Perché Hitler odiava gli ebrei? Quando è nato l'antisemitismo ? Che cosa sono I Protocolli dei Savi di Sion? Esiste un "business della Shoah"? Abbiamo il diritto di criticare lo stato di Israele? E l'antisionismo si può considerare una forma di antisemitismo? Il breve libro non esita a fare le domande più scomode smontando, con chiarezza e semplicità, malintesi, trappole e teorie del complotto. Una guida per capire le radici dell'odio antiebraico e uscire dalla logica del pregiudizio e della violenza.
Del libro profetico di Giona, contenuto nella Bibbia ebraica e cristiana, fa eco la domanda che Dio rivolge al profeta: "non dovrei aver pietà di Ninive, quella grande città, nella quale sono più di centoventimila persone, che non sanno distinguere fra la mano destra e la sinistra?". L'incapacità dei pagani di discernere fra bene e male rinvia al tema della giustizia, che sta alla base dell'ebraismo. Attraverso il commento a questo libro biblico, la riflessione sui concetti di giustizia e colpa, sulla dimensione messianica, sul tema della lamentazione, e l'esposizione delle "novantacinque tesi" su ebraismo e sionismo, i cinque testi (1917-1923) di Scholem qui raccolti fungono da guida per comprendere l'essenza del giudaismo. Pagine che fanno luce sulla prospettiva teologico-filosofica dell'autore, che conduce dall'analisi delle fonti e della storia ebraica allo studio della Qabbalà, la sua fondamentale tradizione mistica.
Cinquecento anni fa, il 29 marzo 1516, il Senato della Serenissima Repubblica di Venezia deliberò che gli ebrei di diverse contrade cittadine si trasferissero "uniti" (cioè tutti) nella corte di case site in Ghetto, presso San Girolamo. Nasceva così il primo "recinto degli ebrei". Si trattava in origine del "geto de rame", il luogo in cui venivano riversati ("gettati") gli scarti della lavorazione delle fonderie presenti nella zona. Nel corso dei secoli, e su tutti i continenti, questa parola veneziana sarebbe presto diventata sinonimo di segregazione. Nato come misura di confinamento, il Ghetto diviene in breve un luogo effervescente e cosmopolita, che accoglie gli ebrei provenienti dai luoghi più diversi, oltre a rappresentare uno dei centri di commercio fondamentali della Repubblica veneziana. La struttura architettonica delle sue case, inusuale per Venezia - con i suoi caseggiati stranamente sviluppati in altezza per far posto al numero crescente di abitanti confinati nel luogo -, si intreccia alla vicenda storica del luogo, decisamente centrale per l'Italia e per l'Europa. Qui sorgono i banchi di pegno dai quali passerà buona parte del prestito di denaro della potenza lagunare, ma nel Ghetto non mancano le professioni liberali e la cultura, che fanno di Venezia una delle capitali indiscusse del mondo ebraico e non solo.
La realizzazione del Progetto Talmud è resa possibile grazie al finanziamento del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Il Progetto Traduzione Talmud Babilonese è una Società consortile a responsabilità limitata (Searl) con soci il Consiglio Nazionale delle Ricerche e l'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane - Collegio Rabbinico Italiano.
L'anima della vita è una delle più grandi opere dell'ebraismo moderno. Opera fondamentale della cabala, è un'introduzione magistrale alla mistica ebraica, ricondotta alle sue origini bibliche e talmudiche. L'autore riesce a far dialogare la cabala e il cassidismo, ponendo in una sintesi equilibrata la preghiera e lo studio della Torah, illuminando i segreti dell'essere umano e la sua ricerca di Dio. Offriamo qui, per la prima volta in italiano, la traduzione del Primo portico che dà il titolo a tutta l'opera.
Nel dossier di questo numero viene posta la questione della rappresentazione di Dio nell'arte. Perché alcune tradizioni rifiutano ogni rappresentazione divina e altre la incoraggiano? Si passano in rassegna la tradizione giudaica che propone risposte paradossali, il cristianesimo orientale che ha fatto dell'icona una teologia, il cristianesimo occidentale diviso tra cattolicesimo iconofilo e riformismo iconoclasta, la tradizione musulmana nelle sue differenze sunnite e sciite. E infine la questione dell'arte contemporanea di fronte alla rappresentazione di Dio, con le sue interpretazioni e le sue provocazioni. Completano il numero le consuete rubriche di "Studi Biblici" e "Bibbia e cultura".
La banca e il ghetto sono due invenzioni italiane. Nel 1516 veniva fondato il ghetto di Venezia. Negli stessi anni, sempre in Italia, si assisteva alla nascita di un nuovo modello finanziario, destinato a grandi fortune: la banca pubblica. Questa coincidenza non è casuale. La banca e il ghetto sono le due costruzioni complementari di una modernità che riconosce nella finanza l'aspetto più efficace del governo politico. La banca diventa in Italia, tra Medioevo e Rinascimento, un'invenzione strategica grazie alla quale le oligarchie cristiane al potere (dagli Sforza ai Gonzaga ai Medici, dal papa alle élites di Venezia o Genova) controllano direttamente lo spazio sociale che dominano. Si crea così la possibilità di indicare come economia "dubbia" quella in cui operano gli "infedeli". Il prestito a interesse e le attività economiche affidate dai governi agli ebrei sono derubricate ad attività minori e non rappresentative dell'economia "vera" degli stati. Questo percorso conduce alla delegittimazione progressiva della presenza ebraica in Italia e culmina con l'istituzione dei ghetti.
