Dai rotoli del Mar Morto fino a Il diario di Anna Frank, un sorprendente viaggio nella storia tra i più preziosi e antichi manoscritti, i primi volumi stampati e alcuni dei più grandi esempi di letteratura illustrata. Una guida meravigliosa e affascinante che presenta oltre 80 tra i libri più famosi, rari e importanti del mondo, raccontando perché sono stati scritti e perché sono ancora considerati innovativi.
Avviare un'impresa editoriale implica, da sempre, una buona dose di coraggio. Ma nel caso di Aldo Manuzio, che nel 1495 si propone di stampare libri greci guardando oltre i ristretti confini dell'Italia, sarebbe meglio parlare di temerarietà. Il suo rivoluzionario disegno comportava infatti difficoltà tali da scoraggiare chiunque, giacché esigeva, oltre che un fiuto fuori del comune, collaboratori di prim'ordine e con competenze linguistiche per quell'epoca rare - persino a Venezia, dove pure viveva una florida colonia greca; e manoscritti, non meno rari, su cui fondare le edizioni; e incisori di eccezionale abilità tecnica, capaci di creare tipi che gareggiassero con la grafia dei più eleganti copisti. Senza contare la difficoltà forse maggiore: il numero, inevitabilmente ristretto, dei possibili acquirenti. Ma di fronte a questi scogli Manuzio non arretra: e vara il suo programma editoriale con la grammatica greca di Costantino Lascaris, procuratagli da uno scout d'eccezione, Pietro Bembo. Altre meraviglie seguiranno: dalla prima, monumentale edizione di Aristotele a Sofocle - proposto nel 1502 nel nuovo formato (i cosiddetti libelli portatiles) con cui ormai da un anno aveva genialmente ampliato il suo pubblico -, da Tucidide ed Erodoto a Euripide, Omero e Platone. Nei vent'anni della sua attività Manuzio riuscirà a imporre non soltanto un modello di editoria ammirato in tutta Europa, ma un modo nuovo di accedere ai testi, svolgendo così un ruolo che era stato sino ad allora prerogativa dei grandi maestri della letteratura e della filologia.
Nella storia dell'editoria italiana, il contributo delle case editrici cattoliche è stato ed è rilevante per lo sviluppo del pensiero, della conoscenza e del dialogo intorno ai valori e alle idee del panorama cristiano, senza dimenticare l'apporto nel fornire strumenti di approfondimento per i credenti e per chiunque sia interessato a queste tematiche. In questa sintesi di orientamento storico-critico si traccia un percorso di incontri con editori, autori, collaboratori che si sono impegnati a costruire con passione e competenza un solido edificio di cultura religiosa e spirituale che fosse un servizio e un patrimonio comune. Tante realtà che, dalla fine dell'Ottocento a oggi, hanno saputo tenere il passo con i tempi, sotto il profilo delle idee, dei contenuti e dei mezzi, in qualche caso anche anticipandoli con lucidità di visione. Oggi, però, le case editrici cattoliche si trovano ad affrontare problematiche nuove connesse alle trasformazioni in atto nella società e nella vita della Chiesa, e questo segnerà per loro un nuovo inizio.
