Molti testi appartenenti al canone letterario italiano sono in forma di preghiera. Versi di Dante e Petrarca, del petrarchismo rinascimentale, di Tasso e del Barocco, le salmodie di Campanella, gli inni sacri di Manzoni, poesie di donne, mistiche o no, sono preghiere, come lo sono alcune liriche di Ungaretti, Caproni, Giudici, oltre che di Merini. Nonostante l'importanza che essi rivestono e benché la devozione abbia occupato nella vita del singolo e della collettività un posto assai considerevole, non è mai stata tentata una definizione e una ricognizione sistematica della preghiera in poesia per l'Italia. Il volume, tralasciando il punto di vista confessionale, spirituale o religioso, e focalizzandosi su singoli periodi, autori o generi di particolare rilievo, esamina la tensione che sorge tra l'espressione religiosa e quella poetica. Più che ricostruire una storia letteraria sub specie orationis, si interroga sulla possibile esistenza di un filo che tenga insieme questi componimenti, una forma di intertestualità che permetta di unirli in un discorso critico rigoroso, evidenziando la forza del linguaggio e della poesia anche nella manifestazione della fede. Ne risulta un dialogo intenso con l'alterità, che si riverbera anche e soprattutto come conoscenza di sé e della propria umanità.
Marco Ballarini ci offre una originale lettura della Commedia dantesca. Nelle "celesti liturgie" che pervadono il Paradiso di Dante, due elementi fondamentali sono la danza e il canto. La danza è qui espressione di una liturgia che non è più "sacramento" o attesa, ma certezza, gioia piena, ordine ed equilibrio. Le anime godono eternamente della visione di Dio e rendono grazie attraverso il gesto armonioso, frutto esso stesso dell'armonia che regna nella perfezione divina. Ci sono poi i canti, che nella Commedia si susseguono di cielo in cielo. Sono canti corali, anche se ogni anima sembra preservare la propria individualità nella beatitudine che la fonde con l'intera corte celeste. E con i beati prega anche Dante pellegrino.
Il latino è una lingua nobile e concisa, ricca e armoniosa, piena di maestà e dignità, chiara e sempre pregna di significati. Con queste parole San Giovanni XXIII nel 1962, all'interno della Costituzione Apostolica "Veterum Sapientia", lodava le proprietà del latino e ne raccomandava la promozione all'interno della Chiesa. I professori del Pontificium Institutum Altioris Latinitatis, preconizzato in quella costituzione, ne ricordano l'attualità, attraverso i brevi saggi che compongono il libro, per mostrare come il latino sia una lingua immortale, incessantemente usata nel corso dei secoli, veicolo di cultura e di fede, strumento di unità tra gli intellettuali di ogni popolo.
Nel luglio del 1323 papa Giovanni XXII canonizza Tommaso d'Aquino in una solenne cerimonia ad Avignone; ma il teologo domenicano era stato già "beatificato" alcuni anni prima nei versi del Paradiso di Dante. Nel suo viaggio ultraterreno, infatti, il poeta aveva incontrato l'anima di Tommaso mentre ascendeva fra i cieli del terzo regno. Nei canti del Cielo del Sole, dove si trovano le anime degli spiriti sapienti, egli intrattiene con l'Aquinate una lunga conversazione che acquista una valenza dottrinale e si fa indagine speculativa su un tema centrale nella sua riflessione: la nozione di sapienza. Il Tommaso d'Aquino che si trova nel Paradiso è così una figura complessa, frutto non solo della costruzione letteraria ma anche della pratica filosofica dantesca e si inquadra nell'articolata storia della ricezione dell'eredità intellettuale dell'Aquinate. Il volume indaga il modo in cui Dante Alighieri, nella sua opera, "incontra" Tommaso d'Aquino, delineando il contesto filosofico e teologico di un dialogo che nell'economia della Commedia e dei suoi contenuti assume anche un valore politico. Perché la discussione sulla sapienza, che attraversa i canti 10-13 del Paradiso, investe anche l'ideale del "re sapiente" impersonato da Salomone e prende i tratti di un'acuta e durissima critica dell'ideologia politica della corte del re di Napoli Roberto d'Angiò.
