2 giugno 2010, festa della Repubblica italiana. E trionfo del nepotismo. I titoli sono tutti su favori e prebende a figli, cognati e mogli della cricca del terremoto. Il familismo amorale elevato a sistema gelatinoso. Ma la bella società italiana non è soltanto quella dell'Aquila. Attori, cantanti, professori universitari, giornalisti, calciatori: nessuno sfugge alla regola. A partire, va da sé, dai politici. Ma "Tengo famiglia" non è un trattato di sociologia, è il libro di un cronista che fa nomi e cognomi, racconta fatti circostanziati e inediti, denuncia soprusi e nefandezze sull'Italia delle Parentopoli. Senza pietà alcuna. (Prefazione di Pietrangelo Buttafuoco)
Antonino Scopelliti fu assassinato in un attentato della 'ndrangheta il 9 agosto 1991. Prima che la linea stragista di Cosa Nostra si affermasse, fu il primo caso di attacco diretto alla magistratura da parte della criminalità organizzata. L'omicidio di Scopelliti, però, all'epoca non venne compreso appieno dallo Stato: la sua morte archiviata in fretta e i colpevoli, identificati in membri della 'ndrangheta che eseguivano un ordine di Totò Riina e Nitto Santapaola, tutti assolti in Cassazione dopo una lunga e dolorosa vicenda processuale. Anche il ricordo del primo magistrato vittima degli assalti mafiosi è stato quasi completamente cancellato. Rosanna Scopelliti - figlia “inesistente” per motivi di sicurezza, mai registrata all'anagrafe e trasportata in una valigia durante gli spostamenti del padre perché nessuno la vedesse - che all'epoca dell'attentato aveva otto anni, ricostruisce oggi, con l'aiuto di Aldo Pecora, una vicenda che rappresenta ancora una ferita aperta per la sua famiglia e l'Italia.
"Dalla pura e semplice bustarella
al regalo più gentile,
dalla transazione finanziaria anonima
alle ambiguità dell'amicizia,
dall'interesse personale ai favoritismi familiari,
la corruzione è un fenomeno
più difficile da individuare di quanto si pensi.
La si condanna da lontano,
la si incoraggia da vicino"
Lontano dal catastrofismo dominante e dall'ottimismo ebete, André Schiffrin traccia possibili strade per salvaguardare l'indipendenza dell'editoria, delle librerie, del cinema e della stampa, incitandoci a prendere coscienza del fatto che non siamo né impotenti né condannati al solo consumo di bestseller, di giornali asserviti o di televisioni inette. Il denaro conquisterà le parole? La risposta, ci spiega l'autore, dipende da ognuno di noi.
Più potente dell'Opus Dei, più efficiente della massoneria. Questo libro racconta per la prima volta dall'interno come funzionano Comunione e liberazione e il suo braccio finanziario, la Compagnia delle opere (una rete di più di 34.000 imprese, un fatturato complessivo di almeno 70 miliardi di euro). "Questo nostro modello conquisterà l'Italia" ha detto Roberto Formigoni. Il modello, in gergo ciellino, si chiama "amicizia operativa". Oggi sempre più imprese, complice la crisi finanziaria, si avvicinano a CL per godere dell'ombrello protettivo della Compagnia delle opere. Questa inchiesta indaga sui rapporti del movimento con Berlusconi fin dagli anni Settanta, sui legami con la sinistra e con la Lega Nord. Dall'università alla scuola, alla sanità, alla finanza, all'edilizia, ai servizi sociali e all'assistenza, quello legato a CL è un business che vale miliardi di euro e seduce tutti, imprenditori, politici e uomini d'affari. Come dimostrano le inchieste Oil for Food, Why Not, La Cascina, oltre a quella della Procura di Padova sui fondi Ue o i procedimenti che hanno toccato la sanità lombarda. Un viaggio tra i membri di Comunione e liberazione, con interviste ad alcuni appartenenti ai Memores Domini, i "monaci guerrieri" che praticano la castità e vivono in residenze comuni. La testimonianza di un fuoriuscito dal movimento e quella di uno psicoterapeuta che ha conosciuto molti militanti di CL, restituiscono il ritratto spiazzante e veritiero di una lobby affamata di potere.