Non succede spesso di aprire un libro e di iniziare uno straordinario viaggio nel tempo e nello spazio. Di imbattersi, pagina dopo pagina, in vicende di cui serbiamo una sbiadita memoria o di cui si conservano solo labili tracce. Di incontrare potenti sovrani e monaci avventurosi, studenti goliardi e devote principesse. Di passare dalle nebbie cupe d'Irlanda all'inebriante tepore della Spagna moresca, dal mistico silenzio delle colline toscane al vociare sboccato delle taverne tedesche. Ebbene, "Storia di dodici manoscritti" di Christopher de Hamel, uno dei massimi esperti mondiali di codici miniati, ci accompagna in questo viaggio sfogliando e analizzando alcuni tra i più affascinanti e preziosi manoscritti medievali. Dal Vangelo di Sant'Agostino, testimonianza dell'arrivo del cristianesimo in Inghilterra alla fine del VI secolo, al Codice Amiatino, la più antica bibbia a noi pervenuta; dal Libro di Kells, simbolo iconico della cultura irlandese, al Libro d'Ore di Giovanna di Navarra, che solleticò la bulimia predatoria di Hermann Göring. Ma anche i "Carmina Burana", noti soprattutto per la trasposizione musicale che ne fece il compositore tedesco Carl Orff, o gli "Aratea" di Leida, straordinario trattato di astronomia in versi e simbolo della rinascita carolingia della prima metà del IX secolo, o il "Semideus" Visconti, manoscritto umanista dedicato all'arte della guerra saccheggiato dai francesi nel 1499 dopo la conquista di Milano. E altri ancora. Sfogliare un manoscritto medievale, spiega de Hamel, vuol dire in primo luogo ammirarne le illustrazioni, annusarne l'odore, toccare con mano tutta la sua magnificenza e fragilità. Ma osservarne le abrasioni, i rammendi, le sfumature di colore, le legature, i pigmenti, così come i danni prodotti dal tempo, dall'umidità, dai topi, dall'incuria e dall'ignoranza degli umani, vuol dire anche ricostruirne le secolari vicende, i vagabondaggi, i passaggi di mano. Vuol dire risalire lungo la catena dei proprietari che lo hanno acquistato, rubato, custodito, ammirato, dimenticato, venduto. Ritornare alla temperie culturale e spirituale nella quale ha visto la luce. Dare un nome allo scriba che lo ha copiato o al miniaturista che lo ha illustrato. Rintracciare il monastero che lo ha prodotto, gli scaffali delle biblioteche sui quali si è coperto di polvere o gli itinerari che ha dovuto seguire per arrivare a volte ai limiti estremi del mondo conosciuto. Perché intorno a ogni manoscritto si intrecciano infinite storie - di abati ambiziosi e di collezionisti, di malfattori e di avventurieri, di artisti e di dittatori - e perché ogni manoscritto ha una propria storia da raccontare.
Sorta all'estremità meridionale delle rotte carovaniere che attraversavano Marocco e Libia, nell'odierno Mali, la città di Timbuctù è sempre stata circondata da un alone di mistero. Una leggenda rinvigorita dal ritrovamento nel 1853 di un prezioso manoscritto del XVI secolo, il Tarikh al-Sudan (Cronaca del Sudan), che raccontava di una "città virtuosa, pura, fiera e incontaminata, che non aveva eguali nella terra dei Neri". Ritenuti per oltre un secolo documenti storicamente attendibili, questo e migliaia di manoscritti analoghi sono invece un sublime esempio di letteratura africana, che rivelano l'assoluta originalità intellettuale di un continente troppo a lungo sottovalutato dalla cultura occidentale. Essi rappresentano quindi per il Mali un patrimonio di valore inestimabile, gelosamente custodito in biblioteche e in fondi privati e gravemente minacciato, nel 2012-13, dalla guerra civile e dalla furia iconoclasta del terrorismo jihadista. Proprio ai rocamboleschi tentativi di salvaguardare questa preziosa eredità dalla distruzione è dedicato il libro del giornalista Charlie English, che racconta l'avventura vissuta, loro malgrado, da tre bibliotecari di Timbuctù. Mentre la città è nelle mani dei guerriglieri di AQIM (al-Qaeda nel Maghreb Islamico) e nel mondo si diffonde la falsa notizia che avrebbero dato alle fiamme i più antichi reperti scritti dell'Africa occidentale, i tre eroi per caso si improvvisano emuli di James Bond e Arsenio Lupin e, a rischio della vita, organizzano il "furto" di un'impressionante mole di documenti, stivandoli in centinaia di bauli e nascondendoli in luoghi sicuri. Tra colpi di scena, conflitti a fuoco, traversate notturne su fragili imbarcazioni inquadrate dai fari degli elicotteri e dai mirini dei kalashnikov, si snoda una vicenda di cronaca che ha l'aspetto e la dinamica del più serrato film d'azione, ma che è nata dal profondo amore di un popolo per la propria storia.
