L'Italia è un paese in difficoltà. Perché è vecchio, con pochi e sfaticati giovani, stranieri che rubano il lavoro e donne alle quali nemmeno conviene cercarlo? No, perché è pieno di freni culturali e strutturali che impediscono di liberare le forze positive e dinamiche lasciate troppo a lungo, colpevolmente, imbrigliate. La principale ricchezza di un paese sono i suoi abitanti, allo stesso tempo produttori e destinatari di benessere, questo libro si occupa di loro. Ogni capitolo è dedicato a un alibi da smontare perché il declino non è un destino ineluttabile; un'Italia migliore è possibile, se saremo in grado di trasformare quelli che vediamo oggi come problemi in sfide e opportunità da cui ripartire.
"Sono duecentoquarantatre milioni gli americani che si concentrano nel tre per cento dei territori urbani del paese. A Tokyo e nel circondario, l'area metropolitana più produttiva del mondo, vivono trentasei milioni di persone. Dodici milioni risiedono nel cuore di Mumbai, e Shanghai è quasi altrettanto vasta. Su un pianeta dai grandi spazi (l'umanità intera potrebbe stare dentro il Texas - ciascun individuo con la sua villetta a schiera), noi scegliamo le città. Benché sia diventato molto economico viaggiare tra luoghi molto distanti tra loro, o lavorare in rete tra gli Ozarks e l'Azerbaijan, un numero sempre crescente di persone si raggruppa sempre più strettamente in grandi aree metropolitane. Ogni mese, cinque milioni in più di persone vanno a vivere nelle città dei paesi in via di sviluppo, e nel 2011 più della metà della popolazione mondiale è risultata essere urbana." Edward Glaeser, professore di Economia a Harvard, ci conduce in un viaggio lungo i secoli e attraverso i continenti, per rivelarci i volti nascosti della "più grande invenzione dell'uomo", la città che, nonostante ogni critica e ogni abuso, rimane il motore del progresso e dell'uomo.
Prima della crisi mondiale, l’Europa era in crisi. Non era riuscita a progredire nell’unificazione metanazionale né a integrare le nazioni liberate dall’impero sovietico. La crisi economica mondiale rischia non solo di aggravare la crisi dell’Europa, ma di disgregrare l’Europa stessa. Tuttavia, “là dove cresce il pericolo cresce anche ciò che salva”, diceva uno dei più grandi poeti europei (Hölderlin). È a un pensiero e a una politica di salvezza che ci invitano Edgar Morin e Mauro Ceruti. In pagine agilissime, delineano un appassionato ritratto della nostra Europa, della sua storia ambivalente intrecciata di civiltà e barbarie, e si chiedono come sia possibile scongiurare il rischio di paralisi e di disgregazione, mostrando che le ragioni della speranza si annidano paradossalmente nelle ragioni della disperazione. Un vero e proprio manifesto per una rinascita della cultura e della politica europee nel tempo della globalizzazione.
Gli autori
Edgar Morin è una delle figure più prestigiose della cultura contemporanea. Nelle nostre edizioni ha pubblicato, tra gli altri, i 6 volumi di Il metodo (2001-2008), Terra-Patria (1994), I sette saperi necessari all’educazione del futuro (2001) e La via (2012).
Mauro Ceruti è uno dei protagonisti del pensiero della complessità. Tra i suoi libri pubblicati nelle nostre edizioni, Educazione e globalizzazione (con G. Bocchi, 2004) e Il vincolo e la possibilità (2009)
Bambini maleducati, adolescenti senza regole, ragazzi ubriachi all'alba in una qualsiasi via di una qualsiasi città. Bullismo, indifferenza. Giovani senza occupazione che, invece di prendere in mano la propria vita, vegetano senza studiare né lavorare. Genitori che si lamentano di una generazione arresa, una generazione senza passioni, che sembra aver perso anche la capacità di stupirsi. Ma chi si è arreso per primo, se non i genitori stessi? Chi per primo ha smarrito lo stupore e l'indignazione? Chi, dicendo sempre sì, ha sottratto alle nuove generazioni l'essenziale, ossia il desiderio? I genitori "invertebrati", quelli che difendono i figli a priori, quelli che salvaguardano un quotidiano quieto vivere privo di emozioni e ambizioni, dove rimbomba soltanto l'elenco delle lamentele contro la società e la politica. Come se questo mondo non l'avessero creato proprio loro. Un pamphlet severo ma anche pieno di speranza, con cui Crepet ribadisce tenacemente che educare significa soprattutto preparare le nuove generazioni alle difficili, ma anche meravigliose, sfide del futuro.
