In risposta alle crisi di plausibilità delle comunità cristiane e in continuità con la teologia del Vaticano II, si moltiplicano gli appelli a una maggiore partecipazione dei laici alla missione della chiesa. Ma la loro collaborazione serve solo a colmare un vuoto senza avere una reale efficacia? Nel momento in cui è in corso il Sinodo sulla sinodalità convocato da papa Francesco a Roma, questo libro si rivela indispensabile per tutti gli attori ecclesiali e non solo.
Non è mai troppo tardi per costruire buone abitudini e aumentare le possibilità di una vita lunga e sana Cosa vuol dire prevenzione? Vivere più a lungo e liberi da malattie, innanzitutto. Ma non solo. Prevenzione è lotta alle disuguaglianze, a cominciare da quelle economiche. Prevenzione è cura dell'ambiente, contrasto alla perdita di biodiversità, all'inquinamento, agli allevamenti intensivi. È educazione, scolastica e universitaria. È risparmio per il Sistema sanitario nazionale, in favore di maggiori risorse per una salute accessibile e gratuita per tutti. Potremmo rendere possibile tutto questo, a patto di una vera e propria rivoluzione culturale, ormai indispensabile per il pianeta e per la popolazione umana. È questa la sfida di Silvio Garattini che, con la lucidità che lo contraddistingue, invita i singoli e le istituzioni a impegnarsi per un futuro più sano e più giusto.
Dagli allevamenti intensivi alla sperimentazione sugli animali, all'antropizzazione degli habitat e alla distruzione degli ambienti naturali, si solleva una questione etica che oggi dobbiamo affrontare. Per Nussbaum considerare gli animali «automi senza una visione soggettiva del mondo», come si è ritenuto a lungo, è un vero e proprio peccato originale filosofico. Gli enormi progressi scientifici degli ultimi 30 anni ci rivelano infatti che tutti i vertebrati avvertono dolore, provano emozioni, hanno comportamenti non solo genetici ma anche appresi e forme di percezione che nemmeno gli umani hanno. Una volta riconosciuta la non facile demarcazione tra uomini e animali, difficilmente possiamo accettare di rimanere ancorati all'etica classica, che viene qui ripercorsa nei suoi vari sviluppi sino a giungere ad una proposta originale, basata sul capabilities approach, in grado anche di fornire diversi esempi pratici che la sua adozione comporta.
È facile fare l'insegnante... a parole. Così come è facile fare lo scolaro, lo studente... sempre a parole. E allora, perché la scuola non funziona? Perché, prima ancora degli edifici fatiscenti, sta lasciando andare in rovina gli spiriti, gli slanci, la spinta motivazionale? Perché ha dimenticato di essere un'istituzione fatta di persone e non di programmi. Sono persone i bambini e i ragazzi, con le loro fatiche e potenzialità. Sono persone gli insegnanti, con le loro capacità e fragilità. Ma la scuola, per come funziona e per come sta diventando, non valorizza i primi e non gratifica i secondi. Risultato: troppi ragazzi parcheggiati tra i banchi, se non addirittura violenti, o disperati. E troppi insegnanti stanchi e in affanno, se non addirittura cattivi e tossici. Il rischio, per tutti, è di non farcela a sopportare lo stress. Ed ecco che l'abbandono scolastico è diventato una vera emergenza: quello degli studenti ma anche quello di tanti docenti che gettano la spugna e, in silenzio, si ritirano. È successo a Cristina Petit, che con sofferenza ha lasciato il suo mestiere di maestra per seguire altre strade. E che in questo acceso, accorato libro racconta quella scelta e traccia un percorso attraverso vent'anni vissuti in un luogo che è e rimane per tutti l'unica possibilità di crescita personale e civile. Petit non fa sconti: agli ignavi, ai frustrati, ai «cattivi» che inquinano le aule. E invita a tornare su un campo che abbiamo dimenticato, per troppo tempo, di coltivare: quello dell'emozione e del desiderio. Questa è la sua ultima lettera d'amore alla scuola: un'istituzione che ha ancora molto da offrire ma che ha anche molto bisogno di cambiare.
«Le voci degli ultimi custodi della montagna, gente sagace e saggia che sa fare del poco tanto e di due patate una minestra. Uomini semplici che tengono la parola stretta nel silenzio e si riconoscono nella terra in cui vivono». Con una grande cassettiera in spalla e un paio di scufons ai piedi, la Giota partiva da Erto e girovagava per i paesi della pianura veneto-friulana a vendere biancheria intima e mestoli di legno fatti a mano; la gente di Lasèn nell'estate del 1921 per un tozzo di pane cavò ghiaccio nella giazzèra di Ramezza Alta; Beppino de Giambon, sopravvissuto al Vajont, ha insegnato a Mauro Corona a mungere le vacche e usare la sgorbia... Storie che mantengono la memoria dei luoghi, dei mestieri e delle tradizioni: l'arte di menare per aria un'ascia, mungere una vacca, guidare un gregge, tirare su una casa, andare a caccia sui monti, accendere un fuoco coi mughi, fare carbone con la legna, ricavare da un pezzo di faggio un mestolo, intrecciare dei giunchi, falciare l'erba con la falce e tanti altri lavori che facevano callo, muscolo e sopravvivenza.
Ogni attimo della nostra vita è gravido di futuro, del pensiero di ciò che avverrà, di ciò che prepariamo, che temiamo che auspichiamo. Siamo il contadino che semina, siamo il ventre gravido di una donna, siamo l'augure che scruta il cielo, siamo il medico che cura.