Papi e cardinali, vescovi e santi, monache tipografe e mistici, ma anche letterati e bibliofili, poeti e collezionisti, ladri e falsari, editori e copisti: ecco i protagonisti di questo libro. In una singolare galleria di 166 brevi testi che, sotto il segno della scrittura e della lettura, offrono un quadro mosso e variegato di personaggi poco noti e altri molto famosi. Tra percorsi inediti, soggetti curiosi, figure minori e singolari, passioni e follie della bibliofilia. Così, nell'alternanza di virtù e vizi, si profila un originale panorama, rivisitato con leggerezza e ironia. C'è però, a ben vedere, una serietà di fondo in questa osservazione dell'umanità, perché anche i libri possono essere pedine di una partita per l'eternità.
"La gaia scienza: raramente l'espressione nietzschiana è stata così azzeccata per un libro... un libro sui libri! Dal papiro ai supporti elettronici, percorriamo duemila anni di storia del libro attraverso una discussione contemporaneamente erudita e divertente, colta e personale, filosofica e aneddotica, curiosa e gustosa. Passiamo attraverso tempi diversi e diversi luoghi; incontriamo persone reali insieme a personaggi inventati; vi troviamo l'elogio della stupidità, l'analisi della passione del collezionista, le ragioni per cui una certa epoca genera capolavori, il modo in cui funzionano la memoria e la classificazione di una biblioteca. Veniamo a sapere perché 'i polli ci hanno messo un secolo per imparare a non attraversare la strada' e perché 'la nostra conoscenza del passato è dovuta a dei cretini, degli imbecilli o degli avversari'. Insomma, godiamo della 'furia letteraria' di due appassionati che ci trascinano nella loro folle girandola in cui ogni giro sorprende, distrae, insegna. In questi tempi di oscurantismo galoppante, forse è il più bell'omaggio che si possa fare alla cultura e l'antidoto più efficace al disincanto."
Il libro cristiano, in questo volume conclusivo della trilogia che Giuliano Vigini ha dedicato alla sua storia, si trova di fronte alla sfida della modernità, a partire dai fermenti rinascimentali fino alle effervescenze dell'epoca contemporanea. Una parabola amplissima, che l'autore ripercorre per nuclei tematici, in una visione di sintesi che colloca opere e protagonisti nei diversi contesti culturali e storici. Dopo il resoconto delle edizioni più significative della Bibbia dal Seicento a oggi, ci si sofferma sull'apologetica cristiana, da Pascal a Chateaubriand fino a Newman e Chesterton, per addentrarsi poi nel filone della spiritualità femminile, con le sue grandi protagoniste, come Teresa d'Avila o Edith Stein, ma anche con figure meno note ma intense come Benedetta Bianchi Porro. Con i libri di pietà e devozione si entra in un campo ancora più prolifico, di cui si offre uno sguardo d'insieme e alcuni esempi classici, come Grignion de Monfort e Alfonso Maria de' Liguori. Rilevante è poi la messa a fuoco sui rapporti tra letteratura e cristianesimo, che propone i Promessi sposi come «romanzo della Provvidenza», ma considera anche quegli scrittori francesi (Mauriac, Claudel, Saint-Exupéry) che del messaggio cristiano hanno dato una rappresentazione emblematica e personale. Infine, il volume ripercorre i «volti della profezia e della contestazione» (da Rosmini a Léon Bloy, da Péguy a Mazzolari), per concludere con quattro grandi esperienze di «spiritualità contemporanea» (Charles de Foucauld, Giovanni XXIII, Divo Barsotti, Carlo Maria Martini) che hanno lasciato nel Novecento un segno che non si cancella.
