"Fra i critici del mondo moderno, ormai innumerevoli, René Guénon merita di essere segnalato come uno dei più radicali, dei più limpidi e coerenti... "Il Regno della Quantità e i Segni dei Tempi" è certamente la sua opera più completa e più rigorosa, e quindi anche la più utile ... Guénon - e in particolare questo suo libro, a preferenza di altri - merita di essere letto per togliersi dalla comoda illusione che il mondo sia necessariamente come noi siamo abituati a pensare che debba essere". (Sergio Quinzio)
Nel mondo contemporaneo ci sono molti più schiavi che in qualunque altro momento della storia dell'umanità. Skinner descrive questa lucrativa rete di schiavi che attraversa i cinque continenti e interessa 27 milioni di persone e la racconta nel dettaglio, da Haiti al Sudan, dall'India all'Europa dell'Est e dall'Olanda ai ghetti delle città americane. Sono storie nelle quali Skinner da direttamente la parola a chi subisce la schiavitù, a chi è riuscito a fuggirla, ai mercanti di schiavi e a chi cerca di combatterli. Storie spesso tragiche di persone abbandonate a se stesse dalla comunità internazionale e che, nonostante le sofferenze che patiscono, riescono ancora trasmettere l'intima speranza di riacquistare, prima o poi, quella dignità che viene loro negata.
Carola ed Elena, amiche e scrittrici, si scambiano lettere di riflessione, accusa, affetto subito prima e subito dopo la nascita di Mina, secondogenita di Carola. All'amica Carola, panciuta e felice, Elena esprime il proprio stupore, anzi la propria costernazione per uno stato d'animo che non comprende, e ne nasce un intelligente, serrato, profondo dibattito sulla femminilità e sulla maternità: per Carola un binomio appagante, per Elena un generatore di mediocrità, di infelicità, di regressione. La maternità non è "scontata". Tanto meno scontata è la maternità felice. Quanto è possibile starne fuori? C'è un prezzo da pagare? Il vuoto e il pieno del mondo passano attraverso un figlio? Elena e Carola non sono di fronte a un aut aut ma sono al centro di un gioco dialettico che strappa emozione e intelligenza delle cose laddove l'una e l'altra sembrano più protette e segrete.
Che cosa si nasconde nella steppa asiatica, sulle coste orientali del Mar Caspio e nel Mare d'Aral? Profondo conoscitore di quelle zone, Giammaria ricostruisce la sua lunga esperienza di inviato in Asia Centrale in due periodi diversi - dopo il crollo dell'Unione Sovietica e in seguito all'attentato terroristico alle Torri gemelle. L'indagine ha come punto di partenza gli ecosistemi messi fortemente in crisi dalle massicce sperimentazioni nucleari volute dal regime socialista sovietico durante il periodo della Guerra fredda e si sposta poi sul presente che vede quelle stesse zone preda di forti quanto rapaci interessi internazionali. Giammaria è il viaggiatore informato, indagatore che conduce il lettore fin dentro le città "fantasma" non segnalate sulle mappe, cittadelle scientifiche e militari sorte nel dopoguerra e sviluppatesi negli anni cinquanta durante le sperimentazioni scientifiche sulle armi nucleari e chimiche, il cui impianto urbanistico e l'architettura ricordano i romanzi di fantascienza e non hanno più nulla a che vedere con le tipiche e antiche cittadine asiatiche. Paesaggi estremi, i cui confini sfumano in estensioni ampie e desolate che tracciano una sorta di "non-luogo", topos dello smarrimento esistenziale dell'uomo moderno, testimonianza dei drammatici avvenimenti storici degli ultimi cinquant'anni e al tempo stesso rappresentazione della bellezza di uno spazio desolato ma di grande fascino, puro e "lunare", esotico.
Sulle basi di numerose fonti teologiche, giuridiche e mediche, Foucault affronta il problema di quegli individui "pericolosi" che, nel corso del XIX secolo, sono stati definiti "anormali". Definisce le tre figure principali dell'anormalità: il mostro umano, antica nozione cui quadro di riferimento erano le leggi della natura e le norme della società; l'individuo da correggere, di cui si fanno carico i nuovi dispositivi di disciplinamento del corpo; l'onanista, che è oggetto, già dal XVIII secolo, di una campagna indirizzata al controllo della famiglia moderna. Per Foucault l'individuo anormale deriva dell'eccezione giuridico-naturale del mostro, dalla moltitudine degli incorreggibili e dal segreto delle sessualità infantili.