Il volume traccia la storia della letteratura italiana dai suoi albori sino alla fine del XIV secolo. Pur nella necessaria sintesi, nessun elemento significativo del panorama letterario italiano del Medioevo è stato trascurato, in un racconto storico che non perde mai il contatto con la concretezza dei testi, fatti spesso oggetto di analisi ravvicinata. Anche se concepito come strumento volto a soddisfare le esigenze degli studenti universitari, il testo, in questa terza edizione completamente rivista e aggiornata in base alle più recenti acquisizioni degli studi specialistici, è adatto anche a un pubblico più ampio che sia interessato a una informazione di base.
Le donne di carta della letteratura italiana: grandi personaggi femminili che rivendicano una considerazione diversa, meno stereotipata e meno rassegnata alle formule definitorie a uso scolastico. Beatrice, tradizionalmente vista quale rappresentazione allegorica della grazia divina, o della teologia, in questo nuovo ritratto rivela consistenza caratteriale e intellettuale e una straordinaria personalità: «grazie a una donna, Dante ottiene il permesso di soggiorno in una società anti-patriarcale». Francesca da Rimini, che la critica ci dipinge quale ingenua cultrice di romanzi d'amore, si impone invece come una donna straordinariamente colta, che dialoga alla pari col più grande dei poeti latini, Virgilio, a cui rende ripetuti omaggi letterari, e con Dante, citandone e adottandone i maestri. E poi Laura, carnalmente desiderata da un Petrarca ben più amante di quel che si creda; Fiammetta, che prende in mano la penna per raccontare lei stessa il suo triste romanzo d'amore; Lucrezia, che nella Mandragola conferisce una ben diversa sostanza a quel suo nome tanto impegnativo, sinonimo della più alta virtù muliebre; la sapida Nencia, versione rustica, scaltra e rotondetta delle innamorate eteree; Angelica, costretta alla fuga perenne dalla violenza maschile, bruta - e legittimata - anche nei più gloriosi paladini; Clorinda, fin dalla nascita vittima di successivi, ripetuti mancati riconoscimenti - identitario, di genere, di razza, di religione... -, destino tragico di inappartenenza che la condurrà alla morte; per concludere con la complessa, e in verità irredimibile, straordinariamente moderna figura della strega Armida.
Gadda e Montale sono stati certamente due dei maggiori scrittori e poeti del Novecento italiano. Ma quale fu il loro atteggiamento nei confronti del fascismo? Come attraversarono il Ventennio? Quali compromessi furono costretti ad accettare? Da un lato, Gadda aveva coraggiosamente combattuto su tutti i fronti della Grande guerra, spinto da una forte passione nazionalpatriottica, e si era riconosciuto nel movimento fascista, provvidenziale difesa ai rischi della rivoluzione bolscevica. Dall'altro, Montale seguì un percorso meno lineare, dapprima condividendo i miti del combattentismo e le lusinghe del fascismo, ma allontanandosene già nel 1923, come testimoniano alcuni scambi epistolari. Con l'addentrarsi negli anni Venti entrambi vennero esprimendo un orientamento convergente, oscillante tra una sostanziale indifferenza per il fascismo e l'antifascismo. Ma gli anni Trenta, con la guerra d'Etiopia e il terribile biennio 1938-1939, li posero di fronte a scoscesi aut aut che portarono entrambi ai duri giudizi sul regime e gli italiani. Da qui le parole di fuoco di Gadda e di Montale contro un regime guidato da un 'eredo-alcoolico' e una società nella quale 'più nessuno è incolpevole'. Un libro che affascinerà il lettore per le sorprendenti scoperte, frutto di un lungo lavoro d'archivio e dello studio di una imponente bibliografia.
Se avete in mano questo libro vuol dire che siete tra coloro che Gadda lo hanno solo sentito nominare ("l'Ingegnere della letteratura", "il Joyce italiano"), ma finora non lo hanno mai letto ("Gadda è troppo difficile", "Gadda bisogna tradurlo"). Oppure fate parte, come gli autori di questa impresa, della categoria degli "adepti", ovvero di coloro che in un certo momento della vita hanno incontrato un libro di Gadda e, dopo lo smarrimento iniziale, hanno deciso che non lo avrebbero posato finché non ne avessero capito almeno una pagina. Perché leggere Gadda è un'avventura: un esercizio di conoscenza, un viaggio nella lingua italiana, un corso pratico di ironia. A volte si ride irrefrenabilmente, fino alle lacrime, altre volte è un riso amaro, sarcastico. Questo Gaddabolario, scritto dagli "adepti" per chi non lo è ancora, raccoglie e spiega duecentodiciannove parole gaddiane - un numero da cabala "ingravallesca": via Merulana 219 è il centro in cui convergono tutti i delitti del Pasticciaccio - da abracadabrante a Zoluzzo. Uno strumento indispensabile per addentrarsi, di parola in parola, nei labirinti dell'Ingegnere e perdersi nel piacere della sua incomparabile prosa.
