Quali furono le idee del Buddha? Quali le sue parole? Paradossalmente, alcuni studiosi sostengono che non è dato di saperlo con certezza, giacché le testimonianze più antiche, i sermoni conservati nel Canone pali, furono messe per iscritto solo vari secoli dopo la sua morte. In questo libro Richard Gombrich, fra i massimi indologi viventi, si ribella a tale "ermeneutica della pigrizia" e mostra come sia possibile, vagliando attentamente i testi e tenendo in debita considerazione l'ambiente culturale dell'epoca, far emergere, appunto, le idee fondamentali di "uno dei pensatori più brillanti e originali di ogni tempo", liberandole dalle concrezioni dottrinarie successive e dai fraintendimenti e letteralismi dei seguaci. Non solo vengono così sottoposte a una radicale reinterpretazione nozioni essenziali quali il karman, l'impermanenza, il "non sé", ma Gombrich evidenzia anche come il Buddha abbia largamente attinto al vocabolario e al patrimonio ideologico del giainismo e del brahmanesimo di epoca tardo-vedica, rivoluzionandone le concezioni e sovvertendo il significato dei termini da essi mutuati. E ci mostra un Buddha che, in contrasto con la figura sovrumana e onnisciente della tradizione, procede per tentativi ed errori e affina col tempo la formulazione del suo insegnamento. Un insegnamento tutto incentrato sull'esperienza umana, vista come un processo privo di soggetto agente che, simile a un fuoco divorante, arde fino a che non venga rimosso ciò che la alimenta.
Presentate come vie di salvezza e di pace oppure come un atavico e violento inganno, le multiformi esperienze religiose hanno vinto la sfida della secolarizzazione e restano cruciali per capire il nostro tempo. "Fattore R" offre una guida agile e autorevole per penetrarne il senso e prospettarne il futuro. In questo volume dedicato al buddhismo, religione che raccoglie e propone un'esperienza umana, si parla di: - Una via di salvezza universale e razionale; - La speciale posizione del buddhismo tra religione e filosofia; Il pensiero del Buddha in sintesi; - L'importanza della meditazione; - L'etica buddhista, in continuità e discontinuità con l'etica indù; - Pratiche e motivazioni della nonviolenza; - La "modernità" del buddhismo. Inoltre, le fonti e i grandi patriarchi del buddhismo.
In questa raccolta di pensieri scorrono, come un vento vivificante, tutto il fascino e tutta la saggezza del buddhismo zen. L'ozio di Kenko, uno dei più grandi scrittori giapponesi d'epoca classica, non è certo inattivo. E un otium che consente di assaporare la vita, il tempo, la natura, le cose più semplici. "Quando mi abbandono con calma ai miei pensieri, non posso impedire ch'essi siano dominati dal ricordo nostalgico di mille cose del passato. Mentre tutti dormono, io passo il tempo, nelle lunghe notti, mettendo in ordine le cose che ho a portata di mano; e quando, strappando vecchie carte inutili che non ho alcuna intenzione di conservare, scopro esercitazioni calligrafiche o pitture eseguite per diletto da qualcuno che ora non è più, mi pare di rivivere quei momenti lontani. Persino le lettere di persone ancora in vita, ma che risalgono a molto tempo addietro, m'inducono a pensare alle circostanze e all'anno in cui furono scritte, e ciò mi commuove profondamente. E anche le cose che ho avuto lungamente per le mani, sebbene non abbiano un'anima e siano rimaste per tanto tempo immutate, mi sono care."
"Io stesso sono un religioso, ma la religione non può, da sola, fornire una risposta a tutti i nostri problemi." A dirlo, inaspettatamente, è il leader spirituale della sesta confessione al mondo, il buddismo. In questo libro il Dalai Lama lancia un messaggio rivoluzionario: per superare gli scontri fra religioni, le polemiche tra atei e credenti, il razzismo e l'intolleranza in nome della fede, l'unica soluzione è andare al di là della religione. Unendo la profonda conoscenza degli altri credi alle più recenti scoperte della scienza, Sua Santità giunge a una conclusione tanto semplice quanto illuminante: non possiamo cambiare il mondo limitandoci alla preghiera; oggi è necessario affidarsi a un diverso sistema etico che, trascendendo ogni credo, affondi le radici nella compassione, nella tolleranza e nel rispetto reciproco. Le problematiche che dobbiamo affrontare sono molto più complesse del contrasto fra ateismo e religiosità. La nuova via suggerita dal Dalai Lama è quella di congiungere la compassione (il principio spirituale da cui nascono gli altri valori interiori) alla ragione per dare origine a un sistema di etica laica che - indipendentemente dalla fede o dalla sua assenza - informi le azioni di tutti, dalle persone comuni a chi ha compiti di responsabilità e governo. Solo apprezzando la nostra comune umanità potremo vivere in armonia e trovare la felicità.