Quali sono e doti di un buon giornalista e gli errori da evitare? Come si realizza l'intervista perfetta? Come si scrive un attacco irresistibile? Quali sono i testi da leggere e rileggere, e i modelli da seguire? Queste sono solo alcune delle domande rivolte da Mariano Sabatini ai più brillanti giornalisti del nostro Paese, che ricordano i propri esordi e l'inevitabile gavetta, e svelano i segreti del mestiere in risposta a un questionario agile e di sicura presa. Basate sul divertente meccanismo delle "interviste doppie", e in questo caso plurime: le domande si ripetono per tutti più o meno uguali, ma ricevono risposte sempre diverse, interessanti e sorprendenti. Tra i sessanta intervistati, Mario Giordano, Alfonso Signorini, Vittorio Feltri, Adele Cambria, Maria Giovanna Maglie, Maria Cuffaro, Sandro Ruotolo, Pietro Calabrese, Gigi Vesigna, Renato Farina, Lucio Caracciolo, Riccardo Barenghi, Daniele Mastrogiacomo, Claudio Sabelli Fioretti, Giovanna Botteri, Vittorio Zucconi, Lina Sotis, Aldo Cazzullo, Toni Capuozzo, Gianni Mura, Ennio Remondino, Maurizio Mannoni, Sandro Piccinini, Massimo Gramellini, Antonello Piroso, e le guest star del giornalismo internazionale Barbara Serra, Marcelle Padovani, Manuela Dviri. I maggiori giornalisti italiani rievocano gli anni in cui respiravano la polvere delle redazioni.
Credere o non credere? Ricercare nell'esistenza un significato trascendentale o pensare che la vita finisca con l'ultimo respiro? Pensare che tutto sia nato dal caso o creato per volontà di una mente divina? Credere nella completa laicità del comportamento etico e morale o pensare che sia espressione del divino che c'è in ogni uomo? Sono interrogativi che da sempre accompagnano l'umanità e che hanno trovato spazio nei pensieri degli uomini di ogni epoca sopravvivendo alle trasformazioni delle società, degli ideali, delle chiese. Anche oggi, di fronte ai casi della vita di ogni giorno o agli eventi straordinari della cronaca, è tutto un interrogarsi, confrontarsi, ribadire dubbi o convinzioni sul senso della vita, la religione, la laicità.
Questo nuovo libro scritto a quattro mani da Corrado Augias, stimato scrittore e giornalista, e da Vito Mancuso, teologo dell'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano e già autore di un saggio di successo intitolato L'anima e i suo destino, offre un contributo appassionato, stimolante e assai competente al dibattito. è concepito come un vivace dialogo tra un non credente dichiarato, Augias, e un credente, Mancuso, che vanta una grande preparazione sul tema. Una vera e propria disputa, come rivela il titolo, che vede alternarsi con ritmo serrato le voci dei due protagonisti. Senza perdersi in elaborate spiegazioni o teorie, gli autori puntano subito al cuore dell'argomento. Esprimono nell'incipit del saggio una sintetica e puntuale dichiarazione della propria visione della vita, e poi passano ad affrontare uno dopo l'altro molteplici temi: dall'evoluzione, senso origine della vita al dibattito sull'accanimento terapeutico e l'eutanasia, stimolati dal caso Englaro, dalle influenze della Chiesa sulla politica alla natura dell'anima. E poi il contrasto tra un Dio amore e il male del mondo, il significato dell'ateismo, i dogmi teologici e gli approfondimenti sulla figura di Gesù e della Madonna, alternati a riflessioni sui teoremi di Gödel e la teoria evoluzionistica di Darwin, sulla filosofia di Spinoza e i brani dei testi sacri.
Opinioni e convinzioni diverse si fanno strada nelle parole di due uomini di pensiero opposto, ma accomunati dalla stessa volontà di interrogarsi e confrontarsi. In alcuni casi le loro strade si incrociano e confluiscono in un'unità di vedute inattesa, che rivela come a volte le posizioni del laico e dell'uomo di fede possano conciliarsi tra loro.
Il rispetto e l'ammirazione tra i due contendenti non viene mai meno: Augias si dimostra un interlocutore mosso da forte rigore morale e grande passione per le tematiche affrontate e scopre in Mancuso un cristiano "sorprendente" per i suoi ragionamenti e le sue idee al di sopra di condizionamenti e ipocrisie.
Il loro libro nasce da un intento comune, che riesce a superare le diversità di formazione e di vedute, per scuotere le coscienze sulla più grande disputa della storia dell'uomo e aprire nuovi orizzonti di rispetto e convivenza.
All'età di tre anni la diagnosi: poliomielite. Nell'Italia degli anni Cinquanta equivale alla condanna a una vita di emarginazione. Ma il piccolo Vincenzo viene affidato dalla famiglia a uno degli istituti fondati da Don Carlo Gnocchi, un prete che ha dedicato l'intera vita a dare ai disabili il diritto a una vita degna. Questa è la storia di un ragazzo che non si è mai arreso e che ha trovato nella dignità l'unico approdo che non rende per forza felici, ma rinfranca la fatica del vivere e permette di riscattarsi dalla solitudine e dall'ingrata condizione del diverso. Vincenzo resiste con determinazione alla deriva della sua famiglia, ma anche alla pietà di chi lo vorrebbe rassegnato e alla rabbia verso un destino che lo ha preso di mira. "Peggio per il destino" è il grido di battaglia, ironico e appassionato, di un uomo che della diversità ha fatto la sua forza.
