Dal debutto di Franco Lucentini con il romanzo breve "I compagni sconosciuti" (1951) al congedo di Carlo Fruttero col poemetto "La linea di minor resistenza" (2012), il percorso di questo doppio Meridiano descrive un arco simmetrico che, oltre a offrire al lettore l'insieme dei testi più significativi di Fruttero e Lucentini, firmati insieme o singolarmente, svela la parte nascosta del loro lavoro, svolto in solitudine oppure, nella maggioranza dei casi, in coppia, dimostrando le molteplici possibilità dello "scrivere in due". Dei due autori, accanto al resoconto della loro formazione intellettuale e del sodalizio editoriale che li ha uniti a lungo nell'inesausto lavoro di ricerca in campi diversi - dal giallo alla fantascienza al fumetto -, la ricca, documentata curatela di Domenico Scarpa registra in presa diretta le idee e le vicissitudini compositive delle molte opere qui presentate. Scarpa ritaglia inoltre nei "backstage" uno spazio supplementare per le "chiacchiere di bottega" sui cui poggiano gli indimenticabili capolavori di Fruttero & Lucentini, dal primo grande successo, "La donna della domenica" (1972), alle nuove indagini del commissario Santamaria raccontate in "A che punto è la notte" (1979), e fino ai testi teatrali e poetici meno noti al grande pubblico.
"Svegliarsi una mattina e non sapere più se ami ancora la donna che hai vicino, la donna con cui hai costruito una famiglia, una vita. Non sai come sia potuto accadere. Non è stato un evento, una situazione, un tradimento ad allontanarvi. È successo senza esplosione, in silenzio, lentamente, con piccoli, impercettibili passi. Un giorno, guardando l'uno verso l'altra, vi siete trovati ai lati opposti della stanza. Ed è stato difficile perfino crederci". Quello di Marco e Anna sembrava un amore in grado di mantenere le promesse. Adesso Marco non riesce a ricordare qual è stata la prima sera in cui non hanno acceso la musica, in cui non hanno aperto il vino. La prima in cui per stanchezza non l'ha accarezzata. Quando la complicità si è trasformata in competizione. Forse l'amore, come le fiamme, ha bisogno di ossigeno e sotto una campana si spegne. Forse, semplicemente, è tutto molto complicato. Il libro di Fabio Volo è il racconto di una crisi di coppia e del viaggio, fisico e interiore, per affrontarla. Un romanzo sincero, diretto, che sa fotografare le pieghe e le piccole contraddizioni dei nostri rapporti.
Niccolò ha venticinque anni ed è innamorato perso di Simona. Così quando lei, bella e inquieta, parte mollandogli suo figlio Lorenzo, lui decide di prendersene cura, sebbene quel moccioso di quattro anni non lo abbia mai accettato e di notte lo sbattesse puntualmente fuori dal letto. Niccolò non ha mai fatto il padre, e non sa come gestire capricci, routine, amichetti che giocano a fingersi d'improvviso morti e primi batticuori. In più, a complicare le cose, ci si mette anche il padre naturale. Riccioli scompigliati e chitarra in spalla, è arrivato dall'Argentina per incontrare il piccolo, e si è installato in casa senza alcuna intenzione di andarsene. Innamorati della stessa donna, lui e Niccolò si detestano, e il bambino non riconosce un ruolo a nessuno dei due. Eppure, giorno dopo giorno, tra litigi e partite a pallone, pigiama party e impreviste abitudini, questi tre "ragazzi" abbandonati imparano ad appoggiarsi l'uno all'altro, per sorreggersi insieme contro il mondo.
Che cos'è l'andare in montagna senza la conquista della cima? Un atto di non violenza, un desiderio di comprensione, un girare intorno al senso del proprio camminare. Opera di narrativa che prende spunto da un viaggio realmente accaduto, taccuino di viaggio, ma anche il racconto illustrato, caldo, dettagliato, di come vacillano le certezze col mal di montagna, di come si dialoga con un cane tibetano, di come il paesaggio diventa trama del corpo e dello spirito. Perché l'Himalaya non è una terra in cui addentrarsi alla leggera: è una montagna viva, abitata, usata, a volte subita, molto lontana dalla nostra. Per affrontarla serve una vera spedizione, con guide, portatori, muli, un campo da montare ogni sera e smontare ogni mattina, e soprattutto buoni compagni di viaggio. Se è vero che in montagna si cammina da soli anche quando si cammina con qualcuno, il senso di lontananza e di esplorazione rinsalda le amicizie. Le notti infinite in tenda con Nicola, l'assoluta magnificenza della montagna contemplata con Remigio, il saliscendi del cammino in alta quota, l'alterità dei luoghi e delle persone incontrate. Questo è il viaggio che Paolo Cognetti intraprende sul finire del suo quarantesimo anno, poco prima di superare il crinale della giovinezza.
