Cos'è la fede? Qual è il suo oggetto formale? La conoscenza della verità prima può avvenire in modo naturale o dev'essere soprannaturale? C'è stato un tempo in cui la teologia, per rispondere a queste domande e argomentare sempre nuovi quesiti in grado di assecondare la vis theoretica della razionalità filosofica, seppe approntare un apposito trattato denominato de analysi fidei. Era il XVI secolo: albeggiava il sole barocco e infuriava la controversia apologetica nell'Europa lacerata dalla Riforma protestante, raggi e risvolti confessionali fecondarono la struttura del Tractatus che si accingeva a instradare la riflessione teologica secondo un metodo e una scansione tematica ben definiti. Ma, a oggi, cosa resta di questa mirabile architettura concettuale? Quale metabletica ha conosciuto l'analysis fidei nei secoli successivi? E' stato accertato un esito proficuo della metamorfosi che ha investito la teologia della fede? "Quanti arriveranno alla fine saranno ripagati non solo per aver appreso delle tesi, bensì per aver respirato lo spirito di un’epoca, che ha ancora tanto da dire alla nostra" (dalla Prefazione di Giuseppe Lorizio).
«Le cose di prima sono passate, ne sono nate di nuove: ospedale, parrocchia e territorio in dialogo sinodale per chi soffre». Con questo titolo vogliamo declinare un'istanza urgente della Chiesa del nostro tempo. Si tratta di un autentico cammino da percorrere insieme, trovando il coraggio di superare vecchi schemi e ricercando instancabilmente una novità pastorale. Tutto ciò è richiesto particolarmente a noi, assistenti spirituali, (cappellani, religiosi e religiose), operatori sanitari e volontari della pastorale della salute. A noi che siamo stati particolarmente colpiti e feriti dall'esperienza della pandemia, a noi che abbiamo visto saltare tutti i nostri modelli pastorali, tutto quello che eravamo abituati a fare quotidianamente nei luoghi di cura. La sfida pertanto non è quella di tornare indietro, riproponendo vecchi schemi ormai superati, ma quella di procedere con novità e coraggio, esprimendo un modo nuovo di essere e servire. Questo è ciò che il Signore oggi, attraverso la sua Chiesa, ci chiede per continuare a fare di bene in meglio, quello che da sempre cerchiamo di realizzare accanto ai malati, alle famiglie, ai curanti. L'invito, quindi, è quello di proseguire il cammino mostrando al prossimo sofferente il volto di un Dio che fa nuove tutte le cose.
Che cosa accadde davvero la mattina della prima Pasqua cristiana? Quale evento («fattore X», Hans Kessler) innescò nei primi testimoni quella reazione che li portò dalla fuga alla pubblica confessione della risurrezione? A queste antiche domande non pochi autori del Novecento teologico hanno risposto richiamando il valore imprescindibile dell'incontro con Gesù risorto. Una categoria, quest'ultima, la quale, benché assunta significativamente anche da Benedetto XVI e da Papa Francesco, pare manchi ancora di un reale approfondimento teologico; cosa che questo saggio intende propiziare.
Fedeltà alla tradizione significa tenere vivo il fuoco e non adorare le ceneri. Il volume nasce da un’iniziativa della Pontificia Università della Santa Croce, mirata alla custodia e cura dei carismi che nel corso del XX secolo hanno dato vita a numerose realtà ecclesiali. Il percorso qui proposto raccoglie, inizialmente, l’esperienza di chi ha vissuto e studiato tali realtà (Luigino Bruni, Massimo Camisasca), cui fa seguito una seconda sezione dedicata alla riflessione sull’esperienza carismatica e sul rapporto di questa con l’iniziazione cristiana e il diritto della Chiesa (Salvatore Martinez, Ezechiele Pasotti, Luis Navarro). Infine, una terza parte è dedicata all’approfondimento teologico (John Milbank, Giulio Maspero). La prospettiva unitaria proposta mira a mostrare come il giudizio teologico sia un elemento fondamentale per tenere vivo il fuoco dei carismi, i quali necessariamente devono assumere una configurazione istituzionale, ma sui quali sempre si deve anche vegliare perché la forma non metta in ombra il contenuto.
L'antologia - composta da scritti eterogenei (sermoni, conferenze, appunti di lezioni, lettere etc.) presentati in ordine cronologico - ripercorre l'avvicinamento di Bonhoeffer alla Parola, caratterizzando il suo "diventar cristiano". Tale cambiamento, percepito nettamente e descritto dallo stesso Bonhoeffer, costituirà il fondamento di quella resistenza, sia ecclesiale sia personale, che caratterizzerà l'opposizione al Terzo Reich. Attraverso la lettura di questi testi emerge, supportata da profonde ragioni teologiche e cristologiche, l'obbedienza alla Parola come unica possibilità di un cammino autenticamente cristiano sia per i singoli sia per la Chiesa.
L'economista Michel Camdessus - curatore dell'opera - e il teologo Hervé Legrand danno voce alle "voci", molte, di laici impegnati che prendendo seriamente l'invito di papa Francesco a trasformare la Chiesa vogliono insieme riflettere e dare il proprio contributo. Nella prima parte del libro a un'analisi dei problemi della Chiesa - clericalismo, abusi sessuali, autoritarismo ecc. -, fa eco una serie di proposte alla luce di Fratelli tutti: l'invito a vivere una fraternità concreta, "cancellando" quelle false gerarchie tra uomini e donne, preti e fedeli ecc. in una comune e piena responsabilità di tutti i cristiani, l'appello a intraprendere un cammino sinodale per preparare la Chiesa a delle "riforme" fondate e necessarie. La seconda parte - scritta dal teologo Hervé Legrand - contiene contributi con note storiche e teologiche, che offrono un solido fondamento alle proposte formulate dai laici.