Trattamento e attendibilità dei pentiti, carcere duro ai mafiosi, intercettazioni telefoniche, separazione delle carriere: le proposte di Giovanni Falcone nella lotta alla mafia hanno contribuito allo sviluppo democratico del nostro Paese. A distanza di anni il suo pensiero sempre lucido è rimasto assolutamente attuale, e la sua lungimiranza lo ha portato ad affrontare quelle questioni che sono oggi al centro del dibattito politico.
Oltre al Maxiprocesso e al patrimonio di conoscenze che ci ha tramandato su Cosa Nostra, questa raccolta di scritti ne restituisce le opinioni, le intuizioni, i progetti e le strategie per gestire e migliorare l’organizzazione della giustizia italiana. Finalmente un’immagine a tutto tondo del grande magistrato, ulteriore testimonianza della straordinaria passione civile che l’ha sempre animato e della sua perspicacia nell’individuare debolezze e criticità del nostro Stato.
Una nuova edizione, perché le sue parole e le sue conquiste non siano perdute, dimenticate o, peggio, piegate a interessi particolari.
Gli uomini passano, le idee restano.
Restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini.
— Giovanni Falcone
Quindici anni fa Ida Magli è stata una delle prime studiose autorevoli a schierarsi nettamente contro l'idea di un'Unione Europea, mostrandone i limiti, le storture e gli errori d'impostazione. Oggi, con la crisi dell'euro e il collasso di interi Stati, davanti a crescenti spinte separatiste e ai molti "no" sul progetto di costituzione unica, i fatti le danno ragione. L'unificazione è stata portata avanti per tentativi ed errori, e cinquecento milioni di persone diverse per lingua, storia, religione e costumi si sono ritrovate loro malgrado parte di una realtà che conoscono male e di cui nessuno gli parla. I vantaggi promessi non sono mai venuti, e l'UE pare solo un moltiplicatore di poltrone ad uso dei politici. In questo saggio fortemente polemico l'autrice affronta un argomento che pare tabù, indicandoci i responsabili di un progetto nato male, in cui gli stessi governanti non hanno fiducia. E, tra le ammissioni di giornalisti, politici, amministratori, industriali e uomini di Chiesa, ci mostra come nessuno si stia opponendo a quello che ritiene un processo disastroso ma inarrestabile.
ESISTONO ALMENO DUE ITALIE.
C’è quella da cartolina, dove si mangia bene e i problemi non esistono o, alla peggio, si risolvono da soli. E c’è poi un’altra Italia fatta di povertà emergenti o consolidate, di disoccupazione e precariato, di mercificazione delle donne, di conflitti d’interesse, di uso politico dei media. In un Paese normale, un giornalista del servizio pubblico dovrebbe avere il diritto (e il dovere) di raccontare tutto questo. Ma da noi non funziona più così.
Lo dimostra Maria Luisa Busi, volto di punta del Tg1 delle 20 che, dopo anni di carriera, nel maggio 2010 ha lasciato la conduzione, perché non condivideva la linea editoriale del nuovo direttore. Brutte notizie spiega come il telegiornale più seguito, quello che per vocazione dovrebbe dare spazio a tutte le voci e le idee, è venuto meno al suo compito. Facile ottimismo, montaggio delle notizie spesso tendenzioso, informazione che si snatura in intrattenimento: così, quello che dovrebbe essere lo specchio fedele di un Paese deforma la realtà quotidiana di un’Italia stretta nella morsa della crisi economica e sociale.
Un libro che è un atto d’accusa dei meccanismi di manipolazione, ma diventa anche denuncia delle notizie oscurate — dalle condizioni dei terremotati dell’Aquila alla propaganda mediatica sull’immigrazione, dall’affaire Alitalia alle vite scritte a matita di milioni di precari e senza lavoro, sino ai suicidi degli imprenditori del Nord Est travolti dalla recessione — e restituisce finalmente voce agli invisibili di cui alcuni non vogliono sentire parlare.