Ezra Pound scrisse che un poeta deve saperci dare il suo mondo. Per circa sessant'anni (1908-1968) egli non cessò di creare il suo mondo poetico, inviandoci ragguagli di esperienze e scoperte nelle capitali del Novecento e nell'Italia in fermento fra le due guerre, luogo che gli sembrava antico e nuovissimo, in cui operare con le sue mille curiosità e creare un poema che sarebbe dovuto restare sua testimonianza. Altri dispacci poetici pervennero dal poeta in gabbia a Pisa e in manicomio a Washington, prima del suo sereno congedo da Liguria e Venezia. Massimo Bacigalupo, che conosce e studia Pound fin da ragazzo, ci guida in questo universo alternativo e bizzarro, da cui si gode una vista tutta particolare sulla letteratura e la storia del secolo scorso, e che ancora oggi non cessa di stupire e arricchire chi vi si avventura. Soprattutto indaga i Cantos, quel nuovo viaggio in Italia e mito personale che è una delle opere più scombussolanti, intriganti e a momenti toccanti del Novecento. Ma c'è anche la storia personale di Pound, dei suoi maestri e sodali Yeats, Ford, Wyndham Lewis, Eliot, dei suoi amici italiani Marinetti, Pea, Scheiwiller, e dei suoi amori da giovane e vecchio, sempre finalizzati alla passione di raccontare. Vita di un uomo che ebbe il dono di scrivere versi memorabili e crearsi un mito.
"Mentre in una bella giornata del giugno 1990 viaggia su un treno diretto da Manchester a Londra, durante una sosta forzata a causa di un guasto la ragazza si ritrova a guardare annoiata fuori dal finestrino. Ed è in quel momento che l’adolescente con la cicatrice a forma di saetta le esplode nella mente, assieme a una scarica adrenalinica."J.K. Rowling è una delle più straordinarie scrittrici contemporanee per ragazzi. Milioni di persone hanno visto i film tratti dalla saga che l'ha resa famosa in tutto il mondo: Harry Potter. Tuttavia, la maggior parte di essi non ha mai letto i suoi libri in cui lei parla con la sua voce unica e irripetibile. E questo è esattamente lo scopo del libricino che vi ritrovate tra le mani. Un'introduzione alla straordinaria capacita della Rowling di costruire mondi e affrontare tematiche attualissime e reali, che pur si muovono in un contesto fantastico.
Vi siete mai chiesti perché, pur avendo dovuto tutti leggere l'Eneide a scuola, fatichiamo a ricordare qualcosa che non sia la fuga da Troia o la grande storia d'amore tragico con Didone? Perché abbiamo così facilmente dimenticato gli epici racconti sulle mitiche origini di Roma e del suo impero? Forse perché i versi del poema di Virgilio non sono adatti ai momenti in cui le cose filano lisce e allora si va in cerca di avventura nella letteratura. Il canto di Enea è destinato al momento in cui si sperimenta l'urgenza di raccapezzarsi in un dopo che stordisce per quanto è diverso dal prima in cui si è sempre vissuto. Enea è l'eroe che vaga nel mondo portandosi sulle spalle anziani e bambini. È colui che viaggia su una nave senza nocchiero alla ricerca di un nuovo inizio, di una terra promessa in cui ricominciare. È l'uomo sconfitto, colui che non ha più niente tranne la capacità di resistere e di sperare. Un personaggio quanto mai attuale.
A sessant'anni dalla scomparsa, sono sempre più evidenti la forza e l'originalità dell'opera di Fenoglio, rielaborazione creativa dell'esperienza che lo segnò indelebilmente: la Resistenza. Tra le sue opere più celebri si ricordano Una questione privata, Un giorno di fuoco e Il partigiano Johnny. Lo sguardo lucido, talvolta crudo ma sempre lontano dalla retorica, il rigore etico e il suo grande laboratorio linguistico, il respiro epico della narrazione fanno di Fenoglio una voce inconfondibile del Novecento.