Un libro classico e attuale insieme. È un classico in quanto primo studio rivoluzionario sulla nascita del sistema di pensiero dell'antigiudaismo. È attuale in quanto queste false idee tendono oggi a ripresentarsi, sia in alcuni paesi, sia nei rigurgiti di nazionalismo e di tradizionalismo, così come nelle polemiche contro il rinnovamento della chiesa cattolica e contro il dialogo interreligioso. Isaac dichiara che è «un libro di passione»: fu iniziato infatti nel 1943, nel pieno della furia nazista, e scritto «di rifugio in rifugio». Si occupa delle origini, gli anni che vanno dal paganesimo alle Crociate dell'anno Mille, epoca in cui l'antisemitismo si è definitivamente radicato nel mondo cristiano. L'autore affronta il suo tema (come mai «cristianesimo e giudaismo, nati dallo stesso nucleo biblico, siano arrivati a quest'asprezza di odio reciproco»?) da più punti di vista: storico, teologico, scritturale e anche, diremmo, mass-psicologico. È oggi unanimemente riconosciuto che Gesù era un ebreo, e agiva nell'ambito di quella cultura e quella religione cui apparteneva. Parimenti è riconosciuto come falso che gli ebrei, e non i romani, fossero stati artefici della passione e della morte di Gesù. Eppure, secondo Isaac, l'antisemitismo si basa su queste falsità: Gesù antiebraico, ebrei nemici di Gesù. Una ostilità inesistente nei primi anni giudeo-cristiani e costruita tempo dopo forzatamente. Indagando storia e testi, Isaac scopre che l'antisemitismo cristiano ha un'origine ecclesiale e non popolare. I padri della Chiesa tra III e V secolo hanno contro gli ebrei parole di una violenza anticipatrice delle offese future. È così che cominciano a essere diffusi tra le masse i due fattori su cui per sempre si costituirà l'odio antigiudaico: «l'insegnamento del disprezzo» e il «sistema dell'umiliazione»; saranno questi due elementi a fondare una specie di subconscio antisemita dei cristiani, ceppo di tutte le persecuzioni. Un saggio agile con una scrittura polemica e piena di vivaci variazioni stilistiche.
Gli studi classici sono stati spesso oggetto di posizioni contrastanti, oscillanti tra il rifiuto di una tradizione ritenuta obsoleta e reazionaria e l'apprezzamento del loro valore come strumenti per lo sviluppo cognitivo e per l'arricchimento formativo. Se nel panorama europeo odierno il liceo classico italiano sembra essere un'eccezione, è altrettanto vero che in tutti i paesi del mondo, dall'America all'Estremo Oriente, le scuole più apprezzate propongono, anche se per pochi, lo studio delle lingue classiche. A dimostrazione che il patrimonio linguistico e culturale della civiltà greco-latina esercita ancora un suo fascino indiscutibile e continua a presentare un'irrinunciabile valenza formativa. Il libro si propone di ricostruire e confrontare le diverse esperienze di insegnamento delle lingue classiche nei paesi europei, in Cina e in America, per offrire spunti e idee didattiche nuove ai docenti di tali discipline, con la consapevolezza comunque che, nella deriva del mondo moderno, è ancora necessaria una guida antica per superare la falsa percezione di un'antitesi tra umanesimo e tecnica. In questo senso il libro, che contiene un'ampia sezione di proposte didattiche innovative, si conclude con una sezione filosofica che riconosce la rilevanza del classico anche nella storia della scienza, smentendo la presunta contrapposizione tra le "due culture".
Il documento più completo su una delle più interessanti e vivaci querelle sul metodo filologico sorte negli ultimi anni.