Siamo il bambino che si addormenta tra le braccia della madre in un rifugio antiaereo sotto i bombardamenti.
Ogni nostro atto o pensiero è una freccia puntata verso il futuro, e e sta a noi il compito e la responsabilità di scegliere se guardare ad esso con paura o con speranza
Quella che qui si presenta è la versione rinnovata e aggiornata di un volume che si è da tempo imposto come un "classico" nell'ambito della bibliografia su Iacopone da Todi, una figura complessa della nostra storia letteraria e spirituale, la cui fama di poeta si presenta, fin dall'inizio, intrecciata strettamente a quella del mistico e dell'asceta. Sulla scorta di una grande varietà di fonti, mettendo a frutto anche i progressi registrati dalla più recente storiografia sul periodo, il volume ricostruisce la vicenda biografica di Iacopone sullo sfondo del complesso contesto storico. Quello che emerge è un quadro mosso e vivace, per vari aspetti nuovo, in cui le vicende del poeta di Todi si intrecciano con quelle dei movimenti penitenziali, con le vicissitudini della contestazione all'interno dell'ordine dei Minori, l'inaspettata ascesa al papato di Celestino V e la rivolta contro il successore Bonifacio VIII. L'autore illustra molti passi delle Laude, offrendo anche al lettore un panorama rappresentativo dell'attività del poeta. Condotto in modo chiaro e scorrevole, ma insieme scientificamente rigoroso, il libro ci restituisce l'immagine di un mondo suggestivo e di una personalità eminente, a cavallo tra mistica, poesia e impegno politico-religioso.
Santa Camilla Battista da Varano, umile suora clarissa, ricevette da Gesù una rivelazione sulla sua Passione interiore nel Getsemani e il Signore stesso la incaricò poi di metterla per iscritto. L'opera, dal titolo “I dolori mentali di Gesù nella sua Passione”, ebbe numerose edizioni e venne stampata in diverse lingue; molti Santi meditarono questi scritti. Rispondendo alla richiesta che Gesù fece ai suoi discepoli, nell'Orto degli Ulivi, di pregare e di vegliare con Lui, il presente libro ci propone di meditare per otto giovedì consecutivi sulle pagine del Vangelo che riguardano l'agonia di Nostro Signore, anche alla luce dei preziosi scritti di Santa Camilla.
I grandi dibattiti sulla finzione dei Padri della Chiesa lasciarono un'eredità contraddittoria al Medioevo occidentale. Da un lato, trasmisero una ferma condanna di qualsiasi forma di negazione della veritas o di una natura che, diversamente dal mondo classico, era reputata divina dal pensiero cristiano; dall'altro, esaltarono la finzione come strumento d'accesso a una meta-realtà che consentiva di andare oltre i fatti concreti e cogliere il senso più vero e invisibile delle cose. Proprio quest'ultimo significato positivo di finzione venne valorizzato dalle scuole teologiche francesi del XII secolo in cui la dimensione interiore dell'uomo fu profondamente dissociata da quella esteriore perché considerata superiore e non coincidente con la sfera delle azioni. Diversamente dal mondo antico, la finzione, in questa prospettiva, non serviva a negare la realtà, quanto piuttosto a denunciare la distanza tra l'apparenza dei fatti e il loro reale significato, tra azione e intenzione. La sua funzione ultima era dunque quella di amplificare la realtà, restituendo il lato nascosto e invisibile delle cose, altrettanto vero, anzi più vero di quello tangibile. La potenza della dimensione intenzionale contagiò presto il pensiero giuridico europeo che nella seconda metà del XII secolo conobbe una delle fasi più creative della sua storia. Per inquadrare responsabilità invisibili o per vanificare responsabilità evidenti, la finzione si rivelò uno strumento vitale nell'elaborazione di nuove categorie penali che a partire dal Basso Medioevo entrarono a far parte stabilmente del diritto moderno e contemporaneo.
L'Alighieri, di certo a sua insaputa e forse suo malgrado, è stato da sempre un riferimento per gli amanti del gusto. Sarà che il cibo nella Commedia è un tema frequente, sarà che l'opera fa parte dell'immaginario collettivo, sarà che l'espressione "pan de' li angeli" l'ha inventata lui. Eppure gli esempi sono infiniti: un Papa si gioca il Paradiso a causa del troppo amore per le anguille di Bolsena; a Malebolge i peccatori sono bolliti e infilzati come cotechini; la dieta mediterranea è una via sicura di salute, ma anche di salvezza dello spirito... Dopo Dante a piedi e volando, Marco Bonatti, appassionato esperto della Commedia, sceglie di immergere nuovamente le mani nell'infinito tesoro delle tre Cantiche per farne una "rilettura" enogastronomica. È infatti nella Commedia che Dante sfoga i suoi maggiori riferimenti al mangiare e al bere, nell'intento di convincerci che lui all'Inferno, in Purgatorio e poi in Paradiso, c'è stato davvero, e con il corpo. Per cui tutti e cinque i sensi sono chiamati in causa attraverso metafore e registri poetici che esprimono la "fisicità" dell'esperienza. Un viaggio curioso e raffinato fra tentazioni materiali e pietanze spirituali, perché come scrive Dante: «Ne la chiesa coi santi, e in taverna coi ghiottoni...». Il volume si chiude con un originale intervento e un menu dantesco di Matteo Baronetto, dello storico ristorante "Del Cambio" di Torino.