Il volume, qui presentato in una nuova edizione aggiornata, analizza il processo di formazione della società moderna e mette a fuoco le categorie fondamentali dell'analisi sociologica. Dopo aver esaminato i meccanismi che regolano il comportamento sociale, il testo si concentra sullo studio degli elementi che costituiscono il patrimonio culturale di una determinata società e sulle sue modalità di trasmissione agli individui e alle generazioni.
In una nuova edizione riveduta e aggiornata, questo manuale introduce in modo chiaro ed esaustivo allo studio delle società umane. Dopo una sintetica presentazione della disciplina, gli autori ne delineano i concetti di base e i principali ambiti di interesse: i meccanismi che regolano il comportamento sociale e l'interazione tra individuo e società, gli elementi costitutivi del patrimonio culturale e le sue modalità di trasmissione, i processi di mobilità, differenziazione e riproduzione sociale, le principali agenzie di socializzazione, i due grandi ambiti istituzionali delle relazioni economiche e politiche, le dinamiche demografiche e l'organizzazione spaziale dei fenomeni sociali.
Suggerimenti e riflessioni teooriche e di metodo per la ricerca demo-antropologica italiana.
"Questo libro è stato pensato per tre tipi di lettori. È scritto per il lettore comune che non possiede alcun precedente sapere specialistico. Si potrebbe trattare di uno studente all'inizio della sua carriera universitaria, o di un lettore del grande pubblico. In secondo luogo, è scritto per i dottorandi in scienze storico-sociali che vogliano una seria introduzione alle questioni e alle prospettive che vanno sotto il nome di analisi dei sistemi-mondo. E infine, è scritto per lo studioso esperto che desideri confrontarsi con il mio specifico punto di vista, in una comunità di studiosi giovane, ma in crescita. Il libro inizia con la ricostruzione di un percorso che a molti lettori sembrerà tortuoso. Il primo capitolo è un'analisi delle strutture del sapere del sistema-mondo moderno. È un tentativo di spiegare le origini storiche di questa modalità di analisi. È solo a partire dal secondo capitolo, e fino al quarto, che analizzeremo i meccanismi effettivi del sistema-mondo moderno. Ed è infine nel quinto capitolo, l'ultimo, che discuteremo del possibile futuro che ci si sta presentando, e dunque delle nostre realtà attuali." (Immanuel Wallerstein)
Come e perché sta cambiando il lavoro nel mondo? Il tipo di lavoro svolto esprime ancora un'identità sociale? Al lavoro viene riconosciuto un ruolo tuttora fondamentale nelle singole traiettorie di vita, pur segnate da percorsi occupazionali più incerti e instabili? Come si risponde, nei vari paesi e in Italia, alle maggiori richieste di produttività e "soft skills"? Osservando il passaggio dal 'saper fare cose' al 'saper essere creativi' nella società della conoscenza, Serafino Negrelli delinea le trasformazioni che hanno interessato il lavoro negli ultimi trent'anni e quel che potrebbe accadere nel prossimo futuro.
Credere in Dio al tempo della rete: il ritorno al politeismo, la religiosità diffusa nei mondi virtuali, la nuova dimensione del reale che modifica le nostre ansie, i nuovi messianismi elettronici, i rischi e le opportunità per le fedi tradizionali.
Internet è molto più di un semplice mezzo comunicativo. È una nuova dimensione del reale che influenza e modifica le nostre ansie, le nostre domande di senso, le nostre rappresentazioni simboliche, i nostri comportamenti rituali, ossia tutto ciò che concorre a definire quel fenomeno che chiamiamo religione. A loro volta, le comunità religiose, anche dei grandi culti monoteisti, utilizzano gli strumenti delle nuove tecnologie per fare proselitismo o per accogliere le nuove generazioni che difficilmente fanno a meno di una connessione al mondo virtuale.
