"Il ricercatore, nel suo sforzo di esprimere matematicamente le leggi fondamentali della Natura, deve mirare soprattutto alla bellezza?" Così scrive il grande fisico teorico Paul Dirac, le cui riflessioni sono raccolte qui per la prima volta. Il principio di bellezza matematica svolge secondo Dirac una duplice funzione. Nel contesto della scoperta, la bellezza determina la direzione della ricerca, nel contesto della giustificazione - ed è questa la, tesi più forte -, la bellezza è la qualità che permette di giudicare una teoria, più ancora dell'accordo con le osservazioni. Nella sua scienza, Dirac usò con impareggiabile efficacia il criterio di bellezza come un modo per trovare la verità.
Apparso postumo, un anno dopo la morte di Poincaré, "Ultimi pensieri" raccoglie saggi, articoli e testi di conferenze risalenti all'ultimo decennio della sua vita, che compongono una sorta di testamento scientifico e intellettuale del grande studioso francese. Ai temi classici della sua riflessione critica (l'origine e il fondamento della geometria, la relazione tra matematica e logica, il primato dell'intuizione), si affiancano quelli legati alle nuove teorie fisiche (relatività e teoria dei quanti), che Poincaré affronta con straordinaria acutezza, da scienziato e da filosofo. Impreziosiscono la raccolta alcuni scritti etici di grande modernità, sul rapporto tra morale e scienza, e sulla libertà scientifica. La chiarezza espositiva, la forza dell'argomentazione e lo stile al tempo stesso appassionato e rigoroso rendono il libro affascinante ed estremamente attuale. Le sue pagine permettono di cogliere lo spirito scientifico del primo Novecento e di apprezzare l'influenza esercitata da Poincaré sul pensiero contemporaneo.
Quando Einstein divenne universalmente famoso, quando cioè iniziò a delinearsi quell'icona della scienza e dell'intelligenza che noi oggi conosciamo, il "New York Times" scrisse che i suoi lavori potevano essere capiti solo da una dozzina di uomini in tutto il mondo. Cent'anni dopo, le due teorie della relatività - la relatività ristretta del 1905 e la relatività generale del 1915, poi pubblicata nel 1916 - sono entrate a pieno diritto nel sapere comune e persino nella nostra vita quotidiana. Le idee proposte in quegli scritti originali, all'inizio del Novecento - orologi che rallentano il loro corso, spazi che si deformano, raggi luminosi che si piegano - non sono più appannaggio di pochi, sono a tutti gli effetti parte integrante della nostra vita. Pochissimi scienziati potrebbero vantare un primato simile. Che un lascito così imponente sia stato concepito in poche pagine, in due soli articoli scientifici, è poi doppiamente notevole, così come è quasi incredibile che ancora oggi - a distanza di un secolo! - nelle università di tutto il mondo si insegni la teoria einsteiniana sulla falsariga di quei due articoli originali, gli stessi che vengono proposti qui in traduzione italiana, assieme alla prefazione esplicativa di Vincenzo Barone.
"C'è solo una roccia che può sopravvivere a ogni tempesta e alla quale ci possiamo aggrappare strettamente: l'idea che le leggi fondamentali della Natura siano espresse da una teoria matematicamente bella": così il grande fisico Dirac. Mai, prima di lui, il ruolo della bellezza era stato così centrale nella storia dell'impresa scientifica. Come scrive Freeman Dyson: "Perché un elettrone dovrebbe preferire un'equazione bella a una brutta? Perché l'universo dovrebbe danzare sulla musica di Dirac? Con il suo stile di scoperta, Dirac ha formulato queste domande in maniera più nitida di chiunque altro. Ancor più di Newton e Einstein, egli usò il criterio di bellezza come un modo per trovare la verità".