8 gennaio 1994: Silvio Berlusconi, che da qualche mese ha deciso di invadere l'arena politica, irrompe nell'assemblea dei redattori del "Giornale". È il culmine del durissimo scontro con Indro Montanelli, che a quel punto è costretto ad abbandonare il quotidiano che egli stesso ha fondato vent'anni prima. Partendo da questo episodio, dai suoi retroscena, dai suoi risvolti e dalle sue conseguenze, Marco Travaglio ricostruisce il tormentato rapporto tra il grande giornalista e quello che fu per diversi anni il suo editore, attraversando così un periodo chiave della recente storia italiana cruciale soprattutto per i rapporti tra l'informazione e il potere politico-economico. Con la prefazione di Enzo Biagi e un nuovo saggio introduttivo dell'autore.
Yoani Sánchez è un strana dissidente: non denuncia, non attacca, non contesta. Semplicemente racconta nel suo blog cosa significa vivere oggi nel regime comunista di Cuba: la difficoltà di fare la spesa e la fame cronica, l'arte di ripararsi gli elettrodomestici guasti, la lotta per leggere le vere notizie tra le righe del giornale di partito, la paura del ricovero in ospedale dove manca anche il necessario per sterilizzare, la convivenza forzata con la propaganda che si insinua nei media, nelle piazze e nelle scuole, il panico quando arrivano le convocazioni della polizia, la preoccupazione per gli amici in carcere, la nostalgia per i tanti che sono fuggiti e la delusione per tutti quelli che hanno smesso di credere al futuro. Ma soprattutto sfata il falso mito dell'efficienza castrista e descrive, tra tenerezza e rabbia, la frustrazione per le potenzialità inespresse e i sogni perduti di chi, come lei, è nato nella Cuba degli anni Settanta e Ottanta e si ritrova rinchiuso in un'utopia che non gli appartiene. Di questa generazione Yoani è diventata l'inconsapevole portavoce, e il suo blog, che ha fatto il giro del mondo è ora un libro.
"Debito": una parola molto di moda in questo tempo scosso dalla crisi. Una parola sempre di moda, racconta Margaret Atwood, visto che il meccanismo del dare-avere è vecchio quanto l'uomo e che su di esso l'immaginazione umana ha costruito precetti religiosi, codici morali, sistemi giuridici e capolavori poetici e letterari. Il debito lega inestricabilmente denaro, cultura e religione; quando parliamo di dare e avere, e abbiamo a che fare con Cesare o con Dio, con la Giustizia, la Fortuna e il Destino, parliamo dei nostri desideri più profondi e delle nostre paure più tremende. Ecco allora che la Atwood ci guida in un viaggio nella storia, nelle religioni e nei libri alla ricerca dei mille volti del debito. Ma non solo. Risponde anche alla domanda più attuale, la stessa a cui oggi stanno rispondendo i politici più lungimiranti. Con il denaro bisogna cominciare a fare cose diverse da quelle fatte finora, e "calcolare il costo reale del nostro stile di vita e delle risorse naturali che abbiamo sottratto alla biosfera". La Terra non è nostra, come diceva Antoine de Saint-Exupéry: l'abbiamo avuta in prestito dai nostri figli, e a loro dovremo restituirla. Questo è il debito che dobbiamo prendere più sul serio.
Questa è la storia di Matteo, che a trentatré anni ha perso la memoria. "Amnesia retrograda globale" è stata la diagnosi. Praticamente è nato una seconda volta, e come un bambino ha iniziato a guardare il mondo con occhi nuovi, a scoprire ogni giorno una piccola cosa della vita: il sapore del tiramisù di sua mamma, il piacere di farsi una doccia, di andare in giro senza una meta e di tornare a casa dopo un lungo viaggio. Con sguardo vergine ha rivisto Roma e il mare, ha riletto il suo libro preferito, ha rifatto l'amore per la prima volta. Ha osservato come un extraterrestre piombato per caso sulla Terra le piccole grandi assurdità che ci circondano, le tante complicazioni inutili che ci appesantiscono la vita. Ha sperimentato la paura, la vertigine di non avere un passato, ma anche il privilegio dello stupore continuo, della meraviglia quotidiana. Questo libro è il diario della sua riscoperta del mondo. Giorno dopo giorno, emozione dopo emozione, sorpresa dopo sorpresa. "Amnesia" è anche una trasmissione di Radio Due, diventata un culto per migliaia di ascoltatori. Perché poter ricominciare tutto da capo è un sogno a cui è difficile resistere, nel quale è troppo affascinante calarsi.