“ Dov’è il Paese reale? Dove sono le donne e gli uomini che hanno perso il lavoro? Dove sono i giovani, per la prima volta con un futuro peggiore dei padri? E dove sono i cassintegrati dell’Alitalia? Dov’è questa Italia che abbiamo il dovere di raccontare? Quell’Italia esiste. Ma il Tg1 l’ha eliminata.”
I dietro le quinte dell’informazione televisiva svelati da una protagonista che ha detto no.
Una rana, immersa in una pentola d’acqua che si riscalda molto lentamente, all’inizio si trova bene, ma quando l’acqua comincia a scottare non ha più le forze per saltare fuori.
In molti casi della vita quotidiana ci troviamo in situazioni simili: il contesto peggiora poco a poco, impercettibilmente, e quando ci accorgiamo del pericolo è ormai troppo tardi, pensiamo alla degenerazione dei programmi tv, del livello di istruzione, delle condizioni ambientali.
D’altro canto il bambù, quando viene piantato, per molto tempo non dà segni di vita, fino a quando all’improvviso viene fuori un’intera pianta: ancora una metafora dalla natura per stigmatizzare un comportamento umano, in una società che ci abitua ad avere e volere tutto subito e dimentica che i risultati più importanti sono frutto di una lunga preparazione.
Partendo da questo e altri apologhi, Clerc alza la voce e invita a prendere consapevolezza della realtà che ci circonda, un inno alla libertà di pensiero: per imparare ad accorgersi, nelle occasioni di tutti i giorni, quando è il momento giusto per saltare fuori dalla pentola.
“IMMAGINATE UNA PENTOLA PIENA D’ACQUA E DENTRO UNA RANA CHE NUOTA TRANQUILLAMENTE...”
150 date come filo conduttore per raccontare in 150 piccole storie la grande storia del nostro Paese dall'Unità ad oggi: questa la formula semplice ma certo innovativa scelta da Carlo Fruttero e da Massimo Gramellini per celebrare a modo loro i 150 anni di vita della nostra nazione. Il duo Fruttero-Gramellini ripercorre infatti, a quattro mani, i grandi eventi della storia italiana, dall'istituzione del Parlamento alle guerre mondiali, dalla nascita della democrazia ai fatti dei nostri giorni, chiamando in causa i personaggi - politici, intellettuali, artisti e scienziati -che hanno contribuito a fare del nostro un grande Paese. Il risultato è un mosaico che rivela una storia d'Italia diversa, spesso più interessante di quella che c'è stata raccontata, un po' noiosamente, a scuola. Recuperando date ed eventi a volte dimenticati e forte di una scrittura brillante e ironica, il libro offre al pubblico una lettura affascinante e divertente dei 150 anni della nostra Unità nazionale.
«Noi non solo pensiamo in una lingua, ma la lingua "pensa con noi" o, per essere ancora piú espliciti, "per noi"». Nell'Italia di oggi, per fortuna, non vi è un ministero della propaganda a forgiare una lingua che influenzi le coscienze, addormenti le resistenze e spinga al pensiero unico; eppure è difficile negare che il linguaggio usato dalla politica e amplificato dai mezzi di comunicazione di massa ruoti attorno a espressioni, parole, frasi che ricorrono sempre di piú, si fanno senso comune, sono spesso udite ma non certo indagate e capite a fondo.
Gustavo Zagrebelsky passa in rassegna una serie di questi «luoghi comuni linguistici» e denuncia il rischio che sia questa lingua a pensare per noi, e che i cittadini vivano immersi, senza rendersene conto, in una rete di significati che, se pure gli sfuggono, nondimeno strutturano la loro esperienza, danno forma alla loro vita politica, in ultima analisi regolano e limitano le loro possibilità di comunicare.