Quindici autori raccontano un maestro della letteratura. È stato lo scrittore italiano più popolare a cavallo fra Novecento e Duemila. Non c'è casa dotata di biblioteca che non abbia un suo libro. Le sue storie, i suoi personaggi, la sua capacità di affabulare, di divertire, di animare il dibattito culturale hanno segnato tre decenni. In questo volume, alcuni lettori speciali di Andrea Camilleri - scrittori, giornalisti, figure del mondo culturale - compongono una sorta di dizionario emotivo. La 'sicilitudine', il rapporto con la storia del Paese, gli odori e i sapori di Vigàta, la terra di Montalbano, il successo, il debutto tardivo come narratore, la lingua, il dialetto. Voce per voce, tassello per tassello, un ritratto corale di Camilleri e del suo mondo. Un omaggio, un atto di gratitudine per uno degli uomini più amati del nostro tempo. A cura di Paolo Di Paolo. Contributi di Lirio Abbate, Giuseppe Antonelli, Serena Dandini, Giovanni De Luna, Antonella De Santis, Paolo Di Stefano, Valentina Farinaccio, Giuliano Malatesta, Stefano Massini, Piero Melati, Salvatore Silvano Nigro, Marino Niola, Stefano Salis, Elvira Seminara, Nadia Terranova.
"[...] Perché hai voluto che Andrea andasse via? Forse anche a lui avrebbe fatto piacere poter sentire queste cose e stare con te."
"La mia parola raggiungerà anche il suo cuore, quando il tempo opportuno si manifesterà per lui. Ivi avrà il modo di restare con me non soltanto per un tratto di sole, destinato a cedere il posto alla notte che si avvicina, ma per sempre.
La notte infatti non appesantirà più di gemiti il suo cuore, con le sue pretese di nascondere la luce del giorno, poiché farò giustizia in lui, fra quello che opprime il suo spirito e la sua tensione alla bellezza della luce.
Io mi manifesterò a lui, con la purezza del mio dire, in maniera che possa conoscermi per colui che sono e disperdere le tenebre del suo cuore. Ma ora è necessario che uno solo rimanga con me, ora che il creato attende impaziente la mia voce.
Uno solo, che rappresenti tutti coloro che il Padre mi ha dato, perché in me abbiano la vita. E quello sei tu."
"Perché proprio io?"
"Osserva quanti 'perché' mi stai ponendo..." [...]
Antonio e Fausto non potrebbero essere più diversi: il primo, cinquant'anni in jeans e T-shirt, vive di lavoretti in un appartamento in condivisione con tre ragazzi, sempre connesso, in attesa che il mondo riconosca il suo talento di giornalista; il secondo è un imprenditore di successo, molto riservato, con una famiglia perfetta, che dicono stia per candidarsi a sindaco della Capitale. Due rette parallele che non dovrebbero incontrarsi mai. Perciò, quando Antonio riconosce Fausto nella bottega di Oreste, un anonimo barbiere al Nomentano, si convince subito che questa ribellione alle leggi della geometria sociale nasconda qualcosa: che ci fa un uomo ricco e di potere come Fausto Maria Borghese in un posto come quello? E perché, poco dopo, Oreste sparisce nel nulla? Da quel momento, stanare Fausto diventa l'ossessione di Antonio e l'ordinata quotidianità dell'imprenditore comincia a deragliare. Ma cercare la verità di qualcun altro può essere un gioco pericoloso, se non si sono ancora fatti i conti con la propria. Ne "L'Invisibile", Giovanni Floris racconta una trama di segreti capace di dirottare vite e anestetizzare amori, fotografando un tempo, il nostro, dove la reputazione coincide con quello che siamo, dove vince solo chi santifica le apparenze, e nessuno è mai davvero innocente.
Londra, 1870. La capitale inglese ribolle di scontento e sedizione. Sono passati trentatré anni da quando Victoria è salita al trono, nel tripudio popolare, il 20 giugno 1837: una diciottenne non bella, così piccola e rotondetta, gli occhi blu un po' sporgenti, ma vivace, intelligente e con modi accattivanti. E soprattutto, un temperamento volitivo. Le doti che, insieme al sostegno dell'adorato marito Albert, ne hanno fatto a lungo una sovrana ammirata. Chi la riconoscerebbe oggi nella tozza dama infagottata negli abiti neri del lutto, che dalla morte di Albert vive ritirata sull'isola di Wight o in Scozia, e si rifiuta ostinatamente di mostrarsi al suo popolo e di presenziare alle cerimonie nella capitale? Così, mentre il figlio ed erede Bertie consuma le notti al tavolo del baccarat o nel letto della demi-mondaine di turno, il prestigio della Corona affonda e il trono vacilla sotto i colpi dei repubblicani. Sarà questo l'epilogo di un regno iniziato magnificamente?
