tradizione iconografica bizantina. 1. Mosaici e affreschi bizantini dal IV al VII secolo. 2. L’icona nel VI-VII secolo. 3. L’Immagine acheropita e la Sindone di Torino. 4. L’iconoclastia e il culto delle immagini. 5. La decorazione pittorica del tempio bizantino. 6. Principali tipologie iconografiche. 7. Mosaici e affreschi bizantini tra il IX e il XIV secolo. 8. L’icona bizantina dal IX al XIV secolo. 9. La miniatura. III. L’icona russa. 1. La pittura di icone nella Rus’. Teofane il Greco. 2. Il beato Andrej Rublëv e l’evoluzione dell’iconostasi. 3. L’iconografia della Trinità. 4. Dionisij e l’evoluzione della pittura di icone russa 5. L'epoca successiva a Pietro I. 6. La pittura accademica nelle chiese ortodosse. 7. L’icona russa nel periodo successivo alla rivoluzione. IV. Il significato dell’icona. 1. Il significato teologico dell’icona. 2. Il significato antropologico dell’icona. 3. Il significato cosmico dell’icona. 4. Il significato liturgico dell’icona. 5. Il significato mistico dell’icona. 6. Il significato morale dell’icona.
Note sull'autore
Ilarion Alfeev è metropolita di Volokolamsk, presidente del Dipartimento per le relazioni esterne del Patriarcato di Mosca e membro permanente del Sacro Sinodo. È stato vescovo ortodosso di Vienna e d’Austria, Amministratore pro tempore della diocesi di Budapest e d’Ungheria, rappresentante della Chiesa ortodossa russa presso le istituzioni europee a Bruxelles. Diplomato in violino, pianoforte e composizione, si è formato al monastero del Santo Spirito di Vilnius, al Seminario e all’Accademia Teologica di Mosca, all’Università di Oxford e all’Istituto Teologico San Sergio di Parigi. Ha insegnato Omiletica, Teologica dogmatica, Studi neo-testamentari e Greco bizantino nelle Scuole teologiche moscovite. Per EDB è autore di una grande opera in cinque volumi dal titolo La Chiesa ortodossa.
«La bellezza è discesa dal cielo per salvarci» aveva scritto Platone. «La bellezza salverà il mondo» confermano Dostoevskij, Solov'ev ed Evdokimov. Tutti sono d'accordo, anche oggi, sull'importanza della bellezza. In questo libro, lo stesso Evdokimov intraprende un lungo viaggio attraverso le avventure dell'arte moderna, fino a scoprire che la radice dell'esistenza umana è abitata dal desiderio di trascendere ogni limite: ebbene, la bellezza e le sue rappresentazioni sono i fragili custodi di questo insopprimibile anelito. La domanda di fondo, però, rimane: chi libererà la bellezza da coloro che vogliono impadronirsene a scopo di potere, di ricchezza, di dominio sull'altro? Solo l'esperienza della bellezza nella sua forma assoluta - è la risposta del grande pensatore russo - ossia solo l'esperienza indicibile (e irrappresentabile) di Dio può restituire alla bellezza il suo splendore originario e l'anelito che da essa viene. Il detto e il non detto, il mostrato e l'inseguito, la forma e il simbolo aprono e apriranno sempre gli spazi per la ricerca della verità da parte dell'umano. L'icona della tradizione ortodossa, con la sua arte, si presenta come la perfetta realizzazione di questo tentativo di "liberazione della bellezza". Un testo classico per riscoprire lo splendore del vero e la bontà del bello.
I miti greci della metamorfosi sono stati uno dei temi più affascinanti e generativi di pensiero della storia, a partire dalla materia dell’opera ovidiana e fino alle più contemporanee interpretazioni della psicologia.
Non solo le scienze umane e la letteratura, ma anche e soprattutto l’arte – dall’antico al contemporaneo – ha subìto il fascino di Dafne, Narciso, Eco, Ermafrodito e ne ha dato rappresentazioni che sono entrate nell’immaginario collettivo.
La mostra esplora il tema proponendo le storie dei miti e le differenti tipologie di trasformazione, esplorando la tensione tra alterità ed identità. Un percorso nel mito greco e nella sua fortuna attraverso storie con ingredienti narrativi comuni: se da un lato la mostra utilizza ampiamente l’opera ovidiana, il tema è trattato in una prospettiva assai più ampia, prendendo le mosse, piuttosto, dalla tradizione iconografica e dalle immagini di metamorfosi a Pompei.