Concentrandosi sulla sua ampia produzione teologica - escludendo, quindi, gli insegnamenti magisteriali impartiti come Sommo Pontefice - questo agile volume delinea il pensiero di Joseph Ratzinger (1927-2022) sulla Rivelazione e la sua interpretazione. Lo studio ne ripercorre in ordine cronologico il pensiero, a partire dalla Tesi per l'abilitazione del 1955, dedicata al concetto di Rivelazione di san Bonaventura, facendo emergere una chiara comprensione della visione ratzingeriana sulla Scrittura e la Tradizione, sul Magistero e la teologia, come pure sulla fede e la sua trasmissione oggi. Le riflessioni del Teologo bavarese risultano particolarmente interessanti sia in se stesse, sia se applicate al tema, oggi attuale, della sinodalità. Esse lasciano il campo aperto a ulteriori sviluppi, approfondimenti e precisazioni. Il saggio si conclude con una riflessione sullo sviluppo dottrinale, operata a partire dalla teologia della Rivelazione ratzingeriana.
Nei campi nazisti ci si uccideva per un pezzo di pane. Ecco quello che il tuo Dio ha lasciato fare, ecco a cosa ci ha ridotti. Se vuoi, puoi andare a vivere con lui. Io non lo perdonerò mai!». L'autore non ha mai dimenticato queste parole e ha scritto questo testo per coloro che non riescono a dimenticare il problema del male nel mondo.
Va bene tutto, ma no, il latino no! È questa la frase che spesso sente ripetere chi va ad assistere alla Messa in Rito Antico. Ma la differenza tra questa e quella riformata dal Concilio Vaticano II si riduce soltanto a una mera questione linguistica? La risposta non può che essere negativa. Ricostruendo la storia e analizzando l'ordinamento liturgico e il significato profondo del cosiddetto Vetus Ordo, Massimo Cicero dimostra come il suo contenuto teologico sia molto più aderente alla millenaria Tradizione cattolica rispetto alla nuova Messa, per molti versi snaturata dall'ansia di modernizzazione che ha contraddistinto la Chiesa negli ultimi decenni. Questo pamphlet, vibrante e documentato, è un atto d'amore per quella che è stata la Messa di san Francesco, di san Pio da Pietrelcina, di santa Teresa. Un atto d'amore per la Verità, per l'antica liturgia, per la profondità del silenzio, per l'universalità del latino e del canto gregoriano, per quel Santo Sacrificio che riesce a toccare le corde più profonde dell'animo umano.
Punto di riferimento insostituibile per la teologia cattolica contemporanea, la rivista Concilium delinea la mappa delle domande più pressanti che l’attualità pone alla riflessione teologica. E costringe la fede cristiana non solo a confrontarsi con il discorso pubblico, ma anche a impegnarsi nel dialogo con le prospettive specifiche delle diverse confessioni cristiane. Per la profondità dei contenuti, oltre che per l’ampiezza di respiro e la capacità di penetrazione intellettuale, Concilium riesce così a fornire risposte innovative e di convincente solidità alle questioni più importanti che si pongono alla teologia.
L'itinerario qui presentato affronta l'affascinante tema della relazione della teologia con altre discipline, in particolare l'arte, partendo dal complesso e dibattuto tema della bellezza. L'ipotesi di fondo che ha guidato questa ricerca è il riconoscimento dell'importanza dellavia pulchritudinis nella riflessione teologica. Il presente percorso valorizza, infatti, la via della bellezza all'interno di una riflessione interdisciplinare che si dipana su diversi livelli di approfondimento: antropologico, cristologico ed ecclesiologico-sacramentale. Cercare Dio è il compito di ogni credente; è il cammino che ognuno di noi fa nella propria vita, facendosi pellegrino dell'Altissimo. Dove trovarlo? Dove si è nascosto? Edith Stein affermava che il percorso esistenziale è costellato di prove; è una vera notte senza stelle, là dove il credente è guidato solo dal desiderio di incontrare Dio. È come l'assetato nel deserto: sa che vi è l'oasi, ma non è ancora arrivato, per cui sente ancora più sete fin quando non arriva alla sospirata meta. La bellezza è paragonabile a quella sete di Dio, che si manifesta continuamente. Dalla scienza all'arte, dalla teologia alla tecnica, l'uomo cerca Dio.
La traduzione di questo inedito (1931-1939) è un tassello fondamentale per comprendere il pensiero di Guardini sull'antropologia cristiana nella sua evoluzione. È centrale, in queste pagine, la necessità di rispondere, in quanto cristiano, alle incognite del mondo moderno - come l'evoluzionismo, l'eutanasia, l'eugenetica o l'ingegneria sociale - e riflettere sulla portata dei mutamenti sociali e culturali che esso comporta. Una domanda che attraversa l'intera opera guardiniana e mostra qui il suo nucleo antropologico più profondo: ontologicamente l'uomo è relazione aperta, verso l'altro, Dio, o il nulla. Spetta all'uomo - provocato dalla modernità - la libera decisione. Premessa di Carlo Brentari.