Il libro affronta il tema del viaggio a Gerusalemme nella cultura letteraria italiana del Novecento. Nel periodo preso in esame (dal tramonto della dominazione ottomana al 1967), Gerusalemme è di gran lunga la città più temuta e perciò la meno raccontata dagli scrittori-viaggiatori. Il volume indaga le ragioni per cui la paura ha indotto molti a disputare su Gerusalemme senza esserci mai andati. La tragedia del Medio Oriente viene quindi affrontata inseguendo le forme, i modi e i tempi attraverso cui alcuni protagonisti della letteratura italiana - tra questi Ungaretti. Buzzati, Montale, Flaiano, Silone, Moravia, Meneghello - hanno saputo vincere la paura e si sono messi in movimento, con il piroscafo e con la penna. Matilde Serao, Angelo De Gubernatis, Orio Vergani erano stati i loro illustri precursori. La ricerca nasce dalla convinzione che la letteratura sappia sempre offrire un'angolatura alternativa alla storia e, quindi, proporre una scansione degli eventi diversa da quella della politica internazionale.
La storia bimillenaria delle comunità ebraiche in Italia è la straordinaria avventura, tanto tormentata quanto poco nota, di una minoranza (poche decine di migliaia di persone) che ha saputo radicarsi capillarmente in tutto il territorio del nostro paese, dalle Alpi alla Sicilia, dal Friuli alla Sardegna. E che, malgrado le umiliazioni e le vessazioni subite da parte delle autorità politiche ed ecclesiastiche locali, è riuscita a salvaguardare sempre le proprie tradizioni e la propria identità culturale senza isolarsi e rinchiudersi in se stessa, ma anzi partecipando attivamente alla vita sociale ed economica dei luoghi in cui si è insediata. Di questa singolare vicenda, che rappresenta un caso unico nel panorama europeo, Riccardo Calimani ricostruisce qui una prima ampia parte: dalla libera alleanza degli ebrei con la Roma repubblicana e dai secoli dell'esilio, dopo la distruzione di Gerusalemme (70 e.v.) voluta dall'imperatore romano Tito, sino al rimescolamento delle varie comunità ebraiche del Vecchio Continente provocato dalla loro espulsione dalla Penisola iberica alla fine del XV secolo. Il vero punto di svolta di questo complesso itinerario è costituito dall'editto di Costantino (313), che, legittimando la cristianità, inaugura la lunga stagione dell'incontro-scontro tra giudaismo della diaspora e Chiesa di Roma. Un rapporto ambivalente che si riflette nella costante oscillazione nel trattamento da essa riservato per tutto il Medioevo (e oltre) agli ebrei...
"Ebrei e cristiani possono arricchirsi vicendevolmente nella loro amicizia. Senza le sue radici ebraiche, la Chiesa rischierebbe di perdere il suo ancoraggio nella storia della salvezza, scivolando infine in una gnosi storica."
A cinquant'anni dalla dichiarazione conciliare Nostra Aetate la conoscenza dell'ebraismo è ancora relativamente inadeguata e molti «cristiani comuni» rischiano di restare ancorati a preconcetti che non rispondono più allo stato della ricerca sulla Bibbia ebraica o sul Gesù storico. Un certo «antigiudaismo», da distinguere dall'antisemitismo, è ancora oggi presente in molte comunità sia cattoliche che protestanti: non si tratta tanto di un dialogo interreligioso, spesso difficile, ma della sostanziale mancanza di conoscenza reciproca. Il volume, rivolto soprattutto a insegnanti e catechisti, si propone di colmare, almeno in parte, questa mancanza. Con un linguaggio semplice, discorsivo e comprensibile l'intento è offrire ai lettori le conoscenze di base alla luce della ricerca scientifica moderna e alcuni spunti concreti di didattica per trasferire le conoscenze ad alunni e studenti.
La sera del 5 dicembre 1943, il giovane pianista Arturo Benedetti Michelangeli suona al Teatro La Fenice di Venezia. In quelle stesse ore, polizia, carabinieri e volontari del ricostituito Partito fascista - i carnefici italiani - compiono in città una delle maggiori retate di ebrei nella penisola dopo quella condotta dai tedeschi a Roma il 16 ottobre. Sulla base del censimento della popolazione di "razza ebraica" condotto a partire dal 1938, oltre centocinquanta tra uomini, donne, vecchi e bambini vengono stanati dalle loro case e tradotti alle locali carceri. Nei giorni successivi i loro beni vengono sequestrati, gli appartamenti sigillati o destinati ad altri italiani. I prigionieri saranno poi trasferiti a Fossoli di Carpi, il principale campo di transito degli ebrei nella Repubblica sociale, gestito da forze italiane. Qui saranno detenuti in condizioni precarie e, quindi, caricati su vagoni piombati - dopo la consegna in mani tedesche - su cui verranno condotti alla morte nel campo di sterminio di Auschwitz. Questi eventi si ripeterono in modo analogo, tra l'autunno del 1943 e la primavera del 1945, nelle principali città e in una miriade di piccoli paesi del centro-nord della penisola italiana. Perché si tende ancora a rimuovere il ricordo di queste vicende, mentre prevale quello dei "salvatori" e dei "giusti"? Perché raramente si ricorda che almeno metà degli arresti di ebrei fu condotta da italiani, senza ordini o diretta partecipazione dei tedeschi?