Liborio Bonfiglio è una cocciamatte, il pazzo che tutti scherniscono e che si aggira strambo e irregolare sui lastroni di basalto di un paese che non viene mai nominato. Eppure nella sua voce sgarbugliata il Novecento torna a sfilare davanti ai nostri occhi con il ritmo travolgente e festoso di una processione con banda musicale al seguito. Perché tutto in Liborio si fa racconto, parola, capriola e ricordo: la scuola, l'apprendistato in una barberia, le case chiuse, la guerra e la Resistenza, il lavoro in fabbrica, il sindacato, il manicomio, la solitudine della vecchiaia. A popolare la sua memoria una galleria di personaggi indimenticabili: il maestro Romeo Cianfarra, donn'Assunta la maitressa, l'amore di gioventù Teresa Giordani, gli amici operai della Ducati, il dottore Alvise Mattolini, Teté e la Sordicchia... Dal 1926, anno in cui viene al mondo, al 2010, anno in cui si appresta a uscire di scena, Liborio celebrerà, in una cronaca esilarante e malinconica di fallimenti e rivincite, il carnevale di questo secolo, i suoi segni neri, ma anche tutta la sua follia e il suo coraggio.
Alda Merini è la poetessa più amata del Novecento italiano, perché ha saputo sublimare la sua dolorosa esperienza biografica in poesia pura. Per questa ragione è stata elogiata da importanti critici letterari e insieme adorata da lettrici e lettori.
Una vita, la sua, appassionante e appassionata, drammatica ed eccezionale: il precoce talento e la frequentazione fin da giovanissima dei maggiori intellettuali, la malattia mentale e i ricoveri in manicomio, i due matrimoni e i grandi amori, la celebrità arrivata tardi, il quartiere-mondo dei Navigli a Milano...
In questo libro Emanuela, la figlia maggiore di Alda, per la prima volta ricostruisce la storia della madre, e la racconta nella quotidianità e nella dimensione domestica, con la sua generosità e le sue eccentricità; e nelle vicende letterarie ed editoriali, fatte di anni di silenzio e altri di successo.
Viene fuori un ritratto franco e intenso di una donna, una mamma, un'artista che, pur tra mille momenti bui, non si è mai data per vinta.
Sette straordinari racconti di Roberto Piumini, dedicati alla pittura, vengono per la prima volta raccolti in un solo volume. Con una scrittura sapiente e delicata, l'autore si avventura in atmosfere del passato, tra Prato e Loreto, Costantinopoli e un indefinito ducato di Francia, la Parigi bohémien e la Vienna di fine Ottocento. E, tra ritratti che diventano specchi e volti dipinti di nascosto con la complicità della notte, osserva l'inquieto e vitale Filippo Lippi, entra nel laboratorio di Piero della Francesca, accompagna nel suo sorprendente viaggio in Oriente il veneziano Gentile Bellini. L'amorosa figura; Il ritratto segreto; Il pianto di Piero; Gli sguardi; Il quadro non finito; L'affresco di François; Il valzer muto.
La professoressa Angela Mattioli ha fatto presto a consolarsi dopo la dipartita del pensionato Amedeo Consonni, crivellato di colpi sul ballatoio di casa come i lettori di Morte di un ex tappezziere ricorderanno. Se ne è andata sulla riviera ligure e lì vive in una villetta da un milione di euro con vista sul porticciolo di Camogli. La vita di Angela e di Alberto Scevola, così si chiama il suo nuovo uomo, trascorre fin troppo tranquilla. Lei fa brevi incursioni a Milano, così Alberto si concede lunghe passeggiate e annoiati pomeriggi in casa; un giorno quasi per caso forando un muro scopre una intercapedine, una specie di nascondiglio, e dentro 160 lingotti d’oro, per un valore approssimativo di 124 milioni di euro. Troppo per non perdere la testa e ammalarsi seriamente. Questo è solo l’inizio del grande affresco finale della Casa di ringhiera, e se la scena si sposta a Camogli è solo per poco perché presto ritroviamo nel condominio milanese tutti gli inquilini, ognuno alle prese con le sue fissazioni e miserie; la signorina Mattei-Ferri, l’anziana invalida che vuol vendicarsi del badante Claudio usando i suoi figli, gli smaliziati adolescenti Gianmarco e Margherita, l’ottuagenario De Angelis ossessionato non più dalla BMW 16 valvole ma da presenze luciferine, i peruviani che spariscono uno a uno, l’architetto Du Vivier in versione seduttore… e poi ci sono nuove figure in palcoscenico: il giornalista ficcanaso, l’avvenente Yutta, di cui tutti si innamorano, un’antica fiamma della Mattioli. Ed Enrico? Sì, anche lui vivrà un momento decisivo. A dispetto dei suoi 5 anni il più saggio di tutti.