Jean-Jacques Rousseau è stato uno dei "padri" della pedagogia moderna. Nel 2012 si sono celebrati - non solo in Europa, ma nel mondo - due anniversari che lo riguardano: i 300 anni dalla nascita e i 250 dalla pubblicazione delle sue tre opere più significative (Giulia o la nuova Eloisa, Il contratto sociale e l'Emilio ). Ricorrenze che in Italia, purtroppo, e in particolare in ambito pedagogico, non hanno avuto l'attenzione che meritavano, anche per gli insegnamenti attuali che un "classico" come Rousseau continua a dispensare. Questo volume contiene una parte delle relazioni lette nelle tre giornate di studi dedicate alla sua figura organizzate dal Dipartimento di scienze umane e sociali dell'Università di Bergamo in collaborazione con il Dipartimento di Filosofia, Sociologia, Pedagogia, Psicologia applicata dell'Università di Padova e rappresenta una delle poche iniziative che, in modo organico, ha tentato di confrontarsi con un autore che ha interrogato in profondità, come pochi altri, i legami che devono esistere tra i temi etici, politici ed educativi in ogni società impegnata a diventare sempre più umana.
I fondamenti della didattica in 32 voci collegate da un filo rosso epistemologico e pedagogico. La natura organica e sistematica delle argomentazioni rende questo volume uno strumento chiaro e di collaudata comodità d'uso professionale. Un'opera particolarmente adatta per la formazione in ingresso e in servizio dei docenti, nonché per tutti gli studenti dei corsi di laurea in scienze della formazione e dell'educazione che vogliono confrontarsi in modo critico con termini, metodi ed esperienze decisivi per la qualità dell'apprendimento e dell'insegnamento.
«Educazione» e «formazione» sono concetti tra loro sinonimi, analoghi, opposti, o interdipendenti? Servono per distinguere due realtà pedagogicamente differenti, oppure sono solamente il frutto di un dispositivo linguistico, che muta di significato a seconda dei contesti, dei processi o dei pedagogisti di riferimento? In quest'ultimo caso, però, non si rischierebbe di compromettere la saldezza epistemologica della pedagogia come teoria e pratica dell'educazione, in quanto nemmeno capace di concordare sui pilastri concettuali essenziali del proprio costituirsi? Il volume intende rispondere a questi interrogativi attraverso la testimonianza di alcuni tra i più autorevoli pedagogisti italiani, allo scopo di avviare un confronto sulla possibilità di individuare un «lessico pedagogico», se non condiviso, quantomeno chiaro e criticamente consapevole sia delle proprie possibilità sia dei propri limiti. Interventi di: Massimo Baldacci, Antonio Bellingreri, Giuseppe Bertagna, Franco Cambi, Enza Colicchi, Michele Corsi, Vincenzo Costa, Rita Fadda, Umberto Margiotta, Francesco Mattei, Franca Pinto Minerva, Maurizio Sibilio, Giancarla Sola, Giuseppe Spadafora, Carla Xodo. Corredano il volume le schede di sintesi ("Quando vi è educazione, quando vi è formazione secondo la mia pedagogia") a cura dei dottorandi in Formazione della persona e mercato del Lavoro dell'Università di Bergamo.
Questo libro cambia la storia d’Italia. L’incontro di cui parla – fra vittime e responsabili della lotta armata degli anni settanta – è infatti destinato ad avviare un radicale cambio di paradigma storico: non si potrà più guardare agli «anni di piombo», ai loro fantasmi e incubi, con gli stessi occhi; né si potrà tornare a un’idea di giustizia che si esaurisca nella pena inflitta ai colpevoli.
Le prime pagine ancora oggi dedicate alla lotta armata e alle stragi, le centinaia di libri pubblicati, i film, le inchieste dimostrano non tanto un persistente desiderio di sapere – comunque diffuso, anche a causa di verità giudiziarie spesso insoddisfacenti –, ma anche e soprattutto un bisogno insopprimibile di capire, di fare i conti con quel periodo, fra i più bui della nostra storia recente.
È proprio muovendo dalla constatazione che né i processi né i dibattiti mediatici all’insegna della spettacolarizzazione del conflitto sono riusciti a sanare la ferita, che un gruppo numeroso di vittime, familiari di vittime e responsabili della lotta armata ha iniziato a incontrarsi, a scadenze regolari e con assiduità sempre maggiore, per cercare – con l’aiuto di tre mediatori: il padre gesuita Guido Bertagna, il criminologo Adolfo Ceretti e la giurista Claudia Mazzucato – una via altra alla ricomposizione di quella frattura che non smette di dolere; una via che, ispirandosi all’esempio del Sud Africa post-apartheid, fa propria la lezione della giustizia riparativa, nella certezza che il fare giustizia non possa, e non debba, risolversi solamente nell’applicazione di una pena.
Il libro dell’incontro racconta questa esperienza, accostando una rigorosa riflessione metodologica alle vive voci dei protagonisti, alle lettere che si sono scambiati negli anni, alle loro parole fragili, pronte al cambiamento, alla loro ricerca di una verità personale e curativa che vada oltre la verità storica e sappia superare ogni facile schematismo. Perché solo cercando insieme la giustizia, la si può, almeno un poco, avvicinare.
L'intervista a Evandro Agazzi si trasforma in queste pagine in una vera e propria "autobiografia culturale" che affronta i problemi della scienza nella prospettiva di una vita spesa a cercare di capire i limiti e le possibilità della "conoscenza" moderna. Per Agazzi, filosofo della scienza, la logica matematica ha portato all'esigenza di affrontare la filosofia della scienza e, di conseguenza, la filosofia generale nella prospettiva di analizzare i problemi nella loro intrinseca complessità.
I fondamenti della didattica in 28 voci collegate da un filo rosso epistemologico e pedagogico. La natura organica e sistematica delle argomentazioni rende questo volume uno strumento chiaro e di collaudata comodità d'uso professionale. Un'opera particolarmente adatta per la formazione in ingresso e in servizio dei docenti, nonché per tutti gli studenti dei corsi di laurea in Scienze della formazione e dell'educazione che vogliono confrontarsi in modo critico con termini, metodi ed esperienze decisivi per la qualità dell'apprendimento e dell'insegnamento.
L'intento di questo volume è di collocare le potenzialità formative del laboratorio nel più ampio scenario di un sistema educativo che è sempre più centrato sulla circolarità tra lavoro e scuola, cultura e impresa. Ricostruendo la storia del ruolo assegnato ai laboratori nella scuola italiana del secondo dopoguerra, si sofferma inoltre sul quadro normativo che li ha via via regolamentati e traccia le linee di una nuova didattica capace di superare le limitatezze di un mero insegnamento, quasi museale, di laboratorio; a tal fine vengono riportate esperienze concrete che vogliono offrire un contributo alla realizzazione di un moderno modello di didattica laboratoriale.
Gli interventi autorevoli raccolti nel volume prendono in esame a vario titolo sviluppi e criticità del ruolo delle università in Italia, anche alla luce della recente riforma. Negli ultimi decenni, all'università d'élite, volta programmaticamente alla formazione della classe dirigente, è succeduta l'Università di massa, che, per essere tale, ha spesso sacrificato le sue caratteristiche originarie. Da qualche tempo, tuttavia, è in corso un riposizionamento del ruolo e della funzione degli studi universitari, di cui la recente riforma costituisce, se ben attuata, una tappa significativa per la loro piena qualificazione.