La Chiesa cattolica in un documento ufficiale parla della rete come «un mezzo di comunicazione sociale», da intendersi, al pari di radio e televisione, come un «dono di Dio» che illumina il «lungo viaggio dell’umanità». Attingere, dunque, alla nuova realtà digitale si configura come un’esigenza culturale, spirituale e rituale che accentua il legame fra religione e capacità immaginativa umana. Sommando in sé l’incomprensibilità del cosmo e il senso del limite dell’uomo, Internet diviene per alcuni il nuovo luogo della trascendenza. Tuttavia, quella che s’incontra nella rete è una trascendenza vicina, con cui è possibile entrare in contatto, persino ‘armeggiare’: basta picchiettare su di una tastiera, forgiarsi identità effimere e rinnovabili, condurre vite alternative per sperimentare un oltre altrimenti inaccessibile.
Fabrizio Vecoli fornisce al lettore una presentazione chiara delle questioni aperte, degli interrogativi posti dalla realtà virtuale, delle riflessioni che il nuovo intreccio tra Internet e religione ha suscitato. Come misurare, ad esempio, l’impatto del cambiamento sulle religioni tradizionali? Come coglierne l’influenza sui nuovi culti? Come comprenderne le conseguenze sul modo di concepire e vivere quel che, malgrado tutto, si dovrà ancora chiamare con il nome di religione?.
Dove sono gli uomini, fisicamente e psicologicamente? Soprattutto a fare cosa, dove se non qui, e perché? Perché le donne sono tutte in giro, tutte in viaggio, tutte da qualche parte, spesso tra di loro, intente a fare o progettare qualcosa, mentre gli uomini sembra che si siano chiusi in casa, a doppia mandata, e non rispondano neppure a chi bussa con forza alle loro porte? Dove sono i protagonisti della scena, gli uomini del Mediterraneo, quelli che trovavi sempre al centro della piazza, al centro della spiaggia, al centro del bar, al centro della scena? Perché sul palco ora sembra che ci siano soltanto donne? Perché gli uomini non escono dai percorsi codificati del lavoro e della società? Perché sono sempre protetti da convenzioni e ruoli codificati, e quando non lo sono entrano subito in difficoltà? Perché gli uomini non parlano (se non di alcuni, pochi, argomenti estranei tanto a loro quanto a me), perché non chiamano, perché sembrano chiusi, rassegnati, stanchi prima ancora di aver iniziato a fare qualsiasi cosa? Per parlare degli uomini, oggi più che mai, occorre parlare con le donne, ascoltare le loro storie, farsi raccontare le loro avventure e disavventure, sfidando le leggi della riservatezza, tentando di collegare fatti e circostanze che ogni donna considera isolati, per cui spesso prova sentimenti di colpa, e che invece sono profondamente collegati tra loro.
La gran parte dei condannati a pene carcerarie torna a delinquere; la maggior parte di essi non viene riabilitata, come prescrive la Costituzione, ma semplicemente repressa, e privata di elementari diritti sanciti dalla nostra carta fondamentale - come ne vengono privati i loro cari; la condizione carceraria, per il sovraffollamento, la violenza fisica e psicologica, è di una durezza inconcepibile per chi non la viva, e questa durezza incoraggia tutt'altre tendenze che il desiderio di riabilitarsi; la cultura della retribuzione costringe le vittime dei crimini alla semplice ricerca della vendetta, senza potersi giovare di alcuna autentica riparazione, di alcuna genuina guarigione psicologica. È possibile pensare a forme diverse di sanzione, che coinvolgano vittime e condannati in un processo di concreta responsabilizzazione? Gherardo Colombo indaga le basi di un nuovo concetto e di nuove pratiche di giustizia, la cosiddetta giustizia riparativa, che lentamente emergono negli ordinamenti internazionali e nel nostro. Pratiche che non riguardano solamente i tribunali e le carceri, ma incoraggiano un sostanziale rinnovamento nel tessuto profondo della nostra società: riguardano l'essenza stessa della convivenza civile.