I frammenti pervenuti del XXXI libro della Biblioteca di Diodoro rappresentano una delle principali fonti sul periodo compreso tra la terza guerra macedonica e la terza guerra punica (168-152/1 a.C.), fase sotto molti aspetti decisiva per l'evoluzione dei rapporti tra Roma e il mondo greco. Il XXXI si caratterizza come libro 'ellenistico', in ragione della molteplicità degli scenari geografici e degli attori storici considerati all'infuori di Roma e, malgrado l'assenza di un evento bellico centrale, si segnala come quello di gran lunga meglio preservato nel panorama delle ultime due decadi frammentarie della Biblioteca, in ragione di una tradizione particolarmente composita. Si tratta di uno dei pochi libri per cui sono possibili confronti per esteso con passi della fonte maggiormente seguita nella circostanza da Diodoro, le Storie di Polibio, ciò che rende possibile una disamina accurata delle modalità di elaborazione della materia da parte dello storico siceliota.
"Bisogna anzitutto inquadrare il personaggio, e non è facile. Dunque: Paolo De Benedetti, come dice il nome, è di origini ebraiche ma è nato in una famiglia non so da quanto ormai cristiana, e come cristiano è spirito religiosissimo (ha scritto libri e diretto collane di argomento religioso). È il cristiano più giudaicizzante che abbia mai conosciuto e naturalmente doveva finire come biblista e professore di cose giudaiche in una facoltà teologica. Come se non bastasse, è lo spirito più talmudico che esista". Con queste righe, Umberto Eco - che già aveva preso a modello PDB per tracciare la figura del redattore Diotallevi ne "Il pendolo di Foucault" - ha scritto, anticipatamente, la più perspicua introduzione a questa raccolta di scritti di De Benedetti sul lavoro editoriale. Scritti - seguiti dalla bibliografia curata da Agnese Cini Tassinario - dedicati al lavoro editoriale, con il ricordo di due editori come Valentino Bompiani e Stefano Minelli, e che appaiono, a ogni lettore attento, un "possesso per sempre" per chi si accosti all'editoria e al mondo dei libri.
Nella Parigi dell'Ottocento, avvertiva Frédéric de Reiffenberg, gli uomini di merito firmavano molti più libri di quanti ne scrivessero. Il caso della prima traduzione integrale in lingua moderna della Biblioteca di Fozio ne è una conferma esemplare. Portata a termine da Jean-Baptiste Constantin sotto il patrocinio del marchese Fortia d'Urban, essa fu annunciata ufficialmente nel 1831, ma non fu mai pubblicata. I manoscritti di Constantin passarono di mano in mano e furono variamente messi a frutto, sempre tacendosi il nome del primo autore. Dopo quasi due secoli, la presente edizione rende giustizia all'opera e al traduttore, ricostruendo i capitoli di questo giallo editoriale e pubblicando per la prima volta l'ampia trattazione su Fozio e sulla Biblioteca che Constantin premise al suo lavoro.
Fonti privilegiate per la ricostruzione di molteplici "storie", anche gli archivi hanno una loro propria storia. Che non si discosta, nella maggioranza dei casi, da quella di chi le carte ha prodotto o ricevuto: manifestando sovente, attraverso non casuali strategie di sedimentazione e configurazione della propria memoria scritta, progetti di intenzionale autorappresentazione e identità. Altrettanto se non maggiormente significativa è la storia di quegli archivi che vicende più o meno traumatiche hanno portato ad abbandoni e dispersioni, divisioni e accorpamenti, spostamenti incongrui, riordinamenti plurimi, viaggi anche lontani. Una decina di saggi, redatti nel corso di un ventennio di lavoro negli archivi veneziani, ripropongono in questa raccolta un itinerario attraverso alcuni casi significativi di storia degli archivi: pubblici, notarili, privati, ecclesiastici. Dietro alle nostre fonti e alle storie che esse narrano, dietro alla "messa in forma della memoria" che le ha forgiate e al "rumore" diffuso che da esse emana, non è difficile scorgere il variabile spirito del tempo, i suoi presupposti filosofici, giuridici, sociali, di costume. Dai riflessi squisitamente culturali infine alcune tappe del vivace dibattito e delle realizzazioni archivistiche susseguenti all'unità nazionale, con il ridefinirsi di nuove appartenenze amministrative anche per archivi e biblioteche e di ripetute aspettative da parte del mondo degli studi e degli editori di fonti.