Siamo tutti ospiti della Madre Terra, uniti dall'appartenenza alla famiglia umana, legati da un sentimento di fratellanza e reciproca responsabilità e, oggi più che mai, vicini l'uno all'altro in un mondo globalizzato e apparentemente senza frontiere. Non possiamo quindi rimanere indifferenti ai conflitti che dilagano ovunque, in Paesi distanti ma anche intorno a noi, nelle nostre città. Conflitti bollati come "religiosi", e che invece tradiscono con violenza il nucleo profondo di qualunque confessione. Da anni il Dalai Lama si occupa incessantemente del dialogo tra le fedi e ora, per la prima volta, accetta la sfida di analizzare le maggiori religioni mondiali per spiegare quali sono le basi comuni su cui potremo costruire la pace del terzo millennio. Ripercorrendo le sue esperienze personali, gli incontri con uomini e donne comuni e con i leader illuminati di ogni credo, e passandone in rassegna gli insegnamenti, Sua Santità individua nella compassione il denominatore comune che rende sorelle tutte le religioni. Grazie a essa possiamo vedere l'altro nella sua umanità, comprenderne appieno la mentalità e capire come ognuno di noi può dare il suo contributo al benessere collettivo. In questo sentiero comune trova risposta la sfida più urgente del nostro mondo: la coesistenza pacifica tra tutte le fedi del mondo.
Un libro senza precedenti, che sfata l’aura di bontà attorno al culto del Budda, oggi più che mai penetrato nelle nostre città con i suoi sacerdoti e i suoi riti. Vi si narrano fatti oscuri e raccapriccianti, ignoti al grande pubblico sempre più abituato a pensare al buddismo come alla religione della pace e del bene. Vi sono testi pervertiti del buddismo tibetano che teorizzano lo stupro e la pedofilia; la figura ambigua del Dalai Lama e i suoi progetti di buddistizzazione del pianeta; i massacri in Sri Lanka ad opera di un esercito buddista; gli attentati al gas nervino ed i piani di annientamento globale del santone giapponese Shoko Asahara; l’interminabile martirio nei secoli dei cattolici in Oriente; i calcoli propagandistici dei bonzi vietnamiti che contribuirono all’escalation della guerra in Vietnam; i corposi scambi tra il buddismo e l’estrema destra europea; le persecuzioni dei cristiani in Tibet; la controversa conversione al buddismo dei divi di Hollywood; la geopolitica mondiale che passa attraverso le decisioni di “oracoli” posseduti dagli spiriti... Ma oltre alle cronache, odierne o antiche che siano, è la radice filosofica - profondamente nichilista e maligna - su cui si basa l’intera dottrina buddista a portare l’umanità verso un desolante panorama di distruzione. Documentato e puntuale, è un libro necessario anche per comprendere l’ora presente, in cui l’Asia proietta la sua ombra sul mondo intero, e nuovi demòni si agitano sulla scena della Storia.
A tutti noi capita di attraversare periodi in cui il mondo sembra crollarci addosso e cospirare contro la nostra serenità. Proprio in quei momenti, ci insegna Pema Chödrön, possiamo trovare la nostra natura più vera e, accettando i nostri limiti, rinascere come fenici dalle ceneri di ciò che credevamo di temere. “Quando ci manca la terra sotto i piedi e non riusciamo a trovare nulla a cui aggrapparci soffriamo molto. […] Potrebbe anche sembrare romantico come concetto, ma quando la verità ci inchioda, soffriamo eccome. Ci guardiamo allo specchio del bagno, ed eccoci lì, con i nostri brufoli, la nostra faccia che invecchia, la nostra mancanza di gentilezza, la nostra aggressività e la nostra timidezza – tutta quella roba lì. Ed è qui che entra in ballo la tenerezza. Quando tutto traballa e nulla funziona, potremmo renderci conto che siamo sull’orlo di qualcosa. Potremmo renderci conto di essere in un posto molto vulnerabile e tenero, e che la tenerezza può prendere direzioni diverse. Possiamo chiuderci e fare gli offesi, oppure possiamo cercare di sfiorare questa qualità che palpita. C’è senz’altro qualcosa di tenero e palpitante nel sentirsi mancare la terra sotto i piedi. È una specie di prova, di cui i guerrieri spirituali hanno bisogno per risvegliare i loro cuori. Talvolta è a causa della malattia o della morte che noi ci ritroviamo in questo posto.”