La ricca selezione di oggetti comprende, oltre a numerose pitture parietali di soggetto mitologico, pannelli a mosaico, arredi in marmo e in bronzo, gemme e oggetti d’oreficeria, utensili in bronzo ed altri metalli. Per ciascun mito inoltre viene proposta una selezione di opere di periodi più recenti (dalla prima età moderna alla contemporaneità), in grado di illuminare tappe fondamentali nella ricezione dei miti greci di trasformazione.
Il più grande "cantiere moderno dell'antichità". L'area in cui sorgevano i Fori Imperiali, cuore antico della città di Roma e complesso architettonico unico al mondo per vastità e continuità urbanistica, è stata oggetto di un'attività di scavo, studio e ricerca straordinariamente intensa nel corso del tempo. In particolare, gli scavi archeologici realizzati negli ultimi venticinque anni hanno portato alla luce un tesoro prezioso. Il rinvenimento di un'eccezionale varietà di reperti, in alcuni casi unici, ha permesso, infatti, di ampliare le conoscenze sulle vicende del sito nel periodo medievale e moderno. Un contesto storico sicuramente meno noto (e meno rappresentato) al grande pubblico rispetto a quello classico, ma altamente esemplare della continuità insediativa urbana. Un'interessante e quanto mai diversificata selezione di reperti - tra cui ceramiche, sculture, monete, oggetti devozionali e di uso quotidiano -, tra le migliaia recuperati e per la maggior parte esposti per la prima volta, raccontano questi significativi periodi storici. Come in un viaggio a ritroso nel tempo, gli scavi archeologici hanno riportato alla luce ricchi depositi stratigrafici che si sono accumulati nel corso dei secoli al di sopra dei maestosi resti dei Fori. Qui, già prima del fatidico Anno Mille, erano sorti diversi nuclei di abitato e alcune piccole chiese. Il paesaggio urbano cambia nuovamente alla fine del XVI secolo, quando nella zona vengono avviate operazioni di bonifica dei terreni seguite dalla nascita di un tessuto urbano ordinato: il Quartiere Alessandrino, chiamato così dal soprannome del cardinal Michele Bonelli, che ne promosse la realizzazione. Negli Anni Trenta del secolo scorso il Quartiere, con le sue abitazioni e le sue chiese, viene raso al suolo per l'apertura di via dei Fori Imperiali e la "liberazione" delle strutture di epoca classica. Vengono così cancellati, d'un colpo, secoli di storia, di vita, di arte. La vita quotidiana, insieme alle vicende dei luoghi e delle persone - anche illustri -, è ricostruita attraverso 310 reperti archeologici, costituiti da oggetti appartenuti agli abitanti o prodotti nelle botteghe dell'area.
Il volume, rivolto a coloro che desiderano approfondire la propria conoscenza dell'arte greca e, in particolare, agli studenti universitari, affronta il problema della cultura formale del mondo greco. Gli argomenti sono esposti con un linguaggio piano e accessibile, e in questo senso deve essere interpretata anche l'abbondanza del materiale illustrativo. Un punto di riferimento importante per gli approfondimenti del lettore è costituito dall'articolatissima bibliografia.
Il Cenacolo di Leonardo da Vinci è uno dei vertici della pittura di tutti i tempi. Il maestro del Rinascimento italiano lo dipinse negli ultimi anni del Quattrocento, nel refettorio del convento domenicano di Santa Maria delle Grazie a Milano. E fu una vera rivoluzione. Nonostante il rapido e irreversibile degrado, infatti, nulla è riuscito a distruggere il fascino di quest’opera unica e straordinaria: Rubens, quasi a nome di tutti gli artisti “moderni”, sentenziò che essa aveva raggiunto «un tale grado di perfezione» che gli sembrava impossibile parlarne in termini adeguati, «e tantomeno imitarla». Ma questa Ultima cena è innanzitutto una vibrante icona spirituale, scaturita dalla sensibilità di un talento profondamente religioso, che mettendo in scena il drammatico istante dell’annuncio del tradimento, porta lo spettatore al cuore del mistero eucaristico, e quindi della fede cristiana.
Di fronte ad un'arte che spesso non sa più parlare a Dio e di Dio, per la prima volta viene proposto un Simposio fra intellettuali ed artisti, capace di rispondere a queste sensibili domande: l'arte contemporanea è ancora in grado di dare Gloria a Dio? È capace di avvicinare i fedeli in maniera adeguata al Cristianesimo? Conta o non conta la bellezza nell'arte sacra e nei riti liturgici? Che cosa comunicano di sacro le chiese moderne? Esiste ancora una pedagogia catechetica nei nuovi edifici di culto? Bambini e adulti, entrando nelle chiese odierne, trovano ambienti adeguati per il raccoglimento, la preghiera, l'elevazione dell'anima? Com'è possibile che la committenza ecclesiastica chiami ad operare architetti o artisti distanti dai concetti di bellezza e sacralità?