Il volume presenta la traduzione del Fushikaden, che è sempre stato una sorta di bibbia - per secoli rimasta segreta - per gli attori del No, fin da quando Zeami Motokiyo perfezionò il genere drammatico e scrisse per esso numerose note. Il No è una forma drammatica composta in sostanza da mimo o recitazione, canto poetico e musica, eseguiti su un palcoscenico del tutto disadorno, a eccezione di quattro colonne e la raffigurazione di un grande albero di pino sullo sfondo. Per alcuni drammi possono esservi dei semplici arredi scenici, ridotti agli elementi essenziali e raffinati al punto da costituire mere suggestioni. Tale minimizzazione costituisce l'essenza della stessa rappresentazione drammatica. Tutte le complicazioni non necessarie vengono eliminate e la presenza principale di fronte allo spettatore è una non-presenza, uno spazio e un tempo vuoti. È per questo che qualsiasi parola, movimento o suono - per quanto lieve - assume una rilevanza straordinaria. I samurai di alto rango praticavano la recitazione, la danza e il canto del No con sincero entusiasmo, poiché lo collegavano in parte alla perfezione di una cultura superiore e in parte allo studio del Buddhismo Zen, e talvolta perfino all'arte della spada. Ancor oggi, il Fushikaden viene letto con molta assiduità, confermando con la sua stessa brevità l'affermazione secondo cui "lo studio del No è in realtà lo studio della cultura giapponese in generale".
Negli ultimi trent'anni della sua vita Carl Gustav Jung ha concentrato la sua attenzione sull'osservazione psicologica dei fenomeni religiosi. È religiosa, afferma Jung, ogni esperienza di pienezza e di totalità che "afferri" l'individuo per farlo procedere lungo il tragitto dell'individuazione. In questo cammino spirituale le religioni orientali si rivelano maestre nel guidare verso un "processo d'iniziazione". Nell'evidenziare le singolari affinità tra le simbologie religiose dell'Oriente e le produzioni psicologiche (sogni, visioni, creazioni artistiche) dell'uomo occidentale, Jung non si allontana mai da un profondo senso di concretezza storica, mettendo in guardia il lettore da "ogni imitazione semplificatrice e scimmiottatura orientalizzante, quale che ne sia la motivazione". Introduzione di Luigi Aurigemma
Il Giappone è uno dei paesi dell'Asia Orientale che più a lungo e più fedelmente ha mantenuto viva la tradizione buddhista attraverso i secoli, elaborando varie scuole con connotazioni tipicamente autoctone. In questa prospettiva il Chàn, che ebbe una grande fioritura in Cina tra il VII e il XIII secolo, è diventata sul suolo giapponese la scuola Zen, dai tratti marcatamente giapponesi. Lo Zen in Giappone non solo ha avuto una illustre storia di grandi maestri che hanno insegnato l'illuminazione e lasciato testi di grande valore, ma ha anche dato un contributo determinante alla formazione della cultura tradizionale giapponese, sia dal punto di vista del pensiero sia da quello artistico. Si pensi ad alcune delle arti tradizionali giapponesi: la cosiddetta "cerimonia del tè", il teatro classico Nõ, la pittura a inchiostro di china, la poesia haiku, l'arte dei giardini, solo per citare le più note, fiorite appunto sotto gli auspici dello Zen. Se si vuole quindi comprendere la cultura del Giappone, la conoscenza della dottrina e della storia della scuola Zen diventa indispensabile. Questo volume è una mappa storica che, a partire dal Chàn cinese, descrive le vicissitudini, l'affermazione e lo sviluppo dello Zen, accompagnata dalla descrizione della dottrina, le pratiche, i maestri e le scuole. L'ampia Appendice, con testi dei maestri Zen tradotti dall'originale, offre una visione concreta dell'insegnamento
Solo ventotto giorni! Tanto basta per cambiare approccio nei confronti della vita, rimuovere gli ostacoli che ci separano dalla felicità e (ri)trovare la consapevolezza di sé. Come? Attraverso la meditazione, che ci insegna a concentrarci su ciò che accade nel presente e sulle nostre reazioni, osservandole senza giudicare. Scopriremo allora i meccanismi invisibili che ci guidano e potremo eliminare gli atteggiamenti "non salutari". Perché il problema non è ciò che ci accade, ma il modo in cui lo viviamo. Non è una religione che si propone qui, non si richiedono capacità o conoscenze particolari, né la rinuncia alle passioni e l'isolamento ascetico. Bastano pochi minuti al giorno, anche al lavoro o in coda alle Poste, per seguire un programma che ci porterà un passo dopo l'altro a vivere più serenamente le avversità, accogliere i cambiamenti e godere finalmente di tutto ciò che di buono ci riserva la vita.
Scienza e tecnologia consentono un grande controllo sulla natura. Ma il potere senza saggezza è pericoloso. Povertà, malattie, fame, devastazioni ambientali: il nostro mondo non conosce armonia. Eppure gli strumenti per ricrearla sono dentro di noi: compassione, gentilezza, ascolto. È il messaggio di questo libro, frutto dell'incontro tra il Dalai Lama e sette personalità impegnate nella cura della sofferenza a ogni livello. Perché serve una saggezza antica per guarire gli squilibri della modernità. Prefazione di Daniel Goleman.